MARCHESE, Francesco
Nacque a Roma da Mattia e Beatrice Bernini, figlia di Pietro e sorella di Gian Lorenzo, probabilmente nel 1623, poiché è indicato in margine alla domanda di ammissione alla Congregazione dell'Oratorio, il cui iter si concluse il 1° maggio 1643, come "clericus romanus annorum 20" (Roma, Arch. della Congr. dell'Oratorio, C.I.17, c. 28v). Gian Lorenzo Bernini, nel corso della sua ultima malattia, si affidò al M. per essere preparato e assistito nel trapasso.
La formazione intellettuale e spirituale del M. si compì nell'ambito oratoriano, delle cui complesse istanze - devozionali, pastorali, assistenziali, culturali - si rese interprete fedele. La sua fama iniziale fu legata a una serie di scritti che videro la luce soltanto dopo essere stati esaminati e approvati dalla Congregazione, secondo il dettato delle costituzioni oratoriane. Esordì nel genere devozionale con un'opera in onore della Vergine, Diario sacro dove s'insegnano varie pratiche di divotione per honorar ogni giorno la beatissima Vergine…, I-VI, Roma 1655-58, di cui si conoscono varie ristampe. Seguirono, a Roma nel 1670, lavori scritti per incoraggiare pratiche ascetiche: Unica speranza del peccatore, che consiste nel sangue di N. S. Giesu Christo…, ed Esemplari di santità. Nel 1681 pubblicò ancora Pane quotidiano dell'anima cioè esercitii devoti per ciascun giorno ad onore del venerabilissimo Sacramento dell'altare, ristampata a Venezia negli anni 1682, 1693, 1701, 1710, 1721, 1735. Uscirono postumi, a cura di un suo penitente, Antonio Panicara, il Preparamento a ben morire…, Roma 1697 (in Roma, Biblioteca Vallicelliana, O.107, cc. 71-73 si conserva la prefazione scritta dal M., ma non stampata nell'opera) e una raccolta di sermoni: Massime di pietà e fruttuose istruttioni espresse in cento discorsi…, Roma 1699.
In occasione dell'evento giubilare del 1675 pubblicò Anno santo bene speso (Roma), in cui egli torna sul tema dell'ascesi, Itinerario sacro per i concorrenti al giubileo dell'anno santo e Considerationi devotissime e brevi da farsi nel viaggio delle quattro basiliche… (entrambe, ibid. 1675).
Quest'ultima opera ebbe un notevole successo tanto da essere ristampata nell'anno giubilare 1700 col titolo Avvertimenti a chi vuol conseguire il santissimo giubileo dell'anno santo, e deuotissimi esercitij da farsi in ciascheduna delle quattro basiliche; ripubblicata ancora in occasione del giubileo del 1725 a Roma e in occasione di quello del 1775 sempre a Roma, nel 1774, col titolo Il pellegrino istruito…
A un genere contiguo appartiene la sua produzione agiografica. Al momento della canonizzazione di Pietro d'Alcántara, avvenuta il 28 apr. 1669, egli pubblicò il compendio biografico Vita di s. Pietro de Alcantara, raccolta dai processi fatti per la sua canonizzazione, Venezia 1670, dopo che nel 1667 gli aveva dedicato la Vita del b. Pietro de Alcantara (Roma). Per accelerare la canonizzazione - in seguito portata a buon fine da Clemente XI Albani nel maggio del 1712 - di Felice da Cantalice, molto legato a s. Filippo e beatificato da Urbano VIII Barberini nel 1625, scrisse la Vita del b. Felice cappuccino da Cantalice, ibid. 1671. In quest'anno fece uscire a Roma le Vite de' cinque santi, cioè s. Gaetano Thieneo, s. Francesco Borgia, s. Filippo Benizi, s. Ludovico Bertrando, s. Rosa di S. Maria…, canonizzati da Clemente X l'11 aprile di quell'anno. Nel 1673, per incarico di un gruppo di senesi, pubblicò sotto il titolo di Vita della b. Margherita da Cortona, terziaria dell'Ordine di S. Francesco, raccolta dai processi fatti per la sua canonizzazione…, Roma 1673, una traduzione italiana della Legenda… della beata Margherita da Cortona, compilata dal suo confessore e biografo Giunta di Bevignate e integrata con gli atti del suo processo, celebrato negli anni 1639-40. Tale biografia ebbe innumerevoli ristampe, di cui la più recente è stata pubblicata a Monza nel 1914. Dell'ambiente e della devozionalità francescane il M. si era occupato già dieci anni prima pubblicando anonimo Il divoto delle sacre stimmate di s. Francesco, Roma 1664.
Nell'ottica della celebrazione della riconciliazione tra le potenze cattoliche si colloca De antiqua Gallias inter atque Hispanias in divinis et humanis rebus communione…, composto per celebrare la pace dei Pirenei conclusa il 7 nov. 1659. Tale opera, proposta alla Congregazione il 30 genn. 1660 con il titolo Concordia tra Francia e Spagna, fu pubblicata a Lione nel 1660 col falso nome di Petro Rosello "sacerdote gallo", perché i padri dell'Oratorio, giudicandola "materia assai pericolosa" (Arch. della Congr. dell'Oratorio, C.I.8, c. 225), ne avevano sconsigliato la stampa anche anonima, cedendo solo dopo reiterate insistenze del confratello.
Grazie alla sua cultura, nota anche al di fuori dell'Italia, entrò in rapporto coi bollandisti Godefroid Henschen e Daniel van Papenbroeck, ai quali facilitò l'accesso alla Biblioteca Vallicelliana e a quella del cardinale Francesco Barberini senior fra il dicembre 1660 e l'ottobre 1661. Ebbe anche in mente di aggiornare gli Annali ecclesiastici del confratello Cesare Baronio, ma ne fu distolto dalla sua Congregazione, che gli suggerì di dedicarsi piuttosto a difenderne le opinioni. Frutto di questo impegno va considerato il Clypeus fortium, sive Vindiciae Honorii papae, Romae 1680, approvato dalla Congregazione col titolo De heresi monotelitarum il 10 febbr. 1662.
L'opera è diretta a sostenere la posizione del Baronio a proposito della legittimità della condanna emessa, nel 680, dal sesto Concilio ecumenico (terzo di Costantinopoli) contro papa Onorio, accusato di ambiguità nei confronti dell'eresia monotelita a causa di un'asserzione ambigua sulla figura di Cristo contenuta nella sua lettera a Sergio, patriarca di Costantinopoli.
Il M. prese parte attiva alle vicende del quietismo italiano. In una lettera conservata in minuta, e perciò mancante di destinatario (Biblioteca Vallicelliana, P.177, parte II, cc. 478-480), ricostruì le tappe del suo intervento, rivolto in prima istanza a convincere Miguel de Molinos e Pier Matteo Petrucci dei rischi connessi all'orazione di quiete, non tanto sotto il profilo della dottrina, quanto per la imprudente diffusione, consentita da direttori inesperti, in ambienti non preparati a riceverla. Avviò, quindi, la propria azione sottoponendo a entrambi un Modo facile di conciliare i dispareri correnti sopra l'orazione contemplativa acquistata (Roma, Bibl. Casanatense, Mss., 310, cc. 474-479), e soltanto dopo il fallimento dell'iniziativa sia presso di loro sia presso i vertici della gerarchia passò, d'accordo con il cardinale Girolamo Casanate, a promuovere un'inchiesta fra i parroci e confessori romani sulla diffusione dell'orazione di quiete, accompagnandola con un Sommario delle riflessioni fatte circa le controversie correnti dell'oratione contemplativa, e con una Breve notitia della dottrina e della prattica di alcuni novelli contemplativi (Biblioteca Vallicelliana, 177, parte I, cc. 43-52, 197-215; edita da Petrocchi, pp. 193-205). Da questo lavoro, compiuto nel 1682, derivò in gran parte la reazione che condusse alla condanna di Molinos nel luglio del 1685 e all'abiura del Petrucci il 17 dic. 1687: anche in quest'ultima occasione il M. prese la penna per dimostrare l'identità delle proposizioni petrucciane con quelle già condannate di Molinos, senza che al suo giudizio facesse velo la stima per la pietà e il rigore morale del confratello (Risposte… alle risposte date dal card. Petrucci alle 14 propositioni tra l'estratte… dai teologi nei suoi libri, in Biblioteca apost. Vaticana, Chig., B.V.88).
A questa sua attiva partecipazione alla battaglia antiquietistica deve attribuirsi il favore di Alessandro VIII Ottoboni, che di quella lotta fu campione. Appena cinta la tiara, nell'ottobre 1689, papa Ottoboni cooptò il M. nella congregazione dei Vescovi e regolari, cui si aggiunse, il 28 marzo 1690, l'invito a tenere il sermone del giovedì santo a Palazzo.
Questo privilegio gli venne confermato dal successore, Innocenzo XII Pignatelli. A lui, piuttosto che ad Alessandro VIII, sembrano rivolti i Monita ad summum pontificem pro recto regimine Romanae Urbis et Ecclesiae (Biblioteca Vallicelliana, O.107, cc. 74-79) per segnalare gli "abusi", contro cui papa Pignatelli effettivamente intervenne, dalla disciplina del clero alla dignità delle celebrazioni liturgiche, al problema della mendicità, che ritenne di risolvere con la fondazione dell'ospizio apostolico dei poveri invalidi. Fin dal settembre 1692 Innocenzo XII individuò nel M. l'uomo adatto a organizzarlo, non soltanto per le sue doti personali, ma anche in quanto rappresentante di una lunga tradizione consolidata nell'istituto oratoriano, e di cui Mariano Sozzini era stato l'ultimo interprete, a servizio di Innocenzo XI Odescalchi. Papa Pignatelli nell'ottobre gli affidò l'incarico di raccogliere fra i cardinali i fondi necessari all'impresa e di scegliere le "dame" che questuassero fra i privati; nel febbraio 1693 lo investì della responsabilità di organizzare il suo funzionamento: la Congregazione dovette ancora una volta accettare la decisione pontificia, pur non nascondendo il proprio disappunto, e appagarsi dell'impegno assunto dal M. "di voler a poco a poco esimersi da tal impiego, che conosceva improprio del nostro stato" (Arch. della Congreg. dell'Oratorio, C.I.9, c. 91).
In questo settore agì con energia e rigore estremi. Per raggiungere rapidamente risultati tangibili, domò la riluttanza dei mendicanti alla reclusione ricorrendo senza esitazione all'impiego dei birri, compensati con un paolo per ogni fuggitivo riacciuffato; e per mantenere la disciplina fra individui, compilò un regolamento (Governo generale dell'ospizio dei poveri questuanti ristretti nel palazzo lateranense: Biblioteca Vallicelliana, P.199, cc. 581-590) in cui non soltanto riprendeva il concetto di Sisto V del lavoro obbligatorio per tenerli sempre occupati, ma vi aggiungeva una serie di pratiche religiose che consentissero la sorveglianza dei reclusi durante tutto l'arco della giornata. Con questi metodi già nel dicembre 1692 il progetto innocenziano sembrava attuato, con la totale scomparsa dei mendicanti dalle vie di Roma; ma le critiche, che si levarono contro il M., indussero il papa ad affiancargli due gesuiti, André Guevarre e Honoré Chaurand, inviati apposta a Roma da Luigi XIV, noti entrambi per avere già organizzato in Francia almeno 160 istituti analoghi. Il M. continuò, comunque, a occuparsi dell'ospizio anche dopo che l'esiguità delle risorse finanziarie, aggravata da un paio di inverni particolarmente inclementi, ne ebbe decretato il parziale fallimento. Proprio a questo suo impegno si dovette, forse, l'esenzione dai sermoni di S. Onofrio e S. Agnese, concessagli dai confratelli nell'aprile del 1694.
Nell'ambito della Congregazione ricoprì anche molte cariche esordendo come prefetto dell'Oratorio nel febbraio 1656 e istruttore dei "figlioli che debbono fare i sermoncini" nel marzo dell'anno dopo (Arch. della Congr. dell'Oratorio, C.I.8, c. 138).
Fu incaricato della revisione dei conti degli anni 1661, 1678, 1680, 1683 e 1692 e fu scelto, peraltro con qualche perplessità, come confessore di casa nell'aprile del 1663; divenne prefetto della fabbrica nel 1668, al tempo della costruzione della cappella Spada e prefetto della musica nel 1673. Fu membro della congregazione dei deputati per due mandati, nel 1680 e 1683, finché raggiunse la prepositura nelle elezioni dell'aprile 1695. Alla sua esperienza la Congregazione ricorse per risolvere casi particolarmente delicati, come l'allontanamento di Giuseppe Balma nel 1688 e l'ammissione di Lorenzo Magalotti nel gennaio 1691.
Il M. morì a Roma l'11 febbr. 1697.
Fonti e Bibl.: La principale fonte di notizie sul M. - in alcuni casi il suo cognome compare con la grafia Marchesi - è costituita dalla documentazione conservata a Roma presso l'Archivio della Congr. dell'Oratorio: Decreti, 1643-1697, C.I.7-9; Liber sacerdotum… qui admissi sunt in Congr. Oratorii, 1564-1855, C.I.17, c. 28v; Electiones officialium Congr. et alia notatu digna, C.I.18, cc. 89, 116-117, 123. Brevi profili biografici in C. Villarosa, Memorie degli scrittori filippini…, I, Napoli 1846, pp. 171 s.; C. Gasbarri, L'Oratorio romano dal Cinquecento all'Ottocento, Roma 1963, p. 177; Id., in Dictionnaire de spiritualité, X, Paris 1980, coll. 303 s.; A. Mollen, in Dictionnaire de théologie catholique, IX, col. 2007. Sulla sua parentela e rapporti con G.L. Bernini: F. Baldinucci, Vita del cav. G.L. Bernino…, Firenze 1682, pp. 61-63; D. Bernini, Vita del cav. G.L. Bernini, Roma 1713, pp. 173-175; S. Fraschetti, Il Bernini, Milano 1900, pp. 103 s., 106. Sulle sue relazioni culturali: M. Battistini, I padri bollandisti Henschenio e Papebrochio a Roma nel 1660-61, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LIII-LV (1930-32), pp. 12-17 e passim. Sui suoi rapporti col quietismo: P. Dudon, Le quiétiste espagnol M. Molinos, Paris 1921, pp. 118-122, 156-163, 210, 245; Id., Notes et documents sur le quiétisme, VI, Une mémoire du card. Albizzi, une circulaire du S. O., les enquêtes de l'oratorien F. M., in Recherches de science religieuse, III (1913), pp. 170-175; G. Bandini, La lotta contro il quietismo in Italia, in Il diritto ecclesiastico, LVIII (1947), p. 47; M. Petrocchi, Il quietismo italiano nel '600, Roma 1948, pp. 66, 102; L. Fiorani, Per la storia dell'antiquietismo romano…, in L'uomo e la storia. Studi storici in onore di M. Petrocchi, I, Roma 1983, p. 314; P. Zito, Il nulla, la quiete, l'eresia di M. de Molinos, in Atti dell'Accademia Pontaniana, n.s., XL (1991), p. 125. Sull'ospizio apostolico dei poveri invalidi: M.T. Russo Bonadonna, La fondazione dell'ospizio lateranense, in Strenna dei romanisti, XXXIV (1973), pp. 375-392; M. Fatica, La reclusione dei poveri a Roma durante il pontificato di Innocenzo XII, in Ricerche per la storia religiosa di Roma, III (1979), pp. 133-179; Id., Il problema della mendicità nell'Europa moderna (secoli XVI-XVIII), Napoli 1992, ad indicem.