LAPI, Francesco Niccolò
Nacque a Firenze intorno al 1667-68.
La critica, anche recente, pone la data di nascita al 1661, ignorando la notizia fornita dallo Stato delle anime del 1702 della parrocchia di S. Lorenzo e di quello del 1732 della parrocchia di S. Maria Novella, dove il L. è registrato con l'età, rispettivamente, di 35 e di 64 anni (Millen, p. 162 n. 6). La nascita dovrebbe dunque posticiparsi di qualche anno, dato più consono, peraltro, alla cronologia delle prime opere note del pittore.
Della sua formazione artistica si sa che fu allievo di P. Dandini: i due collaborarono insieme tra il 1697-98 a palazzo Del Sera. Alla mano del L. Bellesi riconduce il soffitto con l'affresco dal titolo Peregrinis bonis floram auget Mercurius. La scuola presso Dandini non ebbe, tuttavia, ripercussioni evidenti nello stile del L. il quale, infatti, sembra piuttosto interessato alle proposte tardobarocche di L. Giordano, di cui viene considerato uno degli ultimi seguaci, e di A. Gherardini, con il quale il L. fu forse in rapporto di discepolato (Chiarini, 1993, p. 210).
Su questo punto, le indagini non sono tuttavia giunte a conclusioni certe. Non è stato finora possibile chiarire in maniera definitiva se la presenza del L. in palazzo Taddei (Id., 1994, p. 312), o nella decorazione del chiostro grande della chiesa di S. Marco (lunetta con S. Domenico confessa una giovane decapitata e gettata in un pozzo), eseguita verso il 1701 (data che compare nella vicina lunetta di A. Leoni: Meloni Trkulja, 1990, p. 360), dipenda o meno dall'appartenenza alla bottega di Gherardini, protagonista di quei cantieri. Con Giordano il L. ha condiviso invece l'attribuzione della Trasfigurazione di Cristo (Firenze, Uffizi, in deposito presso il palazzo ducale di Massa: Lanzi la ascrive al L.; Borea, p. 46, la restituisce all'artista napoletano; Casali, pp. 62 s., riconduce al L. su base stilistica il disegno preparatorio), dei due pendants rappresentanti Fantasie allegoriche (Firenze, coll. Guidi), attribuiti poi al L. e provenienti dalla villa medicea La Ferdinanda ad Artimino (Gli ultimi Medici…) e del disegno con Il Tempo che rapisce la Bellezza (Lille, Musée des beaux-arts: Bellezze di Firenze…, p. 118), tradizionalmente dato all'artista napoletano e restituito al L., mettendo conseguentemente in relazione il foglio con una delle sale minori di palazzo Gaddi a Firenze, forse del L., recante il medesimo soggetto.
Il L. è citato tra i dodici "Maestri" dell'Accademia del disegno dal suo primo biografo, F.M.N. Gabburri (cfr. anche Dominici - Negri, pp. 25-28), che esalta la qualità del suo disegno e il sapiente utilizzo delle regole prospettiche.
Le sue prime opere note risalgono agli anni Novanta del Seicento: a questa data il L. è già artisticamente maturo.
Al 1690 si data il Ritratto postumo di Antonio Serristori, già attribuito a Gherardini (Mostra dei tesori segreti delle case fiorentine, Firenze 1960, p. 56 n. 121), ma restituito al L. da Millen (p. 162), cui va il merito di aver posto in luce l'attività di ritrattista del pittore.
Il dipinto (Palazzo Serristori, n. 89) è documentato tanto nell'archivio della famiglia Serristori che in quello dell'omonimo ospedale di Figline, cui era destinato (Millen, p. 162 nn. 7 s.). Dal documento conservato presso la famiglia emergerebbe l'esistenza di un ulteriore ritratto con il medesimo soggetto, ugualmente del L., forse corrispondente al "ritratto del già s. sen.re e cav.re Ant. Serristori" per il quale nel 1702 venne pagata la cornice, "per nra casa di Firenze" (ibid., p. 165 n. 9). Non è altresì certo se lo si possa identificare con il ritratto (Palazzo Serristori, n. 187) che Millen (p. 162) attribuisce al L. su base stilistica, recante l'iscrizione "Anton di Luigi di / Lodov. sen. e cav. / ex (?) Gover di Giust / Della Città Eca / Pitannato Del Livor / Dal 1655 fino al 1672".
Millen (p. 165) pubblicò come dell'artista anche il ritratto di un Cavaliere di S. Stefano che tiene una lettera in mano, firmato e datato "p.(ri)mo sett.(em)bre 1693", noto solo attraverso una foto (Firenze, Gabinetto fotografico della Soprintendenza alle Gallerie, n. 77596, ripr. ibid.) e conservato, nel 1929, a Firenze presso una famiglia Lapi, non ulteriormente nota. Si è inoltre attribuito al L. il ritratto ad affresco dell'arcivescovo Tommaso Bonaventura Della Gherardesca, proveniente dal palazzo arcivescovile di Firenze e attualmente conservato staccato presso il Museo di Firenze antica (Il centro di Firenze restituito…). Da tempo è del resto nota l'esistenza di almeno tre autoritratti del L., di cui uno ancora conservato nel corridoio vasariano degli Uffizi. Proveniente dalla collezione dell'abate Antonio Pazzi, il dipinto sostituiva nel 1768 un altro autoritratto dell'artista acquistato dal granduca Gian Gastone il 23 marzo 1737 (Prinz, p. 204). Si sa inoltre che i Medici rifiutarono nel 1773 l'offerta d'acquisto di un ulteriore autoritratto (ibid., p. 53).
Grazie ai Serristori, nel giugno 1690 il L. dipingeva anche quattro lunette, molto danneggiate, nel portico dell'ospedale di Figline e due pendants rappresentanti l'Apparizione della Vergine a s. Filippo Neri e il Transito di s. Giuseppe, destinati alla chiesa dell'ospedale e oggi nella cappella della non lontana villa di S. Cerbone, come appare nel saldo al pittore ammontante a 96 ducati (Lo Spedale Serristori di Figline…, p. 83 doc. n. 3). Le relazioni con questa famiglia proseguivano ancora nel 1702, anno in cui riceveva 21 lire per la pittura di un monogramma su di un "frullone", cioè un particolare tipo di carretto (Millen, p. 165 n. 12).
L'attività di decoratore, anticipata dalle lunette di Figline, sarebbe stata prevalente nell'opera del L. a partire dal 1703: in quell'anno egli ottenne l'importante incarico della volta della chiesa fiorentina di S. Maria di Candeli, edificio appena ristrutturato da G.B. Foggini, dove, all'interno dell'architettura illusionistica realizzata da G. Tonelli e S. Papi, dipinse una Gloria della Vergine. Allo stesso anno si fanno risalire gli affreschi con La vittoria dell'arcangelo Michele su Lucifero della cupola di S. Michele Visdomini (Montigiani).
Evidentemente questi impegni furono determinanti per l'accreditamento del L. presso l'ambiente fiorentino poiché, negli anni a seguire, il pittore risulta attivo nella decorazione dei molti e importanti cantieri artistici allora aperti in città, sia pubblici sia privati. Tra il 1706 e il 1708 gli veniva affidata, insieme con Tonelli e G.C. Sagrestani, la decorazione ad affresco (scomparsa) della nuova ala di palazzo Niccolini. Nel 1707 terminava invece, come risulta dai pagamenti (Ginori Lisci, p. 527 n. 10), la sala con le Storie di Mercurio in palazzo Capponi, tempio della decorazione fiorentina del Settecento. Nel palazzo interveniva nuovamente nel 1713 affrescando la sala con Icinque sensi (ibid.), opera per la quale è stato rintracciato un disegno preparatorio in collezione privata (Handzeichnungen…, p. 61).
I numerosi disegni del L. non sono stati finora utili a documentare la distrutta decorazione di villa Morelli all'Antella dove, secondo Lastri, l'artista sarebbe intervenuto con affreschi della Vita di s. Filippo Neri. Il foglio con la Gloria di s. Filippo Neri (Lille, Musée des beaux-arts) costituisce piuttosto (Bellezze di Firenze…, p. 114) un primo pensiero della decorazione del catino absidale dell'omonima chiesa fiorentina, nota anche come S. Firenze. Eseguita tra il 1714 e 1715 è senz'altro l'opera più impegnativa del Lapi.
Nonostante il gravoso impegno per S. Firenze, nel 1714 il L. consegnava la tela con S. Lorenzo che solleva le anime del purgatorio per la cappella Inghirami della chiesa di S. Lorenzo. Al termine dei lavori si trasferì a Castelfiorentino per partecipare alla decorazione della copertura a cupolette delle navate minori della chiesa di S. Verdiana, complessivamente realizzata entro il 1716 (Improta, p. 115). Al L. venivano affidate tre cupolette: il Miracolo del soldato ferito da una freccia, realizzato per conto di D. Pittoreggi; il Trasporto funebre di s. Verdiana, per F. Ridolfi; il Miracolo del bambino caduto dalla giumenta, sotto il patronato di L. Tempi.
Di questo cantiere si è giustamente rimarcata la non casuale coincidenza, tanto del progetto architettonico e decorativo quanto dell'impiego delle stesse maestranze (oltre al L., la bottega di G.C. Sagrestani, A. Puglieschi, A. Veracini e, molto probabilmente, Foggini), con la chiesa fiorentina di S. Jacopo sopr'Arno (ibid., p. 111), che nel 1703 veniva affidata dal granduca ai padri missionari di Roma: nello stesso anno si avviavano i lavori di ristrutturazione dell'edificio, affidati a Foggini, cui seguì la decorazione. Nell'ambito di questi interventi, nel 1709 il L. affrescava il Dio Padre e angeli nella volta della prima cappella a destra.
Per gli stessi committenti nel 1721 avrebbe portato a termine il dipinto con Mosè e il serpente di bronzo, e firmato un contratto per la realizzazione di due affreschi nel refettorio del convento, rappresentanti uno La lavanda dei piedi "in cui siano il Salvatore, gli Apostoli, una Gloria in alto di 5 angeli almeno" con sotto il Cenacolo "secondo il modello accordato dal sig. Padre Superiore", l'altro una "Apparizione di Christo al mare di Tiberiade a 7 Discepoli, ove si faccino vedere almeno sette figure ed il mare col vento" da realizzarsi sopra la porta d'ingresso (Lankheit).
L'attività del L. per le congregazioni monastiche è ulteriormente documentata: nel 1723 egli firmò e datò un'Ultima Cena per il refettorio del convento di S. Onofrio alle cappuccine (Itinerario di Firenze barocca, p. 72), soggetto che affrescò anche nell'orto del convento dell'oratorio di S. Tommaso d'Aquino (Richa).
Il L. si dedicò anche a lavori di minor impegno, benché prestigiosi dal punto di vista della committenza.
Il 28 nov. 1708 aveva iniziato a decorare un paramento in legno dipinto "con varie figure all'indiana, lumeggiato d'oro e azzurro" (Spinelli, 1994, p. 275 n. 12) destinato al camerino di Violante di Baviera, moglie del gran principe Ferdinando di Toscana, cui pervenne il 14 giugno 1709 (ibid., n. 13). Ancora per conto della famiglia medicea, nel 1712 partecipava alla realizzazione dell'apparato per le festività indette da Cosimo III nella chiesa di S. Lorenzo per la canonizzazione di Pio V. Al L. spettò la realizzazione della tempera con l'episodio della tempesta marina che si acquieta miracolosamente all'apparire di una medaglia del papa; opera che, insieme con le altre tre uniche superstiti del ciclo (24 tele in tutto), si conserva a Prato nel palazzo vescovile.
Agli ultimi anni dell'attività del L. si data la tela con l'Inferno, pagata 65 ducati il 4 maggio 1728 (Casciu) e destinata dall'elettrice palatina, Anna Maria Luisa de' Medici, al conservatorio delle Signore Montalve presso villa La Quiete, da lei scelta come propria residenza. La tela, parte della serie dei "Novissimi" (insieme con la Morte, il Paradiso e il Giudizio finale) per la camera da letto dell'elettrice, seguiva, a tre anni di distanza, l'ultima impresa di largo respiro del Lapi. Nel 1725 egli partecipava, infatti, alla decorazione della villa Puccini di Scornio (Pistoia); a quella data firmava l'affresco con l'Età del ferro di una delle otto sale del piano nobile ed eseguiva, come è possibile stabilire per via stilistica, il soffitto con l'Età dell'argento.
Al 1732 si data il Martirio del beato Tesauro Beccaria, ultima opera nota del L., destinata alla chiesa di Vallombrosa.
Incerte sono invece le datazioni: della tela con l'Adorazione dei pastori (Salisburgo, Barockmuseum) ipoteticamente attribuita al L. (Berti); degli affreschi - serie di Santi nel quinto altare destro - della chiesa fiorentina di S. Stefano al Ponte (Itinerario di Firenze barocca, p. 78); dei lavori per Casa Buontalenti, dove Lastri ritiene il L. autore di due episodi della vita dell'artista; nonché della tela con l'Invenzione della Croce nella collegiata di San Gimignano. Del L. vanno infine ricordate due storie e tre bozzetti: non ulteriormente descritti, transitarono per le esposizioni d'arte tenute a Firenze, rispettivamente nel 1729 e nel 1767 (Borroni Salvadori).
Il L. morì a Firenze nel 1732.
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