PANCALDI, Francesco
Uomo di stato milanese, nato nel 1744 a Milano, ivi morto il 23 aprile 1804. Nel turbine delle idee rivoluzionarie che agitarono il triennio Cisalpino, il P. si trova nella corrente dei democratici moderati, ed è la figura più vicina a Francesco Melzi per il colore temperato del suo liberalismo, per la dirittura morale e la correttezza politica. Perciò fu tenuto in considerazione da Napoleone Primo Console che si giovò di lui dopo la ritirata degli Austro-Russi dalla Lombardia, quando prevalse il bisogno di uomini di media tinta. Ritornato a Milano con i colleghi profughi a Chambéry nel 1800, fu nominato ministro delle Relazioni estere durante il periodo del governo provvisorio (1800-1801) che resse la seconda Repubblica Cisalpina, restaurata dopo la battaglia di Marengo. Allora il P. fu in continua relazione col Marescalchi che da Parigi, quale ambasciatore succeduto al Serbelloni, gli diresse lettere notevoli (conservate nell'Archivio di stato di Milano, Affari esteri, pacchi da 322 a 325, corrispondenza da Parigi), in risposta ai frequenti lagni che il P. gli faceva pervenire, implorando un raddolcimento del regime militare e l'istituzione di un governo regolare. In appoggio a questa opera, il P. inviava a Parigi l'Aldini e il Serbelloni, con l'incarico di fare presenti a Bonaparte gli effetti del disordine amministrativo e la necessità di infrenare le dilapidazioni del patrimonio lombardo e di ridurre le spese militari. Questa sua energica azione contribuì a promuovere la riforma della costituzione, ossia a far convocare i comizî di Lione che ebbero l'ufficio di prepararla e discuterla. Eletto fra i 128 Lombardi che dovevano attendere a questo lavoro, fu tra i pochissimi che dimostrarono una coraggiosa indipendenza di giudizio e votò, insieme con lo Zanetti e il Pecchio, una mozione per cui fosse ritenuta illegale ogni riunione non in assemblea plenaria. Con questo atto, che però non ebbe seguito, il P. mirava a colpire la politica di Bonaparte a Lione, favorevole alle sedute separate e corrispondenti alla varietà dei territorî per dar alimento alle rivalità regionali e per impedire accordi e unioni di spiriti. Il P., come il Melzi, voleva una repubblica italiana con autonomia di poteri e cercava di eliminare quanto serviva a giustificare l'intervento della suprema autorità di Bonaparte. Confermato ministro degli Affari esteri dal 25 febbraio al 15 marzo 1802, dovette lasciare il posto al Marescalchi per motivi di salute.
Bibl.: A. Pingaud, Les hommes d'état de la République Italienne, Parigi 1914; id., Bonaparte président de la Rép. ital., Parigi 1914; A. Ottolini, Milano e la seconda repubblica Cisalpina, Milano 1929.