LANA TERZI, Francesco
Nacque il 10 dic. 1631 a Brescia da Ghirardo e da Bianca Martinengo, entrambi di famiglia patrizia. Fu battezzato tre giorni dopo nella chiesa di S. Giovanni Evangelista con i nomi di Deodato Francesco Giuseppe.
Compiuti gli studi primari e secondari, a quanto sembra sotto la guida di precettori privati, decise di entrare nella Compagnia di Gesù e l'11 nov. 1647 venne accolto nel noviziato romano di S. Andrea al Quirinale dove, oltre al biennio di probazione, frequentò il primo anno del biennio di studi letterari. Nel 1650 passò nel Collegio romano, dove completò gli studi letterari e compì il triennio di studi filosofici. Nel 1652, mentre frequentava l'annualità filosofica di fisica, divenne assistente nel celebre museo del padre A. Kircher, che lo introdusse al metodo sperimentale (come il L. stesso scrive nel suo Magisterium naturae et artis, II, Brixiae 1686, p. 176); fu inoltre allievo in matematica di P. Casati (ibid., p. 425). Dall'autunno del 1654 all'estate del 1658 fu a Terni, nel locale collegio gesuitico, come maestro del corso letterario.
A quanto sembra, il suo insegnamento fu particolarmente apprezzato, tanto da farlo insignire della cittadinanza onoraria dalle autorità civili. Di certo si dedicò anche alla direzione delle rappresentazioni teatrali recitate dagli alunni, scrivendo e pubblicando il dramma La rappresentazione di s. Valentino, martire e protettore di Terni con la coronazione di Tacito e Floriano, ternani, imperatori romani (Terni 1656).
Nell'estate 1658 il L. tornò a Roma, nel Collegio romano, chiamatovi dai superiori per intraprendere il conclusivo corso di teologia. Ma un qualche fatto nuovo fece cambiare i progetti su di lui: gli fu infatti ordinato di accompagnare nel viaggio verso Venezia il confratello Daniello Bartoli, e, una volta giunto a destinazione, di dirigersi a Parma e di stabilirsi nel collegio di S. Rocco. Durante il viaggio soggiornò nel collegio di Macerata, dove ebbe modo di assistere a esperimenti sulla meccanica dei fluidi, eseguiti dal rettore, padre D. Brunacci (Magisterium naturae et artis, II, p. 257).
In S. Rocco completò gli studi, frequentando tra il 1658 e il 1662 il quadriennio teologico. Per i primi tre anni ebbe come guida il gesuita inglese A. Terill, allora interessato a questioni riguardanti il magnetismo e il moto animale. Gli fu permesso inoltre, nel periodo intorno al 1660, di incontrare più volte F. Simonetta, ingegnere e matematico della corte ducale, e di discutere con lui di questioni ottiche collegate alla costruzione dei telescopi. Alla fine della terza annualità, nel 1661, il L., come d'uso, ricevette l'ordinazione sacerdotale, per poi compiere, subito dopo la conclusione degli studi teologici, tra l'autunno del 1662 e l'estate del 1663, il cosiddetto terzo anno di probazione nella casa di Busseto.
Divenuto gesuita a tutti gli effetti, il L. fu inviato dai superiori a Brescia, nel collegio di S. Antonio, dove per un biennio tenne l'insegnamento di filosofia, dapprima (1663-64) trattando la logica, e poi (1664-65) la fisica. Di questo periodo resta traccia in un discorso (forse una conferenza letta durante la sospensione natalizia dei corsi) intitolato L'occhio astronomico accecato da raggi della cometa apparsa su 'l fine dell'anno 1664. Discorso dell'astronomo oculato…, Brescia s.d., che, per quanto anonimo, data la prassi seguita in questi casi nella Compagnia, è da attribuire al Lana Terzi.
Nel decennio seguente, dopo aver fatto la professione dei quattro voti il 15 ag. 1665, assunse l'incarico di prefetto, ossia direttore, dell'accademia dei nobili, la scuola per laici del collegio. La maggior libertà che il nuovo compito assicurava fu sfruttata dal L. per compiere una serie di esperienze sul vuoto e di osservazioni barometriche, tra le quali particolare significato rivestono quelle condotte nei primi giorni dell'ottobre 1665, quando si recò su due alture vicino Brescia, il colle detto la Torricella e il colle della Maddalena, e utilizzando il barometro di Torricelli verificò i mutamenti della pressione in funzione dell'altitudine (Magisterium naturae et artis, II, pp. 201, 284). Si applicò, inoltre, a esperimenti sull'isocronia del pendolo e all'elaborazione di un sistema crittografico, esposto dapprima in forma riassuntiva in uno scritto apparso nella Schola steganographica di K. Schott (Norimbergae 1665, pp. 344-346) e poi estesamente riproposto nei primi tre capitoli del suo Prodromo… (1670).
Erano intanto apparsi, a firma di L. Magalotti, i Saggi di naturali esperienze (Firenze 1667), con cui venivano divulgati i risultati dell'attività sperimentale dell'Accademia del Cimento. L'opera, nella quale il L. trovò conferma delle sue opinioni sulla pesantezza atmosferica, lo spinse a scrivere, il 9 maggio 1668, una celebre lettera di elogio agli accademici (Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Galileiani, 284, c. 11r), giunta però a Firenze quando il sodalizio era ormai sciolto.
L'episodio, per quanto significativo, non è però indice di una vicinanza ideologica del L. con il galileismo. È noto, d'altronde, che appena alcuni mesi più tardi, il 27 e 28 ottobre, di passaggio per Bologna, egli compì dalla torre degli Asinelli una serie di esperienze sulla caduta dei gravi, al fine di confutare le leggi galileiane riguardanti il fenomeno. La sua attività va piuttosto inquadrata nel disegno, proprio degli physicomathematici gesuiti e condiviso dal L., di ridefinizione e sistemazione di un sapere "fisico" che, pur abbandonando lo schema della fisica aristotelica, conservasse le categorie di base dell'aristotelismo scolastico. Questo disegno, che inseriva anche la magia naturale nella mappa del sapere scolastico, comportava una rivalutazione dell'uso fisico di quelle che gli scolastici chiamavano matematiche medie (la prospettiva, la musica, l'astronomia, la meccanica ecc.); esse sarebbero dovute divenire strumenti di certificazione locale del sapere, tali da assicurare la coesistenza della fisica scolastica con un orientamento tecnico-sperimentale nella ricerca naturale, in grado di dare risposte ai problemi fisici sollevati dai moderni.
Un caposaldo di questa concezione fu il Prodromo overo Saggio di alcune inventioni nuove premesso all'arte maestra… per mostrare li più reconditi principi della naturale filosofia, dato alle stampe dal L. a Brescia nel 1670.
L'opera è ricordata soprattutto per il progetto di "nave volante", descritto nel sesto capitolo in tutti i suoi particolari costruttivi e illustrato da una famosa tavola; questo progetto non trovò pratica attuazione, ma, essendo fondato su validi principî fisico-matematici permise al L. di essere annoverato tra i pionieri dell'aeronautica. Il trattato descrive anche il progetto del cannocchiale distanziometrico, strumento alla cui ideazione il L. giunse indipendentemente da G. Montanari e in una fase successiva. Il Prodromo trova la sua cifra caratteristica in una precipua attenzione all'operare tecnico e alla "magia naturale", inserita accanto alla fisica nella mappa di un rinnovato sapere scolastico e intesa come arte sperimental-operativa. Segno di tale attenzione è l'importanza a cui assurge, nell'opera, la categoria dell'utile, che fa sì che accanto a una minuziosa rassegna dei maggiori fenomeni della meccanica, dell'attrazione elettrica e magnetica, della fisica dei solidi, dei fluidi e del suono - al tempo noti - compaiano le descrizioni di una serie di invenzioni (termoscopi, igrometri, orologi, una macchina per la semina ecc.), ideate dal L. per contribuire ad alleviare i molti bisogni dell'umanità. Il principio dell'utile è anche ciò che spiega la presenza nel volume delle due appendici: la prima riguardante la tecnica pittorica, intesa come disciplina che assurge a sintesi del reale, e la seconda dedicata alla costruzione dei telescopi.
Il progetto di "nave volante" suscitò curiosità in tutta Europa. Tra l'altro, una sua analisi comparve, nel 1679, nelle Philosophical Transactions of the Royal Society of London (accademia della quale il L. non fu mai socio), mentre G.W. Leibniz lo espose dettagliatamente nella Hypothesis physica nova (Magonza 1671) e poi lo trattò nella corrispondenza intrattenuta con il Lana Terzi.
Quando nel Giornale veneto de' letterati del 1671 (X, pp. 126-131) fu pubblicato un saggio di M.A. Castagna, intitolato Osservatione… come di un sottilissimo vapore si generino fuori dell'utero della terra in momentaneo tempo le iridi specie di gemme delle più inferiori, il L., allora interessato alle questioni riguardanti la formazione dei cristalli di quarzo, colse l'occasione per inviare al Giornale una nota, pubblicata con il titolo di Censura alla osservatione del signor M. Antonio Castagna circa la formatione dei cristallini (ibid., XI [1672], pp. 86 s., poi riprodotta in traduzione nelle Philosophical Transactions of the Royal Society of London, 1672, n. 83, p. 4068), dove espose una congettura secondo la quale i cristalli dovevano la loro configurazione a un principio salino, congettura nella quale è stato visto il germe della teoria cristallogenetica di C. Linneo.
Nell'autunno del 1675 il L. fu chiamato a Ferrara per assumere la lettura di matematica presso il locale collegio della Compagnia. Tale cattedra, istituita il 31 ott. 1675 per volere del cardinal legato della città Sigismondo Chigi, era una lettura finanziata dalla Municipalità, le cui lezioni, svolte in volgare, erano finalizzate a formare competenze specifiche in campo idraulico. Il L. fu scelto per essa dal preposto generale della Compagnia, P. Oliva, e la tenne fino al termine del suo soggiorno nella città emiliana; la integrò, a partire dal 1676, con quella di matematica dello Studio, tenuta in latino e con finalità teoriche.
L'insegnamento del L. a Ferrara fu però avversato. I motivi sono poco chiari e questo ha permesso di formulare svariate congetture. Addirittura, è stato dato spazio alla nascita di quella che, allo stato degli studi, può ritenersi solo una leggenda (per alcuni autori posteriore), che vedrebbe il L. coinvolto in un processo per magismo. Di certo - come si deduce da due lettere del generale Oliva, conservate nell'Archivum Romanum Societatis Iesu e risalenti al febbraio e al giugno 1679, la prima destinata al rettore del collegio ferrarese A. Leonardi, la seconda al provinciale veneto O. Rossi - capofila degli avversari fu il marchese Giulio Tassoni, contro il quale il L. tentò di mettere in atto un "biasimevole […] disegno", forse la pubblicazione di un libello polemico, impeditogli dal provinciale. Mancando altre notizie, è corretto ritenere che alla base dei problemi vi fu una sorta di equivoco sulle competenze del L.: annunciato in città come un tecnico con il compito di formare altri tecnici, egli operò invece come un filosofo naturale, sia pure interessato agli aspetti quantitativi dei fenomeni, che formò filosofi naturali. In effetti, le undici lettere del L., datate tra il 10 marzo e il 28 ag. 1677 - che costituiscono il carteggio con il confratello D. Bartoli (Lettere edite ed inedite del padre Daniello Bartoli e di uomini illustri scritte al medesimo, Bologna 1865, pp. 85-109) e rappresentano l'unica testimonianza diretta degli studi e degli interessi del L. in questi anni, nonché delle attività sperimentali messe in atto con gli allievi - vertono intorno ad argomenti di acustica (propagazione del suono) e, in misura minore, di anatomia dell'orecchio, tematiche, queste, comunque lontane dalle esigenze idrauliche della città.
Le richieste di rimuovere il L. dagli insegnamenti di matematica ferraresi, avanzate ai vertici della Compagnia, ebbero il loro effetto. Durante l'estate del 1679 gli fu ordinato di tornare a Brescia, nel collegio che dal 1670 i gesuiti avevano istituito presso la chiesa delle Grazie, e non in funzione di insegnante ma di confessore, ufficio che il L. tenne per otto anni, fino alla morte.
Nella città natale si dedicò alla realizzazione di alcuni progetti da più anni vagheggiati. Dapprima pubblicò un'opera ascetica, La beltà svelata in cui si scoprono le bellezze dell'anima (Brescia 1681), notevole anche per la lingua, ricchissima, e per le sorprendenti figure retoriche utilizzate. Diede poi alle stampe il primo volume (di dodici progettati) di una sorta di enciclopedia della fisica sperimentale del tempo (Magisterium naturae et artis. Opus physico-mathematicum… in quo occultiora naturalis philosophiae principia manifestantur et multiplici tum experimentorum tum demostrationum serie comprobantur, ac demum tam antiqua pene omnia artis inventa, Brixiae 1684), a cui fecero seguito un secondo volume, stampato sempre a Brescia nel 1686, e un terzo, uscito postumo a Parma, nel 1692. Il tutto per un totale di quattro trattati, tre dei quali contenuti nel primo volume e il quarto in quelli restanti.
Anche se usualmente l'opera è stata studiata nella parte tecnica, in particolare per ciò che aggiunge al Prodromo sulla questione del volo aerostatico, essa ha un significato ben più ampio, dato che rappresenta un documento primario, e per certi versi insostituibile, dell'evoluzione intellettuale della Compagnia di Gesù tra il 1670 e il 1690. Nel libro, il L. tentò una sintesi tra l'esigenza di difesa del valore fondante dell'ontologia aristotelica e delle sue principali categorie di base, anche in campo fisico, e la necessità di sostituzioni di parti sempre più ampie della tradizionale fisica con classificazioni, concezioni e risultati moderni. Più nel dettaglio, lo sviluppo argomentativo è scandito in tre fasi, experimenta, doctrina, artificia, che ribaltano il tradizionale schema argomentativo scolastico, escludendo implicitamente la possibilità di definizioni in fisica e fornendo la teoria e le applicazioni dopo l'esposizione di una scelta molto ampia di esperimenti e osservazioni (suoi o di altri, incluso R. Boyle). In tal modo, il Magisterium è, per metodo e contenuto, quasi interamente sperimentale e in esso è totalmente sostituita la classificazione aristotelica del mondo naturale con un'altra puramente empirica, che interpreta i fenomeni particolari (come quelli magnetici ed elettrici) quali altrettanti tipi di movimento da cui dipendono tutte le proprietà dei corpi, che esigono quei movimenti come condizioni. Ciò rende il Magisterium l'espressione più ampia di una sorta di meccanicismo gesuitico, secondo il quale le proprietà fisiche non sono movimento, ma non si danno senza di esso.
Attorno al 1685 il L. intraprese la stesura di uno scritto di argomento mineralogico - forse una lettera naturalistica da inviare, è stato ipotizzato, al confratello D. Bartoli, morto proprio quell'anno, la Historia naturalis Brixiensis regionis - lasciato allo stato di frammento manoscritto, oggi conservato, nella trascrizione settecentesca di L. Arici, presso la Biblioteca civica Queriniana di Brescia. Del frammento, che contiene anche resoconti di osservazioni metereologiche e di declinazione magnetica, fu pubblicata una traduzione italiana, inserita da C. Pilati alle pp. 13-32 di una crestomazia naturalistica, intitolata Saggio di storia naturale bresciana (Brescia 1769).
Nell'ultimo anno di vita il L. fondò, insieme con altri, l'Accademia dei Filesotici della natura e dell'arte, sodalizio scientifico che si proponeva di divulgare, con pubblicazioni periodiche, i resoconti degli esperimenti effettuati e di segnalare ai curiosi le maggiori novità librarie.
L'Accademia non sopravvisse alla morte del suo fondatore, ma per cura di E.F. Lantana venne pubblicato un regesto delle sue attività, dal titolo di Acta Novae Academiae Philexeticorum naturae et artis (Brixiae 1687), contenente tra l'altro le descrizioni di uno studio sulla declinazione magnetica, di un altro sulla costruzione di una pisside magnetica e di un terzo di un'esperienza sulla solidificazione di due liquidi venuti a contatto, contributi questi forse ascrivibili al Lana Terzi.
Il L. morì a Brescia il 26 febbr. 1687 (ibid., p. 239).
Il Prodromo all'arte maestra è edito a cura di A. Battistini, Milano 1977; tre manoscritti del Magisteriumnaturae et artis sono segnalati in mano privata in U. Vaglia, Stampatori e editori bresciani e benacensi nei secoli XVII e XVIII, Brescia 1984, p. 193.
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