MARINOTTI, Francesco (Franco)
– Nacque a Ceneda, odierna Vittorio Veneto, il 5 giugno 1891 da Paolo e da Teresa Bianchi, primogenito di quattro figli, in una famiglia piccolo borghese.
Il padre, proprietario di una piccola distilleria di alcolici, morì quando il M. aveva soltanto 15 anni. In un primo tempo egli tentò di gestire direttamente l’impresa familiare, poi decise di concederla in affitto a terzi e si trasferì a Venezia dove riuscì a diplomarsi in ragioneria presso l’istituto Paolo Sarpi nel 1908. Trovò subito un impiego come vicesegretario del Museo commerciale di Venezia. Nel 1910 venne assunto come contabile alla Filatura cascami di seta di Milano dove, dopo due anni, gli venne proposto un lavoro di maggiore responsabilità e remunerazione presso la filiale di Varsavia che il M. accettò. Abbandonata la Polonia nel 1915 (in agosto Varsavia fu occupata dalle truppe tedesche), dopo l’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale, il M. si trasferì a Mosca dove la Filatura cascami di seta lo nominò direttore commerciale per il mercato russo, incarico che ricoprì fino allo scoppio della Rivoluzione d’ottobre.
Rientrato in Italia nel 1918, il M. decise di intraprendere un’attività di lavoro autonomo e iniziò a occuparsi di compravendita di merci tra l’Italia e la Russia con un guadagno a provvigioni.
Tale esperienza gli permise di stabilire relazioni con personaggi politici di spicco dello Stato sovietico, rivelatesi particolarmente utili per le sue successive attività. Nel frattempo aveva sposato Teresa (Tina) Ricotti, che gli rimase accanto per il resto della vita.
Nel maggio 1921, dopo aver preso contatto con alcuni industriali italiani, il M. si fece promotore della costituzione della Compagnia italiana commercio estero (CICE), finalizzata a intrattenere relazioni commerciali con l’Unione Sovietica.
Le ditte che avevano affidato la loro esclusiva rappresentanza alla CICE risultavano circa un centinaio (fra queste: FIAT, Pirelli, Tosi, Marelli, Linificio e canapificio nazionale, Lanificio Rossi, Targetti, Miani e Silvestri, e tutti i principali cotonieri); inizialmente l’azienda, alla cui presidenza fu posto l’industriale laniero G. Gavazzi, incontrò numerosi ostacoli, dovuti alla situazione interna e internazionale dell’URSS che ritardava il rientro del nuovo Stato sovietico sul mercato internazionale, ostacoli tuttavia superati, ma solo intorno al 1924, soprattutto grazie all’intraprendenza del Marinotti. Consumato in un anno l’esiguo capitale iniziale di lire 500.000 nell’organizzazione di uffici d’informazione ai confini della Russia (Riga, Tallinn, Varsavia, Ia»i, Batum), il M. ottenne dal consiglio di amministrazione – composto oltre che da Gavazzi, da P. Pirelli, A.S. Benni, R. Targetti, G. Sessa – un aumento di capitale a lire 1.000.000 (cfr. F. Marinotti, Note autobiografiche, in Villari, I, pp. 358 s.).
Intanto, nel 1922, il M. era stato chiamato a far parte della delegazione italiana alla conferenza di Ginevra in qualità di esperto in relazioni commerciali con la Russia sovietica. Comunque, la vera e propria svolta per l’attività della CICE si ebbe quando, nel 1923, fece il suo ingresso nell’azienda S. Borletti, apportandovi, oltre a ingenti capitali, la sua vasta esperienza lavorativa e il peso dei suoi molteplici interessi industriali. Nel 1927 Borletti acquistò la maggioranza azionaria della società, divenendone presidente, mentre il M. continuò a occupare la carica di amministratore delegato; si stabilì da allora, tra i due uomini d’affari, un forte legame di reciproca fiducia destinato a durare negli anni.
La CICE, accusando difficoltà nelle contrattazioni con il mercato sovietico, cercò di estendere il suo raggio d’azione ad altri paesi, in particolare in area mediorientale (Siria, Palestina, Iraq, Persia), tuttavia con scarsi risultati. Nel maggio 1929, la società venne acquisita da una concorrente, la Italo-Americana d’esportazione. Rimasto amministratore delegato, ma in posizione di assoluta subordinazione, il M. per alleggerire la situazione interna di tensione che si era venuta a creare, nel luglio, decise di allontanarsi per un certo periodo dall’Italia, recandosi in Africa Occidentale alla ricerca di nuovi mercati. Al suo ritorno, non essendo cambiato l’atteggiamento dei vertici della Italo-Americana di esportazione nei suoi confronti, decise di rassegnare le dimissioni dalla CICE che, nel corso del 1930, venne posta in liquidazione. In quello stesso anno, il M. fu chiamato a ricoprire l’incarico di direttore centrale della SNIA Viscosa.
La SNIA (Società di navigazione italo-americana) nata a Torino nel 1917, inizialmente come azienda di navigazione e trasporto di merci varie tra Italia e Stati Uniti, nel corso dei primi anni Venti, considerato il cattivo andamento del settore marittimo, aveva mutato oggetto sociale, convertendosi alla produzione di fibre tessili artificiali, industria che stava allora vivendo una fase di notevole sviluppo a livello mondiale. Il processo produttivo più diffuso per fabbricare la seta artificiale, denominata anche raion, era quello alla viscosa, che sfruttava come materia prima di partenza la cellulosa, ottenuta principalmente dal legno delle conifere (di rado venivano impiegati i cascami di cotone), successivamente trattata con soda caustica e solfuro di carbonio. La SNIA avviò la produzione capital intensive di filati artificiali, scegliendo proprio il sistema alla viscosa, che permetteva di ottenere, a costi contenuti, una fibra tessile per caratteristiche molto simile alla seta naturale. Nel 1922 la società aveva scelto di mutare la denominazione sociale in quella di Società nazionale industria applicazioni Viscosa (SNIA Viscosa), al fine di sottolineare l’avvenuto cambiamento di attività. In breve l’azienda torinese, guidata dall’imprenditore biellese R. Gualino, si era affermata come leader indiscussa dell’industria del raion a livello mondiale. Nel 1925, il capitale sociale della SNIA Viscosa aveva raggiunto la cifra da primato di un miliardo di lire e i suoi titoli azionari furono quotati sia alla borsa di Londra, sia a quella di New York. In effetti, Gualino era riuscito a creare un gruppo societario di vaste dimensioni e fortemente integrato, sia orizzontalmente, sia verticalmente; la SNIA, infatti, aveva assunto il controllo di numerose aziende, tra cui l’Unione italiana fabbriche viscosa, la Viscosa di Pavia, la Società italiana seta artificiale, la Seta artificiale Varedo, tutte impegnate nella fabbricazione di raion. Inoltre, la SNIA aveva acquistato consistenti pacchetti azionari di imprese specializzate nella produzione di materie prime, impianti e macchinari, indispensabili per ottenere filati artificiali, tra cui gli stabilimenti di Rumianca, la SILM, la IEMI. Il processo di integrazione verticale del gruppo SNIA non era stato condotto, però, soltanto a monte, verso i mercati dei fattori produttivi, ma si era spinto anche a valle, verso i mercati di consumo: a tale proposito è da segnalare l’assunzione del controllo del Setificio nazionale Reggio Rietti e Passigli di Ferrara e dei Calzifici italiani riuniti, entrambe società in grado di utilizzare la seta artificiale all’interno dei loro articoli.
Fino al 1926 l’andamento dell’impresa era stato positivo ma, a partire da quell’anno, la situazione mutò radicalmente. La politica economica fascista, e in particolare «quota novanta», prima, la great depression poi, infersero un duro colpo alla SNIA che esportava circa l’80% della sua produzione. Gualino, coinvolto nella crisi della Banca agricola italiana e di altre numerose società sotto il suo diretto controllo, si trovò privo delle disponibilità finanziarie necessarie per risollevare la società; il 28 genn. 1930, quindi, rassegnò le dimissioni dalle cariche di presidente e consigliere di amministrazione. Nello stesso anno, entrarono a far parte del Consiglio di amministrazione della SNIA alcuni nomi di spicco dell’ambiente imprenditoriale milanese, tra cui Borletti, eletto presidente, e C. Feltrinelli. Il nuovo management era diretta espressione del mutamento intervenuto nella proprietà aziendale: la SNIA, infatti, si trovava oramai sotto il controllo azionario dell’inglese Courtaulds e della tedesca Vereinigte Glanzstoff Fabriken (nota come Glanzstoff o VGF), entrambe impegnate nella produzione di filati artificiali. Fu Borletti a designare il M. come direttore centrale, un ruolo di indubbia importanza, affiancandolo a Gavazzi.
Alcuni rapporti di polizia politica sostengono che i legami intercorsi tra Borletti e il M. non furono sempre amichevoli e che peggiorarono negli anni in cui i due lavorarono insieme all’interno della SNIA. Secondo il parere espresso da fonti orali a nostra disposizione, invece, i rapporti tra i due industriali sarebbero stati sempre cordiali, caratterizzati da profondo rispetto e stima reciproca.
Il nuovo gruppo dirigente della SNIA si trovò a gestire una società che versava in grave crisi, in quanto dotata di una capacità produttiva in eccesso, con molti impianti invecchiati e non ancora ammortizzati e consistenti partecipazioni in aziende poco remunerative, quando non totalmente da risanare. Dopo accurate stime contabili compiute da esperti su incarico di Borletti e del M., d’accordo con gli azionisti della Courtaulds e della Glanzstoff, risultò un saldo negativo superiore a 666 milioni di lire, da coprire mediante la svalutazione del capitale sociale da 1 miliardo di lire a poco più di 333 milioni; questo ridimensionamento consentì di azzerare i problemi derivanti dalla approssimativa gestione contabile degli anni Venti. Artefice della riorganizzazione industriale della società fu il M. che, a partire dal 1931, ricoprì la carica di direttore generale da solo e accentrò in sé tutti i poteri decisionali diventando il protagonista indiscusso delle successive vicende della SNIA (Orsi, pp. 33 s.).
Come secondo passo, il nuovo management decise di attuare una drastica politica di contrazione dei costi.
Il personale fu ridotto del 30% e il lavoro ridistribuito secondo criteri più razionali, il costo medio delle materie prime fu abbassato, ricorrendo a un controllo più oculato dei consumi e a un’attenta selezione dei fornitori. Grazie al contenimento dei costi la società riuscì a diminuire il prezzo di vendita del 25%. Infine, venne stabilito di operare una totale riorganizzazione, non solo della SNIA, ma anche di molte altre società del gruppo. I dirigenti, tra cui il M., deliberarono di chiudere gli stabilimenti produttivi della SNIA che registravano i livelli qualitativi peggiori e numerose agenzie commerciali estere. Inoltre, alcune partecipazioni azionarie, considerate non strategiche, furono cedute, mentre altre società controllate mutarono oggetto sociale e furono risistemate dal punto di vista amministrativo.
Il gruppo SNIA, ridimensionato e razionalizzato, seppe, così, risollevarsi dalla crisi. Negli anni successivi, la società registrò aumenti nella produzione e nella fatturazione, riuscendo a conseguire buoni risultati di bilancio, grazie a uno scrupoloso controllo dei costi. Nei primi anni Trenta, poi, l’azienda intraprese la produzione di fibre artificiali corte che, filate opportunamente, erano in grado di presentarsi sul mercato come succedanee della lana, del cotone e del lino; il massiccio investimento in questa direzione fu il risultato di una rischiosissima scommessa personale del Marinotti.
Le nuove fibre erano ottenute sfruttando la tecnologia adottata per le fibre artificiali continue e, al contempo, permettevano di saturare la capacità produttiva del settore chimico degli stabilimenti societari. Nel 1931-32 il M. fece installare un primo gruppo di filatoi, ancora del tutto identici al prototipo, a Cesano Maderno e a Torino Stura, avviando su scala industriale una produzione che non aveva ancora alcun mercato di sbocco; fortunatamente le prime partite del ribattezzato SNIA-fiocco furono esaurite dalla clientela tedesca, allora coinvolta in una sperimentazione similare condotta da un’azienda locale, la IG Farben: alla loro fibra, il Vistra, venne però preferito il prodotto italiano. Alla fine del 1934, la SNIA ricopriva la quota del 60% della produzione mondiale di fibre artificiali corte. Su questa base il M. riuscì a far passare, contro la posizione della VGF e le perplessità della Courtaulds, un progetto di riconversione del 40% della capacità chimica inutilizzata alla produzione di fiocco viscosa.
Nel 1935, la SNIA si affermò come la maggior produttrice ed esportatrice mondiale di fibre tessili artificiali, sia corte sia continue, e nel biennio 1937-38 il gruppo, forte di questa spettacolare rinascita, tornò a insediarsi ai vertici dell’industria mondiale delle fibre chimiche, ma con una nuova immagine di impresa dinamica e innovativa: l’importanza del fiocco viscosa, infatti, stava crescendo a livello esponenziale, e non solo nei paesi a economia autarchica (Limido, pp. 28 s.).
Il M., dal 1934 consigliere delegato, era oramai il vero e proprio factotum della società; dotato di grande intuito, predisposizione per l’innovazione e concretezza, negli anni successivi non si lasciò sfuggire occasioni di guadagno nei business più diversi, investendo molto nella ricerca e nello sviluppo di nuovi prodotti e processi produttivi.
Durante il periodo dell’autarchia, la SNIA riuscì a perfezionare il procedimento inventato da A. Ferretti per la fabbricazione della lana sintetica, presentando sul mercato il lanital, fibra artificiale di natura proteica che sfruttava, come materia prima, la caseina presente nel latte. Inoltre, allo scopo di limitare le importazioni di cellulosa dall’estero, la società allestì, a Torre di Zuino, nel Friuli, una vasta piantagione di canna gentile (più propriamente Arundo Dunax); il complesso agricolo-industriale friulano, che prese il nome di Torviscosa, venne inaugurato da B. Mussolini nel settembre 1938 e dette lavoro a più di 6000 operai.
Nel 1939, il M. sostituì Borletti come presidente della società. Fu fascista convinto e della prima ora.
Iscritto al fascio di Vittorio Veneto dal 28 ott. 1922, tra il 1935 e il 1938 era stato vicepodestà di Milano, nel 1938 preside della Provincia di Milano, dal 1939 consigliere nazionale e, nel 1940, primo podestà di Torviscosa. Decisamente contrario all’ingresso dell’Italia in guerra a fianco dell’alleato tedesco, prese posizione comunicandolo a Mussolini con una lettera nel 1940.
Dopo il 25 luglio 1943, il M. inviò un telegramma di felicitazioni al nuovo capo del governo maresciallo P. Badoglio. Nel periodo a ridosso dell’8 settembre e durante l’occupazione tedesca, fu nominato responsabile per l’Italia della produzione di fibre tessili artificiali e si impegnò con le autorità germaniche a mantenere gli impianti della SNIA in piena efficienza e a fornire prodotti tessili secondo quote prestabilite. Arrestato il 3 marzo 1944 da uomini della Repubblica sociale italiana (RSI) fu trattenuto in carcere 21 giorni; nel settembre 1944, lasciò l’Italia per raggiungere il figlio Paolo in Svizzera.
Nel periodo trascorso in Svizzera, il M. ebbe contatti con esponenti della RSI, con i Tedeschi, ma anche con gruppi partigiani, rientrando in Italia in diverse occasioni: in particolare, negli ultimi mesi di guerra attraversò la frontiera per incontrare il capo della polizia (SIPO) e dei servizi di sicurezza (SD) tedeschi in Italia, il generale W. Harster, che gli propose di fungere da intermediario con gli Alleati, per definire un’eventuale resa delle truppe tedesche; il M. accettò l’incarico e successivamente prese contatti con il console generale inglese in Svizzera, ma la proposta tedesca fu respinta.
Durante l’assenza del M. dall’Italia, Ferretti, l’inventore del brevetto per il lanital, assunse la carica di amministratore delegato e presidente della SNIA, entrando anche a far parte del comitato direttivo. Rientrato in Italia tra il 1945 e il 1946, il M. fu arrestato, subì il processo di epurazione e fu condannato alla sospensione per sei anni dalla funzione di amministratore delegato. Riabilitato grazie all’intervento del ministro dell’Industria e Commercio R. Morandi, ai primi del 1947 fu nominato consulente generale della SNIA e il 21 maggio dello stesso anno rientrò a pieno titolo, come direttore generale, consigliere di amministrazione e presidente. Negli anni a seguire, guidò il gruppo SNIA verso altri importanti traguardi: la società continuò a produrre fibre artificiali, ma intraprese anche altre attività, sia nella produzione di fibre sintetiche (lilion e velicren), sia nell’industria meccanica con l’assunzione del controllo della Nuovo Pignone, ma anche nei settori cotoniero, idroelettrico e termoelettrico, estendendo il raggio di azione ad altri paesi, tra gli altri in Spagna, Argentina, Brasile, Messico e Sud Africa.
Cavaliere del lavoro dal 1937, nel 1954 l’Università di Milano gli conferì la laurea honoris causa in scienze agrarie, nel 1964 venne eletto presidente della Camera di commercio italo-sovietica; il 24 maggio 1946, Umberto II gli aveva concesso il titolo di conte di Torviscosa. Il M. fu anche un esperto d’arte e pittore egli stesso.
Il M. morì a Milano il 20 nov. 1966.
Fonti e Bibl.: Notizie biografiche sul M. e sulle sue molteplici esperienze lavorative sono nell’autobiografia scritta nel corso del 1933 (conservata a Roma, presso l’Arch. centr. dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato, b. 102, f. X/R: Gualino Riccardo e SNIA-Viscosa), pubblicata in L. Villari, Il capitalismo italiano del Novecento, Bari 1975, I, pp. 347-370 e in Viaggio nella memoria. Storia delle origini industriali di Torviscosa e del suo fondatore F. M., a cura di E. Baldassi, Udine 1998, pp. 8-24. In occasione della morte gli fu dedicato un fascicolo da Il Nostro Lavoro. Periodico dei lavoratori SNIA Viscosa, dicembre 1966. Tra gli altri necrologi, L’Unità, 21 nov. 1966; Il Piccolo, 21 nov. 1966; Il Messaggero, 21 nov. 1966; Il Sole 24 ore, 22 nov. 1966.
Sulla vita del M. si veda anche: Memoriale sull’attività di F. M., Milano 1945; S. Setta, Profughi di lusso. Industriali e manager di Stato dal fascismo all’epurazione mancata, Milano 1993, pp. 25-36, 94-96, 99 s.; R. Broggini, Terra d’asilo. I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945, Bologna 1993, pp. 117, 209.
L’attività manageriale del M. all’interno della SNIA Viscosa può essere ricostruita consultando i verbali delle assemblee generali degli azionisti, del consiglio di amministrazione e del comitato direttivo (1930-66) conservati presso l’archivio della società SNIA a Cesano Maderno. Sempre a proposito del ruolo del M. nella SNIA si veda: L.G. Fauquet, Histoire de la rayonne et des textiles synthétiques, Paris 1960, pp. 152, 173 s.; D.C. Coleman, Courtaulds. An economic and social history, II, Rayon, Oxford 1969, pp. 366, 378; Mezzo secolo di SNIA Viscosa, Milano 1970, p. 27; M.C. Cristofoli - M. Pozzobon, I tessili milanesi. Le fabbriche, gli industriali, i lavoratori, il sindacato dall’Ottocento agli anni Trenta, Milano 1981, pp. 70, 84; M. Orsi, L’evoluzione della SNIA Viscosa tra gli anni Venti e Trenta, in Imprese e storia, gennaio-giugno 1999, n. 19, pp. 31-36, 38 s., 41, 44 s.; F. Limido, La SNIA Viscosa di M. e la rinascita tecnologica degli anni Trenta, ibid., gennaio-giugno 2002, n. 25, pp. 3, 17, 22-28, 44; Torviscosa - Malisana. La storia, a cura di E. Baldassi, Bagnaria Arsa 2002, pp. 50 s., 53, 57, 62, 73-77, 82 s., 85-87, 103, 149; M. Spadoni, Il gruppo SNIA dal 1917 al 1951, Torino 2003, pp. 64 n. 15, 67, 89 n. 19, 99, 101-105, 107, 119 s., 122 nn. 6 e 9, 128-130, 132-137, 140, 141 n. 3, 143 s., 148, 151, 152 n. 8, 157, 159.
A proposito dei rapporti intercorsi tra il M. e Senatore Borletti cfr. L. Nuti - R. Martinelli, Le città di strapaese. La politica di «fondazione» nel Ventennio, Milano 1981, pp. 81-83. Altre informazioni sono state tratte dalle testimonianze orali fornite, nel corso del 2003, da E. Baldassi, ex responsabile del magazzino prodotti SNIA Viscosa a Torviscosa, da A. Belloni, ex vicepresidente della SNIA Viscosa, e da M. Paleari, figlio di Clotilde Borletti, sorella di Senatore, che ricoprì l’incarico di direttore generale commerciale della SNIA Viscosa.