REINA, Francesco
REINA, Francesco. – Nacque a Lugano il 4 marzo 1766, da Giacomo, un agiato commerciante di Malgrate (Lecco), e da Barbara Luini.
Svolse i primi studi a Milano, dove ebbe come maestro Giuseppe Parini, per poi studiare diritto a Pavia. Si laureò nel 1791, con una tesi di impronta giansenista che confutava il primato papale sui vescovi, per poi esercitare subito l’attività forense. Nel 1796, alla comparsa di Napoleone Bonaparte in Italia, divenne uno dei più accesi repubblicani. Le sue posizioni furono immediatamente a favore di uno Stato unitario, che abbracciasse l’intera penisola. Egli trovò il modo di presentarle una prima volta nel settembre del 1796, quando partecipò con una propria memoria al concorso bandito dall’Amministrazione generale di Lombardia su quale fosse il miglior governo per la futura felicità d’Italia. Il suo intervento non venne premiato, ma gli valse larga fama, soprattutto nel campo degli esuli, che giungevano a Milano da tutta Italia e della cui causa divenne subito una sorta di patrocinatore.
Nella tarda primavera del 1797, al momento della nascita della Repubblica Cisalpina, tornò a far sentire la propria voce con un appello a Bonaparte, pubblicato sul Termometro politico della Lombardia, un giornale di tendenze democratiche, dove ricordò gli interessi particolaristici alla base della decadenza della penisola intera e lo esortò a promuovere la costruzione di uno Stato unitario. A questo auspicio, Reina non mancò di far seguire quello che una costituzione pienamente democratica reggesse la vita civile della nuova repubblica e per l’occasione, sempre rivolgendosi a Bonaparte, auspicò che la carta francese dell’anno III venisse sì presa a modello e tuttavia anche profondamente modificata laddove la specificità socioculturale della penisola imponesse di discostarsene.
Nell’estate del 1797, in parallelo alle fortunate gesta militari di Bonaparte, egli intervenne poi dalle colonne del Giornale dei patriotti d’Italia, il foglio degli esuli meridionali a Milano, per esortare il generale ad annettere prontamente i territori della Serenissima alla Cisalpina e per l’occasione chiese l’inclusione dell’Istria e anche della Dalmazia. La delusione per il trattato di Campoformio, che portò alla cessione di Venezia all’Austria, fu profonda, ma di breve durata: Reina, che a far data dal novembre del 1797 era stato chiamato a far parte del consiglio dei Giuniori, molto si adoperò da quella tribuna per far ottenere la cittadinanza ai molti esuli veneti, sostenne la creazione di circoli costituzionali per una pronta democratizzazione della vita civile cisalpina e in quella sede mise ripetutamente in chiaro le sue idee al riguardo.
Largamente ispirandosi al democratismo di Francia, Reina suggerì la nascita di una repubblica di piccoli proprietari, che ponesse fine alle diseguaglianze sociali e di sesso per il tramite di un risoluto impulso alla pubblica istruzione. Le sue posizioni, che avevano come presupposto la piena indipendenza cisalpina, gli valsero però le critiche dell’alleato d’Oltralpe: nell’aprile del 1798, la sua opposizione a un duro trattato di alleanza con la Francia, lo fece cadere in disgrazia e di lì a breve l’ambasciatore di Parigi Claude Joseph Trouvé ne ottenne l’allontanamento dai Giuniori. Presto reintegrato nelle proprie funzioni dal generale francese Guillaume Brune, Reina venne però sorpreso a Milano dall’offensiva austro-russa, che portò, nell’aprile del 1799, al crollo della Cisalpina. Subito incarcerato come pericoloso estremista, venne trasferito sul finire dell’anno in Veneto e da lì deportato prima in Dalmazia e quindi in Ungheria.
Fece ritorno a Milano solo nel 1801, dopo che Bonaparte primo console era tornato in armi in Lombardia e aveva costretto l’Austria alla pace a seguito del trattato di Lunéville che stabilì anche il riconoscimento internazionale della Cisalpina. Appena rientrato in patria, Reina venne inserito nella Consulta legislativa, incaricata di dare alla restaurata repubblica una nuova carta costituzionale e per l’occasione pubblicò un proprio progetto, dove – facendo tesoro del dramma del 1799 e confrontandosi con il testo ideato da Mario Pagano per la Repubblica napoletana – suggerì un elettorato molto ampio, un chiaro equilibrio tra i poteri dello Stato e un’ampia democratizzazione della vita politica. Bonaparte lasciò cadere la proposta, ma per Reina il tempo della disillusione non era ancora arrivato, perché partecipò ai Comizi di Lione che sul finire del 1801 trasformarono la Cisalpina in Repubblica italiana ed egli stesso votò perché la presidenza del nuovo Stato andasse allo stesso Bonaparte.
Negli anni successivi, Reina – nominato membro del corpo legislativo – molto si impegnò per dare un profilo propriamente nazionale al nuovo Stato e prese a guardare con sospetto la deriva autoritaria che nel 1804 portò Napoleone a farsi imperatore dei francesi e nel 1805 a proclamarsi re d’Italia. A fronte di quegli avvenimenti, Reina non nascose il proprio dissenso fino a votare contro l’introduzione della legge del registro, che al governo stava molto a cuore, ma che venne invece respinta dal corpo legislativo. L’occasione venne utile a Napoleone per sciogliere quell’organo e sostituirlo con un Senato, dal quale Reina fu subito escluso.
La sua vita politica era così terminata, ma riprese slancio quel profilo di bibliofilo nonché di editore di testi per il quale Reina si era molto adoperato sin dal ritorno dall’Ungheria. Già a far data dal 1801, mise mano all’edizione delle opere di Giuseppe Parini, che vide la luce a partire dal 1802 per concludersi, dopo la stampa di cinque tomi, nel 1804. Le critiche non gli mancarono, perché le inesattezze e le imprecisioni gli attirarono gli strali di molti letterati dell’Italia del tempo, ma la nota biografica di Parini che egli stilò per l’occasione ebbe largo successo. Scritta all’indomani della nascita della Repubblica italiana, quando le lotte di fazione che avevano attraversato il patriottismo cisalpino sembravano concluse, essa magnificò la sobrietà e la fermezza morale del poeta e aprì la via all’indiscussa autorevolezza di cui godette la sua figura presso i letterati dell’intero XIX secolo.
Le fortune di quell’edizione aprirono a Reina le porte della Società dei classici, che dal 1802 sino al crollo del Regno napoleonico curò, sotto il patrocinio del governo, la ristampa delle grandi opere della letteratura nazionale. Per la raccolta, egli curò prima l’edizione delle opere di Giambattista Gelli e quindi quella dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, corredandola delle più significative varianti al testo. Il crollo del potere napoleonico lo trovò politicamente in disparte ed egli proseguì indisturbato nell’attività editoriale collaborando, dal 1818, al progetto dell’editore Antonio Fortunato Stella di pubblicare i classici italiani del XVIII secolo: oltre alla prefazione generale, Reina curò la ristampa degli Annali di Ludovico Antonio Muratori, di una selezione delle opere di Metastasio, di Alfonso Varano e di Francesco Maria Zanotti, nonché delle Rivoluzioni d’Italia di Carlo Denina. In tutti questi suoi interventi, mai mancò di conciliare la passione del bibliofilo con il proposito di illustrare il debito contratto dalla cultura italiana con gli autori trattati. Così è soprattutto nel ritratto di Denina; e così è nella nuova edizione delle opere pariniane, in due soli volumi, uscita nel 1825, dove il curatore, accogliendo molte delle obiezioni precedentemente avanzategli, ripropose del poeta solo le opere reputate migliori.
Fu quella la sua ultima fatica: la morte lo sorprese a Canneto sull’Oglio, nel Mantovano, in data 12 novembre 1825.
La sua biblioteca, ricca di oltre 50.000 volumi, venne acquistata dal libraio milanese Paolo Antonio Tosi per essere poi venduta all’asta in Francia, mentre il suo ricco carteggio, rilevato nel 1834 da Pietro Custodi, è ora depositato tra i manoscritti italiani della Bibliothèque nationale di Parigi.
Opere. Considerazioni sulla costituzione cisalpina, Milano 1797; Discorso sui diritti, e doveri dell’uomo, del cittadino e delle nazioni, Milano 1797; Lettera del cittadino Reina a Bonaparte, Milano 1797; Progetto di costituzione per la Repubblica cisalpina, Milano anno IX [1801]; Notizie intorno alla vita ed alle opere di Giovanbattista Gelli accademico fiorentino, Milano 1807; Vita di Giuseppe Parini, Milano 1811; Vita di Carlo Denina, Milano 1820.
Curatele. Opere di Giuseppe Parini pubblicate ed illustrate da Francesco Reina, I-VI, Milano 1802-1804; Delle opere di Gio. Battista Gelli, I-III, Milano 1804-1807; Orlando furioso di messer Lodovico Ariosto, I-V, Milano 1812-1814; Opere scelte di Alfonso Varano degli antichi duchi di Camerino, Milano 1818; Opere scelte di Francesco Maria Zanotti, I-II, Milano 1818; Annali d’Italia dal principio dell’era volgare sino all’anno 1749 compilati da Lodovico Antonio Muratori, I-XVIII, Milano 1818-1821; Delle rivoluzioni d’Italia libri venticinque di Carlo Denina con giunte e correzioni inedite dell’autore, I-III, Milano 1820; Drammi di Pietro Metastasio, I-III, Milano 1820.
Fonti e Bibl.: Catalogue des livres de la bibliothèque de M. Reina (de Milan), Paris 1834; L. Auvray, La collection Custodi à la Bibliothèque nationale: historique, inventaire, extraits, Bordeaux 1906, ad nomen; F. Novati, La raccolta di stampe popolari italiane della biblioteca di F. R., in Lares. Bullettino della società di etnografia italiana, II (1913), pp. 151-221; F. Novati, Per la storia dei deportati del 1799. La “Via crucis” di F. R., in La Lombardia nel Risorgimento italiano, I (1914), pp. 9-23; R. Germano, Di alcuni scolari di Giuseppe Parini, Lucca 1919, pp. 98-108; P. Dettamanti, F. R.: un patriota cisalpino amico di Stendhal, in Archivi di Lecco, XIII (1990), pp. 298-334; W. Spaggiari, F. R. editore del Parini, in Id., L’eremita degli Appennini. Leopardi e altri studi del primo Ottocento, Milano 2000, pp. 133-172.