QUARESMI, Francesco
QUARESMI, Francesco. – Nacque a Lodi il 4 aprile 1583 (alcune fonti riportano il 1585) da Alberto e da Laura Papa, membri della locale nobiltà, che lo allevarono in un contesto di particolare devozione e pietà. Ancora giovanissimo entrò nei francescani osservanti nel convento di S. Maria delle Grazie, vicino a Mantova, dove assunse il nome di Francesco in luogo di quello di Alessandro ricevuto al battesimo. Trasferito al convento della Pace di Milano, emise i voti solenni, praticando un’osservanza rigidissima che comprendeva digiuni e afflizioni corporali. Intanto studiò lettere, filosofia, teologia e diritto, dedicandosi all’insegnamento in qualità di «teologo giubilato» e assumendo cariche nell’ordine come guardiano nel convento milanese di S. Angelo.
Nel 1616 fu inviato in Terrasanta per un primo soggiorno durante il quale svolse la funzione di guardiano ad Aleppo. Il patriarca maronita lo nominò suo vicario. Nel 1618, alla morte del custode di Terrasanta a causa della peste, fu chiamato a ricoprire la carica interimaria di praeses custodialis per sei mesi, stabilendosi a Gerusalemme. In questo periodo i rapporti con le autorità locali ottomane (in particolare con Hamed Pascià, governatore della Città Santa) erano particolarmente difficili e Quaresmi fu costretto ad aumentare i pagamenti di tasse e oboli, condizione indispensabile per il mantenimento delle missioni. Anche a Tripoli dovette intervenire per permettere la presenza dei cristiani tra i quali vi erano molti mercanti. In questi frangenti veniva spesso imprigionato. Accanto a questi impegni di carattere politico e missionario, egli seguiva i suoi interessi culturali (incoraggiato dall’arcivescovo di Vigevano, Giorgio Odescalchi), verificando sul campo le fonti bibliche per la sua opera sulla Palestina, che cominciò a scrivere al suo rientro a Milano intorno al 1620.
Nel 1626 tornò in Levante con l’incarico assegnatogli da Urbano VIII di recarsi presso il patriarca dei caldei nestoriani Elia per ottenerne l’unione con Roma. Nell’occasione l’arcivescovo di Milano, Federico Borromeo, lo incaricò di reperire libri nelle lingue orientali per la Biblioteca Ambrosiana (Milano, Biblioteca Ambrosiana, G 246 inf., doc. 103, 2 aprile 1626). Il 1° novembre 1626 giunse ad Aleppo (Archivio della congregazione de Propaganda Fide, SOCG, vol. 147, cc. 181r-182v) dove assunse la carica di guardiano venendo coinvolto nelle diatribe tra gli ordini regolari che spesso riflettevano il ruolo delle potenze europee in Siria.
In particolare la polemica era rovente tra i francescani osservanti e i cappuccini francesi destinati alla Persia che invece si erano «annidati» ad Aleppo. Quaresmi li accusava di non avere le facoltà pontificie per Aleppo e sosteneva che ormai in Palestina vi erano troppi religiosi (vi si trovavano infatti anche gesuiti e carmelitani scalzi) che, con le loro reciproche polemiche, «in vece di propagar la fede, fomentano le discordie» con grande scandalo di fronte ai protestanti inglesi e olandesi e ai cristiani d’Oriente. Le accuse di Quaresmi presentate a Roma alla congregazione de Propaganda Fide trovarono un riscontro freddo («non ho veduto un’h di risposta» si lamentava il francescano, ibid., cc. 186r-187v). La congregazione sosteneva i cappuccini francesi e riteneva che la compresenza di ordini, se organizzata, fosse un elemento positivo. Tuttavia Quaresmi era personalmente visto con molto rispetto e ammirazione, come dimostra l’apprezzamento del teatino Pietro Avitabile (ibid., c. 155rv) o del religioso polacco Simone Hosnius i quali, di passaggio in Palestina, ne fecero l’elogio a Propaganda Fide (ibid., vol. 190, c. 195r).
Tra il 1628 e il 1629 Quaresmi si dedicò più da vicino alla questione dei caldei riprendendo le iniziative del confratello Tommaso Obicini da Novara. La sua qualifica di teologo, con la quale si firmava nella corrispondenza, gli fu utile per l’esame delle differenze di rito con i caldei nestoriani. Secondo Quaresmi, emergevano infatti dei veri e propri «errori» dal punto di vista dell’ortodossia che non potevano essere ammessi in vista di un’unione con Roma.
Propaganda Fide esaminò nel 1629 e nel 1630 i seguenti punti proposti da Quaresmi: la modifica della professione di fede e della formula del battesimo per problemi di traduzione in siriaco (Biblioteca apostolica Vaticana, Ottoboniano latino, 2536, cc. 161r-169v); la consacrazione del pane per l’eucarestia; gli ingredienti usati per la preparazione delle ostie. Secondo Quaresmi i nestoriani utilizzavano impropriamente un condimento detto «melcha» e inoltre cuocevano male il pane. In effetti si trattava di un rituale antico (in cui si utilizzava un lievito speciale detto khami al-malik e si cuoceva il pane sotto il controllo del sacerdote) che era del tutto estraneo a quello di rito latino (Heyberger, 1994, p. 238). Inoltre Quaresmi trovò molti errori nella messa vietando l’uso della «melcha» nell’eucarestia e introducendo delle correzioni nel messale ispirandosi a quello dei maroniti stampato a Roma. Inoltre emerse il problema dei sacerdoti sposati, in particolare per i casi di seconde nozze dei vedovi.
Riguardo all’unione con i cristiani orientali, Quaresmi sostenne la necessità di un’azione progressiva verso i nestoriani attraverso accordi con i prelati caldei che egli intraprese già ad Aleppo anche senza attendere l’autorizzazione romana e che voleva stabilire anche altrove (Annales Minorum, 1933-1951, XXVII, pp. 122-124).
Il suo viaggio per incontrare il patriarca caldeo Elia iniziò il 9 maggio 1629 accompagnato dal confratello Tommaso da Milano e dal maronita Giovanni Battista Eliano che fungeva da interprete. L’itinerario, descritto in prima persona da Tommaso (Biblioteca apostolica Vaticana, Ottoboniano latino, 2536, cc. 114r-126r, pubblicato da Marcellino da Civezza, 1895, pp. 597-608), si svolse in direzione di Emid e verso l’Eufrate, toccando l’Armenia dove i religiosi incontrarono i curdi, «natione cattiva», e poi tornando indietro oltre il Tigri. Il 9 luglio Quaresmi incontrò il patriarca caldeo con il quale discusse le divergenze dottrinali e il fatto che le precedenti professioni di fede fatte a Roma non erano corrette ed erano state poi rinnegate. Il patriarca non cedette a tali proposte e licenziò i missionari che si diressero verso Mossul, dove Quaresmi si ammalò gravemente. Durante il viaggio incontrarono molti caldei che affermavano di non essere contro il papa, ma di volere restare nel loro rito per motivazioni pratiche. Rientrarono ad Aleppo il 12 agosto, ma nel mese di settembre Quaresmi ritenne conclusa la sua missione e rientrò «in Christianità».
Il soggiorno in Levante era durato complessivamente quasi dieci anni, come riferiscono le biografie che ci dicono anche che, durante quel periodo, Quaresmi aveva viaggiato in varie parti dell’Impero ottomano, dall’Egitto a Costantinopoli, ma soprattutto in Palestina, in particolare visitando i santuari che voleva recuperare e restaurare per allargare la presenza della Chiesa latina. A questo proposito, nel 1637 a Lodi fu pubblicata un’anonima Relazione fedele della grande controversia nata in Gerusalemme circa alcuni Santuari dai Greci usurpati ai Latini, descritta da un Religioso Minorita ed approvata dal P. Quaresmio (Cirelli, 1918, p. 601).
Dopo il suo ritorno a Milano, Quaresmi continuò a dedicarsi alla Terrasanta soprattutto attraverso le opere. Durante il suo secondo soggiorno aveva continuato a studiare e a raccogliere informazioni per la sua Historica, theologica Et moralis Terrae Sanctae Elucidatio in qua pleraque ad veterem et praesentem ejusdem Terrae statum spectantia accurate explicantur varii errores refelluntur veritas fideliter exacteque discutitur et comprobatur, pubblicata ad Anversa nel 1634-1639. Quaresmi aveva avuto l’autorizzazione alla pubblicazione di quest’opera da parte dei superiori dell’ordine già nel 1625, ma non aveva poi potuto fare un’adeguata revisione nelle biblioteche italiane, cosa che invece era stata possibile a Gerusalemme. Al suo ritorno dalla Palestina aveva affidato la stampa alla tipografia plantiniana di Anversa dove Balthasar Moretus aveva operato un prezioso controllo sul testo nel corso della pubblicazione iniziata nel 1634 e conclusa nel 1639.
Lavoro di enorme erudizione, ma anche di propaganda (Heyberger, 1994, pp. 197 s.), è formato da due grossi volumi arricchiti da due carte, una della Terrasanta e l’altra del Monte Calvario. Il primo volume è diviso in tre parti. La prima è una descrizione generale (territorio, popolazione, religioni, riti) della Terrasanta. La seconda costituisce un quadro delle disposizioni pontificie e vi si discutono le iniziative di crociata per il recupero dei Luoghi Santi. Nella terza si illustrano i vantaggi e le opportunità di fare pellegrinaggi in Palestina. Il secondo volume è strutturato diversamente. Le cinque parti di cui è composto sono divise in capitoli che corrispondono a itinerari (peregrinationes) che attraversano luoghi importanti per la loro storia biblica e cristiana. Si tratta quindi di una ricognizione molto dettagliata della Palestina (si indicano una trentina di itinerari per un totale di quasi trecento luoghi).
Con quest’opera Quaresmi si inseriva nella corrente di pensiero legata all’idea di crociata ancora diffusa nel XVII secolo, stimolata dall’espansione islamica e dal dominio musulmano sulla Terrasanta che si univa alla perdita dell’Europa del Nord a vantaggio dei protestanti. In tale prospettiva va inquadrata anche l’opera di Quaresmi, Hierosolymae afflictae et humiliatae deprecatio ad Philippum IV Regem Cath. Ut libertatem ex Turcarum tyrannide assegnatur, Mediolani 1631 e Venetiis 1647. Anche se ormai la prospettiva di una distruzione dell’islam e dell’Impero ottomano tramite le armi sembrava impossibile, Quaresmi esprimeva la necessità dello sviluppo delle missioni in Terrasanta e dell’attenzione verso i santuari e i luoghi di culto e verso la storia della Palestina. Il francescano esaltava la presenza cristiana contrapponendola con la sua ricchezza e tradizione all’islam, che nell’Elucidatio descriveva in termini piuttosto semplici e materiali, mettendo anche in rilievo alcune affinità con i riti orientali, in particolare quelli nestoriani (Heyberger, 2009, pp. 306 e 312). La vittoria sull’islam era profeticamente rinviata alla fine dei tempi, in una prospettiva escatologica e millenarista che costituiva una costante nel pensiero francescano osservante fin dal Medioevo. Per raggiungere questo obiettivo, secondo Quaresmi, bisognava impegnarsi nella riforma della Chiesa e nell’attività di predicazione e di conversione attraverso le missioni in modo da preparare il terreno alla vittoria finale. L’Elucidatio ebbe un grande successo e venne ristampata nel 1880-1881 a Venezia a cura di Cipriano da Tarvisio nel contesto di un’esaltazione della figura di Quaresmi nella quale si faceva riferimento anche a episodi miracolosi avvenuti per sua intercessione. Oltre alle informazioni sulla Palestina, l’opera trattava di questioni sempre attuali ancora alla metà del XIX secolo, come il ristabilimento del patriarca latino a Gerusalemme, riunendo in un solo religioso la figura del custode con quella del patriarca (Lemmens, 1921-1922, II, p. 125; Pieraccini, 2006, p. 189). Tuttavia il motivo per il quale l’Elucidatio era molto diffusa nei conventi di Terrasanta era la sua utilità pratica. Malgrado Quaresmi avesse posto nel sottotitolo l’avviso che non era un’opera concepita solo per coloro che partivano per la Terrasanta come viaggiatori, ma anche per gli studiosi di Sacre Scritture e per i predicatori, le informazioni che essa forniva sulla miriade di luoghi di interesse sacro e storico ne faceva una guida preziosa per il pellegrino.
Rientrato nella sua provincia milanese, Quaresmi ricoprì ruoli istituzionali come custode e ministro provinciale. Poi passò a Roma nel convento di Aracoeli per assurgere alla carica di procuratore generale dell’ordine dal 1645 al 1648 (Annales Minorum, 1933-1951, XXIX, p. 232). In questi anni di rappresentanza dell’ordine in Curia si trovò ancora a polemizzare con i cappuccini per una questione di taglio dell’abito, ma fu anche in contatto con Propaganda Fide per le missioni in Terrasanta (ibid., pp. 312, 332, 409). Secondo le biografie viaggiò anche in Europa. Dopo l’esperienza romana tornò a Milano proseguendo l’attività di predicatore e di autore di testi devozionali centrati sulla figura di Cristo come De quinque sacratissimis Christi vulneribus…, Venetiis 1647 e 1652. Dall’esperienza in Oriente aveva anche portato con sé la devozione per la deposizione del Cristo morto che introdusse in Italia, inaugurandola nella chiesa di S. Francesco di Lucca, predicando e camminando in processione a piedi nudi con grande richiamo di fedeli. Propose anche al papa di farne una solennità da celebrarsi il venerdì santo. Nel trattatello Ad SS. DD. N. Alexandrum VII pont. Opt. max. F. Francisci Quaresmii Lauden. Ord. Min. Pia Vota Pro Anniversaria Passionis Christi Solemnitate, Mediolani 1656, espose dieci motivi per patrocinare tale iniziativa. Restò invece manoscritto e incompleto un testo sulla Madonna, Deipara in sanguine Dei dealbata, redatto verso la fine della sua esistenza. Rispetto alla sua esperienza in Oriente, Quaresmi mantenne anche un interesse verso l’unione dei cristiani orientali al rito latino scrivendo due opere, nel 1647 Apparatus pro reductione chaldeorum ad catholicam fidem e, negli ultimi anni di vita, Adversus errores Armenorum entrambi rimasti manoscritti, benché del primo si fosse chiesto a Propaganda Fide il permesso di pubblicazione nel 1652.
Morì il 25 ottobre 1656 nel convento di S. Angelo a Milano. La salma fu venerata dai fedeli per tre giorni, restando miracolosamente intatta. Il cuore fu traslato a Lodi e il corpo sepolto nella cripta della chiesa del convento. Vennero registrate intercessioni ritenute miracolose e nel 1657 fu richiesta al S. Uffizio la facoltà di stampare un’immagine con un elogio, che però venne negata (Archivio della congregazione per la Dottrina della Fede, Archivio del S. Uffizio, Stanza storica B4-f, doc. 17). Quaresmi è annoverato tra i martiri venerabili della provincia francescana milanese.
Opere. Le opere di Quaresmi sono indicate nel testo. Della Elucidatio, oltre le due edizioni complete citate, si veda anche l’antologia, Elucidatio Terrae Sanctae, a cura di S. De Sandoli, Jerusalem 1989. Molti dati biografici si trovano nell’introduzione dell’edizione del 1880-1881 di Cipriano da Tarvisio.
Fonti e Bibl.: Fonti documentarie autografe si trovano soprattutto nell’Archivio storico della congregazione de Propaganda Fide.
Cfr. inoltre Giovanni da Calahorra, Historia cronologica della provincia di Syria e Terra Santa di Gierusalemme, Venezia 1694, pp. 612-621, 748-753; G.B. Malossi, Memorie di alcuni uomini illustri della città di Lodi, Lodi 1776, pp. 150-153; Marcellino da Civezza, Storia delle missioni francescane, VII, Firenze 1894, pp. 413-418, VIII-XI, 1895, pp. 597-608; A. Cirelli, Gli annali di Terra Santa editi dal P. Saturnino Mencherini, o.f.m. e Bibliografia di Terra Santa del medesimo editore, Quaracchi 1918, pp. 598 s., 601; L. Lemmens, Acta S. Congregationis de Propaganda Fide pro Terra Sancta, I-II, Quaracchi 1921-1922, ad ind.; Martyrologium Fratrum Minorum Provinciae Mediolanensis, Seroni 1929, pp. 102 s.; Annales Minorum…, a cura di A. Chiappini, XXVI-XXX, Quaracchi 1933-1951, ad ind.; A. Mosconi, Lombardia Francescana. Appunti per una storia del movimento francescano nella regione lombarda, Milano 1990, pp. 285 s.; B. Heyberger, Les chrétiens du Proche-Orient au temps de la réforme catholique, Rome 1994, ad ind.; P. Pieraccini, Il ristabilimento del patriarcato latino di Gerusalemme e la custodia di Terra Santa. La dialettica istituzionale al tempo del primo patriarca Mons. Giuseppe Valerga (1847-1872), Cairo-Jerusalem 2006, p. 189; B. Heyberger, L’islam dei missionari cattolici (Medio Oriente, Seicento), in L’Islam visto da Occidente. Cultura e religione del Seicento europeo di fronte all’Islam, a cura di B. Heyberger et al., Genova-Milano 2009, ad indicem.