ORIOLI, Francesco
ORIOLI, Francesco. – Nacque a Vallerano (Viterbo), il 18 marzo 1783, da Giovanni, medico di campagna, e da Caterina Valeri.
Dopo una prima educazione in scuole pubbliche di provincia e al Collegio romano di Roma, nel luglio 1801 entrò nel seminario di Montefiascone. Il 13 febbraio 1802 divenne canonico nella collegiata di S. Lorenzo Nuovo di quella diocesi.
In seguito a un viaggio a Roma ospite dello zio Michelangelo, maturò la rinuncia alla carriera ecclesiastica e la decisione di studiare legge alla Sapienza. Dopo due anni di studi svogliati e frequenti incursioni nella medicina e nelle scienze naturali, dal novembre 1804 insegnò chimica e umane lettere al liceo vescovile di Viterbo su invito di don Luigi Polidori. Qui restò nove anni, indossando nuovamente l’abito ecclesiastico e frequentando l’Accademia degli Ardenti, di cui divenne membro. Frequentò il dott. Giuseppe Matthey (1776-1835), interessandosi agli studi naturalistici e il domenicano Pio Semeria (1767-1845), studiando le antichità etrusche e dando alle stampe alcuni studi esemplari di edizione di monumenti epigrafici. Partecipò attivamente al clima instauratosi con l’occupazione francese, gettando definitivamente il collare: a queste date risale la sua affiliazione alla massoneria, di cui fondò un raduno col nome di ‘Telegrafo del Cimino’; vicino al prete insorgente Felice Battaglia in circostanze ancora non molto chiare, ne denunciò nel 1813 alle autorità le trame cospirative antinapoleoniche.
Offertogli un posto di professore di fisica all’Università di Perugia, vi si trasferì nel novembre 1813. Il 7 dicembre sposò Orsola Martinelli, da cui ebbe sette figli, tra cui Gaspare, che studiò medicina a Roma. Ottenuta la laurea in medicina e il privilegio della libera pratica, nel 1815 gli venne offerto il posto di professore di fisica all’università di Bologna, rimasto vacante dopo la restaurazione del dominio papale nelle Legazioni.
Nel capoluogo emiliano continuò a coltivare interessi scientifici nel campo della fisica, meteorologia, medicina, archeologia. Strinse legami personali e intellettuali con Giacomo Tommasini, fondatore della Nuova dottrina medica italiana, impegnandosi nella polemica con i critici del suo metodo, tra cui soprattutto Maurizio Bufalini, e collaborò attivamente al giornale della Nuova dottrina. Presiedette la prima seduta della Società medico-chirurgica bolognese (23 maggio 1823), che contribuì a fondare.
Dagli anni Venti cominciò a collaborare con l’Antologia di Firenze, con contributi soprattutto di storia e archeologia etrusca, e intrattenne un lungo carteggio con Vieusseux. Collaborò anche ad altre riviste come la Biblioteca italiana di Milano e gli Opuscoli scientifici e letterari di Bologna, pubblicando i risultati delle sue ricerche archeologiche viterbesi.
Popolare tra gli studenti e in fama di liberale, nel 1828 venne interrogato dalla Commissione Speciale per le Romagne insieme a Tommasini e Giambattista Lapi: ne uscì scagionato e gli furono confermate la cattedra e gli altri incarichi pubblici. Scoppiati i moti del 1831, vi partecipò attivamente come membro autorevole del governo provvisorio con l’incarico di ministro dell’Istruzione pubblica e firmò il proclama di decadenza del potere temporale. Tra il 15 e il 25 febbraio fu inviato insieme ad Antonio Zanolini in missione presso le altre città libere di Romagna, Marche e Umbria per organizzare l’unione delle Province Unite. Il 26 febbraio fu eletto vicepresidente dell’Assemblea riunitasi a Bologna. Dopo l’intervento armato austriaco e la capitolazione firmata il 26 marzo, si imbarcò insieme con altri membri del governo ad Ancona sul brigantino Isotta diretto a Marsiglia; ma il 30 marzo vennero intercettati dalle forze austriache comandate dal capitano Francesco Bandiera e fatti prigionieri. Dopo una prima sosta a Venezia dove gli vennero sequestrate le carte e fu interrogato, venne trasferito a Civitavecchia (7-9 agosto). Escluso dall’amnistia del 30 aprile, partì in esilio in Francia. Dopo un breve periodo a Marsiglia, si stabilì a Parigi. Grazie all’aiuto di diverse personalità, tra cui Guizot, insegnò antichità romane ed etrusche alla Sorbona, diventando membro corrispondente dell’Institut archéologique.
Raccontò la sua esperienza dei moti del 1831 sulla rivista politico-culturale Le Polonais, in cinque articoli comparsi tra il 1835 e il 1836 e che pescavano a piene mani dalle sue memorie, composte verosimilmente a partire dal 1833 e rimaste inedite fino al 1892. Nel 1835 pronunciò un discorso in occasione delle esequie di Vincenzo Bellini. Marco Minghetti lo avrebbe ricordato a Parigi come «uomo d’ingegno singolare, benché molto strano e bizzarro» (1888, p. 27).
Mai rassegnato alla vita da esule, che mal sopportava (diversi tentativi di ritorno in Italia e stabilimento in Toscana fallirono), e alla dimora in Francia, di cui non parlava bene la lingua, dopo aver rifiutato una cattedra di antichità etrusche a Bruxelles, accettò l’incarico di professore di Fisica e direttore del collegio Jonio a Corfù, dove si stabilì nel 1837. A questi incarichi aggiunse le cattedre di filosofia e di storia contemporanea dei progressi dello spirito umano, raggiungendo una posizione che non lo rese però immune da contrasti con la comunità greca.
La sua attività intellettuale proseguì collaborando a diverse riviste, tra cui Album Jonio, Rivista Europea e Archivio storico italiano. Nel 1842 diede alle stampe in Corfù, insieme con Angelo Cogevina, il volume Fatti relativi al mesmerismo, e cure mesmeriche, con una prefazione storico critica, che gli procurò non pochi fastidi con la congregazione dell’Indice. Nel frattempo partecipò attivamente ai congressi degli scienziati italiani fin dal loro inizio a Pisa nel 1839, tranne quelli di Torino (1840) e Lucca (1843) dove gli fu negato l’accesso per motivi politici, e presiedette in diverse occasioni la sezione di fisica, chimica e matematica. Nel 1844-45 curò praticamente da solo la pubblicazione dei quattro volumi della rivista enciclopedica Spighe e Paglie. Ricevette molte critiche da parte liberale per l’elogiativo paragone del re Ferdinando II a Giove olimpico, pronunciato al Congresso degli scienziati di Napoli (1845).
La sua situazione cambiò con l’elezione del papa Pio IX e l’amnistia da questo concessa ai condannati politici (16 luglio 1846). Un’ennesima richiesta di grazia caldeggiata questa volta da mons. Francesco Nicholson, arcivescovo di Geropoli e coadiutore dell’arcivescovo di Corfù, fu accolta favorevolmente. In viaggio per il Congresso degli scienziati di Genova, Orioli ottenne il permesso di sbarcare ad Ancona (7 agosto), ospite del conte Rinaldo Simonetti. Il 30 settembre firmò la dichiarazione sull’onore obbligatoria per usufruire dell’indulto. Il 6 ottobre arrivò a Roma, dove fu ricevuto dal papa, e venne offerto un pranzo in suo onore.
Organizzato il suo rientro a Roma, nel marzo 1847 intervenne nel dibattito sulle riforme del nuovo papa su posizioni fortemente moderate (Sopra l’editto di Segreteria di Stato del 15 marzo 1847. Lettera ... al celebre marchese Massimo d’Azeglio, Macerata 1847). Nominato professore di Archeologia e storia antica alla Sapienza, s’impegnò soprattutto nella vita politica.
Nell’aprile fondò insieme a Paolo Mazio e Andrea Cattabeni il giornale La Bilancia, espressione dell’ala moderata e più conservatrice del liberalismo romano nel triennio prerivoluzionario e considerato molto vicino al governo pontificio. Dopo la concessione dello Statuto (14 marzo 1848), fu eletto nel collegio di Viterbo alle elezioni del 19-20 maggio; nel frattempo, il 13 maggio venne nominato dal papa al Consiglio di Stato di recentissima istituzione e conservò entrambe le cariche, nonostante le proteste dei democratici viterbesi. Convinto patriota, si dimostrò fiero della partecipazione di due suoi figli alla spedizione delle truppe pontificie nel marzo 1848. Le sue posizioni moderate e antidemocratiche gli valsero non poche critiche e attacchi da parte della stampa più radicale, come il giornale satirico Don Pirlone. Rieletto nella tornata del 9-10 novembre, si dimise il giorno dopo l’assassinio di Pellegrino Rossi, vivendo da estraneo spettatore il periodo della Repubblica romana. Dopo la caduta della Repubblica, fu chiamato dall’occupante francese a far parte della commissione speciale incaricata di calcolare i danni provocati dal lungo assedio al patrimonio archeologico cittadino. La sua evoluzione in senso conservatore si completò con la pubblicazione degli Opuscoli politici (Roma 1850).
L’opera, che sviluppava le opinioni già espresse sul giornale La Bilancia, venne positivamente recensita sulla Civiltà cattolica e uscì in una nuova edizione riveduta a Napoli nel 1851. Orioli difendeva i fedecommessi come sostegno del patriziato; condannava la sovranità popolare insistendo sul concetto di ordine; dichiarava che spettava al sovrano legittimo concedere «le riforme che la vera sapienza politica consiglia e vuole», ribadendo la fedeltà a «una visione elitaria del processo di rinnovamento politico» (Barbini, in La figura e l’opera..., 1986, p. 71).
Negli ultimi anni si dedicò all’insegnamento alla Sapienza, pubblicando diversi contributi di archeologia etrusca e romana su l’Album e il Giornale arcadico di Roma. Frutto di escursioni compiute nel viterbese fu il volume Viterbo e il suo territorio (Roma 1849). A Orioli si deve inoltre la prima segnalazione della necropoli di Musarna. Nelle sue lezioni propugnava il metodo dell’utilizzazione delle fonti epigrafiche e monumentali come mezzo di ricostruzione dei fatti storico-culturali, in sintonia con le posizioni più avanzate delle discipline storiche dell’epoca. Nell’aprile 1851 fu ascritto al patriziato viterbese.
Morì a Roma il 4 novembre 1856.
Poligrafo instancabile, pubblicò una quantità difficilmente controllabile di libri, opuscoli, articoli e note. Un elenco ben fornito, anche se non completo, si trova in Libri e manoscritti di F. O. (1783-1856), (catalogo della mostra), a cura di A. Carosi, Viterbo 1983; cfr. anche Lodolini Tupputi, 1972; e Clio. Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento (1801-1900), V, Milano 1991, pp. 3334 s. Una traccia dei suoi interessi di bibliofilo in Catalogo della scelta libreria già appartenuta alla Ch. Me. del celebre professor F. Orioli Consigliere di Stato di Sua Santità ecc., Roma 1857.
Fonti e Bibl.: I manoscritti e le lettere si trovano dispersi in numerosi fondi archivistici e biblioteche: Viterbo, Bibl. degli Ardenti, Sala II, D.VI.5 e D.VI.9 (80 lettere, principalmente del periodo 1848-53); Ibid., Bibl. Anselmi, Mss. B.20-24 e C.29; Roma, Bibl. naz. centrale, Mss. Vitt. Em., 1484-5 (Lezioni estemporanee… riferite da Luigi Mazio, Roma 1848); Fondo Autografi, A. 37/6, 81/18, 88/36-37 (lettera a G.G. Belli e prefazione alla raccolta inedita Epistole ed altre rime, 1852); Ibid., Museo centrale del Risorgimento, bb. 6/59, 76, 133, 201, 112/12, 177/34; Fondo Pentini, bb. 19, 21; Fondo Amat, b. 15; Archivio Riboli, b. 489; Fondo Martini, b. 373; Fondo Nelson Gay, b. 550/35-36; Sezione iconografica, S 210, R 658, Fotografico 2.A.121 e 2.B.420; Arch. segr. Vaticano, Segr. Stato, 1846, b. 86, f. 30, cc. 171rv, 173r (dichiarazione sottoscritta per beneficiare dell’amnistia di Pio IX: la documentazione relativa viene segnalata in Mercati); Firenze, Bibl. naz. centrale, Carteggi vari, ad ind.; Carteggio,cass. 75, ff. 161-226 (69 lett.); Ibid., Bibl. Moreniana, Palagi Libri, 433, ins. 41; Arch. di Stato di Milano, Carteggio Giovanni Rosini, vol. 32 (5 lettere 1830-51); Fondo Galletti, Lettera O, n. 8; Processi carbonari, cart. 87 (costituti dell’interrogatorio sostenuto da Orioli dopo la cattura nel 1831); Pisa, Bibl. universitaria, Mss. 215, 294.2.19, 427.8, 456.26, 456.9, 676.329, 922.137; Livorno, Bibl. Labronica ‘F.D. Guerrazzi’, Autografoteca Bastogi, cass. 84, ff. 148-152; Arch. di Stato di Arezzo, Fondo Fossombroni, Lettere, b. 5 (7 lett.); Necrologia, in L’Album, XXIII (1856), p. 310; A. Gennarelli, Necrologio romano. F. O., in Archivio storico italiano, VI (1857), 1, pp. 105-110; Discorso critico intorno alla vita di F. O. letto all’Accademia romana d’archeologia dal socio ordinario G. Torlonia nella prima adunanza del novembre 1857, ibid., n. s., VII (1858), 2, p. 117-129; M. Minghetti, Miei ricordi, I, Torino 1888, pp. 27-29; Roma e lo Stato romano dopo il 1789 da una inedita autobiografia, nota del socio G. Lumbroso, in Rendiconto della R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze morali, s. 5, I (1892), pp. 103-134, 208-248 (parzialmente edito in Lo Stato romano nei tempi napoleonici. Dai «Ricordi» di F. O., in Miscellanea napoleonica, a cura di A. Lumbroso, Roma-Bonn 1895, pp. 105-205); D. Spadoni, Un prete brigante-patriota nel 1812-13, inRassegna storica del Risorgimento, VI (1919), pp. 645-670; L. Sighinolfi, La storia della Società dalle sue origini ai giorni nostri, in Primo centenario (1823-1923) della Società medica chirurgica di Bologna, Bologna 1924, passim; G. Maioli, O., F., in Dizionario del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, III, Roma 1933, p. 738 s.; A. Freddi Cavalletti, Un enciclopedico: F. O., in Bollettino municipale, VII (1934), pp. 3-8; A. Mercati, In margine all’amnistia concessa da Pio IX, in Aevum, XXIV (1952), 7, pp. 106-115; L’Ottocento, a cura di G. Mazzoni, Milano 1953, ad ind.; F. Bartoccini - S. Verdini, Sui Congressi degli scienziati, Roma 1952, ad ind.; L. Pásztor - P. Pirri, L’Archivio dei Governi provvisori di Bologna e delle Provincie Unite del 1831, Città del Vaticano 1956, ad ind.; E. Vaccaro, Il carteggio di F. O., in Rassegna storica del Risorgimento, XLIV (1957), pp. 107-117; L. Dentini, L’esilio di F. O. da Parigi a Corfù, in Viterbium, I (1959), 4, pp. 1-5; G. Ianni, Belli e la sua epoca, I, Milano 1967, pp. 529-537; A. Brighetti, Lettere inedite di Giacomo Tommasini a F. O., in Bullettino delle scienze mediche, CXL (1968), 3, pp. 273-284; C. Lodolini Tupputi, Ricerche sul Consiglio di Stato pontificio (1848-1849), in Archivio della Società romana di storia patria, XCV (1972), pp. 253-257; B. 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