TARUGI, Francesco Maria
– Nacque a Montepulciano il 27 agosto 1525 da Tarugio e da Giulia Pucci. Proveniva da una famiglia appartenente alla nobiltà locale che vantava importanti legami di parentela con alti prelati, tra i quali i futuri pontefici Giulio III Del Monte e Marcello II Cervini.
Avviato allo studio delle lettere e del diritto, era particolarmente ferrato nell’arte oratoria. I legami del padre con gli ambienti curiali – giurista, era stato a lungo impegnato in ruoli politici e amministrativi per conto della S. Sede e aveva ottenuto la nomina a senatore di Roma – favorirono il suo trasferimento nell’Urbe.
Eletto papa Giulio III, divenne suo cameriere e alloggiò nel palazzo apostolico, beneficiando dei privilegi della corte romana. Dopo la morte del pontefice, come segretario del cardinale Roberto De Nobili partecipò al conclave di Marcello Cervini e poté assistere al trionfo del suo conterraneo e parente. Entrò successivamente nella famiglia del cardinale Ranuccio Farnese, dove sarebbe rimasto fino al 1565.
Nel 1555, durante il giubileo organizzato da Paolo IV, ancora attratto dalla vita mondana e per questo «sviatissimo» (Il primo processo..., 1957-1963, III, p. 53), incontrò per la prima volta Filippo Neri che lo volle tra i suoi penitenti e lo introdusse alle pratiche dell’orazione mentale, del sermoneggiare e degli esercizi spirituali, che prevedevano privazioni e rigori corporali. A lungo in dubbio se abbracciare la vita consacrata, tra il 1565 e il 1566 si decise tuttavia a entrare in via definitiva nel piccolo gruppo di seguaci che si riuniva presso la chiesa di S. Giovanni de’ Fiorentini. Di questa comunità faceva parte anche Cesare Baronio, con il quale ebbe un ruolo fondamentale nella creazione e nello sviluppo della Congregazione dell’Oratorio. In questo periodo, approfondì lo studio delle Scritture, della scolastica e della teologia morale. Allo stesso tempo si dedicava alle opere di pietà, visitando ospedali, chiedendo personalmente le elemosine per i bisognosi, consolando i malati e gli infermi.
La sua importanza nella comunità si andava via via affermando. Sul finire degli anni Sessanta si oppose, non ascoltato, all’ingresso di alcuni penitenti marchigiani, mentre alcuni anni più tardi, nel periodo in cui si ventilava lo spostamento del gruppo a Milano, si occupò per conto di Filippo Neri di organizzare uno scambio di religiosi con Carlo Borromeo, con il quale mantenne una costante corrispondenza epistolare e al quale presentò suo nipote Bernardino Tarugi, che divenne vicario e visitatore apostolico dell’arcivescovo.
Fino a questo momento aveva agito nella comunità come fratello laico. Si risolse a prendere gli ordini sacri presumibilmente negli anni a cavallo tra il novembre del 1567, quando gli fu rilasciata dal vescovo di Montepulciano una lettera dimissoria per l’ordinazione, e il 1571. Nelle nuove vesti non smise di dedicarsi agli incarichi curiali. Entrò infatti tra i consiglieri di Michele Bonelli – nipote di Pio V Ghislieri – che tra il maggio del 1571 e il marzo dell’anno successivo accompagnò, per espresso ordine del papa, nelle missioni diplomatiche in Spagna, Portogallo e Francia, che dovevano favorire la creazione di una lega contro il Turco e risolvere la vexata quaestio degli ugonotti francesi. Da questo momento si prodigò per la trasformazione del nucleo dei seguaci di Filippo Neri in una nuova famiglia religiosa tanto da essere considerato «il vero creatore della congregazione» (Cistellini, 1989, III, p. 1881). Nel 1574 il datario Matteo Contarelli gli concesse tre uffici vacabili legati all’Oratorio, mentre nel 1575 Gregorio XIII, dopo aver istituito la Congregazione, gli diede l’opportunità di fissare con Baronio e Giovanni Antonio Lucci la residenza nella chiesa romana di S. Maria in Vallicella, dove nel 1577 si trasferirono tutti gli altri padri. Nel maggio del 1578, a significare il ruolo di primo piano che ebbe nello sviluppo dell’opera di Filippo Neri, fu incaricato, insieme con Giovanni Francesco Bordini, Biagio Messia, Antonio Talpa e Alfonso Visconti, di emanare le direttive per il bene comune. Con questo compito i cinque elessero il fondatore come primo preposito, mentre la congregazione generale, due anni più tardi, incaricò Tarugi di reggere la casa di Roma. Il passo successivo riguardava l’emanazione delle costituzioni che nel 1583 furono stese da Bordini su una bozza di Talpa, salvo poi essere ritoccate più volte fino alla definitiva approvazione del 1612.
Nonostante il desiderio di Filippo Neri di mantenere la Congregazione a Roma, che considerava le sue Indie, intorno a lui vi era chi auspicava una partecipazione più diretta e capillare alla riforma della Chiesa, attraverso la cura delle anime e la fondazione di nuove case. Tarugi era tra questi: oltre a esortare Baronio a dare una forma scritta allo studio della storia della Chiesa che gli aveva assegnato Filippo Neri come tema di predicazione, egli si impegnò personalmente nella creazione di un Oratorio lontano dall’Urbe. Era, questa, una ipotesi già ventilata negli anni Settanta, ma che dal 1584 si realizzò a Napoli, dove Tarugi fondò e governò, con il contributo di Talpa, Giovenale Ancina e Francesco Bozio, la seconda casa degli oratoriani, per ripristinare «quella vita che si faceva ne la Chiesa primitiva» (Firenze, Archivio della Congregazione dell’Oratorio, Carte Mancini, senza collocazione, lettera di Tarugi a Orazio Mancini, Napoli, 22 giugno 1590). Vi restò per otto anni, fino al 1592, quando rientrò a Roma una volta sfumata la sua nomina come arcivescovo alla cattedra partenopea a causa dell’opposizione degli spagnoli che lo ritenevano, come Baronio, vicino alla Francia e contrario alle loro politiche nel Regno.
Durante il concistoro del 9 dicembre 1592 fu preconizzato alla sede di Avignone e, dopo essere stato consacrato il 22 dicembre alla Vallicella per mano del cardinale Alessandro de’ Medici, prese possesso della diocesi, che governò secondo i dettami del Concilio tridentino, come si evince dal tenore delle Constitutiones et decreta provincialis concilii Avenionensis del 1594. Fu aiutato nel suo compito da alcuni oblati di Milano, tra i quali Giovanni Paolo Clerici, che era stato cerimoniere di Borromeo. Due anni più tardi, il 5 giugno 1596, per favorire i progetti di riforma della Curia papale e bilanciare gli schieramenti politici del Sacro Collegio, Clemente VIII lo nominò cardinale presbitero con il titolo di S. Bartolomeo all’Isola e lo spostò alla cattedra vescovile di Siena.
Anche qui, come ad Avignone, Tarugi si dedicò alla cura delle anime e all’organizzazione di un sinodo provinciale, i cui risultati furono fermati nelle Constitutiones et decreta condita in provinciali Synodo Senensi (1601). Impostò la formazione del clero parrocchiale sulla disciplina e sul rispetto della sacralità e si occupò di avvicinare i fedeli alla Chiesa, incentivandone la spiritualità, favorendo la creazione di ospedali per i malati e l’istituzione delle compagnie del Ss. Sacramento. Inoltre, accettò la proposta della Balìa di essere deputato sopra le paci, per porre un limite alle rivalità e alle lotte tra fazioni. Le nomine e gli incarichi arcivescovili non lo sottrassero alla sua opera di divulgazione del costume e della spiritualità filippina, come si evince dalla corrispondenza con Federico Borromeo, databile tra il 1589 e il 1607, incentrata sugli insegnamenti del fondatore degli oratoriani.
Dopo la morte di Filippo Neri, durante i conflitti sulla natura della Congregazione che vide schierati da una parte i padri romani, che intendevano mantenere la struttura delle origini, senza voto di povertà e proprietà in comune, e dall’altra i padri napoletani, che vagheggiavano una vera e propria clericalizzazione, svolse con Baronio una delicata mediazione tra i due schieramenti, che portò, dopo la breve divisione del 1602, a una temporanea ricomposizione, prima della definitiva separazione del 1612.
Nelle vesti di cardinale fu chiamato nel 1597 al difficile compito di riportare la pace tra i Farnese e i Gonzaga, cui si dedicò con l’ausilio dei parenti Sallustio e Bernardino. Partecipò ai due conclavi del 1605 provando senza successo a far convergere i voti su Baronio, sul quale pesava il veto senza riserve degli spagnoli, che gli imputavano il ruolo di primo piano nella riconciliazione tra la Francia e la S. Sede insieme con il contenuto dell’undicesimo volume degli Annales ecclesiastici, dove era criticata la legittimità del loro dominio sulla Sicilia.
Gravemente malato, rinunciò alla porpora – aveva in animo di farlo da almeno dieci anni – e all’episcopato di Siena e si ritirò nella casa romana dei filippini, dove morì l’11 giugno 1608.
Nel testamento scrisse che voleva essere sepolto «sine aliqua pompa» (Roma, Archivio della Congregazione dell’Oratorio, A.V.15, c. 82) e designò come erede universale il nipote Tarugio Tarugi, anch’esso oratoriano, destinando solo una piccola parte delle sue sostanze alla Congregazione. Le sue spoglie sono collocate sotto l’altare maggiore della chiesa della Vallicella, accanto a quelle di Baronio.
Opere. Constitutiones et decreta provincialis concilii Avenionensis quod Franciscus Maria Taurusius archiepiscopus Avenionensis habuit anno salutis MDXCIV, Romae, ex typographia Aloysii Zannetti, 1597; Constitutiones et decreta condita in provinciali Synodo Senensi prima quam Franciscus Maria Taurusius tit. S. Bartholomaei in Insula presbyter cardinalis, illiusque ecclesiae archiepiscopus habuit, anno MDLXXXXIX, Romae 1601; La visita delle parrocchie di Siena del 1598, a cura di M. Marchetti - P. Sangiovanni, Siena 2004.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 5216 e 5250: G.B. Venturini, Del viaggio del Cardinale Alessandrino; Napoli, Archivio dei padri girolamini, f. 105, n. 1: G.F. Bordini, Compendium constitutionum Congregationis oratorii; Archivio della Congregazione dell’Oratorio, XXXI, cc. 629-631: lettera di Tarugi a Bordini, Napoli 13 novembre 1588; CLXVI.2, cc. 8-9: lettera di Bordini a Tarugi, Roma 18 ottobre 1586; Roma, Archivio della Congregazione dell’Oratorio, A.V.15, cc. 82-87: testamento di Tarugi; B.III.1, 2, 3, ad ind.: corrispondenza di Tarugi tra il 1580 e il 1592; B.III.5, c. 622: lettera di Tarugi alla Congregazione, Nepi 23 ottobre1596; Biblioteca Vallicelliana, ms. O.58: P. Aringhi, Vite e detti dei padri e fratelli della congregatione dell’oratorio, I, cc. 81-89 (ora in Id., Le vite, e detti de padri, e fratelli della congregatione dell’Oratorio, a cura di M.T. Bonadonna Russo - R. De Caprio, Roma 2018, pp. 253-307).
G. Marciano, Memorie historiche della congregatione dell’Oratorio, nelle quali si dà ragguaglio della fondatione di ciascheduna delle Congregationi fin’hora erette, e de’ soggetti più cospicui che in esse hanno fiorito, I, Napoli 1693, pp. 217-280; A. Rossi, F.M. T. cardinale d’Avignone e la sua opera di pace nei ducati parmense e mantovano, Parma 1942; A. Castellini, Il cardinale F.M. T., arcivescovo di Siena, in Bullettino senese di storia patria, L (1943), pp. 88-109; Il primo processo per san Filippo Neri nel codice vaticano latino 3798 e in altri esemplari dell’Archivio dell’Oratorio di Roma, edito da Giovanni Incisa della Rocchetta e Nello Vian, con Carlo Gasbarri, I-IV, Città del Vaticano 1957-1963, ad ind.; M. Borrelli, Due rari e sconosciuti opuscoli a stampa del T. presso l’Oratoriana di Napoli, in L’Oratorio di san Filippo Neri, XXI (1964), pp. 1-4; C. Marcora, La corrispondenza del cardinal F.M. T. col cardinal Federico Borromeo, in Memorie storiche della Diocesi di Milano, XI (1964), pp. 123-175; Id., Corrispondenza tra s. Carlo e F.M. T., ibid., XIV (1967), pp. 231-283; A. Cistellini, La redazione finale e le prime edizioni a stampa delle costituzioni oratoriane, in Oratorium, II (1971), pp. 65-88; Id., Nascita della Congregazione oratoriana, ibid., VI (1975), pp. 3-28; Id., Appunti per la vita del cardinale F.M. T., in Memorie oratoriane, VI (1977), pp. 6-12; Id., San Filippo Neri. L’oratorio e la congregazione oratoriana, I-III, Brescia 1989, ad ind.; M. Gotor, I beati del Papa. Santità, inquisizione e obbedienza in età moderna, Firenze 2002, pp. 226-230; M.T. Fattori, Clemente VIII e il Sacro Collegio (1592-1605). Meccanismi istituzionali ed accentramento di governo, Stuttgart 2004, p. 94; V. Pascucci, Due originali interpreti del rinnovamento post-tridentino: G. Leonardi e F.M. T., in Annales Oratorii, VII (2008), pp. 71-84; S. Zen, Oratori devoti, combattenti spirituali, soldati di Cristo. Percorsi della perfezione cristiana in Italia nella prima età moderna, Napoli 2012, pp. 15-45 (in partic. pp. 15, 20, 23, 33-35, 38 s.); R.S. Noyes, Peter Paul Rubens and the counter-reformation crisis of the Beati moderni, London-New York 2017, ad indicem.