GUICCIARDI, Francesco
Nacque a Modena nella seconda metà del sec. XVII. Trascorse gli anni di formazione nella sua città natale ed entrò ben presto alle dipendenze della corte ducale modenese come tenore, ricevendo il consueto titolo di "virtuoso di musica", sorta di nobile patente concessa a titolo di protezione - come era consuetudine nelle corti italiane - a molti dei cantanti che si esibivano nei maggiori circuiti teatrali del paese. La prima documentata apparizione del G. in un teatro pubblico risale al dicembre 1703 quando, in apertura della stagione di Carnevale, interpretò il ruolo di Alfonso nel dramma serio di C.F. Pollarolo La forza della virtù, al teatro di Palazzo di Verona. Presso il medesimo teatro all'inizio del 1704 impersonò Gustavo ne Il Faramondo, opera probabilmente ascrivibile sempre al Pollarolo, su libretto di A. Zeno. Nel gennaio 1705 fu al teatro S. Angelo di Venezia, dove interpretò la parte del protagonista nell'Artaserse di A. Giannettini, su libretto di A. Zeno e P. Pariati. Alla fine dello stesso anno, in novembre, cantò al teatro Comunale Vecchio di Modena, interpretando il personaggio di Garzia ne Il trionfo d'amore ne' tradimenti. Nell'autunno del 1706 tornò a esibirsi al teatro di Palazzo di Verona, per impersonare Vologeso nel Lucio Vero di Pollarolo e Zeno.
Il 1707 fu per il G. un anno particolarmente importante, poiché segnò l'incontro con la drammaturgia händeliana. Infatti, dopo aver interpretato durante la stagione estiva la parte di Tiberio II nel dramma IlMaurizio, forse di D. Gabrielli, presso il teatro del Cocomero a Firenze, sullo stesso palcoscenico, in apertura della stagione autunnale, prese parte alla prima assoluta del dramma di G.F. Händel, su libretto di A. Salvi, Vincer se stesso è la maggior vittoria (o Rodrigo), impersonando il ruolo di Giuliano. Cimentandosi in questa parte, il G. dimostrò il possesso di una tecnica particolarmente raffinata, unita a un'estensione vocale considerevole.
Nel 1708 è certa la sua presenza a Ferrara presso il teatro del conte Borso Bonacossi, dove interpretò il personaggio di Ottone nel dramma La virtù in trionfo, o sia La Griselda. Durante la stagione di Carnevale dell'anno successivo cantò a Genova, presso il teatro di S. Agostino, nel ruolo di Silace in L'odio e l'amore di G.M. Orlandini, mentre nel mese di giugno si trasferì al teatro Malvezzi di Bologna per impersonare il ruolo di Arrigo in un pastiche su libretto di Zeno e Pariati dal titolo L'Engelberta, o sia La forza dell'innocenza. Presso lo stesso teatro, ancora nel 1709, recitò ne L'inimico generoso di A. Caldara, interpretando la parte di Oronte. Dopo un'assenza dalle scene che durò qualche anno, il G. riprese regolarmente la propria attività artistica a partire dagli inizi del 1713, anno nel quale si esibì prima a Livorno, presso il teatro di S. Sebastiano, e poi a Genova, sul palcoscenico del teatro di S. Agostino. A Livorno, durante la stagione di Carnevale, fu Bonoso ne L'Engelberta e poi Emilio ne La Partenope di L. Manza, su libretto di S. Stampiglia. A Genova il G. giunse in apertura della stagione autunnale, per impersonare prima il ruolo di Argiro ne Il comando non inteso et ubbidito, e poi quello di Arsace ne La principessa fedele, entrambi musicati da F. Gasparini.
Tra il febbraio e l'aprile 1714 il G. fu al teatro Capranica di Roma dove, in apertura della stagione di Carnevale, vestì i panni di Vespasiano nel Tito e Berenice di Caldara, per cimentarsi poi, sempre sullo stesso palcoscenico, in un'altra opera di Gasparini, il Lucio Papirio, in cui interpretò il personaggio di Marco Fabio. Per la stagione autunnale dello stesso anno fece ritorno a Verona, per esibirsi ancora sul palcoscenico del teatro di Palazzo e impersonare il ruolo di Lotario ne L'innocenza difesa di Orlandini. A Verona si trattenne fino ai primi mesi del 1715, cantando anche durante la stagione di Carnevale in una riedizione de L'Engelberta (Arrigo). A conclusione della stagione, egli cantò nel dramma di A. Lotti, su libretto di F. Silvani, Il tradimento traditor di se stesso, dove fu Artaserse. In occasione della fiera d'agosto del 1715 lo ritroviamo al teatro Pubblico di Reggio Emilia, dove prese parte, nel ruolo di Colao, alla rappresentazione de Il tartaro nella Cina di Gasparini. All'inizio del 1716 approdò al teatro Carignano di Torino, per interpretare il personaggio di Polifonte nella Merope e quello di Ormondo ne L'Arideno, due drammi composti da S.A. Fioré. Nell'ottobre dello stesso anno si trasferì a Venezia, per prendere parte alle stagioni d'autunno e di Carnevale del teatro Grimani di S. Giovanni Grisostomo, sul cui palcoscenico, tra gli ultimi mesi del 1716 e i primi del 1717, interpretò il ruolo di protagonista nell'Ariodante di Pollarolo e la parte di Claudio nell'Alessandro Severo di Lotti. Tra il febbraio del 1718 e l'estate del 1719 il G. soggiornò a Dresda, dove partecipò alle varie stagioni di opera italiana presso il Regio Elettoral Teatro, cantando in due drammi di A. Lotti: Gl'odj delusi dal sangue (nella parte di Mesenzio) e Teofane (Isauro).
A Dresda il G. ebbe modo di incontrare Händel, dal quale fu segnalato per un ingaggio presso la Royal Academy di Londra, grazie a una lettera spedita dal noto compositore a Richard Boyle conte di Burlington nel luglio del 1719. Non risulta, però, che la segnalazione di Händel abbia sortito effetto, poiché a partire dal 1720 l'attività del G. riprese regolarmente presso i teatri italiani e non si ha notizia documentata di un suo soggiorno a Londra.
Tra l'autunno del 1720 e la stagione di Carnevale del 1721 il G. fu ancora al teatro di S. Giovanni Grisostomo a Venezia, dove vestì dapprima i panni del protagonista nel Teodorico di G. Porta, per poi impersonare Marco Fabio nel Lucio Papirio dittatore, di Pollarolo, e cantare, infine, nel Nerone di Orlandini, nella parte di Ottone. Nei primi mesi del 1722 fu di nuovo al teatro di S. Sebastiano di Livorno, per interpretare il personaggio del re di Scozia nel dramma Ginevra principessa di Scozia di D. Sarri e di Gualtiero in Griselda. Nel novembre dello stesso anno, si trasferì ancora una volta a Venezia per prendere parte alle stagioni d'autunno e di Carnevale del teatro di S. Angelo, ove tra il novembre 1722 e il gennaio 1723 fu Segeste nell'Arminio di Pollarolo, Cresfonte nel Timocrate di L. Leo e Amasi ne I veri amici di A. Paulati. Nel dicembre 1723 fu chiamato al teatro Pubblico di Pesaro, dove cantò dapprima ne Il fratricida innocente di G.A. Perti (Venceslao), e poi ne Il comando non inteso ed ubbidito di Lotti (Argiro). La carriera del G. si concluse a Napoli, presso il teatro di S. Bartolomeo, dove si trattenne tra l'autunno del 1724 e la primavera del 1725, esibendosi nell'Eraclea di L. Vinci (Marcello), Semiramide regina dell'Assiria di N. Porpora (Attalo) e Tito Sempronio Gracco di Sarri (protagonista).
Una delle ultime parti interpretate dal G., sempre per il pubblico napoletano, fu quella di Lucio Tarquinio Superbo in una riedizione del Turno Aricino, dramma su testo di S. Stampiglia via via posto in musica da compositori come G. Bononcini, F. Mancini e A. Scarlatti, e ripreso infine a Napoli nel 1724 in forma di pastiche (Romagnoli, pp. 58 s.). Nel cast di quest'ultima edizione troviamo appunto il G., ormai maturo, che si accompagna a cantanti del calibro di Vittoria Tesi e C. Broschi. Le arie interpretate dal G. sono state scritte da A. Lotti ("Che un'alma sublime", atto I) e da L. Leo ("Non provocarmi all'ire", atto II, e "Questo laccio sul regio mio crine", atto III).
Dopo il periodo napoletano non si hanno più notizie sull'attività artistica del G. né si conosce la data della sua morte.
Risulta, tuttavia, ancora vivo nel maggio del 1729, anche se ormai in fase decisamente declinante, come testimonia una sua lettera al segretario del duca di Modena, suo protettore, nella quale richiede l'appoggio per un suo nuovo ingaggio presso alcuni impresari i quali, a suo dire, gli avevano preferito un altro tenore, non tenendo nella giusta considerazione un "servitore di Principi" (Arch. di Stato di Modena, Archivio per materie, Musici, b. 1/B).
Fonti e Bibl.: P. Rigoli, Tre teatri per musica a Verona nella prima metà del Settecento. Cronologie e documenti, in Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 4, XXXIII (1981-82), pp. 245, 263 s.; W. Dean - J.M. Knapp, Händel's operas 1704-1726, Oxford 1987, pp. 98, 109, 301, 421; J. Rosselli, Il cantante d'opera. Storia di una professione, Bologna 1993, pp. 36, 43 n.; A. Romagnoli, Il Turno Aricino di S. Stampiglia nelle versioni musicali di G. Bononcini e F. Mancini, in Gli affetti convenienti all'idee. Studi sulla musica vocale italiana, a cura di M. Caraci Vela - R. Cafiero - A. Romagnoli, Napoli 1993, pp. 58 s.; S. Franchi, Drammaturgia romana, II, 1701-1750. Annali dei testi drammatici e libretti per musica pubblicati a Roma e nel Lazio dal 1701 al 1750…, Roma 1997, p. 102; Conservatorio di musica S. Pietro a Majella di Napoli, Catalogo dei libretti d'opera in musica dei secoli XVII e XVIII, a cura di F. Melisi, Napoli 1985, pp. 95, 207, 241; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, I, pp. 90, 275 s., 294, 308; II, pp. 30 s., 161 s., 221; III, pp. 41, 113, 317, 374 s., 451, 456; IV, pp. 34, 38, 41, 114, 136, 221, 268, 358, 469; V, pp. 179, 300, 315, 317, 329, 333, 340, 350, 465, 493, 499; Libretti per musica del Fondo Ferrajoli della Biblioteca apostolica Vaticana, a cura di G. Gialdroni - T.M. Gialdroni, Lucca 1993, pp. 410, 433; The New Grove Dictionary of opera, II, p. 571; The New Grove Dictionary of music and musicians (ed. 2001), X, p. 518.