NENCI, Francesco
NENCI, Francesco. – Nacque ad Anghiari il 10 aprile 1781 da Sigismondo e da Maria Matassi, mercanti di modesta condizione.
Dimostrata fin dall’adolescenza una spiccata inclinazione per il disegno, nel 1795 fu condotto dal padre a Città di Castello per essere affidato a Tommaso Maria Conca, nipote del celebre Sebastiano, che stava dipingendo nel duomo della cittadina umbra. Nel 1797 ottenne dalla recalcitrante famiglia il permesso di recarsi a Firenze, dove si iscrisse all’Accademia di belle arti, formandosi nel disegno sotto la guida di Giuseppe Piattoli e nella pittura sotto quella di Pietro Pedroni; alla morte di quest’ultimo, nel 1803, divenne allievo di Jean-Baptiste-Frédéric Desmarais, perfezionandosi infine con Pietro Benvenuti.
Nel 1798 e nel 1802 risultò vincitore del concorso semestrale dell’accademia del nudo, mentre nel 1803 si aggiudicò quello di pittura grazie a una copia della Madonna del Sacco di Andrea del Sarto. Assai importante, anche per la risonanza avuta a Firenze, fu l’affermazione a un concorso dell’Accademia di Brera, vinto nel 1805 grazie al disegno Saffo e Alceo agli Elisi, oggi perduto, seguita l’anno successivo dalla conquista del premio triennale per la pittura a Firenze, ottenuto con gli oli Diogene e Achille che piange sul corpo di Patroclo, entrambi dispersi. Fu ancora l’accademia milanese, nel 1809, a premiarlo per l’olio Zenobia raccolta dal fiume Arasse, tuttora custodito a Brera. In questa occasione incontrò Leopoldo Cicognara, del quale divenne da subito ascoltato corrispondente e assiduo collaboratore fornendo numerosi disegni per i tre volumi della Storia della scultura usciti tra il 1813 e il 1818 (Abbate, 1964).
Nel 1811 Cicognara offrì a Nenci la possibilità di concorrere per la cattedra di pittura all’Accademia di Venezia, della quale era presidente, ma l’artista rifiutò, contando di ottenere nel medesimo anno, come in effetti avvenne, il premio di pensionato che lo avrebbe condotto a Roma. Grazie alle aderenze di Benvenuti e dello stesso Cicognara si inserì presto nell’ambiente artistico romano e frequentò i maggiori alfieri del neoclassicismo: Antonio Canova, Vincenzo Camuccini, Bertel Thorvaldsen.
Poco si conosce delle opere realizzate da Nenci a Roma, non essendo state rintracciate né quelle richiestegli dalla committenza privata – un non meglio precisato ministro francese volle per il suo palazzo di Parigi alcuni dipinti raffiguranti Gli uomini di Stato dell’antichità, il marchese Giuseppe Stiozzi un Ippolito morto per amore di Fedra (Agnolucci, 1987, p. 12) – né i saggi spediti all’Accademia di Firenze, tranne l’ultimo del 1817 avente per soggetto Edipo salvato dal pastore, conservato alla Galleria dell’Accademia. I modelli neoclassici e, soprattutto, la vicinanza a Benvenuti sono particolarmente evidenti in questa grande tela, nella quale oltre alle indubbie qualità tecniche, Nenci mostra un’acritica adesione al tono ufficiale, accademico, paludato del maestro fiorentino.
Lasciata, con rimpianto, Roma nell’agosto del 1817 Nenci si inserì stabilmente nel novero degli artisti protetti dal granduca di Toscana Ferdinando III e ottenne numerose commissioni pubbliche e private. Tra queste il Trionfo di Bacco dipinto sul soffitto della sala da ballo di palazzo Giuntini a Firenze e la pittura murale con l’Assunzione per il soffitto della cappella della villa di Poggio Imperiale terminata nel 1824 (il bozzetto a olio è custodito alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti e un disegno preparatorio all’Accademia Petrarca di Arezzo). Entrambe le imprese decorative, assai apprezzate dalla critica contemporanea (Agnolucci, 1987, p. 13), dimostrarono la capacità dell’artista di stemperare i ferrei precetti neoclassici con la grande tradizione della pittura italiana, in particolare del classicismo carraccesco.
Contemporaneamente cominciò a dedicarsi con successo all’illustrazione, fornendo disegni per una Divina Commedia e per l’Opera omnia di Sallustio (entrambe impresse a Firenze all’Insegna dell’ancora, la prima tra il 1817 e il 1819, la seconda nel 1820) e in seguito per numerose edizioni stampate da Giuseppe Molini, tra le quali un Decameron, un De rerum natura, le Tragedie di Alfieri, le Rime di Petrarca, l’Orlando Furioso, le Opere di Metastasio.
Alla morte di Ferdinando III, nel 1824, il suo favore presso la corte scemò sensibilmente, come dimostra la vicenda degli affreschi per la cappella dei principi in S. Lorenzo commissionati dal nuovo granduca Leopoldo II a Pietro Benvenuti, con sommo disappunto di Nenci che aveva nutrito la fondata speranza di ottenere il prestigioso incarico. Nell’ottobre 1827, grazie ai buoni uffici del principe Neri Corsini, venne nominato direttore dell’Istituto d’arte di Siena, carica che mantenne – malgrado il desiderio costante di tornare a Firenze – fino alla morte. Il suo insegnamento, pur ancorato ai principi del classicismo, si caratterizzò per una progressiva apertura alle istanze romantiche e ai fermenti del nascente movimento purista. Membro fin dalla sua costituzione, nel 1829, della Deputazione dei conservatori dei monumenti di belle arti della città di Siena, riservò particolare attenzione alla tutela del patrimonio artistico, intervenendo sia con pareri e relazioni, sia attraverso restauri condotti personalmente o da colleghi e allievi dell’Istituto d’arte, sia attraverso l’acquisizione di singole opere e intere raccolte (come la ricca collezione Spannocchi) per la Galleria dell’Accademia, nucleo originario della futura Pinacoteca nazionale (Sisi, 1994, pp. 223, 237).
Durante gli anni senesi gran parte della produzione pittorica di Nenci, il cui stile fedele al classicismo temprato sullo studio dei grandi modelli dei secoli XVI e XVII non conobbe significative trasformazioni, fu destinata alla committenza locale. Si devono almeno ricordare l’affresco con la Speranza (1830 circa) e la tela con la Fede (1846) nel palazzo Chigi Zondadari, l’olio con la Sacra Famiglia d’impronta raffaellesca realizzato alla fine degli anni Venti per Giulio del Taja, soprintendente dell’Istituto d’arte (Asciano, Museo Cassioli) e le Allegorie dei quattro elementi affrescate nella villa Bianchi Bandinelli detta ‘Il pavone’ cominciate nel 1828 e terminate soltanto dopo la morte del pittore dagli allievi Cesare e Alessandro Maffei. Al 1849 risale un quadro che lo stesso Nenci definì «di un genere affatto opposto al mio» (Ciampolini, 2001), il Corteo del Palio per le nozze del granduca Leopoldo II (Siena, Banca Monte dei Paschi di Siena), accadimento del 1833 rievocato con minuziosa cura dal pittore nonostante i tre lustri trascorsi e la poca sintonia col soggetto.
L’attività di illustratore si mantenne intensa anche nella stagione senese come dimostrano i numerosi disegni realizzati per la Bibbia e per i volumi contenenti opere di Machiavelli, Petrarca, Boccaccio, Scott, Monti, Plutarco, Metastasio pubblicati dall’editore fiorentino Passigli (Rotta, 1987, pp. 30-38).
Nonostante il relativo isolamento senese ottenne tuttavia due incarichi prestigiosi negli anni Trenta, l’affresco con Ulisse alla corte di Alcinoo per la sala da pranzo dell’appartamento della Meridiana di palazzo Pitti (1833-1835) e la grande tela d’ispirazione poussiniana col Martirio di s. Irene, commissionatagli direttamente dal re di Napoli Ferdinando I per la chiesa di S. Francesco di Paola nel 1821 ma consegnata soltanto vent’anni più tardi a causa dello smarrimento del primo bozzetto oltre che per la consueta lentezza dell’artista (Agnolucci, 1987, p. 19).
Morì a Siena il 4 marzo 1850.
Una parte consistente dell’epistolario e un nucleo ragguardevole di disegni si conservano all’Accademia Petrarca di arti lettere e scienze di Arezzo (Fondo Nenci), dove sono giunti a seguito di due donazioni nel 1953 e nel 1956.
Fonti e Bibl.: G.B. Sezanne, Biografia del pittore F. N., Firenze 1850; [A. Pantanelli], Della vita e delle opere del cav. prof. F. N., Siena 1850; F. Abbate, Lettere inedite del Cicognara a F. N., in Paragone. Arte, XV (1964), 177, pp. 60-71; F. Mannu, in Cultura neoclassica e romantica nella Toscana granducale (catal.), a cura di S. Pinto, Firenze 1972, pp. 26 s., 213; G.L. Mellini, Della vita e delle opere di F. N., in Labyrinthos, II (1983), 3-4, pp. 91-127; D. Coccoli, L’istruzione artistica a Siena, Siena 1984, p. 29 e passim; E. Carli, Maestri e allievi, in R. Barzanti et al., L’Istituto d’arte di Siena, Siena 1986, pp. 37-59; F. N. Il pittore e l’illustratore. 1782-1850 (catal., Arezzo-Anghiari), Milano 1987 (con bibl. precedente); E. Agnolucci, La vita e le opere, ibid., pp. 9-19; M. Rotta, L’attività di illustratore, ibid., pp. 30-38; F. Petrucci, Riflessioni sull’ultimo N., in Artista, 1991, pp. 200-203; E. Spalletti, La pittura dell’Ottocento in Toscana, in La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, I, pp. 288-366; C. Morandi, ibid., II, pp. 937 s.; Id., Pittura della Restaurazione a Firenze. Gli affreschi della Meridiana a palazzo Pitti, in Prospettiva, 1994, nn. 73-74, pp. 180-188; C. Sisi, Neoclassicismo e romanticismo, in La cultura artistica a Siena nell’Ottocento, a cura di C. Sisi - E. Spalletti, Cinisello Balsamo 1994, pp. 55-278; M. Ciampolini, in L’immagine del Palio, a cura di M.A. Ceppari Ridolfi - M. Ciampolini - P. Turrini, Firenze 2001, pp. 437-439; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 388.