LANTE, Francesco
Di illustre famiglia pisana, il L. era figlio di Michele Lante (Lante da Vico), già anziano del Reggimento, cancelliere del Comune e influente consigliere di Bonifazio Novello Della Gherardesca. Nacque prima della metà del XIV secolo (al 1346 risale la morte del padre); in ombra sono gli anni della giovinezza e della sua formazione. Ebbe per fratello Pietro, celebre giureconsulto. Entrato nell'Ordine dei frati minori, almeno dal 1356 il L. godette di un seggio canonicale nella cattedrale della sua città. In occasione della vacanza episcopale apertasi in Pisa con la morte di Francesco Moricotti (1378), il L. ottenne le preferenze di un paio di canonici anch'essi originari di Vico, ma non riuscì comunque ad andare oltre quella prestigiosa postulazione. Quando poi, solo due anni dopo, la cattedra arcivescovile rimase nuovamente scoperta, il L. preferì non presentarsi nemmeno in capitolo in occasione della nuova elezione, dichiarandosi "infirmus" e lasciando così aperta la strada a Lorenzo Gambacorta, nipote di Pietro che dal 1369 governava Pisa. Preclusa la via dell'affermazione domestica, il L. fu eletto vescovo della vicina Luni.
Non si conosce la data esatta della sua nomina: C. Eubel, nella Hierarchia catholica, sulla scorta del P.B. Gams, lo dice eletto nel 1385, anche se lo stesso Gams indica il 1386. Sembra però possibile collocare l'elezione del L. prima del 25 giugno 1385, data di una lettera che gli Anziani di Pisa inviarono a Iacopo Appiani, al momento a Pavia, perché raccomandasse a Gian Galeazzo Visconti il L., definito "electus Lunensis": una testimonianza dalla quale si può forse arguire anche l'estraneità del Visconti alla nomina del L., che cadde nel momento assai delicato del trapasso della Lunigiana da Bernabò a Gian Galeazzo, a dispetto del controllo che quest'ultimo proprio allora cominciava a esercitare sulla provvista dei maggiori uffici ecclesiastici del dominio. È comunque da osservare come la carriera ecclesiastica del L. si sia interamente dipanata entro i confini del Ducato visconteo, indicatore piuttosto esplicito del clima entro cui si svilupparono i rapporti col principe.
Scarse e frammentarie le notizie sull'attività pastorale del Lante. Come titolare della sede di Luni si ricorda unicamente la conferma e l'ampliamento degli statuti del capitolo della cattedrale. Secondo F. Ughelli, il 24 genn. 1390 il L. fu traslato alla guida della diocesi di Brescia, resa vacante dal contestuale trasferimento del vescovo Tommaso Visconti alla cattedra di Cremona. In realtà, benché il L. avesse regolarmente prestato la prescritta obbligazione alla Camera apostolica il 13 aprile seguente, Tommaso Visconti e i suoi vicari continuarono regolarmente a governare la diocesi bresciana, e alla testa della diocesi cremonese fu inviato proprio il L., il quale per la nuova sede si obbligò in Curia romana il 21 ott. 1390.
Nella città ebbe per vicario generale Pietro Oldrandi, mentre tra i procuratori del presule figurava il nipote Luca, probabilmente da identificarsi con quel Luca figlio di Pietro, fratello del L., ricordato anche da Petralia. Nel 1391 confermò alle monache di S. Giovanni Nuovo l'unione della chiesa di S. Michele, "loci Monestiroli", col monastero di S. Zenone. Nel 1397 concesse a Francesco Gonzaga - "ex apostolico Bonifaci IX beneplacito" - il diritto ereditario di decima su alcune non meglio specificate terre site nella diocesi cremonese. Il 25 sett. 1399 autorizzò la Comunità di Caravaggio a ricevere in affitto dalla mensa vescovile le proprietà che questa vantava nel territorio del borgo. Secondo il Bonafossa, il L. investì nel 1400 l'abate di S. Maddalena di un ospedale in vicinia S. Luca, "situm prope Cremonellam".
Già il 4 ag. 1401 il L. abbandonava la cattedra di Cremona per un'altra diocesi viscontea, quella di Bergamo, per la quale si obbligò il 4 ottobre e di cui prese possesso il 27 novembre. Anche per questo episcopato le testimonianze sono quanto mai lacunose: il cronista Castelli ricorda che il L., forte di alcune lettere ducali che gli garantivano l'appoggio del braccio secolare, cercò di prendere possesso del monastero vallombrosano del S. Sepolcro ad Astino, ma la resistenza dei monaci, sostenuti da molti uomini armati, rese vano il tentativo. Quella bergamasca fu, comunque, un'esperienza brevissima: il 27 sett. 1402 fu nuovamente trasferito alla cattedra di Cremona, che resse fino alla morte, sopraggiunta nel 1405.
Fonti e Bibl.: Cremona, Arch. della Curia vescovile, Fondo Mensa vescovile (libro di censi relativo al 1401-24); G.M. Bonafossa, Monumenta Ecclesiae Cremonensis, II, cc. 35-41 (manoscritto del sec. XVIII); C. Castelli, Chronicon Bergomense guelpho ghibellinum, a cura di C. Capasso, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XVI, 2, pp. 106, 109 s.; Memorie istoriche di più uomini illustri pisani, III, Pisa 1792, pp. 148, 163-167; L. Wadding, Annales minorum, IX, (1377-1417), Quaracchi 1932, p. 72; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, coll. 482, 556, 611; G.B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, II, Torino 1843, p. 81; F. Novati, L'obituario della cattedrale di Cremona, in Arch. stor. lombardo, VIII (1881), pp. 504 s.; F. Ardito, Nobiltà, popolo e signoria del conte Fazio di Donoratico in Pisa nella prima metà del secolo XIV, Cuneo 1920, pp. 154-157; G. Rossi Sabatini, Pisa al tempo dei Donoratico (1316-1347). Studio sulla crisi costituzionale del Comune, Firenze 1938, p. 207; L. Dentella, I vescovi di Bergamo (notizie storiche), Bergamo 1939, pp. 276-278; C. Santoro, La collezione di documenti medievali cremonesi di Leningrado, in Id., Scritti rari e inediti, Milano 1969, p. 130; O. Banti, Iacopo d'Appiano. Economia, società e politica del Comune di Pisa al suo tramonto (1392-1399), Pisa 1971; G. Petralia, "Crisi" ed emigrazione dei ceti eminenti a Pisa durante il primo dominio fiorentino: l'orizzonte cittadino e la ricerca di spazi esterni (1406-1460), in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento. Atti del V e del VI Convegno… 1982-83, Firenze 1985, p. 335; L. Carratori, Il capitolo della cattedrale nelle vicende pisane della fine del Trecento e degli inizi del Quattrocento, in Boll. stor. pisano, LVI (1987), p. 17 n. 70; M. Ronzani, "Figli del Comune" o fuoriusciti? Gli arcivescovi di Pisa di fronte alla città-Stato tra la fine del Duecento e il 1406, in Vescovi e diocesi in Italia dal secolo XIV alla metà del XVI. Atti del VII Convegno di storia della Chiesa in Italia, Brescia… 1987, a cura di G. De Sandre Gasparini et al., II, Roma 1990, pp. 823-825; V. Polonio, Legislazione e vita dei capitoli cattedrali nel Medioevo: il caso lunense, in Memorie dell'Accademia lunigianese di scienze Giovanni Capellini, cl. di scienze storiche e morali, LX-LXI (1990-91), pp. 128, 153 s.; A. Gamberini, Il principe e i vescovi: un aspetto della politica ecclesiastica di Gian Galeazzo Visconti, in Arch. stor. lombardo, CXXIII (1997), pp. 70, 74 s., 104; M. Montanari, Cronotassi dei vescovi di Cremona nel secolo XIV, in I vescovi dell'Italia settentrionale nel Basso Medioevo. Cronotassi per le diocesi di Cremona, Pavia e Tortona nei secoli XIV e XV, a cura di P. Majocchi - M. Montanari, Pavia 2002, pp. 23-25; P.B. Gams, Series episcoporum Ecclesiae catholicae, pp. 778, 780, 790, 817; Hierarchia catholica, I, pp. 147, 214 s., 318, 396.