MARCELLO, Francesco
Nacque a Venezia nel 1446 dal patrizio Filippo di Fantino e da Lucia Giustinian del procuratore Pietro. Questo ramo della famiglia, che risiedeva a Sant'Angelo, non era il più ricco e prestigioso della casata, tuttavia disponeva di adeguate sostanze (l'unico fratello del M., Pietro, divenne podestà di Vicenza e Bergamo), sicché il M. poté valersi di una compiuta educazione umanistica e abbracciare lo stato ecclesiastico, entrando nell'Ordine francescano.
Il primo dato sulla sua carriera è in realtà una falsa notizia: secondo varie fonti, nel 1476 il M. sarebbe stato eletto dalla regina di Cipro, Caterina Corner, arcivescovo di Nicosia. Senonché si tratta di un fraintendimento, peraltro avallato in una delibera dello stesso Consiglio dei dieci del 1511, in quanto alla sede cipriota fu nominato un membro della stessa casata e suo lontano parente, Vettore di Alessandro, mentre il M. avrebbe conseguito la titolarità della seconda diocesi dell'isola, Famagosta, un anno dopo, il 27 giugno 1477 (non il 14 giugno 1481, come risulta nella Hierarchia catholica, la cui inesattezza è stata confutata da Berengo Morte, pp. 50 s.).
Non sappiamo se il M. si sia mai recato nell'isola; data la mancanza di documenti attestanti il suo nome, è probabile che si sia limitato a nominarvi un vicario; quel che è certo, è che il 22 ott. 1488 fu trasferito alla diocesi di Traù, che avrebbe conservato per tutta la vita, e di cui prese personalmente possesso nel marzo 1490, accompagnato dal fratello Pietro, allora rettore di Sebenico.
Non si trattava di beneficio consistente, tanto più che sulla mensa vescovile, la cui rendita oscillava fra i 400 e i 500 ducati all'anno, gravava una pensione di 100 ducati a favore del vescovo di Arbe, Ludovico Malombra; il M. cercò di ottenere da Roma la revoca della passività, attraverso una richiesta inoltrata dal Senato il 22 sett. 1489, ma l'esito non fu positivo.
Il 18 sett. 1490 fu nella rosa dei candidati al patriarcato di Venezia e più tardi (5 sett. 1497) a quello di Aquileia, ma in entrambi i casi il Senato finì per optare a favore di altri personaggi.
Non sappiamo se e quanto abbiano contato questi fallimenti nella decisione del M. di recarsi a risiedere nella sua diocesi, ma certo è che si trovava in Dalmazia all'inizio del conflitto veneto-turco del 1499-1503, segnato da innumerevoli devastazioni e scorrerie nella regione. Per difendere la popolazione dalle incursioni, il M. provvedette all'edificazione di un castello sulla costa presso Zoilo (probabilmente l'attuale Torre di S. Marco). Il 17 genn. 1501 riferisce il Sanuto che di fronte all'ennesima incursione dei nemici i contadini si rifugiarono nel fortilizio, "et lo episcopo andò in persona, adeo essi turchi nulla nosete [nocquero] a ditto castello" (I diarii, III, col. 1351). Qualche settimana dopo, il 4 febbraio, la Comunità tragurina inviò a Venezia un suo rappresentante, Girolamo Luzio, a perorare il completamento e rafforzamento dell'opera, i cui costi il M. non era più in grado di affrontare, "per esser disfatte le intrade del preditto Vescoado", in seguito alle reiterate razzie dei Turchi (ibid., col. 1383).
A queste scorribande si aggiunsero le incursioni dei Morlacchi, formalmente sudditi del re d'Ungheria, ma di fatto privi di controllo; si rinnovarono le proteste dei Tragurini e il M. si recò personalmente a Venezia, dove il 10 dic. 1502 rivolse una elegante orazione latina al doge, supplicando aiuti per la sua popolazione, "et disse queste cosse lacrimando", chiosa il Sanuto (ibid., IV, col. 523); il 21 luglio 1503 recitò davanti al Senato una seconda allocuzione per le stesse ragioni.
Nel frattempo il M. si adoperò per ottenere una diocesi più tranquilla e meglio provveduta: il 23 marzo 1503 il suo nome fu ballottato in Senato per la sede di Cremona; il 17 aprile dello stesso anno per Verona; il 12 nov. 1504 per il patriarcato di Venezia, ma l'esito fu sempre negativo. Tornò a Traù, a rincuorare con la sua presenza clero e fedeli demoralizzati e impoveriti, ma quattro anni dopo, il 18 sett. 1508, riuscì finalmente a essere proposto al papa per la diocesi di Vicenza. Si portò a Venezia, a ringraziare, dove però l'attendeva un'ennesima delusione: Giulio II non volle ratificare la nomina e consegnò la diocesi al nipote Sisto Della Rovere. Per ripicca il M. smise di versare la pensione al vescovo di Arbe, ma la risposta pontificia non si fece attendere e fu in linea con la durezza dei rapporti allora esistenti tra la Repubblica e la S. Sede: il 30 dic. 1509 il M. venne scomunicato; il provvedimento fu ribadito l'8 ott. 1514, ma poi revocato.
Il M. non tornò più in Dalmazia; da questo momento il suo nome ricorre in occasione di pubbliche cerimonie o di qualche nuovo tentativo di ottenere una diocesi più prestigiosa; nell'aprile 1511 donò alla Serenissima il castello di Zoilo, poi sperò invano di conseguire la nomina a vescovo di Feltre (31 ott. 1512), di Padova (23 febbr. 1517), di Vicenza (29 genn. 1524).
Il M. morì a Venezia il 15 luglio 1524, come riferisce Sanuto.
A Sanuto dobbiamo qualche ulteriore dettaglio: "Morite […] di anni 78, homo doto in humanità et bon prelato […], et è morto in questa terra in caxa sua a Sant'Anzolo, sul Canal Grando. Fu sepolto in una cassa a Santo Stefano dove è le sue arche, molto miseramente, perché tutto el suo l'havea, da un servitor fo robato […]. Questo fu frate di S. Francesco […] e andava con l'habito […] et scapuzio di frate" (I diarii, XXXVI, col. 473).
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. lat., cl. XI, 16 (=4427): F. M. episcopi Tragurini oratio ad Leonardum Loredanum principem Venetiarum (10 dic. 1502); cl. XIV, 225 (=4497): F. M. praesulis Tragurini libellus ad Leonardum Loredanum Venetiarum principem, in quo excursus describit Turcarum (21 luglio 1503): l'una e l'altra riportate da Berengo Morte, con traduzione italiana, rispettivamente pp. 91-99; 138-143, 25-29; Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti…, IV, cc. 221, 223; Senato, Terra, reg. 10, c. 163v; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782: G. Priuli, Li pretiosi frutti del Maggior Consiglio, II, c. 182r; M. Sanuto, I diarii, I, III-VII, IX, XIII-XV, XVII, XIX, XXI, XXIII-XXIV, XXVI, XXVIII, XXX, XXXV-XXXVI, Venezia 1879-93, ad indices; Id., Le vite dei dogi. 1474-1494, a cura di A. Caracciolo Aricò, II, Venezia 2004, p. 678; E.A. Cicogna, Della famiglia Marcello, Venezia 1841, pp. 25, 29, 45; A.M. Berengo Morte, Fra F. M. vescovo di Traù, in Le Venezie francescane, XV (1948), pp. 47-57, 89-104, 137-147; XVI (1949), pp. 14-29; Hierarchia catholica, II, pp. 152, 253.