PRISCIANDARO, Francesco Paolo
PRISCIANDARO, Francesco Paolo. – Nacque a Terlizzi, in provincia di Bari, il 22 febbraio 1874, da Ferdinando e da Teresa Molino.
Trascorse l’infanzia nel paese natio, dove il padre, agente teatrale, lo avviò agli studi musicali. Ben presto, tuttavia, lasciò gli studi inizialmente intrapresi e si cimentò nel disegno e nella pittura; fu subito notato da Luigi Scorrano, docente dell’Istituto d’arte di Napoli, impegnato nella decorazione del salone del Comune di Terlizzi, che gli suggerì di lasciare la Puglia. Nel 1888 si trasferì a Napoli per frequentare l’ambiente dell’Accademia di belle arti; si unì agli artisti decoratori che affollavano la Scuola di decorazione di Ignazio Perricci e seguì i corsi della Libera scuola di disegno di Gioacchino Toma.
Durante gli anni della formazione, mentre studiava gli esempi dei più anziani maestri, tra cui Domenico Morelli, entrò in contatto con la gran parte dei circoli letterari e artistici della città e fu vicino soprattutto ad Armando De Lisio, Giuseppe Uva e Luca Postiglione, che strinsero con lui un sodalizio destinato a durare nel tempo. Contestualmente crebbe in lui l’interesse per la politica: conobbe Giovanni Bovio, di cui frequentò le lezioni, ed entrò in contatto con Luigi Alfani e con molti giovani politicamente impegnati, tra i quali Arturo Labriola. Avvicinatosi alle ideologie socialiste e repubblicane, nel 1895 fu inserito nel novero dei sovversivi del Casellario politico centrale per aver svolto a Terlizzi propaganda socialista. Il 22 dicembre 1895 sposò Antonia Tempesta.
Spinto dalle sue grandi passioni, la politica e l’arte, nel 1899 lasciò l’Italia per raggiungere la Francia: la meta doveva essere Parigi. Soggiornò, tuttavia, a lungo a Marsiglia, dove giunse con una lettera di presentazione di Giovanni Bovio e di Errico De Marinis e dove lavorò come decoratore, divenendo anche corrispondente e redattore di alcuni giornali, tra i quali la rivista socialista Propaganda, il giornale L’Emigrato, diretto da Luigi Campolonghi, e il foglio socialista di Marsiglia Le Petit Provençal.
Tornò in Italia nel 1901 e da quel momento iniziò a viaggiare spesso tra Napoli e la Puglia, soggiornando soprattutto a Trani. Nelle terre pugliesi era divenuto un personaggio celebre e sui giornali tranesi La Bohème e La Squilla lo si ricordava spesso come uno stravagante giramondo, un novello ‘Marcello’, in ricordo della Bohème.
In quel tempo giunsero le prime occasioni espositive e non di rado fu impegnato in lavori di decorazione per palazzi e ville in Campania e in Puglia, oggi dispersi. Tra questi si ricordano quelli che eseguì a Napoli nell’appartamento dell’avvocato Tarsia in Curia, distrutto nel bombardamento del 4 agosto 1943 (Picone Petrusa, 2005, p. 40). In Puglia, grazie ai legami con la famiglia Bovio, nell’estate del 1905 gli fu commissionata la decorazione delle sale del Circolo politico istituito a Spinazzola in memoria di Giovanni Bovio e di Felice Cavallotti, che vedeva un’unione tra socialisti e radicali (De Rosa, 2012b). Della produzione di quegli anni, già costretta alla discontinuità da ragioni biografiche e storiche, si conserva uno Studio di donna presso la Galleria nazionale della Puglia di Bitonto (Galleria Nazionale della Puglia, Girolamo e Rosaria Devanna, a cura di R. Lorusso Romito, Bari 2009, p. 64).
Al fine di riunire le maggiori forze letterarie e artistiche del Mezzogiorno d’Italia, nel 1906 Prisciandaro fondò a Trani il bimestrale Quartiere latino, «un giornale artistico letterario, per il quale dal solo titolo potranno dedursene i pregi e la intonazione» (L’Oggi, Bari 25 ottobre 1906).
Tale progetto, portato avanti non senza difficoltà, fu appoggiato da numerosi scrittori e artisti, tutti mossi dal desiderio di dar vita a una corrente innovatrice e autonoma rispetto all’ambiente tradizionale. Tra gli scrittori aderirono il più anziano Achille Torelli e i già autorevoli Roberto Bracco, Aniello Costagliola e Daniele Oberto Marrama; alcuni degli artisti che accolsero l’invito furono Giuseppe Uva, Arnaldo De Lisio e Luca Postiglione, Carlo Siviero e Francesco Galante.
Dal 1909 si trasferì tra Reggio Calabria e Messina per trovare lavoro nei canteri di restauro avviati nelle città distrutte dal sisma del 1908. Ritornato in Campania, nel 1912 decorò la chiesa di S. Filippo a Serramezzana, nel Cilento, con dipinti murali raffiguranti una Madonna tra angeli e una Trinità, oggi molto rimaneggiati e pressoché illegibili.
Abbandonata quasi del tutto l’attività di decoratore, si dedicò non di rado all’illustrazione, pubblicando su giornali, riviste e libri piccoli lavori (non di rado semplicemente siglati «P.P.») caratterizzati da un segno lineare e sinuoso, essenzialmente decorativo, che bene rispondeva al gusto del tempo; ma soprattutto iniziò a dipingere delle opere di piccolo formato, molto spesso non firmate, che ebbero una circolazione privata.
Si trattava principalmente di nature morte e paesaggi, genere che gli poté offrire più certe occasioni di mercato e che, al contempo, gli avrebbe consentito di rivelare il suo intimo legame con l’ambiente rurale delle campagne meridionali.
Nel 1912 fu presente alla mostra della XXV Esposizione della Promotrice Salvator Rosa con un dipinto dal titolo Case sparse (ubicazione attuale ignota). Nel 1913 si abilitò all’insegnamento del disegno e prese parte alla II Esposizione d’arte del Vomero. Dopo qualche tempo, nel 1916, insieme con Libero Bovio, Nicola Ciletti, Aniello Costagliola e altri fondò, all’Istituto d’arte di Napoli, l’Unione degli artisti, che avrebbe dovuto riunire pittori, poeti, scultori, musicisti e architetti, tutti vicini alle problematiche delle «cose di arte» (Corriere di Napoli, 1-2 aprile 1916). L’anno successivo partecipò alla XXXVIII Esposizione della Promotrice napoletana e fu invitato all’Esposizione dell’Unione dei giornalisti di Napoli. Di quel tempo sono i dipinti Crepuscolo invernale e Oliveto, conservati negli uffici dell’Emeroteca Tucci di Napoli, oggi presso i locali dell’Unione dei giornalisti (De Rosa, 2012b, p. 87).
Contestualmente lavorò come pittore scenografo, soprattutto per le commedie di Bovio. Nel 1918, ormai vedovo, sposò Maria Carmela Campanile.
Interrompendo per qualche tempo la pittura, si candidò nelle liste del Partito socialista nel collegio di Napoli per le elezioni amministrative del novembre 1920 e per le politiche del maggio 1921.
Tra il 1927 e il 1928 riprese l’attività espositiva; in particolare, fu presente alla III Mostra d’arte salentina di Lecce con varie opere (soprattutto paesaggi), e allestì una personale a Bari, nel Circolo artistico di palazzo Fizzarotti, con oltre quaranta pastelli e dipinti a olio raffiguranti paesaggi e fiori. Soprattutto a seguito dell’esposizione di Bari non poco interesse giunse dai privati, principalmente dal collezionista e avvocato Riccardo Ferrara. Ma soprattutto, sempre tra il 1927 e il 1928, mentre nasceva a Napoli una serie di gruppi di artisti decisi ad adoperarsi per il rinnovamento del sistema dell’arte cittadino (tra questi il Flegreo, quello degli Ostinati e quello dei Circumvisionisti), con Alberto Buonoconto, Giuseppe Uva, Biagio Mercadante, Vincenzo Ciardo, Carlo Striccoli, Giuseppe Rispoli, Antonio Bresciani ed Ettore Lalli, Prisciandaro fondò il movimento Quartiere latino, nato nella soffitta-studio di Uva in via Cesare Rossaroll, nei pressi di Porta Capuana.
Non si trattava più di un giornale, ma di uno spazio reale. In realtà i fondatori avevano chiamato quartiere una terrazza sui tetti di Napoli sulla quale si affacciavano studi molto piccoli, allestiti per lavoro e per esposizioni. Tale movimento, che vide la partecipazione di numerosi artisti, tra i quali anche Saverio Gatto, volse tuttavia al termine nell’arco di poco tempo. Ultime tracce dell’attività del Quartiere latino si ebbero nel 1930.
Ancora sotto l’insegna del movimento, tra la primavera e l’estate del 1930, Prisciandaro presentò i suoi lavori in occasione di due esposizioni organizzate a Bari, al Circolo Barion, e a Somma Vesuviana, a palazzo S. Domenico: la prima dedicata a lui, a Napoli e a Buonoconto; la seconda ai soli Prisciandaro e Buonoconto.
Al sistema delle arti messo in atto dal regime Prisciandaro non ebbe accesso; poche furono le mostre alle quali prese parte dopo l’affermarsi del Sindacato belle arti. Tra queste, si ricordano la I Mostra regionale del Sindacato belle arti di Puglia, tenutasi a Bari nel settembre del 1930, un’esposizione organizzata nella villa comunale di Foggia nel 1933, una, più ampia, allestita nelle sale dell’Hotel Miramare di Bari nel 1934. Dei dipinti di quegli anni rimangono Violaciocche e Discesa di Marechiaro, entrambi conservati presso la Pinacoteca provinciale di Bari.
Intanto, indicato come ‘individuo pericoloso’, legato pure al movimento Giustizia e Libertà (De Rosa, 2012a, p. 295), nel 1938, in seguito a un arresto, si stabilì di confinarlo a Terranova Sappo Minulio, dove però non giunse mai (notizia fornita dal nipote Paolo). Poco dopo ritornò a esporre, prima a Roma, in una galleria di via Margutta nel 1939, poi a Milano, nella Casa d’artisti nel 1940. Nello stesso anno fu presente alla X Mostra del Sindacato campano. Tra il 1942 e il 1943 si rifugiò in Francia sotto il falso nome di Paolo Porren.
Ritornò a Napoli nel 1943 e insieme a un gruppo di artisti napoletani diede vita al sindacato di pittori e scultori, che fu il «primo fra le organizzazioni sindacali professionali, aderenti alla C.G.I.L.» (Archivio di Stato di Napoli, Prefettura, Gabinetto, b. 582, secondo versamento). Tale organizzazione, che nasceva entro il luglio del 1944, dette subito avvio a una nuova serie di mostre che si sarebbero dovute organizzare sotto il controllo della Confederazione generale italiana del lavoro. Dopo poco, in agosto, con Giovanni Filosa, Tito Diodati, Giuseppe Aprea, Arturo Bacio Terracina e altri organizzò la I Mostra dell’Ordine pittori e scultori della CGIL.
Contestualmente riprese anche l’attività politica, e sempre dal 1943 partecipò accanto a Nicola Salerno e ad Arnaldo Lucci alla riorganizzazione del Partito socialista di Napoli.
Morì a Napoli il 15 maggio 1946. Ricordato come «uno dei più appassionati e fedeli militanti» del socialismo campano (Salerno, 1973, p. 171), gli fu intitolata la sede della sezione Montecalvario del Partito socialista italiano di Napoli (Nel partito socialista lavoratori italiani, in Roma, Napoli, 23 settembre 1947).
Fonti e Bibl.: La Bohème del pennello, in La Bohème, Trani, 12 luglio 1903; P. P., in Conte Pietro, Trani, 19 febbraio 1910; È morto P., in Risorgimento, Napoli, 16 maggio 1946; N. Salerno, Dalla Liberazione alla costituente. Cenni di vita politica napoletana, Napoli 1973, pp. 171 s.; Le collezioni dell’800 e primo ’900 della Pinacoteca provinciale di Bari (catal., Bari 1977-1978), a cura di C. Farese Sperken, Fasano di Puglia 1977, pp. 90 s.; C. Farese Sperken, La pittura dell’Ottocento in Puglia. I protagonisti, le opere, i luoghi, Bari 1996, p. 229; G. Falossi, I pittori italiani dell’Ottocento, Milano 2005, p. 406; M. Picone Petrusa, La pittura napoletana del ’900, Sorrento 2005, pp. 39 s.; Passioni di un collezionista. La donazione Ferrara alla Pinacoteca Provinciale di Bari (catal.), a cura di C. Gelao, Bari 2010, p. 62; F. De Rosa, Il sistema delle arti a Napoli durante il ventennio fascista. Stato e territorio, Napoli 2012a, pp. 292-296 e passim; Ead., F.P. P. Pittore sovversivo e bohémien in ritardo, in Napoli nobilissima, s. 6, V (2012b), pp. 81-102; G. Grassi, F.P. P. pittore filantropo e sovversivo, in Per ricordare: 347 donne e uomini di avantieri, di ieri e di oggi della nostra Terlizzi, 1300-2013, Terlizzi 2013, pp. 565-568.
Si ringrazia, per le notizie sulla biografia di Francesco Prisciandaro, il nipote Paolo.