POLAZZO, Francesco
POLAZZO (Palazzo, Polazzi, Pollazzi), Francesco. – Nacque il 19 ottobre 1682 nella parrocchia di San Marziale a Venezia da Bernardo, ‘dipintore’, e da Rosanna, di cui non è noto il cognome; il 27 dello stesso mese fu battezzato (Moretti, 1984-85).
Il 26 luglio 1704 prese in moglie Caterina Rota, da cui ebbe nove figli, di cui uno pittore, come risulta dal Rollo dei pittori veneziani per gli anni 1726-27 (Favaro, 1975). Dagli atti di battesimo si conoscono le date di nascita di sette di essi: Bernardo (1705), Orazio (1712), Bartolomeo (1714), Antonia (1716), Bartolomeo (1722), Giovanni Battista (1725), Paolina (1726); ed è noto che tre di loro intrapresero la carriera pittorica (Bernardo, Orazio, Giovanni Battista). A eccezione del primogenito, venuto al mondo nella parrocchia di Sant’Agostino, tutti gli altri nacquero in quella di San Geremia, dove il pittore dimorava presso l’abitazione del canonico Orazio Marucelli (Moretti, 1984-85).
La formazione di Polazzo è oggetto di discussione, visto il disaccordo delle principali fonti settecentesche; se per l’anonimo autore del ‘Compendio’ illustrato da Alessandro Longhi (1762) la sua maniera derivò dall’unione di quelle di Sebastiano Ricci e di Giovanni Battista Piazzetta, Anton Maria Zanetti (Della pittura veneziana..., 1771) chiamò in causa la scuola bolognese, mentre Pietro Guarienti (in Abecedario pittorico..., 1753) parlò di un suo apprendistato come autodidatta. La critica novecentesca, a partire da Rodolfo Pallucchini (1934), sottolineò soprattutto l’importanza avuta da pittori felsinei come Carlo Cignani o Marcantonio Franceschini, le cui influenze prevalgono su quelle venete nella pala giovanile con la Madonna e santi nella chiesa bergamasca di S. Caterina (1712).
Datate verso la metà degli anni Dieci sono alcune scene di genere dove Polazzo, affiancato da un tuttora ignoto pittore di nature morte, si mostrò vicino al gusto di Giuseppe Maria Crespi e al filone dei ‘pittori della realtà’ (Ruggeri, 1986; De Rossi, 2004, pp. 160-167; Pavanello, 2009). Lungamente dibattuto è stato il suo ruolo nel ciclo di sottarchi della chiesa veneziana dell’Ospedaletto o S. Maria dei Derelitti; se Pallucchini (1934) ipotizzò un ruolo preponderante di Polazzo affiancato dal giovane Giovanni Battista Tiepolo, la critica successiva (Pilo, 1985; De Rossi, 2004) gli riferì solamente la coppia di tele con i santi Giacomo e Andrea.
Le sue opere in laguna non furono numerose, come già deplorava Zanetti (Della pittura veneziana, cit.); tra i suoi lavori pubblici veneziani si ricordano Cristo e la Samaritana in S. Francesco della Vigna (Moretti, 1984-85; Ruggeri, 1986) e la pala con i santi Simeone, Giovanni Battista e Giuda Taddeo per la chiesa dei Ss. Simeone e Giuda, datata tra il 1733 e il 1736 (Moretti, 1984-85). Tra le commissioni del patriziato veneziano, una Cornelia madre dei Gracchi, già di proprietà di Giovanni Paolo Baglioni e ora di ubicazione ignota (Mariuz, 1999) e tre soffitti un tempo a palazzo Zen ai Gesuiti e ora in collezione privata (Mariuz, 1999; Favilla - Rugolo, 2010).
Alla pari di altri artisti veneziani settecenteschi, Polazzo fu attivo per numerosi committenti bergamaschi; nonostante avesse lavorato per loro già agli esordi della carriera, prezioso fu tuttavia il pluridecennale rapporto con il canonico della cattedrale orobica Giovanni Pesenti, testimoniato dal ricco carteggio conservato presso l’Accademia Carrara (Polazzo, 1971; De Rossi, 2004), iniziato con l’incarico della pala per la parrocchiale di Sombreno (1726).
Il dipinto, che raffigura una Madonna col Bambino, i ss. Fermo e Rustico e il conte Pesenti, denota un salto di qualità da parte dell’artista, ravvisabile nella progredita capacità di integrare le figure nello spazio circostante, oltre a una possibile influenza della pala licenziata da Ricci nel 1704 per il Duomo di Bergamo. I legami tra Sebastiano Ricci e Polazzo dovettero essere anche di amicizia, come testimoniano due lettere del bellunese al conte Giacomo Tassis dove il primo elogia le capacità del pittore veneziano, raccomandandolo anche in veste di restauratore (G. Bottari - S. Ticozzi, Raccolta di lettere..., 1822, III, pp. 384 s., IV, pp. 92 s.). Sembra allo stesso tempo possibile che Ricci abbia favorito i contatti di Polazzo con Orazio Marucelli, che fu suo committente a Firenze. Oltre a lavorare per altri nobili bergamaschi come il conte Giacomo Carrara, Polazzo eseguì numerosi dipinti per chiese cittadine. Tra questi dipinti spiccano le quattro tele realizzate per la cattedrale con la Trinità e santi (1735-37), dove si dimostra memore delle esperienze bolognesi, la drammatica Crocifissione da datarsi al 1736 (De Rossi, 2004, pp. 64-69) della chiesa di S. Caterina, e Giobbe compatito dagli amici (1743) in S. Alessandro, dove grande importanza è conferita al paesaggio sullo sfondo. Parallelamente ai lavori per il capoluogo, l’artista ricevette un nutrito numero di commissioni nel contado (è il caso delle tele di Gorlago; Polazzo, 1971, pp. 150 s.), che gli causarono diversi ritardi nella consegna delle opere richiestegli. Nonostante il successo raggiunto, Polazzo non si limitò a eseguire composizioni di routine, come si può, ad esempio, osservare nella pala con il Martirio dei ss. Gervaso e Protasio di Spirano (1743 circa), dove la scena sacra ha come sfondo un luminoso e arioso paesaggio neoveronesiano. Sono invece ambientate in un edificio cupo la Flagellazione e l’Incoronazione di spine di Alzano Lombardo, mentre nel ciclo con Storie della Vergine del santuario della Madonna dei Campi a Stezzano, ultime opere note di Polazzo, la luce intensa rischiarante gli episodi rafforza la spiritualità della scena e si nota altresì un nuovo tipo di pennellata, sfatta e materica.
Poco chiari sono gli ultimissimi anni della sua attività, nei quali Polazzo si dedicò anche ad altri impegni. A seguito della morte di Orazio Marucelli, avvenuta il 25 marzo 1745, il pittore ne divenne il commissario testamentario; stando alle sue parole, tale gravoso incarico lo fece ammalare (Polazzo, 1971, p. 136); dopo la morte del suo padrone di casa e protettore, si trasferì nella vicina parrocchia di San Marcuola, dove morì il 24 marzo 1752 (Moretti, 1984-85).
Di levatura inferiore rispetto a pittori come Tiepolo o Piazzetta, Polazzo fu nondimeno un artista in possesso di un solido bagaglio tecnico che gli valse un discreto successo; la capacità di assimilare fonti figurative di varia provenienza dovette favorirlo nella sua attività di restauratore, e lo stesso linguaggio composito spiega probabilmente gli errori attributivi che riguardarono buona parte delle sue opere nel bergamasco, spesso attribuite a Francesco Capella o Giovanni Raggi. La sua attività grafica, in gran parte testimoniata dal nucleo di disegni presso l’Accademia Carrara di Bergamo, è tuttora da indagare capillarmente, nonostante che ne sia stato redatto un primo catalogo (De Rossi, 2004, pp. 272-282).
Fonti e Bibl.: Abecedario pittorico del m. r. p. Pellegrino Antonio Orlandi bolognese, contenente le notizie de’ professori di pittura scoltura ed architettura, in questa edizione corretto e notabilmente di nuove notizie accresciuto da Pietro Guarienti…, Venezia 1753, pp. 198 s.; Compendio delle vite de’ pittori veneziani, istorici più rinomati del presente secolo, con suoi ritratti tratti dal naturale delineati e incisi da Alessandro Longhi veneziano, Venezia 1762, pagina non numerata; A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de’ veneziani maestri. Libri V, Venezia 1771, pp. 459 s.; G. Bottari - S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura…, III-IV, Milano 1822, ad indicem.
Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, I, Provincia di Bergamo, a cura di A. Pinetti, Roma 1931, ad ind.; H. Voss, P., F., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, Leipzig 1933, pp. 203 s.; R. Pallucchini, Il pittore F. P., in Rivista di Venezia, IV (1934), pp. 327-344, 483-486; M. Polazzo, F. P.: pittore del Settecento veneziano…, Padova 1971; E. Favaro, L’arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 226; L. Moretti, Notizie e appunti su G.B. Piazzetta, alcuni piazzetteschi e G.B. Tiepolo, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Classe di scienze morali, lettere ed arti, CXLIII (1984-85), pp. 388-392; G.M. Pilo, La chiesa dello ‘Spedaletto’ in Venezia, s.l. e s.d. (ma 1985), pp. 128-139; U. Ruggeri, Risarcimento di F. P., in Arte veneta, XL (1986), pp. 117-127; M. Zanardi, F. P., in I pittori bergamaschi, V, Il Settecento, a cura di R. Bossaglia, t. 2, Bergamo 1989, pp. 490-513, 590-598; U. Ruggeri, F. P. tra Bergamo e Venezia, in Artisti lombardi e centri di produzione italiani nel Settecento…, a cura di G.C. Sciolla - V. Terraroli, Bergamo 1995, pp. 251-256; A. Mariuz, Un dipinto ‘tiepolesco’ e tre tele per soffitto di F. P., in Pittura veneziana dal Quattrocento al Settecento, a cura di G.M. Pilo, Venezia 1999, pp. 234-240; L. De Rossi, F. P., Monfalcone 2004 (con bibl. precedente); A. Craievich, Polazzo e Zompini per i Serviti di Gradisca, in Arte in Friuli, arte a Trieste, XXV (2006), pp. 23-30; G. Pavanello, Tre schedule sei e settecentesche, ibid., XXVIII (2009), pp. 88-94; M. Favilla - R. Rugolo, F. P. a Palazzo Zen, in Bollettino dei Musei civici veneziani, s. 3, V (2010), pp. 68-71; L. De Rossi, Una ‘novità’ di F. P. nella diocesi di Treviso, in Arte documento, XXVIII (2012), pp. 164-167; N. Maffioli, Precisazioni su alcune opere del pittore veneto F. P., in Arte cristiana, CI (2013), 877, pp. 263-270.