GHINGHI, Francesco Maria Gaetano
Nacque a Firenze nel 1689 da Andrea Filippo, incisore in pietre dure attivo sotto il granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici e allievo di Stefano Mochi, e da Ortensia, figlia di Salvator del Ghianda. La famiglia, di origine senese, si era trasferita a Firenze nel 1340. Il fratello del padre, Vincenzo, fu anch'egli incisore in pietre dure dapprima a Firenze nella Galleria del granduca e in seguito a Milano dove morì.
Notizie dettagliate sulla vita e sull'attività del G. si ricavano soprattutto da una lettera autobiografica del 1753 indirizzata all'erudito fiorentino Anton Francesco Gori (González-Palacios, Un'autobiografia…, 1977). Il G. compì studi umanistici nel collegio dei gesuiti; a quindici anni iniziò a disegnare sotto la guida di Francesco Ciaminghi disegnatore della Galleria; in seguito modellò alcune medaglie con lo scultore architetto Giovanni Battista Foggini che lo raccomandò al marchese Attilio Incontri, superiore della Galleria, il quale lo assunse affinché potesse continuare a disegnare e a modellare nello studio di Foggini. Presentato dallo scultore al principe ereditario Ferdinando de' Medici, fu da questo spinto a dedicarsi, con l'aiuto anche paterno, all'incisione di cammei e di intagli.
Il primo lavoro del G. fu un ritratto di Girolamo Savonarola copiato da un intaglio moderno (perduto, ma documentato in Raspe - Tassie, n. 14.235), al quale seguirono i cammei con le teste degli imperatori Adriano e Traiano copiati da intagli antichi. Raggiunse grande reputazione con il ritratto di Cosimo III in calcedonio di Volterra a due colori (da identificarsi forse con un cammeo a Firenze, Museo degli argenti) presentato, tramite l'Incontri, al granduca che lo apprezzò moltissimo pagandolo 6 zecchini. Seguirono numerose commissioni da tutta Europa per ritratti, sigilli e cammei con figure; tra gli altri, quelli per il canonico Cerrettani (stemma in calcedonio orientale e ritratto in granato guarnaccino), per il cardinale Alessandro Zondadari arcivescovo di Siena, per il marchese Odoardo de Silva delle Banditelle console generale di Spagna e delle Due Sicilie (armi e cammeo con figure sacre).
Il G. ebbe familiarità con l'abate Pietro Andrea Andreini collezionista di cammei e intagli antichi, con Sebastiano Bianchi antiquario della Real Galleria e con il barone Phillipp von Stosch antiquario e collezionista; di quest'ultimo eseguì, forse nel 1717, il ritratto a intaglio su sardonica (Berlino, Antikensammlung) sulla quale applicò per la prima volta (Gori) la firma in lettere greche (Gingios epoiei). Per il cardinale Filippo Antonio Gualterio realizzò in diciotto mesi, utilizzando una grossa ametista da scavo rinvenuta a Roma, una copia della Venere de' Medici che suscitò notevole entusiasmo e fu venduta successivamente ad Augusto III di Polonia.
Per l'elettrice palatina Anna Maria Luisa de' Medici intagliò in zaffiri orientali alcune figure di imperatori, quali "supplementi" di una serie da lei posseduta, e inoltre i ritratti dei fratelli Ferdinando e Gian Gastone, in smeraldo quelli del padre Cosimo III e del marito l'Elettore palatino Giovanni Guglielmo, in cammeo i due volti di prospetto di Gesù e della Madonna.
Si ricordano anche il ritratto in corniola di Giacomo Stuart, firmato "Ghinghi F" (Raspie - Tassie, n. 14.027), commissionatogli da Roma, ancora altri ritratti di Cosimo III per anelli (uno per l'abate Vernaccini) e alcuni stemmi per il generale spagnolo Montemar.
A Firenze il G. fu nominato accademico della Nobil Accademia del disegno.
Nel 1737, alla morte di Gian Gastone de' Medici, il G. accolse, trasmessogli dal priore Salvatore Ascanio, ministro spagnolo a Firenze, l'invito del re di Napoli e di Sicilia Carlo di Borbone, di recarsi nel Regno; la conoscenza del G. con il sovrano risaliva al 1732, quando questi era stato ospite presso la corte fiorentina. A Napoli, dopo una breve sosta a Roma, il G. fu messo a capo (1738), quale direttore, del Reale Laboratorio di pietre dure di S. Carlo alle Mortelle, con l'obbligo di lavorare esclusivamente per i sovrani. Il G. rimase in carica fino alla morte dirigendo nove professori, tutti fiorentini, specialisti nei lavori in commesso e in bassorilievo.
Sotto la direzione del G. furono realizzate due coppie di tavoli con piani in commesso di pietre dure a motivi floreali (Madrid, Museo del Prado) e una placca ottagonale con due ovali contenenti le immagini della Vergine annunciata e dell'Angelo in commesso a rilievo (Madrid, palazzo reale). Per il matrimonio reale (1738) incise le armi di Carlo e di Maria Amalia di Sassonia su un calcedonio orientale, un grande cammeo con il ritratto del sovrano e un sigillo con lo stemma dello stesso. Nel 1753 ebbe inizio l'interminabile e mai conclusa esecuzione del tabernacolo in pietre dure, su disegno di Luigi Vanvitelli, per la cappella della reggia di Caserta (frammenti a Napoli, Museo di S. Martino).
Il G. morì a Napoli nel settembre del 1762.
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