MAIDALCHINI, Francesco
Nacque nel 1630 o nel 1631 a Viterbo da Andrea e Pacifica Feliciani, esponenti di famiglie della piccola nobiltà del Patrimonio. I suoi primi anni di vita trascorsero piuttosto oscuramente, fino al 1644, quando fu eletto papa, col nome di Innocenzo X, il cardinale Giovanni Battista Pamphili. Il nuovo pontefice, ormai anziano, era fortemente legato alla cognata Olimpia Maidalchini, zia del M. (era una sorella paterna di Andrea Maidalchini), che sin dall'inizio del pontificato poté assicurare alla sua famiglia cospicue entrate e una posizione di rilievo nella società romana. Anche il M. poté giovarsi di questa situazione e, ancora molto giovane, divenne abate e canonico di S. Pietro.
Non essendo parente diretto di Innocenzo X, il M. sembrava avviato a una carriera ecclesiastica privilegiata ma non travolgente, quando improvvisamente, il 7 ott. 1647, fu nominato cardinal nipote.
Una simile nomina, che sconcertò gli osservatori, derivò dall'imprevista evoluzione delle dinamiche interne alla "familia" Pamphili-Maidalchini. All'inizio del 1647 il cardinal nipote Camillo Pamphili, figlio di Olimpia Maidalchini, aveva rinunciato al cardinalato per sposare Olimpia Aldobrandini, contro il volere del pontefice e di sua madre. Rimasto privo di un parente maschio da collocare accanto a sé, Innocenzo X fu indotto a elevare alla porpora il M. dall'onnipotente cognata, che, secondo alcuni, ingannò il pontefice magnificandogli le (inesistenti) doti del giovane. È tuttavia probabile che, con la nomina del M., il pontefice intendesse semplicemente salvaguardare la presenza di un parente, per quanto lontano, all'interno del Sacro Collegio, senza che ciò implicasse un'effettiva delega di poteri. Non a caso, il M. non ricevette il titolo di soprintendente dello Stato ecclesiastico e Innocenzo X continuò ad affidare gli affari politicamente rilevanti al segretario di Stato, il cardinale Guido Panciroli.
Del tutto digiuno di conoscenze politiche, il M. ricevette dagli esperti cardinali Panciroli e Domenico Cecchini i primi rudimenti dell'arte di governo, ma sin dall'inizio la sua posizione apparve debole. Da un lato, Olimpia Maidalchini mantenne il M. sotto la sua stretta tutela, "per non perder ella il dominio", come annotò il diarista G. Gigli (p. 505), tanto che impose al giovane cardinale di abitare con lei nel palazzo Pamphili di piazza Navona e non nei palazzi pontifici. Dall'altro lato, i membri della famiglia Pamphili, le sorelle e le nipoti del papa, si opposero alla presenza a fianco di Innocenzo X di un cardinal nipote "adottivo" e si rifiutarono di mantenere con lui alcun rapporto.
Risultò subito chiaro che il nuovo cardinal nipote non avrebbe goduto di un reale potere. Già nel 1648 l'ambasciatore veneto lo giudicava "incapace affatto d'ogni maneggio, reso favola della Corte e [senza] altre qualità in sé, se non essere nipote di donna Olimpia" (Relazioni degli Stati europei, p. 72). Un giudizio largamente condiviso negli ambienti curiali, che si tradusse in un fiorire di pasquinate sul M., messo in ridicolo per la scarsa intelligenza e per l'aspetto sgraziato, avvicinato a quello di una scimmia o a quello del torso scultoreo di Pasquino ("Non pianger Pasquino / Compagno ti sarà Maldachino" cantava una pasquinata riportata da G. Leti).
Negli anni in cui fu cardinal nipote, il M. fu universalmente valutato in maniera negativa dagli osservatori diplomatici, anche a causa di alcune malaccorte iniziative dietro alle quali non è difficile intravedere la mano della zia. Così, nel dicembre 1649, il M. ottenne il privilegio di aprire la porta santa nella basilica di S. Maria Maggiore, pur non essendo sacerdote, dopo che una congregazione di cardinali lo ebbe riconosciuto abile a una così alta funzione. L'episodio suscitò notevole sconcerto, aggravato anche da una contesa tra il M. e i canonici della basilica per il possesso delle medaglie murate nella porta santa.
Semplice pedina nei giochi dei Maidalchini-Pamphili, il M. cadde repentinamente in disgrazia nel settembre 1650, quando Innocenzo X attribuì il titolo di cardinal nipote a Camillo Astalli, un chierico di Camera non privo di valore, lontanamente imparentato con i Maidalchini. Nonostante le proteste di Olimpia Maidalchini, l'allontanamento del M. fu definitivo e non fu revocato neanche quando, nel 1654, il papa licenziò il cardinale Astalli. Per il resto del pontificato innocenziano, il M. visse in una condizione di emarginazione che lo portò a dedicarsi ad attività non proprio consone a uno stile di vita ecclesiastico, come il gioco.
La morte di Innocenzo X, nel gennaio 1655, portò ulteriori colpi alle declinanti fortune del giovane cardinale. Alessandro VII, infatti, lo allontanò da Roma e lo privò del diritto di ricevere i donativi spettanti al Collegio cardinalizio. In seguito, queste misure furono revocate, ma l'isolamento del M. non cessò.
Il M. visse per decenni alla corte di Roma sostanzialmente ignorato, ma anche libero dagli obblighi che gli competevano come cardinale di Curia. Leti lo descrisse come infetto dal "mal francese", alludendo ai disinvolti costumi sessuali che nel 1678 gli furono rimproverati da Innocenzo XI, ma anche alle sue opzioni politiche. Sin dalla fine del pontificato di Innocenzo X, infatti, il M. cercò di garantirsi contro possibili ritorsioni di Alessandro VII legandosi strettamente a Luigi XIV, dal quale ottenne alcune pensioni, e in tutti i conclavi a cui partecipò fu annoverato tra i membri della fazione francese.
L'adesione al partito francese non fu tuttavia sufficiente a consolidare la sua posizione. Il cardinale fu ascritto, com'era prassi, a numerose congregazioni, prima a quella dell'Immunità, negli anni Cinquanta del Seicento, e poi alle congregazioni del Buon Governo e di Propaganda Fide, dagli anni Sessanta alla fine del secolo, ma vi intervenne di rado e non vi svolse alcun ruolo. E la marginalità del M. si rifletteva anche nella posizione all'interno del collegio cardinalizio: i pontefici non consentirono che passasse nell'ordine dei cardinali presbiteri per non correre il rischio di ritrovarselo come decano.
Le cronache dell'epoca sono avare di notizie sulla vita del M., che proseguì per gli anni Settanta e Ottanta del Seicento senza particolari mutamenti. Nel 1678, con molti altri cardinali, manifestò la sua contrarietà al progetto di Innocenzo XI di pubblicare una bolla di abolizione del nepotismo. Nel novembre 1687, nel pieno di una crisi diplomatica tra Innocenzo XI e la Francia, omaggiò, insieme con il cardinale César d'Estrées, il nuovo ambasciatore francese Henri de Beaumanoir, marchese di Lavardin, al suo ingresso da porta del Popolo, segno di una scelta di campo abbastanza netta, che lascia intravedere un'ostilità tra il M. e un pontefice riformatore come Odescalchi. E, insieme con il d'Estrées, il M. fu il solo cardinale a non sottoscrivere la bolla con cui Innocenzo XI soppresse i diritti di quartiere delle rappresentanze diplomatiche a Roma. Due anni più tardi, il M. confermò la sua scelta filofrancese accompagnando alle porte di Roma Lavardin, costretto a lasciare la città per le persistenti tensioni col governo pontificio.
Trascurabile fu l'attività di mecenatismo del M., che si ridusse a qualche intervento a favore di famiglie religiose come i domenicani irlandesi, ai quali concesse la basilica di S. Clemente, di cui era abate commendatario.
Negli anni Novanta del Seicento la sua fama migliorò. I tempi di Innocenzo X erano ormai lontani e qualche osservatore poteva rilevare che "il suo mal concetto deriva non da quello che presentemente è, ma da quello ch'era allorché venne a Roma" (Seidler, p. 374). Sostanzialmente ignorato dal mondo politico romano, il M. morì a Roma il 10 giugno 1700.
Fonti e Bibl.: Histoire de donna Olimpia Maldachini, Leyde 1666, pp. 76-78; Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo, a cura di N. Barozzi - G. Berchet, s. 3, Italia, II, Relazioni di Roma, Venezia 1878, pp. 72 s., 126-128; Oeuvres du cardinal de Retz, VIII, a cura di R. Chantelauze, Paris 1887, p. 631; Recueil des instructions données aux ambassadeurs et ministres de France depuis les traités de Westphalie jusqu'à la Révolution française, Rome, I, a cura di G. Hanotaux, Paris 1888, pp. 123, 146, 188, 215, 229; P. Denis, Nouvelles de Rome, I, Paris 1913, pp. 66 s.; G. Gigli, Diario di Roma, a cura di M. Barberito, Roma 1994, ad ind.; S.M. Seidler, Il teatro del mondo. Diplomatische und journalistische Relationen vom römischen Hof aus dem 17. Jahrhundert, Frankfurt a.M. 1996, pp. 373-375; G. Leti, Il puttanismo romano, a cura di E. Bufacchi, Roma 2004, pp. 60 s.; Ch. Gérin, L'ambassade de Lavardin et la séquestration du nonce Ranuzzi (1687-1689), in Revue des questions historiques, XVI (1874), pp. 385, 397, 428; I. Ciampi, Innocenzo X Pamphili e la sua corte, Roma 1878, pp. 133 s.; H. Coville, Étude sur Mazarin et ses démêles avec le pape Innocent X, Paris 1914, pp. 179, 182; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, XIV, Roma 1932, ad ind.; G. Brigante Colonna, Olimpia Pamphili, "cardinal padrone", Milano 1941, pp. 183 s.; D. Chiomenti Vassalli, Donna Olimpia, o del nepotismo nel Seicento, Milano 1980, ad ind.; Ch. Weber, Die ältesten päpstlichen Staatshandbücher: Elenchus congregationum, tribunalium et collegiorum Urbis, 1629-1714, Rom-Freiburg i.Br.-Wien 1991, ad ind.; B. Borello, Trame sovrapposte. La socialità aristocratica e le reti di relazioni femminili a Roma (XVII-XVIII sec.), Napoli 2003, ad ind.; Hierarchia catholica, IV, p. 29.