LAZZARI, Francesco
Nacque nel 1791, ma non si conoscono né il luogo né altri dati sulla famiglia di provenienza.
Circa la questione di un doppio cognome del L., che compare sia in una tavola con un progetto di Caffè, conservato al Civico Museo Correr di Venezia e datato 1809 (recante l'iscrizione: "Quarenghi ideò - Francesco Wchowich-Lazzari delineò - eseguito sotto la direzione del Selva": Bassi, p. 242), sia nell'edizione delle Lettere del veneto architetto Tommaso Temanza pubblicate per la prima volta da Francesco Wchowich-Lazzari (Venezia 1858), sembra potersi dedurre, dalla lettura di documenti ufficiali, iscrizioni presenti su altri disegni, stati di servizio presso l'Accademia veneziana di belle arti - dove compare sempre e solo Lazzari -, che egli avesse adottato quest'ultima formula, preferendola di fatto alla prima sulla quale, comunque, non si hanno ulteriori notizie.
Studiò architettura all'Accademia di Venezia sotto la guida di Giannantonio Selva, di cui fu allievo prediletto. Nel 1810 e nel 1812 ottenne il primo premio in composizione architettonica, nel 1813 il primo premio nell'ornato. Subito dopo cominciò a disegnare alcune tavole per le Fabbriche più conspicue di Venezia, opera intorno alla quale Selva lavorò fino alla morte. Il L. prese il posto del maestro e curò il compimento della grandiosa impresa fino alla pubblicazione ampliata del 1838-40.
Alla morte di Selva, nel 1819, il L. gli succedette alla cattedra di architettura, prima come supplente, poi come professore effettivo.
Sono poche le informazioni circa la sua attività professionale, tanto che si è ritenuto che egli fosse "più teorico che pratico" (ibid., p. 250). Forse più numerosi delle opere architettoniche furono i progetti per addobbi di vario genere, come accenna la breve notizia di Cecchini, dei quali, però, non si ha alcuna traccia. Nel Gabinetto disegni e stampe del Museo Correr di Venezia si conserva un nucleo di disegni del L., donati dal fratello Michele, per lo più non datati e probabilmente elaborati in occasioni accademiche. Nel fondo, attualmente non consultabile, si conservano tutti i fogli relativi ai progetti citati nel corso della voce.
Nel 1828 gli venne affidato l'incarico di restaurare completamente l'edificio dell'ex convento della Carità di Venezia, proseguendo l'opera a cui attendeva da tempo come direttore dei lavori secondo il progetto di Selva.
Inaugurata nel 1808 nei locali dell'antico convento della Carità, l'Accademia di belle arti vide i lavori di ristrutturazione protrarsi per molti anni. Nel 1820 si decise di alzare le sale nuove. La posa della prima pietra avvenne nell'aprile 1821. Contemporaneamente si affidò al L. il rimaneggiamento del peristilio palladiano e la trasformazione della facciata, dove aprì delle finestre in luogo delle statue di Giovanni Maria Morlaiter, sostituì i bassorilievi precedenti con altri raffiguranti gli emblemi accademici e pose alla sommità il gruppo scultoreo di Minerva seduta sul leone (ibid., p. 243). Nel 1825 le sale interne erano pronte, decorate da Tranquillo Orsi, Giovanni Demin e Giovanni Darif, mentre i restauri della facciata dell'Accademia verso la calle larga Nani risalgono al 1828. A tal proposito, numerosi sono i disegni pervenutici riguardanti sia la sistemazione dell'ala di collegamento tra la nuova pinacoteca selviana e l'ex scuola, sia la realizzazione della monumentale facciata (Biadene).
Negli stessi anni il L. elaborò un progetto per il concorso della chiesa di S. Antonio in Trieste.
Le vicende costruttive della chiesa, realizzata poi da Pietro Nobile, dominarono la vita artistica cittadina per più di un ventennio, dal 1826 al 1849. Il L. partecipò con un progetto di stile neoclassico palladiano, con chiari riferimenti alla chiesa veneziana del Redentore, come è evidente nei disegni, databili intorno al 1822.
Vicino al progetto per Trieste è quello non datato per un piccolo oratorio di campagna. In altri fogli, sempre non datati, il L. sembra essersi ispirato al complesso per l'isola di San Cristoforo progettato da Selva: si tratta di disegni per un cimitero, elaborati molto probabilmente in occasione del concorso, rimasto senza esito, bandito nel 1843 per l'ampliamento del cimitero di S. Michele (Romanelli, p. 230). Il motivo delle colonne doriche architravate poste circolarmente che caratterizzava il progetto del Cimitero, si ritrova anche in quello per un palazzo della Borsa, nel quale sono state riscontrate influenze anglosassoni che lo hanno fatto accostare alla facciata dell'Archivio di Edimburgo realizzato da Robert Adam nel 1774 (Bassi). All'architettura di Adam, in particolare alla casa del parco di Luton, si collega la scelta di utilizzare nel progetto di un teatro diurno esedre alle estremità dei corpi laterali, collegati all'edificio centrale da un portico architravato; una scelta che rivela la grande ammirazione per l'opera di Giacomo Quarenghi, conosciuta grazie al volume delle Fabbriche e disegni pubblicato a Milano nel 1821 dal figlio Giulio.
Le colonne doriche architravate ritornano anche nel disegno di un mausoleo destinato a raccogliere le ceneri di una o più famiglie regnanti. L'imponenza e la maestosità, costanti di queste idee architettoniche, si riscontrano nel progetto "Palazzo da erigersi su un colle seguendo le indicazioni del Serlio". Il progetto di un museo per oggetti di scultura propone evidenti riferimenti all'opera di Selva, in particolare allo studio effettuato per un museo da realizzare per A. Canova alle Zattere, e, per gli interni, al monumento-piramide che avrebbe dovuto realizzarsi sul Moncenisio per celebrare il passaggio di Napoleone.
La versatilità del L. emerge nel campaniletto di Istrana del 1828, indicato come il primo esempio di neogotico prodotto dalla sua generazione. Al di là di tentativi di esplorare nuove possibilità stilistiche e di introdurre in un ingessato ambiente accademico l'insegnamento di inedite varianti progettuali, peraltro confermato nel 1853 dalla cura e traduzione italiana della pubblicazione dei Principii dello stile gotico di Friederich Hoffstadt, il L. si attenne nella gipsoteca di Possagno a un corretto, magniloquente classicismo.
Completata nel 1836, la fabbrica dell'edificio, fu iniziata nel 1834 su commissione di monsignor Giambattista Sartori - fratellastro ed erede universale di Canova - il quale, a seguito della costruzione del tempio, aveva incaricato il L. di realizzare la raccolta dei gessi accanto alla casa dell'artista (Pavanello).
Tutta la sua carriera fu segnata dall'insegnamento all'Accademia e dal ruolo avuto nelle istituzioni municipali. Nel 1856 fu posto in assoluta quiescenza e non si occupò più di nulla, a causa certo delle lunghe infermità che non gli permisero più di muoversi (Cecchini).
Il L. morì a Venezia nel 1871.
Opere: Monumento di Bartolomeo Colleoni nella piazza Ss. Giovanni e Paolo di Venezia, ristaurato per ordine sovrano nel MDCCCXXXI, Venezia 1831; Dell'edifizio palladiano nel monastero della Carità ora porzione della I.R. Accademia delle belle arti in Venezia. Memoria, Venezia 1835; Descrizione del teatro della Fenice, Venezia 1836; Monumento al prof. G.A. Selva nel vestibolo della Fenice, Venezia 1838; Vita del Selva nella "Bibliografia degli italiani illustri" del De Tipaldo, Venezia 1838; Descrizione del monumento al doge Nicolò Marcello, sorgente nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo, Venezia 1839; Notizie di Giuseppe Benoni architetto ed ingegnere della Veneta Repubblica, Venezia 1840; Lettera allo sposo Co. Girolamo Venier per le sue nozze colla Gradenigo, Venezia 1843; I cinque ordini di architettura proposti dal professore Francesco Lazzari… e dimostrati in VI tavole. Aggiuntevi le principali misure degli ordini stessi esposte in separati prospetti, Venezia 1850; Compendio delle più interessanti regole di architettura teorico-pratiche ricavate dai migliori autori per uso ed istruzione dei giovani che si dedicano a questo studio, Venezia 1853; Della seconda Psiche scolpita dal Canova. Relazione, s.l. 1858.
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Misc. P.D., 586 C/CIII, Lazzari Francesco, Lettere aut. di Ant. Diedo e minute di risposta; Misc. P.D., 589 C/CIII, Lazzari Francesco, Lettere aut. di Ant. Diedo e minute di risposta; Misc. P.D., 595 C/VIII 532-533, Lazzari Francesco, Lettere aut. a Franc. Zanotto; Misc. P.D., 591 C/IV (12), Lazzari Francesco, Borsato Giuseppe, Zandomenighi Luigi, Santi Lorenzo, professori di Accademia di belle arti di Venezia, Lettere ad Ant. Diedo, Venezia 2 giugno 1826; F. Zanotto, Nuova guida di Venezia, Venezia 1856, pp. 366, 498; E. Cicogna, Bibliografia veneziana, Venezia 1857, ad ind.; G. Cecchini, Discorso annuale alla Accademia di Venezia. Atti dell'Accademia di belle arti del 1871, Venezia 1872, p. 38; E. Bassi, L'architetto F. L., in Rivista di Venezia, XIII (1934), pp. 239-250; 1780-1830 Venezia nell'età di Canova (catal.), a cura di E. Bassi - A. Dorigato - G. Mariacher, Venezia 1978, pp. 217-223, 239-243, 311-315; S. Biadene, L'Accademia di belle arti, in Le Venezie possibili. Da Palladio a Le Corbusier (catal., Venezia), a cura di L. Puppi - G. Romanelli, Milano 1985, pp. 161-163; G. Romanelli, Venezia Ottocento. L'architettura, l'urbanistica, Venezia 1988, ad ind.; G. Pavanello, La gipsoteca di Possagno, in Antonio Canova (catal., Venezia-Possagno), a cura di G. Pavanello - G. Romanelli, Venezia 1992, pp. 361-367; G. Zucconi, L'invenzione del passato. Camillo Boito e l'architettura neomedievale, Venezia 1997, pp. 67, 78, 80; P. Modesti, Le trasformazioni storico-costruttive del complesso della Carità, in Le grandi Gallerie dell'Accademia di Venezia. Il progetto, a cura di R. Codello, Milano (in corso di stampa); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 490; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, III, Roma 1969, p. 344.