GRIMALDI, Francesco Maria
Nacque a Bologna il 2 apr. 1618 da Paride, del ramo emiliano della nota casata ligure, e da Anna Cattani, di nobile famiglia locale. Ebbe almeno tre fratelli, Vincenzo Maria, anch'egli gesuita, Giuseppe Maria e Paris Maria. Il G. entrò nella Compagnia di Gesù il 18 marzo 1632, nel noviziato bolognese di S. Ignazio. Nella domus probationis felsinea avvenne, a quanto pare, il suo primo incontro con G.B. Riccioli, allora coadiutore del maestro dei novizi, A. Boselli. Due anni dopo, nel 1634, egli lasciò Bologna per il noviziato di Novellara, dove studiò retorica sotto la guida di M. Etlein.
Quell'istituto fu solo il primo toccato dal G., che frequentò i tre anni del corso di filosofia previsti dalla ratio studiorum in altrettante scuole. Nell'autunno del 1635 passò a Parma nel collegio di S. Rocco, dove seguì le lezioni di logica di G. Chiaramonti e incontrò nuovamente Riccioli, che vi insegnava teologia. Nel 1636 frequentò a Ferrara, avendo tra i condiscepoli anche P. Casati, l'insegnamento di physica di G.C. Scotti. In quell'anno a Ferrara non fu impartito l'insegnamento di matematica, previsto dal cursus filosofico gesuitico nella seconda annualità. Solo ipotesi si possono fare, dunque, a proposito del momento e dei modi dei primi studi matematici del G., che potrebbero risalire all'anno precedente, all'incontro in S. Rocco con il Riccioli, oppure a una sorta di corso privato, visto che nel 1636-37 fu nel collegio di Ferrara come confessore N. Cabeo. Infine nel 1637-38 il G. seguì le lezioni di metafisica, terza annualità del corso, nella scuola bolognese di S. Ignazio con G. Grossi.
Il ritorno alla città natale e, dall'estate 1638, l'assegnazione al collegio felsineo di S. Lucia, ove risiedette per il resto della sua vita, portarono il G. a ritrovare Riccioli, da un paio di anni stabilizzatosi a Bologna come lettore di teologia scolastica. La loro conoscenza si trasformò, poco a poco, in un rapporto intellettuale e in un comune sentire, sfociati in una collaborazione che ha pochi analoghi nella storia della scienza italiana. Già nel 1639 i due iniziarono le osservazioni astronomiche e gli esperimenti che fornirono il materiale della prima grande opera del Riccioli, Almagestum novum astronomiam veterem novamque complectens (Bononiae 1651), nonché di due sue altre più tarde, la Geographia et hydrographia reformata (ibid. 1661) e l'Astronomia reformata (ibid. 1665).
Tra le osservazioni attribuibili al G. (annotate dal Riccioli alla p. 754 del volume I e alla p. 672 del volume II dell'Almagestum, ricordate anche nella Geographia, pp. 111-117 e 157-169, e integrabili con altri dati distribuiti annualmente in A.G. Pingré, Annales célestes du dix-septième siècle, rist. Paris 1901, passim) sono da menzionare quelle che gli permisero di disegnare la famosa mappa lunare (Selenographia p. Francisci Mariae Grimaldi Soc. Iesu) stampata alla p. 204 del volume I dell'Almagestum, la cui nomenclatura, pur con integrazioni derivanti dal progredire degli studi, è attuale ancor oggi.
Terminato il corso filosofico, prima di intraprendere gli studi teologici il G. fu utilizzato dai superiori, dal 1638 al 1642, come lettore di humanae litterae. Frequentò, quindi, il corso teologico dal 1642 al 1646, avendo come maestri Riccioli, Grossi e C. Zamberti. Divenuto sacerdote nel 1645, dapprima (1646-47) ebbe di nuovo l'incarico di lettore di lettere umane; poi, destinato a tenere un corso di filosofia, fu esonerato per un anno da altri compiti perché si preparasse adeguatamente. È probabile che in tale scorcio effettuasse anche il cosiddetto III anno di probazione. Dal 1648-49, però, il G. lesse la matematica in S. Lucia, perché la rinuncia del Riccioli a quella cattedra fece desistere i superiori dalla primitiva intenzione nei suoi confronti. Tenne questa lettura fino alla morte, con una continuità che non ha molti esempi nei collegi gesuitici della penisola nel secolo XVII e gli assicurò un ruolo chiave nel plasmare quella che è stata indicata come scuola scientifica della provincia veneta della Compagnia.
Il 1° marzo 1651 il G. pronunciò i quattro voti. La consuetudine intellettuale che lo legava al Riccioli fece sì che, negli anni immediatamente seguenti, egli fosse toccato, sia pure marginalmente, dall'aspra tensione che insorse tra questo e il confratello M. Bettini dovuta prevalentemente, per ciò che è dato ricostruire, alla reazione del secondo alle critiche espresse nell'Almagestum novum ai contenuti astronomici delle sue opere.
La polemica tra i due, che fin dal 1651 originò interventi del vertice della Compagnia (Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Ven., 12, cc. 542r, 548r, 555r, 583r, 608r, 611v, 612v, 635r), esplose pubblicamente nel 1654 con la pubblicazione da parte del Bettini - sembra non autorizzata e certamente contro il parere di D. Bartoli, nominato censore sulla vertenza dal generale G. Nickel (il suo giudizio, del 1653, è Ibid., F. G., 668, c. 128) - di uno scritto, falsamente attribuito a un anonimo accademico bolognese, in appendice al terzo volume dei suoi Apiaria philosophiae mathematicae (Bononiae 1654), che attaccò violentemente il Riccioli. Da Roma, il Nickel ordinò al G., in quegli anni consultore provinciale e perciò in continuo rapporto epistolare con lui, di ricercare le copie dell'appendice per toglierle dal commercio, ma l'iniziativa si rivelò tardiva.
Nel 1653 vide la luce a Bologna uno scritto anonimo che, anche se spesso legato al nome del Riccioli, è probabilmente da attribuirsi al G.: le Theses astronomicae de novissimo comete annorum 1652 et 1653. Positae a patribus Soc. Iesu in collegio S. Luciae Bononiae, ex novis ac propriis observationibus eorumdem patrum in eodem collegio habitis deductae, anno 1653 die 8 Ianuarij. Certamente del G., pur se pubblicato sotto forma di tesi sostenute dai suoi studenti, è invece il De semidiametro terrae pro opportunitate locorum circa Bononiam vel indaganda ex altitudine montium et aquarum libellationibus, vel adhibenda pro inquirendo aquarum huius regionis libramento usque ad Adriaticum (Bononiae 1655), così come è attestato dal Riccioli, a p. 171 della Geographia reformata. Egli vi espose, con più dettagli e sviluppi applicativi, i risultati geodetici (molto più suoi che del Riccioli) già presentati nel primo volume dell'Almagestum (pp. 59 s.), il frutto più maturo di una tradizione avviata tra i gesuiti della provincia veneta negli anni 1607-10 da G. Biancani, con la misurazione dell'altezza del monte Baldo.
L'evento intellettualmente più importante dell'ultimo scorcio della vita del G. furono però le ricerche ottiche, alle quali il Riccioli fu sostanzialmente estraneo, confluite nella Physico-mathesis de lumine, coloribus et iride (Bononiae 1665). Certamente avviate prima del 1658 - probabilmente poco dopo il 1650 - del loro stato prima del 1661 sono importante testimonianza due lettere del G. a N. Zucchi, datate 26 febbraio e 9 apr. 1659, sulla misura del diametro solare apparente nella camera oscura (sviluppo di quanto già esposto in Almagestum novum, I, p. 118).
Le lettere sembrano avvalorare una precisa ipotesi sulla causa dell'emergere in G. dell'interesse sperimentale per l'ottica: ossia che derivasse da problemi nelle osservazioni collegati alla tecnologia di allora dei telescopi. Sembra che fosse la ricerca di una soluzione a portare il G. alla scoperta della diffrazione della luce e dei colori dello spettro visibile. Poco più di due anni dopo, nel dicembre 1661, la prima parte della Physico-mathesis de lumine era terminata, come fa fede la data della prima di due censure sull'opera conservate nell'Archivum Romanum Societatis Iesu. Questo primo esame romano e alcune modifiche introdotte in risposta alle osservazioni dei censori non furono sufficienti al G. per tacitare i rilievi. Anche una nuova versione, giunta al generale G.P. Oliva nel febbraio 1662, non passò indenne l'esame dei revisori romani, che nel marzo giudicarono l'enunciato centrale dell'opera, che nel testo a stampa diverrà la proposizione II del libro I (che afferma una struttura corpuscolare-ondulatoria della luce), contrario ad Aristotele e ammissibile, con difficoltà, solo come ipotesi. D'altronde è un dato che questa prima parte del discorso, interamente sperimentale, non aveva forma aristotelica e le ipotesi interpretative che presentava - non immediatamente verificabili - erano totalmente risolvibili in termini spazio-temporali. Di più, vi compariva esplicitamente, se pur cautamente, l'idea, da tempo discussa in modo sotterraneo nei circoli scientifici gesuiti, di una divisione della materia in parti molto sottili: non veri atomi, ma pur sempre costituenti una struttura tale da far acquistare o perdere a un corpo una qualità sulla base del loro comportamento cinetico. Le osservazioni dei revisori, le difficoltà di ottenere il permesso di stampa e la presenza nello stesso G. di una cultura in cui convivevano spinte "neoteriche" e una base aristotelica lo portarono a scrivere, tra il marzo 1662 e il dicembre 1663, una seconda parte dell'opera (a meno di pensare - ma di questo mancano prove - che essa fosse composta dal Riccioli dopo la morte del G. per ottenere la stampa del volume). In essa il discorso, che presenta argomenti ontologici, categoriali, logico-semantici, appare più aristotelico - e per certi versi lo è: il corpuscolarismo della prima parte è temperato da considerazioni quale quella che, se si può ammettere che ciò che è stato tradizionalmente inteso come qualitas (proprietà dei corpi) sia sempre connesso a una quantitas (cioè a dati strutturali o cinetici), ciò non prova che la prima sia interamente riducibile alla seconda. Era così difesa l'esistenza della qualitas realis. Eppure, il discorso stesso passa attraverso una ridefinizione dei termini tradizionali utilizzati, finalizzata a rendere gli enunciati dell'universo aristotelico confrontabili in modo definito con quelli "neoterici", che però fa assumere alla terminologia in questione, quindi alla riflessione da essa mediata, significati non più aristotelici.
Il G. non vide la stampa della sua opera. Moriva a Bologna infatti il 28 dic. 1663. Il permesso di pubblicazione, e l'opera stampata, sarebbero giunti a S. Lucia solo dopo il maggio del 1664.
Fonti e Bibl.: La fonte più importante sulla biografia del G. è l'Archivum Romanum Societatis Iesu. In particolare si vedano: sulla carriera scolastica, l'insegnamento e il sacerdozio, Ven., 41, c. 205r; 71, cc. 219r, 230r, 239r, 249r, 264r, 274r, 285r, 294v, 309v, 327v, 340r, 353v, 367r, 383v; 72, cc. 18r, 60r, 88v, 113r, 135r, 156r, 177v, 210r, 272r, 350v, 383v, 411r; 73, cc. 14r, 38r, 66r; sulla professione dei quattro voti, Ital., 12, cc. 190r-191r; sulla morte, F. G., 636, lettera 17; sulle censure, F. G., 670, cc. 53r-55r. Le due lettere citate sono in Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 6921, lettere VI e VII. Per gli editi vedi C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, Bruxelles-Paris 1892, coll. 1833 s., dove però mancano le Theses astronomicae, segnalate nel vol. I (ibid. 1890, col. 1676) e il De semidiametro, segnalato nel vol. VI (ibid. 1895, col. 1800), dove vengono entrambe attribuite al Riccioli. J. Schreiber, Die Mondnomenclatur Ricciolis und die Grimaldische Mondkarte, in Stimmen aus Maria-Laach, LIV (1898), pp. 252-272; G. Bilancioni, Il suono muscolare scoperto da F.M. G., in Il Valsava, V (1932), pp. 17-32; J. Marek, Newton's report (New theory about light and colours) and its relation to results of his predecessors, in Physis, XI (1969), pp. 390-407; Id., The diffraction of light and the ideas of Kepler, ibid., XII (1970), pp. 237-248; J. Van De Vyver, Lunar maps of the XVIIth century, in Vatican Observatory Publications, I (1971), 2, pp. 69-83; U. Baldini, Una lettera inedita del Torricelli ed altre dei gesuiti P. Prodanelli, J.C. Della Faille, A. Tacquet, P. Bourdin e F.M. G., in Annali dell'Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, V (1980), 1, pp. 15-36; J. Marek, Isaac Newton and the "Physics of invisible information", in Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, XXXVI (1981), 4, pp. 559-567; A. Battistini, La cultura scientifica nel collegio bolognese, in Dall'isola alla città. I gesuiti a Bologna, a cura di G.P. Brizzi - A.M. Matteucci, Bologna 1988, pp. 157-170; Id., La struttura del "De lumine" di F.M. G. e le forme della sua recezione newtoniana, in Giornale di fisica, XXX (1989), pp. 113-129; R.A. Hall, Beyond the fringe: diffraction as seen by G., Fabri, Hooke and Newton, in Notes and records of the Royal Society of London, XLIV (1990), pp. 13-23; L. Polgár, Bibliographie sur l'histoire de la Compagnie de Jésus, III, Roma 1990, pp. 98 s. (studi sul G. fino al 1980); U. Baldini, Legem impone subactis. Studi su filosofia e scienza dei gesuiti in Italia 1540-1632, Roma 1992, ad ind.; C. Oñate Guillén, Primer texto de la diffracción de la luz, in Revista española de fisica, VII (1993), pp. 54-57; U. Baldini, Saggi sulla cultura della Compagnia di Gesù, Padova 2000, ad ind.; Id., Il contributo di F.M. G. alle ricerche del maestro, in Riccioli e il merito scientifico dei gesuiti nell'età barocca. Atti del convegno, Ferrara-Bondeno, … 1998, a cura di M.T. Borgato, Firenze 2002, ad ind.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XII, coll. 239-242.