MARINI, Francesco Maria
– Nacque a Pesaro nei primi anni del sec. XVII. Fin dal Settecento, storici ed eruditi pesaresi lo annoverano tra gli uomini illustri parlando di lui come di un «Musico ecc[ellen]te […] m[aest]ro di capella di Pesaro» che avrebbe «stampato diverse opere musicali» (Salvadori). Lo stesso M., inoltre, si dichiara pesarese nel frontespizio dell’unica sua opera a noi pervenuta: Concerti spirituali di Francesco Maria Marini da Pesaro maestro di cappella della Republica di S. Marino concertati a 2.3.4.5.6.7. voci & con instrumenti. Nuovamente stampati. Libro primo (Venezia 1637).
Secondo Fétis, il M. sarebbe stato monaco camaldolese, ma la notizia non è documentata; non si sa neanche se abbia abbracciato la condizione ecclesiastica. Unica tappa certa della sua carriera musicale, altrimenti oscura, è quella sammarinese, cui si ricollega la sopra citata opera a stampa.
Nel dedicare ai capitani e ai consiglieri della Repubblica di San Marino le sue composizioni, il M. scrive: «Le gradiscano dunque con fronte lieta e se non trovono in esse quel armonioso concerto ch’altri amira nella loro Repubblica si riccordino, che’l dolce cimbalo del loro ben regolato governo ha più di mille, e 400 anni che suona. Dove che la sampogna della mia rusticha musa non sono ancora ben compiti due lustri, che si comminciò ad’udire». Da quest’ultima metaforica frase, essendo la dedicatoria datata Venezia, 1° ag. 1637, si conclude che l’attività musicale del M. sia incominciata per lo meno dopo l’estate del 1627, forse proprio a San Marino, dove nel settembre dello stesso anno il lascito di B. Belluzzi destinava nuovi proventi al «Maestro di sonare più sorte d’instr[umenti]» (Il fondo musicale, p. XVI).
Tuttavia il nome del M. non risulta espressamente dalle fonti sammarinesi finora note, né si sa fino a quando egli sia rimasto nella Repubblica del Titano. Infatti, già il 26 luglio 1637, aveva partecipato al concorso per il posto di maestro di cappella nel duomo di Urbino, ma senza successo. Il 28 ott. 1639 fu eletto maestro nel duomo di Pesaro con lo stipendio annuo di 36 scudi; se prese effettivo servizio, fu per brevissimo tempo, perché solo due mesi dopo, il 31 dicembre dello stesso anno, si elesse un nuovo maestro, «stante l’absenza del Sig.r Francesco Maria Marini già mastro di capella» (Pesaro, Arch. diocesano, Libro A. Risoluzioni capitolari, c. 152r). Forse la successiva carriera del M. si svolse a Jesi, come fa pensare una lettera non datata (ma pubblicata nel 1639) che gli fu indirizzata costì dal nobile pesarese Fabrizio Ondedei (Hondedei), letterato di valore e musicista dilettante, segretario della duchessa di Urbino Livia Della Rovere, vedova di Francesco Maria II Della Rovere; con essa l’amico gli mandava «uno scherzetto uscito novamente dalla mia penna appunto per ischerzo» e «anche un madrigaletto» da mettere in musica «colla solita vostra leggiadria» (cfr. Lettere del sig. Fabrizio Hondedei da Pesaro…, scritte a proprio nome, Bologna 1639, p. 140). Benché il M. non risulti tra i maestri di cappella della cattedrale di Jesi, potrebbe comunque avere svolto la sua attività presso altre cappelle minori della città, la cui storia non è stata ancora indagata.
Località e data di morte del M. sono a tutt’oggi sconosciute.
Nei Concerti spirituali del 1637, il M. raccolse 27 mottetti da una (a dispetto del titolo dell’opera) a sette voci, costantemente accompagnati dal basso continuo; in cinque di essi si impiegano anche da due a cinque strumenti ad arco: violino I, violino II, viola contralto, viola tenore, basso di viola. Sia le voci sia gli strumenti sono variamente combinati tra loro e, intendendo le voci come parti, in tutto si hanno: 15 mottetti a due, 7 a tre, 1 a quattro, 2 a cinque, 1 a sei e 1 a sette parti. La massima densità vocale è data da cinque voci nel Beatus vir (con raddoppio del tenore), mentre gli archi sono impiegati fino a un massimo di quattro parti solo in Iesu dulcis memoria, l’unico brano in cui compare la viola tenore. Negli altri mottetti strumentati, si hanno o i soli due violini (Caro mea, Omnes gentes) o questi uniti al basso di viola (Anima mea, Crux benedicta); in ogni caso, a essi sono affidati interventi più o meno ampi che servono a intercalare le voci, anche se non vi sono veri e propri ritornelli. L’estesa introduzione degli strumenti a Iesu dulcis memoria può definirsi una «sinfonia», termine che però, nella stampa, è usato solo per indicare la parte centrale, anch’essa esclusivamente strumentale, di O Crux benedicta. Proprio l’impiego degli archi è uno fra i motivi di maggior interesse della raccolta, cui hanno rivolto attenzione i musicologi, primo fra i quali J. Roche: «The motets are in the modern concertato style […]; it is those that include obbligato instruments to which the greatest interest attaches» (The New Grove Dict.). Altri ha giustamente collegato l’uso degli archi in Iesu dulcis memoria al riferimento teologico della «Christi dulcedo» e ipotizzato l’impiego del brano nell’ufficio delle Tenebre (Baroncini); in effetti, quattro dei cinque mottetti concertati con gli archi presentano il tema cristologico e il concetto di «dulcedo». Questo mottetto, insieme con Anima mea, fu ristampato nel 1646 in una raccolta antologica curata da Ambrosius Profe (Profius), Leipzig 1646 (Répertoire international des sources musicales, B/I, Recueils imprimés XVIe-XVIIe siècles, p. 519, 1646/4).
I testi musicati, in latino, sono quelli tipici dei mottetti, variamente derivati da brani liturgici (inni, antifone, ecc.) e passi delle Sacre Scritture interpolati e contaminati. I più originali riguardano quattro mottetti dedicati al santo eponimo e protettore della Repubblica di San Marino (O Titani montis incolae, Beatus Marinus, Omnes gentes plaudite, Beatus vir qui inventus est); particolarmente interessante il primo, strutturato in forma di dialogo in stile recitativo tra un soprano e un basso, che rappresenta s. Marino, al quale sono concesse fioriture belcantistiche su parole significative e cadenze. La vocalità, specie nei mottetti a due voci, è ricca, con imitazioni contrappuntistiche e più libere diminuzioni. La raccolta offre un prontuario di brani da impiegare in alcune feste di Cristo, della Madonna e di santi particolari nei vari tempi dell’anno liturgico.
Fonti e Bibl.: Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Mss., 379: Memorie di Pesaro, vol. 2, f. XIV: Zibaldone di svariate notizie di scritti vari di mano di Salvador Salvadori, cc. 241r, 244v; 458: Schede di pesaresi illustri, vol. 3, f. XLIV, n. 131, s.v.; Ibid., Arch. diocesano, Libro A. Risoluzioni capitolari, cc. 151v-152r; G. Radiciotti, La cappella musicale del duomo di Pesaro (sec. XVII-XIX), Torino 1914, p. 17; B. Ligi, La cappella musicale del duomo di Urbino, in Note d’archivio per la storia musicale, II (1925), p. 108; J. Roche, North Italian church music in the age of Monteverdi, Oxford 1984, pp. 87 s.; C. Franchini Tassini, San Marino musicale. Tradizioni ed evoluzione, San Marino 1985, p. 56; Il fondo musicale. Biblioteca di Stato e beni librari della Repubblica di San Marino, a cura di A. Ciavatta, San Marino 2000, pp. X-XII, XIV-XIX; R. Baroncini, L’ufficio delle Tenebre: pratiche sonore della settimana santa nell’Italia settentrionale tra Cinque e Seicento, in Recercare, XVII (2005), p. 93; C. Belli Montanari, La cappella musicale del duomo di Pesaro: maestri, organisti e cantori dal Rinascimento al Barocco, in Frammenti: quaderni per la ricerca (Arch. stor. diocesano, Pesaro), IX (2005), p. 192; F.-J. Fétis, Biographie univ. des musiciens, V, p. 457; R. Eitner, Quellen Lexikon der Musiker, VI, p. 334; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Appendice, p. 518; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, p. 863.