MASSARI, Francesco
– Nacque con ogni probabilità ad Aspra (l’odierna Casperia) in Sabina, presumibilmente ai primi del Cinquecento.
Di fondamentale importanza nella vita del M. fu l’ingresso al servizio del prelato Giovan Maria Ciocchi Del Monte, nel periodo in cui questi era vescovo di Pavia (1521-30). Per Del Monte, divenuto cardinale nel 1536, il M. svolse funzioni di amministratore curandone gli interessi in occasione delle sue prolungate assenze per l’espletamento di diversi uffici al servizio della S. Sede.
I primi frammentari dati riferibili direttamente al M. risalgono al 1545, allorché intervenne insieme con il vescovo di Rieti, Mario Aligeri, per mediare i conflitti insorti fra la Comunità di Aspra e i suoi feudatari, Flaminio e Ostilio Savelli. Due anni dopo la medesima Comunità si rivolse a lui per ottenere, grazie alla sua influenza, una riduzione del sussidio triennale. Nell’estate 1548, mentre Del Monte assumeva la Legazione di Bologna, il M. era il suo uomo di fiducia a Roma e, nel dicembre 1549, lo accompagnò nel corso del difficile conclave al termine del quale divenne papa con il nome di Giulio III (febbraio 1550).
Il rapporto di fiducia con il nuovo pontefice portò al M. il conferimento di una serie di uffici, a partire da quello di presidente della Camera apostolica nel febbraio 1550. Nell’atto di nomina il M. era definito laico e cubiculario segreto (Arch. segr. Vaticano, Camera apostolica, Diversa Cameralia, vol. 163, cc. 49v-53r). Il 15 nov. 1551, il pontefice gli assegnò la carica di tesoriere generale, in sostituzione di Giovanni Ricci, creato cardinale. Nel documento di nomina (Ibid., Reg. Vat., 1722, cc. 20v-22r) il M. risulta sposato.
Un’ulteriore testimonianza dello stretto legame con Giulio III è costituita dalla «quietantia generalis» rilasciata al M. per certificare la rettitudine con cui aveva esercitato il suo ufficio. In essa, Giulio III ricorda che il M., definito «familiaris antiquus et continuus commensalis noster», aveva ben gestito le finanze papali, curando in particolar modo la spesa, in occasione della guerra di Parma e della Mirandola, di 43.000 scudi in conto ai 50.000 che l’imperatore Carlo V aveva fatto versare al pontefice nella città di Genova (Arch. segr. Vaticano, Arm. LI, vol. 1, cc. 26v-28r, 21 nov. 1552).
La presa di possesso dell’ufficio di tesoriere generale fu subordinata all’impegno del M. di prestare 15.000 scudi d’oro a Giulio III, da versare al tesoriere segreto Pietro Giovanni Aleotti, vescovo di Forlì. D’altra parte, non mancarono al M. i segni tangibili della benevolenza del pontefice, come testimoniano due donazioni: una, nel 1552, consistente nella proprietà di metà di una casa (l’altra porzione andò al conte e cubicolario segreto Cristoforo Cacciaguerra) sita sulla via Alessandrina in borgo S. Pietro; l’altra, nel 1554, che comprendeva una casa e altri beni mobili e immobili non specificati, siti a Tivoli, e una casa a Roma, «prope plateam scrophe», confiscati dalla Camera apostolica a Francesco Modarra (o Mudarra), colpevole di eresia.
Godendo della piena fiducia del pontefice, il M. ampliò di fatto le prerogative del suo ufficio, acquisendo la competenza anche sul controllo della contabilità della Dataria apostolica.
Una preziosa testimonianza della sua attività di tesoriere generale è rappresentata dai due copialettere contenenti minute relative ai periodi compresi tra l’ottobre 1551 e il gennaio 1552 e l’ottobre 1552 e il maggio 1553, nei quali sono conservate missive indirizzate a legati, vicelegati, governatori, tesorieri provinciali, commissari del sale e del sussidio triennale, collettori delle decime sul clero dello Stato pontificio e di altri Stati italiani. Non mancano gli interventi in tema di tassazione nei confronti dei nunzi papali a Napoli e Lisbona, o di singoli personaggi (banchieri o feudatari papali, come Ascanio Colonna). In particolare il secondo frammento di copialettere concerne quasi esclusivamente la riscossione delle decime imposte da Giulio III al clero del Regno di Napoli, con una serie di interessanti missive al nunzio e collettore apostolico, ai suoi commissari delegati e ai vescovi (Arch. di Stato di Roma, Camerale II, Epistolario, b. 92, f. 1).
Nell’esercizio della sua carica, il M. non dimenticò la sua comunità d’origine. Nell’aprile 1554 comunicò alle autorità di Aspra di avere ottenuto il dimezzamento della quota annuale del sussidio e la diminuzione del debito verso la Camera apostolica. Ancora da investigare sono i legami del M. con gli ambienti dei grandi mercanti-banchieri fiorentini e genovesi, che in quegli anni si spartivano il primato nel finanziamento della S. Sede. Nel luglio 1554, il M., ammalatosi, procedette alla nomina – autorizzata con motu proprio del pontefice – di un vicetesoriere che lo sostituisse per un solo bimestre nella persona del finanziere fiorentino Bartolomeo Bussotti, legato al potente banchiere Bindo Altoviti e che fu successivamente nominato tesoriere da Pio V.
Durante il breve pontificato di Marcello II (morto il 23 marzo 1555), il M. mantenne il suo ufficio; l’elezione di Gian Pietro Carafa (Paolo IV) nel maggio 1555, rappresentò invece la fine delle sue fortune. Una delle prime mosse del pontefice, nel quadro di una strategia volta a porre la Camera apostolica e le finanze pontificie sotto il proprio diretto controllo, fu l’arresto e l’incarcerazione del M., con un’accusa, quella di «grandissime rubbarie fatte nella thesoreria» (cit. in Pastor, p. 367, n. 1), che sarebbe ritornata per altri tesorieri, quando alla elezione di un nuovo pontefice seguiva la sostituzione del personale di più stretta fiducia del predecessore.
Nell’ottobre 1555 la Comunità di Aspra, non dimentica delle benemerenze del M., chiese l’intervento della famiglia Savelli per ottenere la sua scarcerazione. Il M., tuttavia, nel dicembre 1555, era ancora in carcere a Castel Sant’Angelo, come risulta dalla procura da lui fatta al nipote Emilio allo scopo di presentare i libri dei conti e di rappresentarlo durante la loro revisione da parte della Camera apostolica. A parziale riprova della natura strumentale delle accuse rivoltegli, è il successivo atto con cui il camerlengo Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, nel giugno 1557, in riconoscimento della sua buona gestione, decretò che il M. continuasse a godere delle immunità e delle esenzioni fiscali proprie dell’ufficio. Ben più arduo si dimostrò il recupero dei 15.000 scudi d’oro prestati al momento della nomina a tesoriere: la sentenza con cui, nel marzo 1559, il camerlengo assolse definitivamente il M. e stabilì che egli restava creditore della Camera apostolica di 5892 scudi, 2 soldi e 3 denari rimase lettera morta, al punto che, ancora nei decenni successivi, i suoi eredi rivendicarono il pagamento della somma.
Non si conosce la data della morte del M. che comunque, stando al lascito testamentario a favore della parrocchia di S. Maria di Legarano presso Aspra, avvenne nel 1560 o nel 1561.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Notai, segretari e cancellieri della Reverenda Camera apostolica, voll. 452, cc. 101, 142v-143r; 459, cc. 99-102r, 128, 181, 356; 460, cc. 807-808; 461, c. 254; Arch. segr. Vaticano, A.A., Arm. I-XVIII, 917, cc. 7-8; Reg. Vat., 1722, cc. 20v-22r, 36v-38; Camera apostolica, Diversa Cameralia, voll. 163, cc. 40v-41r, 49v-53; 168, c. 86; A. Massarelli, Diarium quartum: de concili Bononiensi, in Concilium Tridentinum: diariorum, actorum, epistolarum, tractatuum nova collectio, I, 1, Diariorum, a cura di S. Merkle, Friburgi Brisgoviae 1901, pp. 770, 787; Id., Diarium quintum: de conclavi post obitum Pauli III, ibid., II, 2, ibid. 1911, p. 56; Id., Diarium sextum: de pontificatu Iulii III pontificis maximi Diarium, ibid., p. 154; Id., Diarium septimum: a Marcello II usque ad Pium IV…, ibid., p. 278; G. Garampi, Saggi di osservazioni sul valore delle antiche monete pontificie, Roma 1766, p. 290, n. 11; F.A. Vitale, Memorie istoriche de’ tesorieri generali pontificij dal pontificato di Giovanni XII fino a’ nostri tempi, Napoli 1782, p. XLII; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, VI, Roma 1927, pp. 262, 367; F. Litva, L’attività finanziaria della Dataria durante il periodo tridentino, in Archivum historiae pontificiae, V (1967), pp. 110 s., 113 s.; R. De Maio, Michelangelo e la Controriforma, Roma-Bari 1981, p. 80; A. Attanasio, «Però non guastate la coda al pavone». Per la storia di Aspra e dei Savelli, suoi signori nel Cinquecento, in Casperia. Inventario dell’Archivio (1099-1860) e studi documentari, a cura di A. Pellegrini - A. Attanasio, Roma 2000, pp. 240-242, 249-251; M.C. Giannini, I tesorieri generali della Camera apostolica e le loro carriere tra XVI e XVII secolo, in Offices et papauté (XIVe-XVIIe siècle). Charges, hommes, destins. Tables rondes, Rome… 2001-02, a cura di A. Jamme - O. Poncet, Rome 2005, pp. 862-865.