Poeta (Riva Ligure 1874 - Torino 1953). Fu allievo di A. Graf all'univ. di Torino, dove insegnò dal 1935. La sua poesia si svolse secondo modi parnassiani e soprattutto dannunziani, lontana da ogni vera intimità e sensualmente intesa alla ricerca della bellezza formale. Tale estetismo diede le sue note più artificiose nelle poesie di carattere civile (Italiche, 1907; Nuove italiche, 1923) e nel poema in sonetti Il randagio (1921), mentre trovò accenti più schietti nei versi a sfondo crepuscolare delle raccolte Belfonte (1903) e Il pilota dorme (1905), e specialmente nei Versetti (1931), dove in un linguaggio più sobrio si esprime un caustico senso dell'effimero. Un tono più malinconico e meditativo caratterizza infine le ultime raccolte (Rime dell'amicizia, 1943; Endecasillabi, 1949). P. fu rinomato dicitore e commentatore di poeti, specie di Dante; critico di poesia sul Corriere della sera (1898-1903), raccolse poi alcuni dei suoi articoli in Ponti sul tempo (1947). Scrisse anche un romanzo (Il violinista, 1908), varî racconti e alcuni lavori teatrali. Nel 1939 fu nominato accademico d'Italia.