PREDARI, Francesco
PREDARI, Francesco. – Nacque a Griante, sul lago di Como, il 16 luglio 1809, figlio cadetto di Giuseppe e di Antonia Curioni.
Fu educato a Milano fino al corso ginnasiale e filosofico. Rientrato in Italia dopo un breve soggiorno in Germania presso uno zio che attendeva al commercio, forse per alcune preoccupazioni legate alle sue frequentazioni politiche fu mandato a Roma presso un altro zio, il futuro cardinale Carlo Velzi, che provò ad avviarlo alla carriera di segretario. Egli tuttavia, «avido d’avventure e di cognizioni, di celato si pose in viaggio per l’Africa». Ma trovandosi «a diciannove anni, senza mezzi» e «fra grandi disagi» (Supplemento perenne, 1871, p. 569), decise di rimpatriare.
Non si può peraltro escludere che i suoi viaggi fossero legati a dissidi con la madre, risposatasi dopo la morte del marito.
Nel 1829 ottenne il pieno possesso del proprio modesto patrimonio posto sotto tutela in ragione della sua minore età e dall’inizio degli anni Trenta si stabilì a Milano. Sposò, alla fine del 1832, la cremonese Francesca Chiappa e iniziò a dedicarsi all’insegnamento privato, intensificando altresì la collaborazione con il mondo editoriale.
A metà degli anni Trenta diede alle stampe per Bravetta il suo primo consistente lavoro, un’edizione delle Opere di Giambattista Vico per la prima volta completamente riunite con traduzioni e commenti (Milano 1835) che si limitò al primo volume contenente L’Autobiografia e le Opere latine, ma che lo condusse a singolar tenzone con Giuseppe Ferrari, anch’egli allora editore delle opere complete di Vico per la Tipografia dei classici italiani. La volontà di precedere Ferrari «spiega la fretta e i molti errori tipografici», senza peraltro giustificare «le inesattezze storiche e filologiche»; nondimeno «nella storia delle edizioni e delle opere del Vico l’edizione del Predari merita particolare rilievo, e per l’ordine e i criteri seguiti supera quella del Ferrari» (Benedetto, 1952, p. 88). Sempre in polemica con Ferrari, nel 1836 pubblicò La sorte di Vico nel secolo XVIII (mentre nel 1852 a Torino avrebbe poi curato anche un’edizione della Scienza Nuova).
Le numerose pubblicazioni di Predari tra la fine degli anni Trenta e l’inizio del decennio successivo testimoniavano l’eclettismo dei suoi interessi, che si rifletteva anche nelle composite collaborazioni giornalistiche comprendenti alcune delle testate più prestigiose, dagli Annali universali di statistica alla Rivista Europea. Proprio un articolo su quest’ultima rappresentò una svolta. Infatti, nel marzo 1842 una sua recensione assai critica alla Nuova enciclopedia popolare avviata da Giuseppe Pomba (Rivista Europea, V, n. 1, pp. 316-333) originò prima una garbata disputa a mezzo stampa, poi addirittura l’offerta dell’editore a Predari di recarsi a Torino per mostrare di essere in grado di fare bene «ciò che riteneva mal fatto da altri» (Firpo, 1975, p. 146). Così nel novembre del 1844, abbandonato il posto di scrittore ottenuto nella primavera del 1840 presso la Biblioteca Braidense, si trasferì «addirittura nella casa del Pomba […] con l’incarico di direttore dell’Enciclopedia, e lo stipendio più che discreto di duemila lire annue» (Bottasso, 1969, p. 250).
Vi si recò con tutta la famiglia, ovvero con la nuova moglie, Maria Borgocaratti (sposata dopo la morte di Francesca Chiappa nel giugno del 1839), i sei figli e la cognata. Dei tre maschi avuti con la prima moglie (Giberto, detto Eriberto, Baldassarre ed Emilio), il primo, nato a Milano nel 1833, ebbe una certa notorietà come maestro di musica e compositore. Con Maria Borgocaratti ebbe invece due femmine (Antonia e Giulia) e un maschio (Francesco, morto a Torino il 24 gennaio 1845 a meno di un anno di età).
Fu nella conduzione dell’Enciclopedia che Predari mostrò di avere capacità organizzative e di lavoro non comuni, raggiungendo tirature di grande successo. Poi, grazie al fondamentale sostegno di Pomba e di Cesare Balbo, divenuto suo principale mentore, diresse una delle principali testate della Torino prequarantottesca, la rivista mensile Antologia italiana, giornale di scienze, lettere ed arti che, uscita tra il luglio del 1846 e il febbraio del 1848, riecheggiava nel titolo il periodico di Vieusseux e si avvalse di collaboratori di grande prestigio quali Vincenzo Gioberti, Massimo e Roberto d’Azeglio, Camillo Benso di Cavour «e parecchi altri egregi uomini liberali», così da «confederare intorno a questa effemeride le migliori forze letterarie e scientifiche del paese» (F. Predari, I primi vagiti della libertà..., 1861, p. 120). Il giornale – di orientamento giobertiano – si caratterizzò per l’impronta di palese appoggio e costante pungolo alle riforme albertine, mantenendo toni moderati, ma pure accentuando vieppiù quei tratti liberaleggianti che sarebbero valsi al pur sempre suddito lombardo Predari un severo richiamo da parte austriaca. Nel 1846 prese parte come deputato all’VIII Congresso degli scienziati a Genova, rafforzando il suo network e consolidando la propria presenza sulla scena torinese. Come attestato dalla lettera aperta a Carlo Alberto in occasione dei fatti riguardanti la deputazione genovese, all’inizio del 1848 Predari era, con i colleghi-direttori Cavour, Giacomo Durando e Angelo Brofferio, una delle voci più autorevoli della stampa periodica (che non abbandonò nemmeno nel biennio rivoluzionario, fondando, nel gennaio del 1849, Abracadabra. Giornale taumaturgico politico).
Fra i «manipolatori della cultura» della Torino degli anni Cinquanta, Predari fu «il più temuto per aggressività e spregiudicatezza» (Carteggio inedito Tenca-Camerini, 1973, p. XXXVII). Eugenio Camerini, pur apprezzando l’operosità e il mordente «di questo nuovo Minosse» (pp. 249 s.), addebitò al suo costante stato di necessità gli atteggiamenti ambigui e il gusto della polemica, identificandolo inoltre come l’anonimo corrispondente dagli Stati sardi per l’austriacante Gazzetta di Milano. Insomma, «Predari [era] un mastino, che addenta[va] tutti» e che aveva «fatto del giornalismo un bordello» (lettera di Carlo Tenca a Camerini, 28 maggio 1856, p. 304); anche per l’opportunistica consapevolezza di dover legare i propri giornali «o con l’una o con l’altra parte della Camera liberale», giacché «l’esperienza» gli aveva «dimostrato come i giornali senza colore politico» non godessero di «gran favore» presso il pubblico, come scrisse a Cavour il 9 ottobre 1852 (C. Cavour, Epistolario, IX, a cura di C. Pischedda - R. Roccia, Firenze 1984, p. 284).
Di questa disinvolta partecipazione alle vicende giornalistiche degli anni Cinquanta furono testimonianza, oltre al quotidiano Il Monitore (1851-53) e il Bullettino di scienze, lettere, arti, industrie italiane e straniere (1853-54), la fondazione e breve direzione della Rivista enciclopedica (1855) e La Critica (1856). Quanto alle opere, si occupò come d’abitudine dei più svariati temi, riallacciando nel frattempo i contatti con l’editoria ambrosiana e pubblicando per Carrara la Bibliografia enciclopedica milanese (1857), per la quale rielaborò parte del materiale preparatorio del secondo volume – mai ultimato – delle Notizie naturali e civili su la Lombardia di Carlo Cattaneo (cui peraltro fornì, nei primi anni Sessanta, un paio di contributi per la nuova serie del Politecnico).
Il decennio postunitario portò Predari alla gravosa «scissura coi Pomba», sorta a causa di contrasti in merito alla nuova edizione dell’Enciclopedia popolare, impresa per la quale aveva lavorato duramente nella speranza – vana – di essere cointeressato «in qualche parte degli utili» (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Carte Cantù, R.8 inf., inserto 1, cc. 11-12, lettera a Cantù, 2 maggio 1864). Orfano dei Pomba dovette fare rientro a Milano e vendere la propria penna ai non meno esigenti editori milanesi, incorrendo in conflitti che lo indussero persino ad abbandonare nel giro di breve tempo la direzione dell’Enciclopedia nazionale, nella quale «andava depositando il frutto degli studii di tutta la [sua] vita» (lettera a Cantù, 13 maggio 1864), perché l’editore Vallardi si era mostrato inabile a trovare associati. Una situazione insostenibile, malgrado il discreto credito politico che gli valse la commissione da parte del governo della Storia politica, civile e militare della dinastia di Savoja (Milano 1865). Gli ultimi anni di vita – di nuovo a Torino – furono pertanto contrassegnati dal disperato tentativo di trovare un «posticino» che gli permettesse di «vivere senza il pane intermittente degli editori» (Milano, Museo del Risorgimento, Archivio Correnti, cart. 151, f. 1014, lettera a Cesare Correnti, 29 marzo 1869).
Morì il 3 gennaio 1870 a La Spezia, dove era stato appena nominato professore di storia e geografia nel locale Regio Liceo.
Opere. Non è possibile fornire un elenco completo degli scritti di Predari, autentico poligrafo capace di vergare migliaia di pagine nelle più diverse forme e sui temi più vari. Limitandosi agli scritti più significativi, oltre a quelli già citati per intero, si possono menzionare (con titolo incompleto): Le Amazzoni rivendicate alla verità della storia, Milano 1839; Origine e vicende dei zingari, Milano 1841; Origine e progresso dello studio delle lingue orientali in Italia, Milano 1842; Della vita e delle opere di Bonaventura Cavalieri, Milano 1843; Opere varie di Francesco Redi, I-II, Torino 1852-1953; I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, I-VIII, Torino 1854-1956; Biblioteca enciclopedica milanese, Milano 1857; I primi vagiti della libertà italiana in Piemonte, Milano 1861; Enciclopedia nazionale politica, scientifica, storica, biografica, letteraria, artistica, industriale, commerciale, bibliografica, I-VI, Milano 1861-1862.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio storico civico, Rubrica generale del ruolo di popolazione della città di Milano, 1811, vol. XVII; 1835, vol. XLVI; Estratti parrocchiali, S. Maria del Carmine, Matrimoni (1832). Utili gli allegati all’atto di matrimonio con Francesca Chiappa, Milano, Archivio parrocchiale di S. Maria del Carmine. Per l’abilitazione all’insegnamento: Archivio di Stato di Milano, Studi, parte moderna, b. 588; per la carriera in Braidense: Senato politico (Pubblica istruzione), bb. 125, 187. La documentazione presso l’Archivio di Stato di Torino è stata in gran parte pubblicata da E. Passamonti e F. Lemmi nei testi citati di seguito. Tre lettere scritte da Predari a Carlo Cameroni sono presso la Biblioteca nazionale Braidense di Milano, Fondo Cameroni, Aut.B.IV, 143, 1-3; e una a destinatario ignoto, AG.XV.7.103. Dieci lettere a Cesare Cantù nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, Carte Cantù, R.8 inf., inserto 1, cc. 11-25. Il carteggio con Correnti è conservato presso il Museo del Risorgimento di Milano, Raccolte storiche, Archivio Correnti, cart. 151, f. 1014. Tra i carteggi pubblicati, oltre a quelli di Lorenzo Valerio, Massimo d’Azeglio e Camillo Cavour, soprattutto: Carteggio inedito Tenca-Camerini. La vita letteraria in Piemonte e in Lombardia nel decennio 1850-1859, a cura di I. De Luca, Milano-Napoli 1973, passim. Per i rapporti con Cattaneo: Carteggi di Carlo Cattaneo, Serie 2, Lettere dei corrispondenti, II, 1841-1844, a cura di C. Agliati, Firenze-Bellinzona 2005, pp. 552-555.
Il contributo a stampa più significativo per la biografia di Predari, oltre al suo I primi vagiti della libertà italiana in Piemonte (Torino 1861), è la voce Predari, in Supplemento perenne alla Nuova Enciclopedia popolare italiana ossia Rivista annuale scientifica, letteraria, industriale per integrare e ammodernare l’opera maggiore; utilissima ad ogni genere di persone; compilata dagli scrittori di detta Enciclopedia, V, 1869-1870, Torino-Napoli 1871, pp. 569 s.; inoltre: V. Bersezio, Il Regno di Vittorio Emanuele II. Trent’anni di vita italiana, I, Torino 1878, pp. 296-300; E. Passamonti, Il giornalismo giobertiano in Torino nel 1847-1848, Milano 1914, pp. 18-22, e la documentazione in appendice (pp. 455-459, 470-472); F. Lemmi, Censura e giornali negli Stati sardi al tempo di Carlo Alberto, Torino 1943, pp. 89-95; M.A. Benedetto, Vico in Piemonte. Contributo alla storiografia filosofica e giuridica nell’età del Risorgimento, Torino 1952, ad ind.; E. Bottasso, Le edizioni Pomba, 1792-1849, Torino 1969, ad ind.; L. Firpo, Vita di Giuseppe Pomba da Torino. Libraio tipografo editore, Torino 1975, pp. 146-148.