MANNU, Francesco Ignazio
Nacque a Ozieri, presso Sassari, il 18 maggio 1758 da Giovanni Michele e Margherita Roig, entrambi appartenenti alla piccola nobiltà locale.
Terminato il corso di studi inferiori, frequentò a Sassari l'Università dove trasse giovamento dalla riforma con cui il ministro G.B.L. Bogino aveva infuso linfa nuova nella cultura isolana. Si laureò in legge il 6 febbr. 1783 e subito dopo si trasferì a Cagliari per esercitarvi la professione di procuratore legale, proponendosi all'attenzione soprattutto nel periodo in cui, respinto vittoriosamente dai Sardi il tentativo della flotta francese di conquistare Cagliari, il braccio o "stamento" militare del Parlamento sardo di antico regime - di concerto con gli altri due bracci, ecclesiastico e reale - si autoconvocò, dapprima per approntare misure di difesa, quindi per predisporre una piattaforma politica unitaria di rivendicazione autonomista della "nazione sarda".
Il dibattito in seno agli stamenti svoltosi nella primavera del 1793 aveva dato luogo alla piattaforma politica delle "cinque domande", recate a Torino da una delegazione di sei ambasciatori, due per ciascun braccio del Parlamento. Con esse i rappresentanti della Sardegna chiedevano il ripristino della convocazione decennale del Parlamento, mai convocato dai sovrani sabaudi dalla presa di possesso dell'isola nel 1720; il rispetto delle leggi fondamentali del Regno di Sardegna, in particolare del ruolo che un reggimento monarchico "misto", in cui la sovranità veniva esercitata insieme dal re e dai corpi intermedi, affidava ai ceti dirigenti; l'assegnazione ai Sardi dei posti nella burocrazia statale; l'istituzione di un Consiglio di Stato; la costituzione di uno specifico ministero per la Sardegna a livello di governo centrale.
Il ruolo svolto dal M. nei dibattiti parlamentari dovette essere particolarmente incisivo se, dopo la partenza della delegazione stamentaria per Torino, il 27 luglio 1793 egli fu chiamato a ricoprire l'incarico di "avvocato dello stamento militare", un ruolo di assoluto rilievo, riconosciutogli anche dallo storico G. Manno, che lo descrisse come "giovine di animo bollente, benché ascoso sotto tiepide apparenze, dotato di acume straordinario d'intelletto, e per la sua finezza di ragionamento e per la copia della dottrina legale assai pregiato nello stamento militare di cui era membro" (Manno, II).
Il mancato accoglimento da parte del sovrano delle "cinque domande" diede luogo all'insurrezione cagliaritana del 28 apr. 1794, cui seguì lo "scommiato" (ossia la cacciata) di tutti i funzionari piemontesi, provocato dall'insofferenza dei Sardi verso la politica assolutistica del governo piemontese.
Nell'episodio il M. ebbe un ruolo di primo piano: una fonte coeva arrivò a sostenere che egli "avrebbe rinunziato al paradiso, qualora vi avesse trovato un piemontese" (Ragguaglio delle circostanze…).
Subito dopo la cacciata dei Piemontesi, il M. provvide, come avvocato dello stamento militare, alla nuova convocazione dei membri dello stamento militare. In assenza del viceré, tra aprile e settembre 1794 gli affari pubblici furono gestiti autonomamente dalla Reale Udienza, massimo organo giurisdizionale e politico, coadiuvata dai tre rami del Parlamento. In questo contesto il M. portò avanti una linea d'azione di rigido autonomismo, che esigeva l'applicazione integrale delle prerogative della "nazione sarda". Proprio tale rigore autonomistico lo portò, il 7 luglio 1794, a rinunciare all'incarico di avvocato dello stamento militare e, da questo momento, il ruolo politico del M. appare più defilato.
Nel settembre 1795 fu nominato giudice aggiunto della sala civile della Reale Udienza.
Tra settembre 1794 e luglio 1795 una grave frattura si era verificata all'interno del partito patriottico sardo, che culminò nell'assassinio dell'intendente generale G. Pitzolo e del generale delle armi marchese G. Paliaccio della Planargia, che il re aveva nominato nel giugno 1794 e la cui azione era diretta a indebolire il disegno autonomistico del partito patriottico. Intanto, a partire dall'estate 1795, alle istanze autonomistiche a antiassolutistiche si aggiungeva la rivolta delle popolazioni rurali contro il sistema feudale, ancora ben radicato nell'organizzazione politica e sociale della Sardegna.
La lotta antifeudale avrebbe poi caratterizzato il periodo compreso tra l'agosto 1795 e il giugno 1796 e avrebbe raggiunto il suo acme con la fuga dalla Sardegna del giudice G.M. Angioj che nel febbraio 1796 era stato inviato a Sassari per cercare di sedare la rivolta e di concordare con le parti un provvedimento di eversione della feudalità in cui i feudatari videro uno strumento puro e semplice di abolizione dell'istituto. Fu appunto nel cuore della lotta antifeudale che, sul finire del 1795, il M. scrisse l'opera alla quale sono legati il suo nome e la sua fama, l'inno Su patriota sardu a sos feudatarios, un lungo e complesso carme in sardo logudorese, di 47 ottave in ottonari, modellato sui gosos, inni di origine spagnola che nella tradizione religiosa locale venivano cantati in onore dei santi.
La tradizione vuole che l'inno sia stato stampato clandestinamente in Corsica nel pieno della lotta antifeudale. R. Garzia, codificando una consolidata tradizione ottocentesca, volle ribattezzare l'inno come la "Marsigliese sarda", attribuendogli significati e valenze di carattere democratico e giacobino storicamente improbabili e sotto il profilo dell'analisi testuale del tutto improponibili. In realtà l'inno del M., come i più recenti studi hanno messo in luce, è il più noto manifesto politico della fase moderata del movimento antifeudale, avviata con le aperture del governo viceregio e dei feudatari del Capo meridionale nell'estate del 1795, al fine di sanare gli abusi di cui si era reso storicamente responsabile il sistema feudale. L'inno veicola una visione moderatamente riformatrice della società e del Regno di Sardegna di fine Settecento, sebbene i toni di alcune strofe denotino una convinta e robusta denuncia dei mali indotti dal sistema feudale nella società sarda. Ripercorre, inoltre, con toni duramente polemici, le principali vicende del "triennio rivoluzionario", denunciando il tradimento della "sarda rivoluzione" da parte di coloro che, per interesse personale e di parte, ne avevano abbandonato l'originaria ispirazione autonomistica e vanificato quel progetto di riforma politica e sociale, da realizzare all'interno dell'istituto monarchico, del tutto alieno da propositi di carattere democratico e giacobino.
Questo sostanziale moderatismo potrebbe spiegare il motivo per cui, dopo il fallimento del moto antifeudale, il M., indicato tra i più accesi fautori dell'Angioj e in quanto tale proposto per il confino, non fu né perseguitato né epurato. Anche dopo l'arrivo in Sardegna nel 1799 del sovrano sabaudo, cacciato da Torino dalle armate napoleoniche, il M. poté continuare indisturbato il suo servizio nei ruoli dell'alta magistratura. Giudice effettivo della sala civile della Reale Udienza nel 1807, nel settembre 1818 fu nominato giudice del Magistrato del consolato, tribunale incaricato di dirimere le controversie sul commercio.
Parsimonioso e filantropo, alla sua morte, avvenuta a Cagliari il 19 ag. 1839, il M. lasciò un cospicuo patrimonio di 40.000 scudi all'ospedale cittadino.
Fonti e Bibl.: Per le notizie biografiche e il cursus honorum: Arch. di Stato di Cagliari, Segreteria di Stato, s. II, voll. 51, 90, 107, 109; Ragguaglio delle circostanze che accompagnarono l'infausta morte del generale delle armi di Sardegna marchese della Planargia, e del cav. Gerolamo Pitzolo intendente generale del Regno, a cura di L. Carta, in Sardegna e Spagna: uomini istituzioni e società nell'Età moderna, Roma 1993, p. 303; necr., in L'Indicatore sardo, 7 sett. 1839; R. Bonu, Scrittori sardi dal 1746 al 1950, Oristano 1952, pp. 197 s.; V. Del Piano, Giacobini, moderati e reazionari in Sardegna, Cagliari 1996, pp. 274-276; F. Obinu, I laureati dell'Università di Cagliari 1764-1945, Roma 2002, p. 107 n. 89.
Per l'attività politica e il ruolo del M. durante il periodo della "sarda rivoluzione": Pezze originali di cui si fa menzione nel Ragionamento giustificativo rassegnato colla Rappresentanza quarta dai tre stamenti del Regno di Sardegna… (1795), in Pagine di storia cagliaritana 1794-95, a cura di L. Carta, Cagliari 1995, pp. 340, 430; G. Manno, Storia moderna della Sardegna dal 1773 al 1799, Torino 1842, I, p. 182; II, p. 94; Storia de' torbidi occorsi nell'isola di Sardegna dall'anno 1792 in poi: opera anonima…, a cura di L. Carta, Cagliari 1994, pp. 50, 82, 116, 129, 185; A. Mattone - P. Sanna, La "rivoluzione delle idee": la riforma delle due Università sarde e la circolazione della cultura europea (1764-1790), in Riv. storica italiana, XC (1998), 3, pp. 918 s., 926, 942; L'attività degli stamenti nella "Sarda Rivoluzione", a cura di L. Carta, I-IV, Cagliari 2000, ad indicem.
Un esemplare della prima edizione dell'inno Su patriota sardu a sos feudatarios è conservato a Cagliari, Biblioteca universitaria, Misc. 1494/1. Tra le numerose edizioni del testo e i lavori di critica letteraria, si ricordano, tra i più significativi: J.W. Tyndale, The island of Sardinia, London 1849, III, pp. 259-303 (con il testo originale e la traduzione inglese); A. Boullier, L'île de Sardaigne. Dialecte et chants populaires, Paris 1865, pp. 94-105 (con la versione francese; rist. anast., Bologna 1976); G. Spano, Canzoni popolari di Sardegna (1865), a cura di S. Tola, Nuoro 1999, II, pp. 99-107; E. Costa, Sassari, Sassari 1885, I, pp. 335-340; La Nuova Sardegna, 1° marzo 1896 (con traduzione in versi italiani di S. Satta); P. Nurra, Antologia dialettale dei classici poeti sardi, Sassari 1897, pp. 161-204; R. Garzia, Il canto d'una rivoluzione, Cagliari 1899; R. Carta Raspi, Sardegna terra di poesia. Antologia della poesia sarda, Cagliari s.d. [ma 1923], pp. 124-138; F. Alziator, Storia della letteratura di Sardegna, Cagliari 1954, pp. 295-300; Il meglio della grande poesia in lingua sarda, prefaz. di M. Pira, introd. di M. Brigaglia, Cagliari 1975, pp. 115-142; M.A. Dettori, Su patriottu sardu a sos feudatarios di F.I. M., in Arch. sardo del movimento operaio contadino e autonomistico, n. 32-34, s.d. [ma 1990], pp. 267-308; Su patriottu sardu a sos feudatarios di F.I. M., a cura di P.A. Bianco - F. Cheratzu, Sassari 1991; L. Virdis, La scrittura militante di F.I. M., in NAE. Trimestrale di cultura, III (2004), 8, pp. 15-21. Per l'edizione critica dell'inno e un ampio inquadramento storico, cfr. F.I. Mannu, Su patriota sardu a sos feudatarios, a cura di L. Carta, Cagliari 2002.