BOTTAZZI, Francesco Maria
Pochissime le notizie biografiche su di lui allo stato attuale delle ricerche. Nato a Tortona, in data imprecisabile nella seconda metà del secolo XVIII, fu ordinato sacerdote e si recò a Roma, ove entrò nella Congregazione dei sacerdoti di S. Giovanni Battista, che offrivano la loro opera a Propaganda Fide per le missioni. Laureato in filosofia e teologia, il B. insegnò per vari anni, alla fine del sec. XVIII, al Collegio Urbano, come lettore di filosofia poi come professore di teologia.
La prima opera pubblicata dal B., Il nemico del trono mascherato nelle lettereteologico-politiche sulla presente situazione delle cose ecclesiastiche, Roma 1794, s'inserisce nella polemica scatenatasi in quegli anni intorno al libro De' diritti dell'uomo (Assisi 1791) di Nicola Spedalieri.
In particolare il B. difende quest'ultimo dal giansenista Pietro Tamburini, ma in effetti attacca tutti gli autori, anche filocuriali, che avevano scritto contro l'opera spedalieriana accusandola di sostenere delle idee sovvertitrici della sovranità. Gli argomenti portati dal B. hanno certamente un carattere molto più incisivo che non gli scritti moderati dello stesso Spedalieri, dell'abate Piatti o di Luigi Martorelli: la principale preoccupazione è sì la difesa della religione cattolica, utilitaristicamente presentata come indispensabile per la felicità temporale degli Stati, ma nello stesso tempo il B. è decisamente contrario all'alleanza fra trono ed altare che porta all'esaltazione divina del sovrano, negando l'origine contrattualistica del potere. Se la religione dovesse ridursi ad essere il sostegno dei troni, secondo il B. sarebbe "giusta l'accusa de' Filosofi, essere la religione l'unico ostacolo, che impedisce agli Europei di rientrare ne' loro diritti naturali" (p. 118). Le stesse idee furono ribadite dal B. nell'Orazione panegirica in lode del B. Giovannide Ribera,patriarca d'Antiochia, Roma s.d. (ma 1797), recitata nella chiesa di S. Andrea delle Fratte il 12 sett. 1797, con l'accentuazione del valore utilitaristico della religione che "risparmia alla società molti disordini; calma le fermentazioni popolari; persuade alla moltitudine le cose più malagevoli a farsi; e fortifica l'amor sociale".
Durante la breve vita della Repubblica romana (1798-99) il B., che si vantava d'esser stato discepolo ed amico dello Spedalieri, sostenne con gli scritti il governo democratico condannando l'opera del passato regime, ma difendendo nello stesso tempo la religione cattolica. Fu allora nominato membro dell'Istituto nazionale delle scienze e delle arti (creato dall'art. 291 della Costituzione), incaricato di elaborare entro il 15 vendemmiale dell'anno VII un piano di riorganizzazione dell'istruzione pubblica. Probabilmente nel marzo 1798 il B. pubblicò il Catechismo repubblicano ovvero verità elementari su i diritti dell'uomo e sue conseguenze in società, adattate alla capacità de' cittadini poco istruiti, Roma anno VI della libertà.
L'opuscolo, di carattere divulgativo, svolge sulla linea spedalieriana un'azione moderatrice delle idee rivoluzionarie: ai diritti vengono perciò affiancati i doveri e, circa l'uguaglianza, il B. invita a non confondere "i diritti naturali con la materia di essi", giustificando, quindi, la disuguaglianza dei beni "che aguzza l'ingegno e mette in moto energico gli spiriti, e li determina ad operare" (p. 6); spera, comunque, che la repubblica rompa i grandi latifondi aumentando il numero dei proprietari. La critica al governo pontificio, che aveva compresso la naturale tendenza dell'uomo alla felicità su questa terra, è articolata su due punti principali: sul piano amministrativo gli si rimprovera la confusione fra cariche religiose e temporali che portava frequentemente degli incompetenti a ricoprire i posti più delicati per la vita dello Stato, cosicché "l'economia non dovea esser nominata, neppure quando il bisogno era urgentissimo" (p. 34); sul piano religioso il B. accusa il Papato di essersi servito della religione per ingannare il popolo, facendola degenerare in fanatismo e superstizione. Il B., che contro Rousseau sostiene lo stato sociale come stato naturale dell'uomo (il che postula l'intervento divino che lo crea in società), guarda alla virtù come condizione indispensabile della vita democratica: questa virtù può esser data soltanto dall'osservanza del Vangelo; da ciò ne consegue la necessità per le repubbliche di mantenere la religione cattolica "in tutta la sua purità". La formulazione del B. rimane, forse volutamente, piuttosto vaga, non dando altri elementi circa l'organizzazione del culto sul piano dottrinale e disciplinare; è difficile, perciò, valutare in che misura egli rimanga attaccato alla religione tradizionale o se il suo cattolicesimo democratico sia solo un mezzo di penetrazione tra le masse per ottenerne l'adesione al nuovo regime.
Dopo il 1799 del B. si perde ogni traccia. Il Catechismo repubblicano... fu messo all'Indice il 2 luglio 1804.
Fonti eBibl.: Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, II, Firenze 1941, pp. 415 s.; Giornale ecclesiastico di Roma, XII (1797), p. 184; Effemeridi letterarie di Roma, XXVI (1798), p. 96; Annali delle scienze religiose, IX (1839), p. 288; A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, p. 319; P. Savio, Devozione di mgr. Adeodato Turchi alla Santa Sede, Roma 1938, p. 372; D. Cantimori, Vincenzio Russo,il 'Circolo Costituzionale' di Roma nel 1798 e la questione della tolleranza religiosa, in Annali della R. Scuola normale sup. di Pisa classe di lettere, storia e filosofia, s. 2, XI (1942), p. 194; P. Mantese, Pietro Tamburini e il giansenismo bresciano, Brescia 1942, p. 101; V. E. Giuntella, Cristianesimo e democrazia in Italia al tramonto del Settecento, in Atti del XXXI Congresso di storia del Risorgimento, Roma 1956, p. 130; A. Aquarone, Giansenismo italiano e Rivoluzione francese prima del triennio giacobino, in Rass. stor. del Risorg., XLIX (1962), pp. 568, 584, 612; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964: pp. 310, 320.