MORMILE, Francesco
– Figlio di Cobaccio e parente di quell’Andrillo, familiare della regina Giovanna, che fu nominato da Ladislao viceré degli Abruzzi, nacque probabilmente nei decenni centrali del XIV secolo.
Le fonti nulla dicono circa la giovinezza e il periodo della formazione, trascorsi, con ogni probabilità, a Napoli. Per uscire dal silenzio della documentazione è necessario attendere il novembre 1386, quando papa Urbano VI, che era riparato a Gaeta presso il fedele Ladislao, lo chiamò a ricoprire il seggio vescovile nella città di Siena. La nomina andava a colmare molti mesi di vacanza vescovile, dovuta in parte a una frizione tutt’altro che latente tra il pontefice e i membri del capitolo della cattedrale senese che, dopo essersi visti cassare l’elezione del proprio candidato, fra' Michele Pelagalli, avevano opposto resistenza all’insediamento del presule di nomina papale, Carlo Minutolo, al punto da spingerlo a rifiutare l’incarico, lasciando la diocesi sprovvista del suo pastore.
Qualche mese dopo il suo insediamento, Mormile si trovò ad affrontare il delicato problema della ridefinizione della natura e dell’esercizio della sovranità cittadina sugli uomini e sui castelli del feudo di Vescovado, sottratto al controllo vescovile nel 1377 dal governo dei Riformatori e poi progressivamente riconsegnato negli anni Ottanta del Trecento. Prima del febbraio 1388 il governo di Siena ingiunse al vescovo di presentare la documentazione relativa ai diritti vantati dall’episcopato su quelle terre. Il vescovo non presentò alcun titolo, ma, tramite il suo vicario, rimise la questione alla discrezione dei governatori della città, consentendo di fatto alla riaffermazione delle prerogative eminenti del Comune di Siena in materia fiscale, penale e militare. La delicata questione si ripropose qualche anno più tardi, nel febbraio 1401, quando Mormile fece ricorso al governo di Siena contro le pretese che questo aveva avanzato nei confronti delle comunità del Vescovado, sostenendo la necessità di definire giuridicamente la questione. Una speciale commissione guidata dal luogotenente visconteo elaborò una nuova serie di capitolazioni che venne accettata da Mormile ma di fatto minò l’autonomia del potere episcopale su quelle terre.
Nuovi problemi nacquero tuttavia a causa del fratello di Mormile, Luigi, cui era stato affidato il ruolo di ministro e visconte nelle terre della signoria vescovile. Nell’esercizio di quella funzione, gestita con particolare risolutezza, Luigi nell’aprile 1401 arrestò e tenne prigioniero nella rocca di Crevole un abitante della villa di Lupompesi. Nel procedimento giudiziario che ne scaturì il vescovo intervenne direttamente, il 18 giugno, con una petizione al Concistoro con la quale rinunciava ad appellarsi contro la sentenza non ancora emanata ma che sicuramente avrebbe visto Luigi condannato al pagamento di 1000 lire senesi. Il fratello del vescovo continuò comunque a esercitare duramente le prerogative signorili nelle terre del Vescovado, causando, nel 1403, la protesta degli uomini del castello di Casciano e la loro richiesta di esenzione dalla giurisdizione episcopale. Nell’agosto 1404 Mormile tornò a ribadire al governo senese i diritti dell’episcopato su quel castello, diritti che, in modo significativo, il Comune avrebbe tuttavia riconosciuto solo dopo la sua partenza da Siena, nel 1409.
Il presule si impegnò anche nel controllo delle strutture ecclesiastiche della diocesi. Già nell’estate del 1392 diede mandato al suo vicario di emanare un editto intimante agli esponenti del clero diocesano di presentare, entro il termine perentorio di 20 giorni, la documentazione in grado di dimostrare la legittimità della loro promozione al sacerdozio e della collazione dei benefici ecclesiastici goduti (la documentazione esibita fu raccolta in un apposito registro, denominato Liber titulorum; Archivio arcivescovile di Siena, 3395). Si trattava di una forma di visita pastorale straordinaria, già avviata all’inizio del Trecento dal vescovo Donusdeus de' Malavolti e nata dall’esigenza di «verificare che i beni ecclesiastici non fossero occupati indebitamente» (Chironi, 2005,p. 69) e probabilmente anche da un'istanza di 'correzione' e di controllo sia della legittimità dei sacerdoti – che se contumaci erano privati ipso facto del beneficio – sia della loro condotta. La verifica fu, infatti, affiancata dall'emanazione di un precetto di conferma dell’obbligo di residenza. Tra il dicembre 1401 e il gennaio 1402, l’operazione di verifica dei titolari dei benefici fu ripetuta, questa volta in seguito a un editto emanato direttamente da Mormile, con un'accentuata insistenza sulle conseguenze che sarebbero derivate dagli abusi in questo delicato settore, parificando dunque esplicitamente l’esibizione dei titoli a una visita pastorale ordinaria.
A partire dal settembre 1392 come vicario di Mormile compare Antonio di Tano Castellani, magister in decretalibus, il quale affiancò il vescovo fino al 1400 ed ebbe con lui non poche frizioni in ragione del debito maturato dal presule nei suoi confronti.
Nel dicembre 1392, Mormile si fece promotore di un progetto che avrebbe voluto ridare slancio allo Studium senese, risolvendo allo stesso tempo l’agonia di un'istituzione ecclesiastica: in una lettera rivolta al Concistoro, propose la fondazione di un collegio universitario, una Domus sapientiae che, sul modello di quelle che si erano andate sviluppando nei vivacissimi centri di Bologna e di Padova, avrebbe contribuito a «mantenere e perpetuare» la sopravvivenza dello Studium, disertato da allievi e maestri, e mise a disposizione la Domus di S. Maria della Misericordia e il suo ospedale per ricavarvi un collegio per studenti bisognosi. La proposta, favorevolmente accolta nel gennaio 1393 dai membri del Consiglio generale cui fu demandata la questione, fu affidata a una commissione di cittadini presieduta proprio da Mormile. A frenare, tuttavia, le sue prevedibili ingerenze nei confronti della nascente istituzione, il Consiglio generale impose precise condizioni, vietando al vescovo la possibilità di vantare alcun tipo di giurisdizione sulla Domus sapientiae e imponendo che essa fosse destinata ad accogliere i soli studenti di Siena e del contado. Benché intrapreso sotto i migliori auspici, il progetto presto si arenò per questioni economiche e politiche e si dovette attendere quasi un ventennio per vederlo realizzato.
Nel 1407, papa Gregorio XII, di passaggio a Siena in viaggio verso Savona, affidò a Mormile il governo della neoistituita diocesi dell’abbazia della Ss. Trinità di Cava dei Tirreni. Nella nuova sede Mormile dovette far fronte ai numerosi soprusi perpetrati nei confronti dei beni della ricca abbazia da re Ladislao, le cui truppe arrivarono a occupare il castello di S. Adiutore e l’apparato difensivo dell’abbazia, nonostante le vivaci rimostranze rivolte presso la corte angioina e presso lo stesso Gregorio XII dal presule, che invocava la restituzione del feudo di Castellabate e dei suoi casali, ceduti al re di Napoli dal papa per far fronte ai debiti contratti con i suoi sostenitori.
Morì a Cava dei Tirreni nel 1419 e fu sepolto nella chiesa dell’abbazia.
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