PRATILLI, Francesco Maria
PRATILLI, Francesco Maria. – Nacque a Capua il 10 ottobre 1689, ultimo figlio di Francesco Antonio e di Beatrice Imbriani, entrambi patrizi capuani. Il padre morì due mesi prima della sua nascita.
A otto anni, insieme con i due fratelli maggiori, fu mandato a Napoli a studiare presso i gesuiti. Intraprese quindi lo studio del diritto, ma dopo due anni lo abbandonò per conseguire la laurea in teologia presso il collegio Massimo dei gesuiti.
Ordinato sacerdote e tornato in patria, si mise ben presto in luce per le sue prediche e le sue orazioni panegiriche. Gli venne conferito da Nicola Caracciolo, arcivescovo di Capua dal 1703 e cardinale dal 1715, un canonicato nella chiesa metropolitana e la nomina a segretario del capitolo capuano. Divenne poi esaminatore sinodale e membro della congregazione per le Apostoliche missioni. Per le sue doti diplomatiche ebbe incarichi presso i viceré e i nunzi apostolici a Napoli, il cardinale Vincenzo Maria Orsini in Benevento e, quando quest’ultimo nel 1724 fu eletto papa con il nome di Benedetto XIII, a Roma.
Fu in contatto epistolare con numerosi studiosi italiani, da monsignor Giusto Fontanini al padre Filippo Bonanni, dall’abate Domenico Giorgi a Matteo Egizio, archeologo e antichista, con cui aveva iniziato lo studio delle antichità romane.
Nel 1725, in occasione del giubileo e per impegni relativi alla sua carica capitolare, si recò a Roma, dove conobbe personalmente monsignor Giorgi, bibliotecario del cardinale Giuseppe Renato Imperiali. I due eruditi si trovarono su versanti opposti circa la tesi della primogenitura della Chiesa metropolitana di Capua rispetto a quella di Benevento, tesi che Giorgi, dopo un’iniziale condivisione, aveva ritrattato, su invito del papa Benedetto XIII, nella dissertazione De origine metropolis Ecclesiae Beneventanae (Roma 1725). Per non irritare il papa, dal quale aveva ottenuto il privilegio dell’uso dei pontificali per il Capitolo capuano, Pratilli non confutò le posizioni di Giorgi e si limitò a inviare a quest’ultimo, e ad altri letterati, alcune sue riflessioni sull’argomento, lasciando sospesa la questione.
Durante il soggiorno romano, il cardinale Pietro Marcellino Corradini lo invitò a occuparsi della descrizione del corso completo della via Appia. Come testimonia la corrispondenza con Egizio, al quale Pratilli ricorse costantemente per la revisione del testo, l’opera ebbe una lunga e complessa gestazione. La morte del fratello maggiore, Giuseppe, che lo lasciò tutore di otto figli – l’altro fratello era entrato nella Compagnia di Gesù – lo distolse per un anno dal suo impegno. Un nuovo canonicato, più remunerativo del precedente, gli fu conferito dal cardinale Caracciolo, ma la morte di quest’ultimo, nel 1728, segnò una nuova battuta d’arresto per i suoi studi. Terminato il primo libro dell’opera, lo inviò al cardinale Corradini, che si impegnò a curarne l’edizione.
Per le contese insorte nel Capitolo capuano, Pratilli decise di rinunziare al canonicato e di trasferirsi nel 1738 a Napoli, dove si dedicò completamente allo studio della storia e dell’archeologia.
La sua figura si inserisce nel contesto più ampio degli antichisti napoletani che, in specie dopo le scoperte di Ercolano e Pompei, si dedicarono con passione agli studi antiquari, anche in nome della difesa della propria identità culturale. Fece parte dell’Accademia di scienze ecclesiastiche, istituita a Napoli nel 1741, e dell’Accademia «di varia letteratura» che si riuniva nella biblioteca del principe di Tarsia, Ferdinando Vincenzo Spinelli.
Alcune sue dissertazioni furono inviate al padre Angelo Calogerà, che le pubblicò nella Raccolta d’opuscoli scientifici, e filologici uscita a Venezia in 51 volumi tra il 1728 e il 1757. L’ultimo volume della cospicua silloge fu dedicato proprio a Pratilli. Nel 1745 vide finalmente la luce l’opera Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi in quattro libri. Già terminata nel 1736, prima per motivi economici, poi per la morte del cardinale Corradini nel 1743, essa non fu stampata a Roma ma a Napoli, a spese dell’autore, per i tipi di Giovanni De Simone. Recensita sulle Novelle letterarie pubblicate a Firenze nel 1747 (tomo VIII, pp. 472-477), l’opera ebbe una buona diffusione in tutta Italia, ma non mancarono le polemiche che accompagnarono sempre l’attività di Pratilli fino a culminare nell’Ottocento nell’accusa di falsificatore di fonti.
Spinto anche da Egizio, Pratilli ripubblicò la Historia principum Longobardorum del famoso letterato capuano Camillo Pellegrino, una raccolta di fonti medioevali relative all’Italia meridionale uscita a Napoli in tre volumi fra il 1643 e il 1644 e divenuta rarissima. Pratilli pubblicò l’opera in cinque volumi tra il 1749 e il 1754, premettendo all’edizione la Vita di Pellegrino e corredandola di note, dissertazioni e cronache presentate come fonti inedite fra cui il Chronicon sacri Monasterii S. Trinitatis Cavensis per Petrum de Salerno, noto come Chronicon Cavense, pubblicato nel quarto tomo, e il Chronicon ducum Neapolitanorum del monaco Ubaldo nel terzo. Il lavoro gli procurò consensi non esenti da critiche, ma gli valse nei secoli seguenti l’accusa di falsario e manipolatore delle fonti storiche.
Nel 1755 Pratilli fu, insieme con il famoso erudito capuano Alessio Simmaco Mazzocchi, tra i «quindici idonei soggetti», scelti come soci dell’Accademia Ercolanese, fondata con reale rescritto del 13 dicembre e finalizzata all’illustrazione delle antichità ercolanesi e pompeiane. Pratilli ebbe l’incarico degli studi nel ramo dell’archeologia. Riprendendo la polemica sulla primogenitura della Chiesa metropolitana di Capua rispetto a quella di Benevento, pubblicò a Napoli nel 1758 l’opera dal titolo Della origine della metropolia ecclesiastica della Chiesa di Capua.
Morì a Napoli il 30 novembre 1763 e venne sepolto nella sede dell’Arciconfraternita dei Pellegrini, di cui era confratello. Per tutta la vita aveva sofferto di disturbi nefritici, emicranie, dolori al petto, ipocondria.
Una commemorazione di Pratilli apparve un anno dopo sulla Minerva ossia Nuovo Giornale dei letterati d’Italia (1764, p. 269).
Nonostante le molteplici dispute letterarie, Pratilli fu generalmente stimato dai contemporanei per la sua conoscenza delle antichità romane e medioevali, ma il giudizio non fu esente da ombre. All’Ottocento appartengono i suoi principali detrattori, a partire da Georg Heinrich Pertz e Rudolph Köpke, che esaminarono il Chronicon Cavense e lo inserirono nel novero delle opere contraffatte (G.H. Pertz - R. Köpke, Über das Chronicon Cavense und andere von Pratillo herausgegebene Quellenschriften, in Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde, IX (1847), pp. 1-239). A sua volta, Bartolommeo Capasso analizzò minutamente la Cronaca di Ubaldo, dimostrandone la falsità (La Cronaca napoletana di Ubaldo edita dal Pratilli nel 1751, ora stampata nuovamente e dimostrata una impostura del secolo scorso da Bartolommeo Capasso, Napoli 1855). In campo epigrafico Theodor Mommsen lo ritenne un falsificatore (Corpus inscriptionum latinarum, X, 1, Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Berolini 1883, pp. 373 s.).
Come ha sottolineato Nicola Cilento (1971, pp. 45-51), l’amore per la patria e un grande desiderio di fama, attutendo il senso dell’onore e dell’onestà scientifica, avrebbero indotto Pratilli ad avvalersi della propria conoscenza della storia medioevale dell’Italia meridionale e delle fonti autentiche per elaborarne di false, allo scopo di avvalorare quelle già esistenti, se scarse, o di recuperare il senso della continuità storica, nel caso di significative lacune.
Opere. Oltre a quelle citate: Relazione della concessione de’ pontificali fatta da Benedetto XIII al Capitolo di Capua, Napoli 1725; Orazione per la imposizione delle mitre ai canonici della metropolitana di Capua, Napoli 1726; Di una nuova moneta del tiranno Giovanni. Lettera […] al signor Giannantonio Sergio, Napoli 1747; Di una moneta singolare del tiranno Giovanni, Napoli 1748; Lettera di un monaco cassinese al signor D. Erasmo Gesualdo di Gaeta […], Napoli 1753; De’ consolari della provincia della Campania, Napoli 1757.
Fonti e Bibl.: Documenti della famiglia Pratilli sono conservati a Firenze, Archivio privato Cascio-Pratilli; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 9281, n. LXXXI; Roma, Biblioteca nazionale, Autografi, A.19/53 (lettere di Pratilli a Pietro Lazzari, 1758-61); Napoli, Biblioteca nazionale, Mss., XIII.C.92 (16 lettere di Pratilli a M. Egizio, 1724-40); XV.D.18: F.M. P., Discorsi intorno alla città di Capua (con una lettera datata Roma 6 maggio 1757 del cardinale Domenico Passionei a Pratilli); X.B.99: Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi, Napoli 1745 (con note manoscritte dell’abate Giambattista Dello Jacono); G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli…, II, Napoli 1754, pp. 157 s.; F.A. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, II, Napoli 1782, pp. 502-506; G.B. G. Grossi, F.M. P., in Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli ornati de loro rispettivi ritratti, IX, Napoli 1822, pp. 277-280; G. Castaldi, Della regale accademia ercolanese dalla sua fondazione sinora con un cenno biografico de’ suoi soci ordinari, Napoli 1840, pp. 200-205; G. Di Cristofaro, Memorie di F.M. P. scritte […] nell’anno 1752 (Cod. Vat. 9281, LXXXI), in Archivio storico campano, 1893-94, vol. 2, pp. 696-720; N. Cilento, Il falsario della storia dei Longobardi meridionali: F.M. P. (1689-1763), in Italia meridionale longobarda, Napoli 1971, pp. 36-51.