BROGLIA, Francesco Maria
Nato a Chieri nel 1611, apparteneva a una vecchia famiglia aristocratica iscritta sin dal sec. XIV a uno degli "alberghi" militari dominanti il Comune chierese (quello dei Gribaldenghi, discendenti degli antichimarchesi di Baldissero) e già illustre ai primi del Quattrocento con Giovanni, investito del feudo di Arignano. Il padre, Amedeo, conte di Cortandone e maggiordomo dal 1619 della duchessa Caterina, lo introdusse giovanissimo a corte educandolo alla professione delle armi, e ilB. appena diciassettenne prese parte all'assedio di Gavi durante la spedizione contro Genova, meritandosi l'encomio di Carlo Emanuele I.
Entrò quindi quale paggio nell'entourage del cardinale Maurizio di Savoia, protettore della "nazione" sabauda alla corte pontificia e, già in contatto con l'accademia dei Solinghi di Torino, lo seguì a Roma nel cenacolo costituito dal cardinale nel palazzo di Monte Giordano. Spirito vivace e pronto d'ingegno, il B. ebbe modo così di coltivare, accanto agli originari interessi di scienza militare, studi letterari e umanistici.
Nel 1637, allo scoppio della guerra dinastica fra madamisti e principisti, il B. non ebbe alcuna esitazione a schierarsi dalla parte dei principi cognati: i vincoli familiari e la dimestichezza personale con il cardinal Maurizio, la massiccia presenza delle forze principiste nei territori del Chierese sede del suo feudo, la fama di guerriero del principe Tommaso lo rafforzarono ulteriormente in questa determinazione. Nel nuovo esercito ispanopiemontese raccolto dalla primavera del 1638 intorno al cardinal Maurizio ebbe il grado di capitano degli archibugieri.
Rotte nel luglio 1639 le difese a Torino, seguì il principe Tommaso nella capitale subalpina e qui ebbe modo di porsi in luce durante l'ultima sortita del 14 sett. 1640, intesa a spezzare l'assedio delle forze franco-madamiste passate alla controffensiva: di fronte ai tanti episodi di insubordinazione e di infedeltà avvenuti in quel frangente, il principe Tommaso riconosceva che il B. aveva "combattuto valorosamente" e ne segnalava il caso al fratello Maurizio per una ricompensa.
Ma il suo coraggioso comportamento non sfuggì agli stessi avversari, e il maggiore antagonista del partito principista, il comandante francese conte d'Harcourt, dopo la conclusione della pace del 1642, si adoperò con lusinghe e favori, anche dietro espresse sollecitazioni del Richelieu, per attrarre il B. al servizio stabile della corona francese. Madama Reale, dal canto suo, gli procurava un più solido appannaggio e una nuova dignità gerarchica, e compiaceva al tempo stesso le autorità militari francesi, investendolo l'11 nov. 1643 della contea di Revello, una delle piazze che il governo di Parigi aveva chiesto in pegno all'inizio della lotta dinastica in Piemonte, e dava infine il suo consenso nel 1645 per il trasferimento del B. in Francia. Al seguito dell'Harcourt nella campagna di Catalogna, con il grado di "sergent de bataille" (aprile 1646) capitanò nell'agosto la brigata che permise il transito da parte dell'armata francese del passo della Segra e l'ingresso in Aragona. Promosso maresciallo di campo, dopo la sconfitta dell'Harcourt sotto Lérida coprì la ritirata francese salvando le artiglierie e predisponendo, quale govematore del campo di Tarragona, le opere di difesa della piazzaforte.
Già il B. si veniva segnalando come tecnico militare di consumata perizia e con singolari doti di efficienza e dinamismo: in un teatro di operazioni come quello dell'ultimo periodo della guerra dei Trent'anni, che impegnava la Francia su un vasto scacchiere militare ed esigeva azioni di copertura e manovre concentrate di effetto immediato, la capacità organizzativa del generale piemontese di contrapporre alla tradizionale potenza d'urto dei tercios spagnoli un'altrettanto decisa e quadrata azione risolutiva basata sul movimento coordinato di uomini e di mezzi finì così per essere largamente valorizzata.
Dal Condé, sotto il quale si era segnalato in alcuni fatti d'arme durante la Fronda, ebbe (il 12 febbr. 1648) il brevetto di maestro di campo con l'incarico di riordinare il vecchio reggimento di Champagne. Nella successiva campagna dell'Artois, tra le più decisive per l'affermazione della nuova strategia militare, il sistema del B. di accurata istruzione delle truppe e di lineare previsione dei problemi tecnico-operativi conseguì infine un lusinghiero collaudo. Particolarmente positiva fu l'opera disciplinata e vigorosa di rifornimento e di appoggio, che consentì nelle giornate dell'agosto-settembre 1650 il passaggio della Schelda: il 25 settembre di quello stesso anno era così promosso luogotenente generale dell'esercito francese in Fiandra.
Distintosi più tardi ad Angers e ad Arras (dove riportò gravi ferite sul campo), dopo che nel febbraio 1651 aveva ricevuto lettere di naturalizzazione e il titolo di conte di Broglie, venne nominato governatore della Bastiglia e ricompensato con le insegne dell'Ordine del S. Spirito e il marchesato di Senonches. Partecipò ancora con grande energia ad alcune spedizioni contro i Barbareschi prima di esser chiamato nel 1656 all'incarico di luogotenente generale delle truppe francesi nell'ultima campagna in Italia contro le forze spagnole.
Collegatosi con il contingente piemontese del principe Tommaso di Savoia, il B. accorse nell'estate di quell'anno a dar man forte a Francesco I d'Este che, occupata Valenza, resisteva alla controffensiva degli Spagnoli e del Gonzaga. Ma ancor prima di scendere in campo, durante una ricognizione esplorativa nei dintorni della città, fu colpito a morte da una fucilata, il 2 luglio 1656. A Torino gli fu eretto un monumento sepolcrale (opera dello scultore Tommaso Carloni di Lugano) nella chiesa di S. Carlo.
Il figlio Vittorio Maurizio (1640-1720), avuto da Caterina Vassallo contessa di Favria, doveva dar luogo alla linea francese della famiglia, che avrebbe annoverato tre marescialli, duchi e pari di Francia, e sarebbe stata compresa a metà del sec. XVIII fra i casati principeschi dell'Impero. mentre il ramo della famiglia. rimasto in Piemonte proseguì la linea comitale dei Broglia di Casalborgone.
Fonti e Bibl.: Torino, Bibl. Reale, Mss. Misc. 161/8 e Varia 636; C. Tenivelli, Biografia piemontese, III, Torino 1787, p. 87; M. Paroletti, F. M. B., in Vite e ritratti di sessanta piemontesi illustri, Torino 1824, pp. XXX; L. Zini, Le memorie del duca di Broglie, in Arch. stor.ital., s. 5, I (1888), p. 71; G. Quazza, Guerra civile in Piemonte. 1637-1642, in Boll. storico-bibl. subalpino, LVII (1959), n. 3-4, p. 325; A. Manno, II patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 419; C. Argegni, Condottieri,capitani,tribuni, I, Milano 1936, p. 112; Enc. Ital., VII, p. 914.