LOMONACO, Francesco
Nacque a Montalbano (Lucania) il 22 novembre 1772 da Nicola, dottore in legge. Venuto a Napoli nel 1790 per completarvi i suoi studî, divenne amico di F. Conforti, di M. Pagano, di D. Cirillo e fu conquistato dalle loro idee. In filosofia seguace di Condillac (che seguisse tale indirizzo appare specialmente dal suo saggio su L'analisi della sensibilità, Milano 1801), e in politica amante della più ampia libertà, durante la rivoluzione napoletana del 1799 pubblicò il programma di un giornale, "il quale, come si conviene, faccia rimbombare gli avvenimenti del mondo che più interessano allo spirito umano", e tradusse il trattato Dei diritti e doveri del cittadino di G. de Mably, premettendo una prefazione che destò molto rumore per l'arditezza della tesi in essa sostenuta. Esule alla Restaurazione, fu a Marsiglia, a Parigi, ove presentò a L. Carnot il suo Rapporto sulle segrete cagioni e su' principali avvenimenti della catastrofe napoletana, sul carattere e la condotta del re, della regina di Sicilia e del famoso Acton; fu poi a Ginevra e finalmente a Milano. Qui dapprima si diede a fare il medico militare; poi, acquistata fama per il Rapporto, che allora fu pubblicato per la prima volta, e per le Vite degli eccellenti italiani, che diede alle stampe nel 1802, dal ministro della Guerra ebbe l'incarico di scrivere le Vite dei famosi capitani d'Italia, che pubblicò nel 1804-05, e infine nel 1805 ebbe una cattedra nella Scuola militare di Pavia. Ma il suo insegnamento informato a principî nazionali non piacque al governo, perché in antitesi con la politica di Napoleone; inoltre per le idee democratiche in essi contenute grande chiasso sollevarono i suoi Discorsi letterari e filosofici, pubblicati nel 1809 e furono sequestrati. Il 10 settembre 1810 il L. si uccise, si disse per un infelice amore, ma forse, nella sua infinita passione per la patria e per la libertà, vinto dallo scetticismo e dalla disperazione.
Delle sue Opere, che poi furono raccolte in nove volumi a Lugano dal 1831 al 1837 e fra le quali erroneamente fu inserito il trattato Della virtù militare, che è di Bruno Galiano, la più famosa è il Rapporto. Egli non curò d'indagare né la natura del moto napoletano, né le cause della sua misera fine, ma volle assumere le funzioni di pubblico accusatore dei Borboni e dei militari francesi, specialmente di É. Méjan, che in modo diverso avevano tradito la fiducia in loro risposta dai Napoletani. E tale carattere polemico, al quale esso deve la sua grande popolarità, nocque allo scritto, che ha scarsa profondità politica e nettamente si differenzia in ciò dal Saggio di V. Cuoco. Ma nel Colpo d'occhio sull'Italia, che serve di conclusione al Rapporto e che è il saggio più importante del L., egli mostrò che, al di là di Napoli, all'Italia tutta rivolgeva la sua attenzione, e che era capace di collocare nei suoi giusti limiti il problema quando affermava che soltanto l'unità e l'indipendenza potevano assicurare alla patria la desiderata libertà. E della propaganda che fece di queste idee restano come documenti i suoi libri sui grandi Italiani e i sentimenti che instillò nei suoi amici, come il Manzoni.
Bibl.: G. Natali, La vita e il pensiero di F. L., Napoli 1913; G. de Ruggiero, Il pensiero politico meridionale nei sec. XVIII e XIX, Bari 1922; N. Cortese, Stato e ideali politici nell'Italia meridionale del Settecento, Bari 1927.