SANTORO-PASSARELLI, Francesco
– Nacque il 19 luglio 1902 ad Altamura (Bari) da Giuseppe e da Maria Passarelli.
Figlio di un colonnello medico, direttore dell’ospedale militare di Taranto e medaglia d’argento al valore militare, durante l’infanzia ricevette un’educazione particolarmente rigorosa. Alla madre, il cui cognome aggiunse in seguito a quello paterno, fu legato da un legame affettivo e intellettuale molto profondo, durato tutta la vita. Del pari molto intenso fu il rapporto con il fratello Gennaro, di tre anni più giovane, il quale avrebbe anch’egli intrapreso gli studi giuridici, per poi approdare all’Avvocatura dello Stato, dove avrebbe percorso una brillante carriera. Conseguita con il massimo dei voti la maturità classica presso il liceo Cagnazzi della città natale, nel 1920, per volere del padre, si trasferì a Roma per frequentare la facoltà di giurisprudenza della Sapienza, dove si laureò nel 1924 con Vittorio Polacco. Conseguì la libera docenza nel 1927, a soli 25 anni, e nel 1928 ottenne il suo primo incarico di insegnamento di diritto civile presso l’Università di Urbino. Nel 1930 vinse il concorso a cattedra, collocandosi al terzo posto dopo Angelo Verga e Mario Allara, e fu chiamato dall’Università di Catania; nel 1932 si trasferì a Padova, dove insegnò fino al 1942. Nel 1936 si unì in matrimonio con Angela Alberotanza, sua procugina, dalla quale ebbe tre figli: Maria (nata nel 1937), Lucrezia (nata nel 1938) e Giuseppe (nato nel 1946). Nel 1942 fu chiamato dall’Università di Napoli e nel 1947 da quella di Roma. Nel turbinoso periodo partenopeo prese parte al comitato di liberazione di Napoli come segretario provinciale della Democrazia Cristiana, senza tuttavia trascurare la ricerca scientifica. Scrisse infatti due manuali fondamentali per la storia della cultura giuridica del XX secolo, le Istituzioni del diritto civile (Napoli 1944), denominate nelle edizioni successive Dottrine generali del diritto civile, e le Nozioni di diritto del lavoro (Napoli 1945), il primo manuale di questa materia, dopo la caduta dell’ordinamento corporativo (che giunse alla 35a edizione nel 1995).
La produzione di Santoro-Passarelli si snoda in modo continuativo per oltre sessant’anni, lungo un arco temporale densissimo, carico di eventi drammatici e di rivolgimenti radicali: inizia all’indomani della laurea, alla metà degli anni Venti (La surrogazione reale, in Rivista italiana per le scienze giuridiche, n.s., I (1926), pp. 31-75, 209-257, 417-468) e si conclude alla fine degli anni Ottanta, sviluppandosi lungo un itinerario scientifico di notevole ricchezza e complessità che, a partire dal nucleo centrale, rappresentato dal diritto civile e commerciale, si ramifica e si arricchisce, toccando ambiti meno esplorati, più fluidi e più bisognosi di sistemazione dogmatica, quale, in primis, il diritto del lavoro.
Sotto il profilo metodologico, evidente è il lascito della riflessione polacchiana, con riferimento alla centralità delle clausole e dei principi generali, intesi quali «organi respiratori» capaci di assicurare l’elasticità e la capacità di adattamento di un sistema giuridico di impronta codicistica. Da tale premessa scaturisce la contrarietà a qualsiasi ipotesi di codificazione dei principi generali, tesi sostenuta da Santoro-Passarelli nel memorabile convegno pisano del 1940: in quanto elementi per natura flessibili e prepositivi, il cui contenuto non può ricavarsi per astrazione dalle norme positive, ma è semmai il precipitato di ordinamenti positivi storicamente antecedenti, se non del diritto naturale tout court, tali principi non debbono essere codificati, ovvero irrigiditi entro un catalogo formale da anteporre al codice, pena il loro snaturamento e la perdita della loro funzione caratteristica.
Nel periodo quanto mai convulso compreso tra la fine del regime fascista, la promulgazione del nuovo codice civile e l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, Santoro-Passarelli concentrò la propria riflessione sui temi dell’impresa e sul diritto dell’economia, adottando una impostazione metodologica spiccatamente pragmatica, lontana da divagazioni metagiuridiche. Ne deriva una visione dinamica dell’universo giusprivatistico, le cui categorie essenziali divengono lo scambio, la circolazione, il credito, la proprietà attiva, intesa come proprietà finalizzata alla produzione di beni e servizi.
Si tratta di un’opzione scientifica fatta propria in passato da personaggi celebri, del calibro di Cesare Vivante e Lorenzo Mossa, resa ancora più attuale e urgente dai nuovi scenari politico-giuridici aperti dalla Carta costituzionale nonché dalla inedita fusione e contaminazione tra diritto civile e commerciale, conseguente al venir meno dell’autonomia codicistica di quest’ultimo.
Assolutamente centrale nella riflessione di Santoro-Passarelli è la nozione di autonomia privata/negoziale, la quale costituisce il trait d’union e il nucleo ispiratore di un’analisi complessa, che dal diritto privato sfocia nel diritto del lavoro, ambito nel quale produce i risultati senz’altro più significativi. Infatti, se nella giusprivatistica l’autonomia privata, definita la «volontà dei singoli, o delle collettività particolari [...] autorizzata dall’ordinamento a perseguire un suo scopo» (Dottrine generali del diritto civile, Napoli 2002, p. 126), consente al contempo di evidenziare la dimensione funzionale del negozio giuridico (il fatto cioè che esso deve tendere a uno scopo socialmente rilevante) e il gioco complesso che si instaura tra volontà individuale e norma statuale, ben più originali e in certo qual modo liberanti sono le conseguenze che tale nozione produce in relazione alla disciplina giuridica del rapporto di lavoro.
Rivendicare la centralità dell’autonomia negoziale in ambito giuslavoristico significa infatti ribadire la natura prettamente privatistica del diritto del lavoro contro le pretese di una sua indebita pubblicizzazione avanzate nella temperie culturale del corporativismo fascista. Santoro-Passarelli recupera invece le origini storiche, peraltro neanche troppo risalenti, del diritto del lavoro, valorizzando l’identità di un fenomeno giuridico nuovo, nato in seno all’autonomia collettiva sindacale e avente nel principio della contrattualità, inteso in senso affatto peculiare, la sua cifra distintiva. Non si tratta però della mera ripetizione della lezione ormai datata di Ludovico Barassi, volta a rivendicare la centralità del rapporto individuale di lavoro allo scopo di assicurare la riconoscibilità di tale ambito giuridico ai principi del diritto comune civilistico. Al contrario, la sottolineatura del fondamento negoziale del rapporto di lavoro consente di coglierne il proprium, caratterizzato da un rapporto di scambio tra pretese contrapposte (prestazione di lavoro versus retribuzione), che non si risolve entro una sfera prettamente patrimoniale, ma si colora di peculiari sfumature personalistiche, finendo per investire i soggetti coinvolti, a cominciare dal contraente debole, nella totalità del loro essere, individuale e sociale: «la ragione per cui il diritto del lavoro si distingue dalle altre discipline giuridiche e si ribella alla stessa partizione, tutt’altro che netta, del diritto nei due rami del diritto pubblico e privato, la ragione che costituisce il principio di unificazione delle tre parti, apparentemente eterogenee del diritto del lavoro [...] sta nell’implicazione della persona del lavoratore nel lavoro prestato ad altri» (Nozioni di diritto del lavoro, Napoli 1948, p. 9). La centralità del lavoratore costituisce il principio unitario grazie al quale strutture diverse e norme eterogenee di diritto privato e di diritto pubblico si fondono in una sorta di amalgama ordinamentale coeso e sensato.
L’irriducibile originalità assunta dal vincolo sinallagmatico in ambito giuslavoristico fa sì che l’autonomia negoziale, pur centrale, esorbiti da una sfera di interessi puramente individuali trasmodando nella sfera degli interessi collettivi, da intendersi però non in senso pubblicistico, bensì alla stregua di una sorta di autonomia privata collettiva, il cui protagonista per eccellenza è rappresentato dal fenomeno sindacale, riportato alla purezza delle origini, contro le deformazioni gerarchiche e statualizzanti impresse a esso dall’ideologia fascista. La nozione di autonomia privata collettiva scaturisce dal tentativo di collocare l’universo del diritto del lavoro entro la «scatola» costituzionale, ridefinendone lo spirito e la fisionomia alla luce dei principi della Costituzione. Santoro-Passarelli vi approda nel momento in cui si sforza di affermare l’unitarietà di tale ambito giuridico, avvalendosi, per fondarla, del consolidato strumentario civilistico e del progetto delineato dall’art. 39 della Costituzione, il quale consacra, dando a esso pieno riconoscimento formale, il fenomeno complesso della libertà sindacale.
La fusione tra le nozioni classiche del diritto privato e i principi costituzionali in materia di lavoro permette di enucleare una «soluzione intermedia», che a Santoro-Passarelli pare risolutiva: la disciplina dettata dalla Costituzione, il «regolamento collettivo in forma contrattuale», si inserisce tra la disciplina privatistica e quella pubblicistica, «tra il contratto collettivo, espressione di autonomia privata secondo il diritto comune, e la legge» (Cazzetta, 2007, p. 272), trasformando la stessa natura dell’atto di autonomia dei privati. In altre parole, il carattere normativo del contratto collettivo, consentendo di superare la tradizionale distinzione tra pubblico e privato, permette di colmare il vuoto lasciato aperto dalla caduta dell’assetto corporativo, rendendo finalmente possibile una trattazione unitaria del diritto privato.
Nel suo insieme, l’opera di Santoro-Passarelli appare animata da una costante ricerca di purezza formale, di rigore razionale, e di ordine sistematico riflesso della grande tradizione giusformalista europea, nella convinzione che tali profili rappresentino gli elementi identitari fondamentali della scienza giuridica. Solo al termine della sua notevole parabola intellettuale, ormai alle soglie della globalizzazione, Santoro-Passarelli, quasi a malincuore, riconobbe l’ineluttabilità, se non addirittura la potenziale fecondità derivante dalla contaminazione tra il sistema giuridico, nella sua coerenza formale, e la dimensione fattuale e applicativa. E intuì, tra i primi, la necessità di ripensare schemi e categorie concettuali consolidate alla luce di un contesto sociale quanto mai complesso, che sembra sfuggire a ogni possibilità di apprensione e di razionalizzazione.
Nel 1945 Santoro-Passarelli fu tra i fondatori della rivista Diritto e giurisprudenza. Medaglia d’oro per i benemeriti della scuola, vicepresidente del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, nominato accademico dei Lincei nel 1952, svolse altresì il ruolo di presidente dell’Istituto nazionale assicurazioni dal 1960 al 1972, anno in cui chiuse, con la nomina a professore emerito, la carriera accademica. Nel 1986 si trasferì ad Altamura per assistere la moglie, gravemente malata, e vi rimase sino al 1988, anno della morte della consorte. L’anno successivo ricevette dalla facoltà di scienze politiche di Macerata la laurea honoris causa. Morì a Roma il 4 novembre 1995.
Fonti e Bibl.: P. Rescigno, L’opera di F. S.-P., in Studi in onore di F. S.-P., I, Napoli 1972, pp. XI-XXIV; Presentazione del volume “Ordinamento e diritto civile” di F. S.-P., Roma 1989 (Celebrazioni lincee); Laurea ‘honoris causa’ in Scienze politiche a F. S.-P. Atti dell’incontro di studio e della cerimonia del conferimento della laurea, raccolti da P. Papanti-Pelletier, Milano 1992; R. Scognamiglio, Ricordo di F. S.-P., in Rivista italiana di diritto del lavoro, XV (1996), 1, pp. 3-12; Ricordo di F. S.-P. nel primo anniversario della scomparsa, Roma 1997 (Celebrazioni lincee); G. Cazzetta, Scienza giuridica e trasformazioni sociali, Milano 2007, pp. 259-261, 265-272, 274-280; M. Rusciano, Il lascito culturale di F. S.-P., in Lavoro e diritto, XXXIII (2009), 1, pp. 89-104; P. Rescigno, Gli anni napoletani di F. S.-P., in Diritto e giurisprudenza, LXVI (2010), pp. 574-581; Il pensiero giuridico di F. S.-P., a cura di B. Montanari, Torino 2010; P. Rescigno - F. Astone, S.-P., F., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, pp. 1797-1800.