NICCOLINI, Francesco
NICCOLINI, Francesco. – Nacque a Firenze il 29 novembre 1584, primogenito di Giovanni di Agnolo, senatore fiorentino e poi ministro residente a Roma, e di Caterina di Filippo Salviati.
Appartenente a una famiglia che si era distinta al servizio dei Medici, beneficiò fin da piccolo della posizione preminente del padre. I lunghi anni del ministero diplomatico che questi svolse (1587-1610) guidarono i primi passi della brillante carriera a cui fu destinato. Nel 1590 fu ammesso fra i cavalieri di S. Stefano, diventando poi commendatore in virtù della concessione di una ricca commenda in Val d’Orcia (1591). Secondo Passerini (1870, p. 61), nello stesso frangente entrò anche fra «i paggi di Ferdinando I granduca». Fu poi avviato alla carriera ecclesiastica, ricevendo la prima tonsura clericale a Roma il 21 marzo 1591 per mano del cardinale Alessandro de’ Medici. Durante il pontificato di Clemente VIII, grazie al controllo che il padre esercitava per conto del granduca sul sistema beneficiale toscano, ottenne una serie di importanti benefici ecclesiastici per una rendita di oltre 600 scudi annui.
Giovanni Niccolini aveva pianificato per il figlio un futuro di alto livello nella burocrazia vaticana e, probabilmente, anche nelle alte sfere della gerarchia ecclesiastica. Intanto nel maggio e nel settembre 1603 aveva preso gli ordini minori, mentre stava completando gli studi presso l’Università di Pisa, dove, alla fine di novembre 1604, ottenne la laurea inutroque iure (promossa da Iacopo Angeli di Barga, che declamò una dotta orazione in cui esaltava anche la figura del nonno paterno, il cardinale Agnolo). La strada per entrare nella burocrazia vaticana fu aperta da due brevi del pontefice Paolo V che nel settembre 1606 gli concessero «un Ufizio di Abbreviatorato delle Lettere Apostoliche di maggior Presidenza».
Dopo il ritorno di Giovanni Niccolini a Firenze nel maggio 1610, il figlio rimase a Roma, incaricato di sbrigare una serie di incombenze e di portare a termine alcune cause e committenze in campo artistico sulle quali aveva avuto precise istruzioni. Morto il padre, sistemate nel febbraio 1611 le pendenze con il fratello Filippo relative alla divisione dell’eredità mediante un arbitrato pubblico nel quale i fratelli accettavano il dettato delle ultime volontà paterne, continuò a vivere a Roma, rimanendo anche legato all’ambiente diplomatico fiorentino, visto che fu impiegato, sicuramente nel 1611, come segretario di legazione del nuovo ambasciatore Piero Guicciardini.
Come avrebbe confessato egli stesso «io vi restai per seguitar quella Corte già che detto mio Padre m’haveva posto in Prelatura per mezzo della compra d’una Abbreviatoria de Parco Maiori, et anco come Referendario dell’una e dell’altra segnatura» (Firenze, Archivio Niccolini, Fondo antico, Ricordanze, 37, c. 43r). Lasciata la residenza medicea a Guicciardini, prese in locazione «la casa dei Baldassini di Napoli vicina alla Chiesa di San Salvatore delle Coppelle et a quella di S. Agustino», dove abitò per i successivi sette anni, ospitandovi la sorella Lucrezia rimasta vedova insieme con i suoi figli piccoli di cui figurava come tutore e da cui percepiva una quota dell’affitto (ibid., c. 43rv).
Le sorti della famiglia, sulla cui ascesa sociale il padre aveva investito tanto, richiesero tuttavia un cambio di direzione nella vita di Niccolini. Poiché il matrimonio di Filippo con Lucrezia di Lorenzo Corsini si era rivelato senza figli, fu costretto a interrompere la carriera ecclesiastica, abbandonando una condizione «per cui non sentiva vocazione» (Passerini, 1870, p. 61). Nel 1618 sposò dunque Caterina del senatore Francesco Riccardi, pattuendo una cospicua dote di 25.000 scudi. Tuttavia anche la sua unione fu senza figli.
Se la discendenza naturale della famiglia sembrava compromessa, le scelte matrimoniali operate dai Niccolini e le parentele contratte fra fine XVI e inizio XVII secolo erano tuttavia una testimonianza abbastanza eloquente dello stabile inserimento della famiglia ai vertici della società fiorentina (come dimostrava l’entità delle doti che Francesco e Filippo pattuirono per i loro matrimoni e che indicavano un deciso salto di qualità rispetto alla generazione precedente, salendo da circa 5000 scudi a ben oltre i 20.000).
Niccolini riprese la tradizione di famiglia negli incarichi diplomatici al servizio dei Medici e ripercorse le orme paterne. Infatti, dopo l’esperienza come segretario di legazione, a causa dell’improvvisa morte di Ottaviano Lotti, successore designato dell’ambasciatore Guicciardini, divenne ministro residente presso la corte papale a partire dall’ottobre 1621, ufficio che occupò fino al giugno 1644, probabilmente con una parentesi fiorentina nel 1626-27.
Definito nelle lettere credenziali «principal Gentil huomo di questa Città», le tutrici di Ferdinando II, Cristina di Lorena e Maria Maddalena d’Austria, nel comunicargli l’elezione ad ambasciatore la giustificarono «poiché oltre alla pratica che havete di quella Corte, vi habbiamo sempre conosciuto per savio et prudente, onde ci promettiamo che saprete esercitar quella carica con la riputazione et con il decoro che conviene» (istruzioni 21 ottobre 1621 in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2639).
Il lungo ministero a Roma, godendo della fiducia della corte medicea, non fu considerato in termini positivi dagli storici ottocenteschi che sottolinearono negativamente l’atteggiamento remissivo e la «esagerata bigotteria e la cieca deferenza dell’ambasciatore verso degli ecclesiastici» (Passerini, 1870, p. 62), in particolare nella gestione del problema del ducato di Urbino, che fu devoluto alla Santa Sede dall’ultimo duca Francesco Maria della Rovere dopo ripetuti «intrighi» e «torture morali». Il giudizio di condanna dell’operato di Niccolini riguarda soprattutto l’esercizio del suo mandato durante l’arresto e il processo inquisitoriale che Galileo subì a Roma: per dirla con il Passerini, «tutti gli scrittori sono d’accordo nel condannare in questo fatto la condotta tenuta dall’ambasciatore toscano» (1870, pp. 62 s.). In realtà la sua attività di ambasciatore e il suo ruolo nei rapporti diplomatici fra Roma e Firenze (a partire dal progetto di lega difensiva tra gli Stati italiani, promosso nel 1633 insieme col cardinale Francesco Barberini, nipote del papa, che tuttavia non si concretizzò mai) rimangono tuttora in buona parte da studiare e da chiarire grazie alla ricchezza delle fonti epistolari a lui riconducibili.
Il favore della corte medicea intanto non venne mai meno. Durante la legazione a Roma fu creato, al pari del padre, senatore fiorentino (13 luglio 1629) e, poco prima del suo definitivo ritorno a Firenze, ascese anch’egli, già commendatore di S. Stefano, alla nobiltà. Il granduca Ferdinando II gli assegnò vita natural durante – dopo averlo elevato alla dignità di consigliere e maestro di camera della granduchessa Vittoria – il marchesato di Campiglia in Val d’Orcia, goduto in precedenza dal suo antecessore a Roma Guicciardini, «in contemplazione dei lunghi servigi» prestati da lui e dai suoi avi «alla Casa Serenissima» (diploma 15 settembre 1643, Firenze, Archivio Niccolini, Fondo antico, Onorificenze, 5, n. 23). Nel 1647, infine, raggiunse i vertici della sua carriera in seno all’ordine di S. Stefano allorché fu eletto dal consiglio capitolare riunito a Pisa gran cancelliere dell’Ordine.
Morì a Firenze il 25 luglio 1650 e fu tumulato nella cappella di famiglia in S. Croce.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio Niccolini, Fondo antico, Spogli cartapecore, XVII, nn. 718, 719, 725, 726; XVIII, nn. 764-765, 769-770; XIX, nn. 794, 801; XXI, nn. 853-854; XXII, n. 902; Lettere, 232-242; Onorificenze, 5, nn. 14, 23; Matrimoni, 3, n. 54; Miscellanea, 20, n. 11; 21, nn. 1, 14; Ricordanze, 37, c. 43v; Biografie, 1, n. 10: F.L. Del Migliore, Istoria della Famiglia de’ Niccolini già Sirigatti; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2639, 2647, 3337-3372, 3517-3529; Miscellanea Medicea, 14, ins. 21; Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Capponi, Cas. 1 N. X, cc. 42: carteggio Niccolini-Cioli 1630-33; E. Gamurrini, Genealogia della famiglia N., in Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, I, Firenze 1668, pp. 508-523; L. Passerini, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, II, Firenze 1862, pp. 3. s.; Id., Genealogia e storia della famiglia Niccolini, Firenze 1870, pp. 61-63; G. Favaro, Bibliografia Galileiana di Antonio Favaro, Venezia 1942, ad ind.; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, XII-XIII, Roma 1943, ad ind.; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737), Roma 1953, p. 18; I documenti del processo di Galileo Galilei, a cura di S.M. Pagano - A.G. Luciani, Città del Vaticano 1984, ad ind.; R. Spinelli, Il Pantheon privato tra tardo Rinascimento e Barocco. La cappella N., in Il Pantheon di S. Croce a Firenze, Firenze 1993, pp. 83-143; U. Baldini, Galilei Galileo, in Dizionario biografico degli Italiani, LI, Roma 1998, pp. 473-486; A. Moroni, L’Archivio privato della famiglia N. di Camugliano, in Archivio storico italiano, CLVIII (2000), 2, pp. 307-348; R. Spinelli, Documenti artistici dall’archivio N. di Camugliano. I. Marmi antichi e “moderne pitture” di Giovanni di Agnolo (1544-1611), in Paragone, s. 3, LVI (2005), 61 pp. 80-103; R. Spinelli, Mecenatismo mediceo e mecenatismo privato: il caso Niccolini, in Firenze Milleseicentoquaranta. Arti, lettere, musica, scienza, Venezia 2010, ad indicem.