PIRANESI, Francesco
– Nacque a Roma nel 1761 (Morazzoni, [1920], pp. 44 s.) da Giambattista Piranesi e Angelica Pasquini. Secondo di cinque fratelli, beneficiò di un’educazione artistica eccellente grazie alla frequentazione delle lezioni di Jakob Philipp e Johann-Gottlieb Hackert sul paesaggio, di Pierre-Adrien Paris sull’architettura e di Giovanni Volpato e Domenico Cunego sull’incisione (Legrand, [1920], p. 76). Ma la figura che più influenzò la sua vita e la sua carriera artistica fu sicuramente quella del padre, con il quale cominciò a collaborare, intorno al 1775, nella celebre bottega calcografica di Strada Felice. Sotto la guida di Giambattista, il giovane crebbe nel culto dell’antico, studiando testi classici e imparando ad amare e a conoscere approfonditamente i monumenti romani.
Risulta difficile individuare con certezza gli esordi di Francesco come incisore, dal momento che, finché fu in vita, Giambattista firmò quasi ogni stampa uscita dalla sua bottega, anche se eseguita da aiuti (Calvesi, 1968, p. 41). Le prime due tavole autografe, risalenti agli anni 1775-76, comparvero nel Trofeo o sia magnifica Colonna Coclide, opera composta da tre serie dedicate alle colonne Traiana, Antonina e di Antonino Pio e Faustina (di cui sopravvive la sola base, ora ai Musei Vaticani). Successivamente, il giovane fu impegnato nella realizzazione di alcune incisioni per i due tomi dei Vasi, candelabri, cippi, sarcophagi, tripodi, lucerne ed ornamenti antichi del 1778, per la seconda edizione de I trofei di Ottaviano Augusto del medesimo anno, e per la serie dedicata alle antichità di Paestum, Differentes vues […] de l’ancienne ville de Pesto, pubblicata nel 1778-1779, in cui a Francesco è riferita anche la stampa di tutte le tavole (Calvesi, 1968, p. 41). Dal punto di vista tecnico, in queste prime incisioni si nota uno sforzo di imitazione, non sempre riuscito, dello stile paterno.
Nella seconda metà degli anni Settanta, Francesco fu impegnato nello studio e nella misurazione dell’interno del Pantheon, del quale eseguì numerosi disegni che vennero successivamente incisi e pubblicati nel secondo tomo della Raccolta dei Tempj antichi, apparso nel 1790.
Dopo la morte di Giambattista il 9 novembre del 1778, Piranesi assunse, assieme ai fratelli Pietro e Laura, la guida della calcografia, stampando vecchi rami, ripubblicando raccolte edite precedentemente e completando opere rimaste incompiute.
Oltre a essere un abile incisore e stampatore, Piranesi fu restauratore e appassionato antiquario. Si occupò del Museo Piranesi, la collezione paterna di cimeli archeologici e di pastiches dall’antico eseguiti da diversi artisti su disegno e sotto la direzione di Giambattista, ampliandolo con nuovi pezzi e nuove creazioni che, pur testimoniando una continuità di gusto, risultano più modeste dal punto di vista inventivo (Gasparri, 1982, p. 99).
Gli anni Ottanta furono per l’artista un periodo di grande attività, segnati dall’incisione nel 1781 della monumentale Pianta delle fabriche esistenti nella Villa Adriana, dedicata al re polacco Stanislao Augusto, dalla riedizione nel 1784 dei quattro tomi delle Antichità romane, e dall’esecuzione di numerose raccolte, tra le quali si ricordano Il Teatro di Ercolano, stampata nel 1783, i Monumenti degli Scipioni, del 1785, la Collection des plus belles statues de Rome […], del 1786, anno in cui gli venne anche commissionata dal veneziano Andrea Memmo l’esecuzione di un’incisione riproducente il progetto per Prato della Valle a Padova. Di particolare interesse è il frontespizio della serie sul teatro di Ercolano, che reca la prima dedica a Gustavo III di Svezia, «promotore munificientissimo delle belle arti». È infatti noto come, dall’anno prima, Francesco avesse iniziato una corrispondenza con il barone Carl Fredrik Fredenheim, capo della Cancelleria svedese, con la dichiarata intenzione di farsi nominare agente speciale in Italia per le belle arti del re. Ciò avvenne, grazie all’intercessione del nobile, il 28 marzo 1783 (Caira Lumetti, 1990, p. 38).
I compiti assegnatigli dalla corte svedese consistevano nell’informare il re riguardo alla vita artistica e letteraria romana, nell’aggiornarlo sulle nuove scoperte archeologiche, nel rintracciare opere sul mercato antiquario per la collezione, occupandosi sia dell’acquisto sia della spedizione, nel recupero di documenti riguardanti i rapporti intercorsi tra Stoccolma e Roma (Caira Lumetti, 1990, pp. 36 s.).
Nel settembre del 1784 Francesco riuscì a vendere al re una cospicua parte della collezione paterna; opere, queste, che costituirono il primo nucleo del Museo di antichità di Gustavo III.
L’improvvisa morte del sovrano, nel 1792, non mise fine ai rapporti di Francesco con il Paese scandinavo. Egli continuò, infatti, a ricoprire la propria mansione e divenne anche un prezioso informatore politico. Tra gli importanti incarichi che ricevette, ci fu quello di raccogliere notizie sull’attività del barone Gustaf Mauritz Armfelt, ambasciatore svedese presso la corte borbonica di Napoli, che nel 1793 aveva fatto stampare il Prospetto sulla vita di Gustavo III, dura critica del governo dell’allora reggente Carlo di Sudermania. Scoperta questa attività di ‘spionaggio’, Piranesi venne accusato da John Acton, segretario di Stato del Regno di Napoli, di aver tramato l’assassinio di Armfelt, calunnia dalla quale l’artista si difese pubblicando la Lettera al Signor Generale D. Giovanni Acton (Focillon, 1963, 1967, p. 115), redatta dall’amico Vincenzo Monti.
Conclusasi positivamente la vicenda, nel maggio del 1794 Piranesi venne nominato ministro di Svezia a Roma (Caira Lumetti, 1990, p. 184), carica che mantenne fino al gennaio del 1798. In questi anni Piranesi e il fratello Pietro, divenuto direttore del Commercio di Svezia nello Stato ecclesiastico, potenziarono i rapporti commerciali tra la Svezia e lo Stato pontificio, creando una rete imponente per espansione e numero di impiegati (Caira Lumetti, 1990, pp. 187 s.).
Dopo l’occupazione di parte del territorio dello Stato pontificio a opera del generale francese Louis-Alexandre Berthier e la proclamazione della Repubblica romana il 15 febbraio 1798, Piranesi, abbracciati gli ideali giacobini, venne nominato prima direttore della polizia di François de Miollis e, successivamente, commissario per l’amministrazione delle finanze della Repubblica Romana, incarico per il quale si dovette occupare di economia e di problemi legati all’agricoltura. Risultato teorico di questo mandato furono i Pensieri economico-politici pubblicati a puntate nel Monitore di Roma tra il 1798 e il 1799.
Dopo il fallimento della parentesi repubblicana e il ritorno in città degli inglesi e dei napoletani nel novembre del 1799, Piranesi fuggì con la famiglia e con i rami del padre a Parigi. Qui, grazie all’interessamento dello Stato francese, le matrici vennero sistemate presso il Dépôt des machines in rue de l’Université, il primo indirizzo parigino della calcografia Piranesi, che verso il 1803 si trasferì in rue de la Montagne Sainte-Geneviève e in place du Palais du Tribunat.
Perfettamente integrato nella vita artistica parigina, Francesco partecipò nel 1802 alla III Esposizione universale e venne chiamato dal ministero degli Interni come intenditore d’arte e consulente di importanti affari (Focillon, 1963, 1967, p. 116). Sempre nel 1802 fondò un’accademia, il cui programma prevedeva diversi corsi di pittura, architettura, scultura, incisione e artigianato, ma che non durò oltre il 1805 (Caira Lumetti, 1990, pp. 218 s.).
Tra i numerosi progetti che i fratelli Piranesi portarono avanti durante il soggiorno parigino, spiccano l’esecuzione dal 1802 dei Dessins coloriés, incisioni colorate con diverse tecniche (Van de Sandt, 1978-1980, pp. 207 s.; Mirra, 2011, pp. 69 s.), e la fondazione di una manifattura di oggetti di terracotta a imitazione dell’antico presso Mortefontaine (Focillon, 1963, 1967, p. 116). L’impresa forse più importante, la ripubblicazione con traduzione in francese e commento teorico del corpus delle incisioni paterne, venne realizzata solo in parte (Mirra, 2011, pp. 65 s.).
Piranesi fu molto attivo anche nel campo della divulgazione artistica e della teoria estetica, divenendo nel 1806 editore della rivista Athenaeum e pubblicando nel 1807 lo scritto Type du beau sur toutes les productions du génie dans les arts (Caira Lumetti, 1990, p. 219).
Tra il 1803 e il 1807 diede alle stampe una delle sue più celebri raccolte, Les Antiquités de la Grande Grèce.
Le tavole dei primi due tomi furono ricavate da disegni inediti che Giambattista aveva eseguito tra il 1770 e il 1778. In queste incisioni, raffiguranti vedute di Pompei e di altre città e templi dell’Italia meridionale, Piranesi diede vita a immagini poetiche, assegnando alla luce quel fondamentale ruolo drammatizzante che era stato tratto caratteristico delle paterne Antichità Romane (Focillon, 1963, 1967, p. 114). Il terzo volume, intitolato Table des usages civils et militaires trouvés à Pompeia et à Herculanum, è invece composto da incisioni tratte da disegni dello stesso Francesco, raffiguranti una serie di oggetti di uso comune quali vasellame da cucina, strumenti di misura, attrezzi agricoli, provenienti dagli scavi di Pompei ed Ercolano e all’epoca conservati nel Museo di Portici. L’artista spostò qui l’attenzione dalla grandiosità delle rovine antiche alla descrizione del quotidiano, dando testimonianza della rivalutazione delle tecniche e della necessità enciclopedica per la catalogazione del sapere, precipue caratteristiche dell’Età dei lumi (Pucci, 1979, pp. 68 s.).
Morì a Parigi il 27 gennaio 1810, mentre erano in corso le trattative per la liquidazione delle sue attività, sull’orlo della rovina a causa dei debiti contratti (Caira Lumetti, 1990, p. 234). I rami della calcografia furono comprati dalla casa Firmin-Didot, che li stampò fino al 1839, anno in cui il cardinale Antonio Tosti, su incarico di papa Gregorio XVI, li riacquistò per conto della Calcografia Camerale (Focillon, 1963, 1967, p. 117).
Fonti e Bibl.: G. Morazzoni, Giovan Battista Piranesi. Architetto ed incisore (1720-1778), Milano [1920]; J.G. Legrand, Notice historique sur la vie et les ouvrages de J.B. Piranesi…, ibid., pp. 75-77; H. Focillon, Giovanni Battista Piranesi (1963), a cura di M. Calvesi - A. Monferrini, Roma 1967, pp. 112-117; M. Calvesi, F. P., in Giovanni Battista e F. P. (catal., 1967-1968), a cura di M. Calvesi, Roma 1968, pp. 41-49; G. Erouart - M. Mosser, A propos de la Notice historique sur la vie et les ouvrages de J.B. Piranesi. Origine et fortune d’une biographie, in Piranèse et les français. Atti del colloquio… 1976, Roma 1978, pp. 213-256; U. van de Sandt, La Chalcographie des frères Piranesi: quelques avatars de la gravure au trait, in Bulletin de la société de l’histoire de l’art français, 1978-1980, pp. 207-220; G. Pucci, L’antiquaria e il suo doppio: a proposito di F. P., in Prospettiva, XVI (1979), pp. 67-73; C. Gasparri, La Galleria Piranesi da Giovan Battista a Francesco, in Xenia, III (1982), pp. 91-107; R. Caira Lumetti, F. P. incisore, antiquario scrittore, in Letteratura italiana e arti figurative, a cura di A. Franceschetti, II, Firenze 1988, pp. 761-771; Ead., La cultura dei Lumi tra Italia e Svezia. Il ruolo di F. P., Roma 1990; K. Jursz-Salvadori, F. P. “l’incisore reale”, in Grafica d’arte, II (1991), 6, pp. 2-7; R. Finesso, La veduta del Prato della Valle di F. P., in Padova e il suo territorio, XV (2000), 86, pp. 18 s.; F. Leone, Giuseppe Angelini, Carl Fredrik Fredenheim e F. P., in Il primato della scultura. Fortuna dell’antico, fortuna di Canova. Atti della II settimana di Studi canoviani… 2000, a cura di M. Pastore Stocchi, Bassano del Grappa 2004, pp. 279-292; R. Bosso, Osservazioni sull’attività della bottega Piranesi tra Giovanni Battista e Francesco: il caso esemplare del gruppo di candelabri con trampolieri, in Opuscula Romana, XXX (2005), pp. 31-62; V. Mirra, “De pure décoration”, “d’une utilité générale”. La Calcografia Piranesi da Roma a Parigi (1799-1810), in Ricerche di Storia dell’arte, CV (2011), pp. 63-75; V. Mirra, “Pour naturaliser en France les arts de l’Italie”. La calcografia Piranesi da Roma a Parigi (1799-1810), in Roma fuori di Roma. L’esportazione dell’arte moderna da Pio VI all’Unità (1775 - 1870), a cura di G. Capitelli - S. Grandesso - C. Mazzarelli, Roma 2012, pp. 529-539.