REGIS, Francesco
REGIS, Francesco. – Nacque a Montaldo di Mondovì il 23 ottobre 1749 da Costanzo e da Francesca Rulfo.
Dopo aver compiuto i primi studi nel ginnasio monregalese, nel 1768, grazie all’interessamento di Carlo Denina, ottenne una borsa di studio al Collegio delle province di Torino. Fu inoltre chiamato a corte, fra i chierici della Regia cappella. Laureatosi in belle lettere e teologia, nel 1771 esordì nel mondo delle lettere partecipando alla raccolta Per le nozze della principessa Maria Giuseppa di Savoia col principe Stanislao conte di Provenza (Torino, Stamperia reale).
Nel 1773 divenne professore di retorica al Collegio di Novara. Già nel 1775, tuttavia, fu richiamato a Torino come professore d’umanità nel Collegio di Torino. Il 2 agosto 1782 fu nominato prefetto di filosofia nel Collegio delle province e lo stesso anno fu aggregato al Collegio di belle lettere dell’Università di Torino. Il 3 agosto 1784, infine, ottenne la cattedra di eloquenza italiana e lingua greca, una delle più prestigiose dell’Università di Torino, prendendo il posto di quel Giovan Bernardo Vigo, che era stato suo maestro a Mondovì.
Dal 1785 al 1792, quando le lezioni dell’Università furono interrotte per lo scoppio della guerra contro la Francia rivoluzionaria, fu chiamato ogni anno a scrivere – e recitare – le orazioni sia per l’apertura dell’anno accademico sia per il compleanno del re (i testi di tali orazioni, rimaste inedite, sono a Torino, Biblioteca dell’Accademia delle Scienze, Mss., 661-673; una è a Torino, Biblioteca Regia, Mss. st. patria, 354). In tali orazioni tema ricorrente era la critica alla «general depravazione di costumi», all’«abuso di filosofia» cui contrapponeva la grandezza della lezione degli antichi e, ovviamente, la più stretta ortodossia religiosa. L’Università doveva essere, quindi, «l’universal guardiana» di tali valori, così da formare una classe dirigente in linea con i bisogni dello Stato (Della educazione popolare. Orazione detta dal professore F. R. nel solenne riaprimento dell’Università, ms. 670; il testo non è datato, ma risale agli anni 1785-87 o 1789-92). Nel 1789 pubblicò una raccolta di poemi Per le auguste nozze delle Altezze Reali Vittorio Emanuele duca d’Aosta e Maria Teresa arciduchessa d’Austria (Torino, Stamperia reale).
Il 20 dicembre 1792 fu chiamato a far parte della Patria Società letteraria, dove nel corso del 1793 iniziò a leggere i primi passi della sua traduzione della Ciropedia di Senofonte.
L’occupazione francese segnò una svolta nella vita di Regis che, nonostante alcuni incidenti di percorso, riuscì ad attraversare più o meno indenne un periodo tanto complesso, trovando infine in Napoleone un sovrano il cui servizio poteva sostituire senza troppa difficoltà quello dei Savoia.
Pochi giorni dopo la partenza di Carlo Emanuele IV (la notte del 9 dicembre 1798), Regis entrò a far parte della Società patriottica di Torino, un circolo costituzionale a favore dell’annessione alla Francia che si riuniva nel Palazzo dell’Università e in cui sedevano diversi professori della stessa (cfr. Buniva, 2000, pp. 17, 103). Il 23 gennaio tenne un’orazione per la riapertura dell’Università decisa dalle autorità francesi, inneggiando all’albero della libertà (Discorsi recitati nel solenne riaprimento dell’Università nazionale degli studi il dì 4 pluvioso anno VII, in Raccolta degli ordini e delle provvidenze emanate dall’autorità costituite, Torino, Soffietti, 1799, pp. 40-55). Ciò gli valse il mantenimento nella cattedra e il coinvolgimento in diverse commissioni, fra cui quella istituita dal Governo provvisorio il 26 febbraio 1799 (8 ventoso), per elaborare un piano d’istruzione pubblica. All’arrivo delle truppe austro-sarde, Regis fu arrestato, ma con quella che Giovanni Sforza definiva una «abiettissima supplica» riuscì evidentemente a convincere i nuovi occupanti delle sue buone intenzioni. Egli pubblicò allora la canzone Nell’aspettato ritorno di S.M. Carlo Emanuele IV (Torino, Stamperia reale, 1799).
Dopo Marengo e il ritorno dei francesi, Regis riuscì a far forza sull’arresto subito per stabilire di nuovo buone relazioni con gli occupanti, divenendo in breve, anzi, una delle figure centrali della cultura subalpina durante l’epoca francese. Nel 1801 fu tra i fondatori della Societé libre d’instruction publique de Turin, fortemente voluta dal generale Jourdan; riprese il suo insegnamento universitario e, soprattutto, fu compreso nell’allora istituita Classe di scienze morali dell’Académie nationale, nome allora assunto dalla Regia Accademia delle scienze. Il suo nome risulta inoltre fra i fondatori dell’Accademia dei Pastori della Dora.
Nel decennio successivo, l’Università e l’Academie furono i due principali terreni d’azione di Regis. Nella prima mantenne la cattedra di eloquenza italiana e greca e, suo merito importante, riuscì a evitare che fosse soppressa, come alcuni avrebbero desiderato. Fra i suoi allievi ebbe allora giovani come Cesare Balbo e Luigi Provana, destinati a brillanti carriere nel Piemonte della Restaurazione. In tale veste, così come aveva cantato le ricorrenze di Vittorio Amedeo III, Regis cantò ora quelle di Napoleone, dall’incoronazione nel 1805 (Solennizzandosi dalla città di Torino l’augusto coronamento di S.M. l’imperatore Napoleone, Torino, Buzan, 1805), al matrimonio con Maria Luisa (In faustissimis nuptis Napoleonis I et Mariae Aloysiae carmen, Torino, V. Bianco, 1810) alla nascita del re di Roma (Regi Romae Augusto Napoleoni Francisco Carolo Josepho, Carmen genethliacum, Torino, 1811). E, naturalmente, come aveva fatto per l’Università sabauda e per quella nazionale, continuò a scrivere le orazioni in apertura di quella imperiale almeno dal 1803 al 1808 (tutte edite a Torino, Stamperia filantropica).
Nell’Accademia – nel frattempo divenuta imperiale – fu segretario della Classe di scienze morali dal 1801-06, divenendone poi direttore (1806-09) e infine, bibliotecario (1809-11). Nel 1809 uscì finalmente la sua traduzione della Ciropedia (Torino, V. Bianco), la sua opera più fortunata.
Morì a Torino alla fine di novembre del 1811. Le sue esequie di svolsero il 21 dicembre nella chiesa di S. Francesco da Paola e l’orazione fu tenuta da Carlo Boucheron, che rilevò la sua cattedra di eloquenza greca.
Fra le opere restate manoscritte vanno ricordate almeno il poema Il ritorno di Emanuele Filiberto nei suoi Stati (Torino, Biblioteca dell’Accademia delle scienze, Mss., 708) e un Trattato di mitologia, scritto fra 1790 e 1792 (ibid., 679). Risultano, invece, perdute le dissertazioni su Vittorio Alfieri, ricordate ancora da Casimiro Danna a metà Ottocento.
Fonti e Bibl.: F. Boucheron, Per le solenni esequie di F. R. celebrate in san Francesco da Paola il dì XXI dicembre MDCCCXI. Orazione, Torino 1812; T. Vallauri, R., F., in E. De Tipaldo, Biografie degli italiani illustri del secolo XVIII, IV, Venezia 1834, pp. 276 s.; G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna, XI, Torino 1843, Montaldo di Mondovì, pp. 155-157; C. Danna, Degli scritti e della vita di F. R., Torino 1848; G. Sforza, L’indennità ai giacobini piemontesi perseguitati e danneggiati (1800-1802), in Biblioteca di storia italiana recente, II (1909), p. 369 e n.; G. Lombardi, F. R. letterato e poeta, in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, n.s., XXXVII (1956), pp. 70-99 (con bibliografia delle opere di Regis); G. Gasca Queirazza, Voci di consenso e di plauso, di polemica, di irrisione e di satira (1798-1804), in Ville de Turin 1798-1814, a cura di G. Bracco, II, Torino 1990, p. 157; P. Delpiano, Il trono e la cattedra. Istruzione e formazione dell’élite nel Piemonte del Settecento, Torino 1997, pp. 45-47; M. Buniva, Memoria al figlio unigenito, a cura di G. Losano - G. Slaverio, Torino 2000, pp. 17, 103.