GUGLIELMINO, Francesco
Nacque l'8 marzo 1872 ad Aci Catena, nei pressi di Catania, da Mario e Giuseppa Leonardi. Compiuti i primi studi presso il locale liceo ginnasio, si iscrisse alla facoltà di lettere dell'Università di Catania dove si laureò l'8 luglio 1895 con R. Sabbadini, discutendo una tesi sulla poesia di Lucrezio, presto trasformata in saggio (Le similitudini nel poema di T. Lucrezio Caro, Acireale 1896).
Alla fine del 1895 il G. venne arruolato nel 21° reggimento di fanteria di stanza a Catania, dove si era trasferito precedentemente per seguire i corsi universitari, e dove, dal 1893, aveva iniziato a insegnare presso il liceo ginnasio pareggiato Cutelli, gestito dai gesuiti.
L'anno seguente, ottenuto il congedo, il G. riprese la docenza nel ginnasio inferiore dello stesso istituto prima e poi, dal 1897 al 1899, come incaricato fuori ruolo nelle scuole medie. Quando nel 1899 il Cutelli fu trasformato in scuola del Regno, il G. tornò a prestarvi ininterrottamente il suo servizio fino al dicembre 1918, prima in qualità di docente di latino e greco nel ginnasio superiore e nel liceo, poi come vicepreside. Concorse anche alle prove per l'incarico di presidenza, che assunse infatti presso il liceo ginnasio Secusio di Caltagirone, nel 1919, ma solo per pochi mesi. Infatti all'inizio dell'anno scolastico successivo, per ragioni familiari, chiese di essere restituito all'insegnamento e di poter tornare a Catania. Dal 1920 e fino al 1932 ottenne infine il trasferimento presso il liceo ginnasio Spedalieri.
Nel frattempo il G. si era dedicato all'attività di conferenziere su autori antichi e moderni (Virgilio, C. Goldoni, H. Ibsen) presso i circoli Lyceum di Catania e del Dramma antico di Siracusa ma si era fatto conoscere anche come poeta dialettale, con la raccolta Ciuri di strata (Catania 1922, con Prefazione di F. De Roberto), che piacque, tra gli altri, ad A. Momigliano (Impressioni di un lettore di poesia, in Siciliana, I [1923], 2, pp. 20-23).
V. Brancati, nella prefazione alla 2ª ed. accresciuta del libro (Catania 1948), definisce il G. un poeta romantico della letteratura dialettale. Infatti la sua poesia, sia nei momenti in cui l'io lirico si esprime direttamente, sia quando esso si cela dietro la maschera di personaggi popolari, dà sempre voce a un universale senso di caducità, in cui la malinconia è talvolta mitigata da una grazia quasi madrigalesca. Ma a differenza di quello utilizzato da N. Martoglio, di cui per altro fu amico, il dialetto del G. rifugge da toni popolareschi così come, pur mantenendo in sé una naturale eco classica, risulta lontano dalle eleganze letterarie e dal gioco raffinato e colto che caratterizzano il siciliano di G. Meli.
Inoltre, sotto la guida del Sabbadini, il G. aveva continuato a occuparsi di studi critici e filologici, con una serie di articoli apparsi sul Corriere di Catania e sul Giornale dell'isola, ma soprattutto su riviste come Athenaeum, Critica e arte, Le Cronache letterarie, Le Grazie, Rivista d'Italia.
Tra gli interventi più interessanti sono da annoverare: Il sole nella lirica del Carducci (in Rivista d'Italia, XI [1908], 12, pp. 990-1011), apprezzato anche da B. Croce, G. Gentile e M. Rapisardi, e Sulla composizione del carme LXVIII di Catullo, apparso sulla rivista di C. Pascal, Athenaeum (III [1915], 3, pp. 426-444). In questo secondo articolo il G. dimostra che il carme LXVIII di Catullo è il risultato della fusione di due poesie precedenti, come sarà poi più ampiamente documentato, sulla scia del suo lavoro, dal filologo olandese J.J. Hartman.
Incoraggiato da G. Fraccaroli ed E. Romagnoli, il G. intraprese uno studio ad ampio raggio su L'arte e l'artificio nel dramma greco (Catania 1912), che lo impegnò per tre anni e gli fruttò il premio dell'Accademia dei Lincei, primo riconoscimento accademico, poi rinnovato nel 1919 con la vittoria nel concorso "Nuovi orientamenti della critica letteraria in Italia", bandito dall'Istituto lombardo di scienze e lettere.
Nel saggio sul dramma il G. affronta due problemi fondamentali. Il primo, di ordine tecnico, lo porta a investigare sui modi attraverso i quali i tragici antichi hanno dissimulato l'artificiosità di pratiche teatrali, come il prologo e il coro, rendendole invece funzionali all'intento di verosimiglianza rappresentativa. Il secondo, di carattere interpretativo più generale, riguarda la presenza di tendenze politiche e patriottiche nel teatro greco.
La sua attenzione di studioso andò anche alla letteratura latina, con l'edizione commentata del Phormio di Terenzio, che apparve nella prestigiosa collana di classici diretta da D. Bassi per l'editore Sansoni (Firenze 1918). In questi anni i rapporti del G. con il mondo accademico si intensificarono. Ne è testimonianza la partecipazione alla polemica sorta tra il Romagnoli e G. Vitelli, cui il G. prese parte (Un processo filologico-storiografico, in Per l'italianità della cultura nostra. Discussioni e battaglie, Milano-Roma-Città di Castello 1918, pp. 105-119).
Originata dalle accuse di tiepido patriottismo e scarsa attenzione alla filologia che i rappresentanti della scuola fiorentina rivolsero al Romagnoli, al Fraccaroli e a C. Barbagallo, la polemica coinvolse molti accademici e uomini di cultura, tra cui il Croce, E. Parodi e P. Villari. Nel suo intervento, apparso inizialmente nella Nuova Rivista storica, il G. difende gli intenti divulgativi perseguiti dal Romagnoli, ribaltando l'argomentazione antipatriottica utilizzata dai suoi detrattori. Infatti l'eccessiva fedeltà al rigorismo metodologico della filologia tedesca, caratterizzante la scuola fiorentina, permette al G. di sottolineare il valore nazionalistico della scelta di alternative e autonome vie di indagine storico-letteraria.
Dal 1920 il G. partecipò come membro esterno alla commissione per la discussione delle tesi di laurea e, nel novembre 1924, ottenne la libera docenza presso l'Università di Catania, dove, nell'anno accademico successivo, fu comandato come incaricato di letteratura greca.
Sono gli anni di più intensa attività che si concretizzarono in una serie di lavori, in cui lo scrupolo filologico è posto al servizio della ricostruzione critica: Di alcune ipotesi italiane sull'origine della letteratura greca (Catania 1925), Nuove ipotesi sull'intento delle Baccanti di Euripide (ibid. 1927), La parodia nella commedia greca antica (ibid. 1928) e una versione commentata dei libri XX e XXI di L'Odissea di Omero (Milano 1928 e 1929).
Nel 1931 il G. si presentò al concorso a professore straordinario di lingua e letteratura greca presso l'Università di Cagliari, ottenendo l'inclusione nella terna finale degli idonei. Successivamente, nell'anno accademico 1932-33, ottenne l'incarico di professore straordinario di letteratura greca a Catania.
I corsi degli anni dal 1932 al 1936 verterono sulla lettura di alcuni dialoghi platonici (Fedone, Gorgia e Simposio), delle commedie di Aristofane Pace e Uccelli, sull'Edipo a Colono di Sofocle, sull'orazione Per la corona di Demostene, sulla questione omerica e sui poeti elegiaci e giambici, nonché sulla lirica corale dalle origini fino a Bacchilide e Pindaro. Tra gli studenti che ascoltarono le lezioni del G. ci fu anche V. Brancati, che ne lasciò un rapido ma intenso ritratto in I piaceri (Milano 1943, p. 49).
Divenuto ordinario di letteratura greca nel 1936, da allora fino al 1942, data del suo pensionamento, il G. si dedicò con continuità all'attività didattica, sempre nell'ateneo catanese; anche dopo il suo ritiro ufficiale, a causa della situazione bellica e postbellica che impediva l'espletamento di nuovi concorsi, venne incaricato, come docente fuori ruolo, prima dei corsi di letteratura greca e poi di quelli di storia delle religioni, fino al 1949, anno in cui fu nominato professore onorario nella stessa Università.
Il G. morì a Catania il 25 febbr. 1956.
Nel 1896 aveva sposato Venera De Gaetano, dalla quale ebbe tre figli: Mario (1897), Giuseppina (1900), Silvia (1904).
Oltre a quanto citato nel testo, il G. fu autore di altri studi ma anche di traduzioni e antologie. Tra i primi vanno citati: L'iteratio nell'Eneide, Catania 1901; L'origine delle cose e la natura dell'anima in Euripide, Roma 1906; Ardimenti classici e aberrazioni futuristiche, in La Rassegna, XXVI (1918), 1, poi Napoli 1918; Lygdamo e Neera, in Athenaeum, n.s., I (1923), 2, pp. 103-113; Quel che Pindaro sentiva di sé, in Atene e Roma, n.s., VIII (1927), 1-2, pp. 36-46; La concezione etico-politica di Tucidide nella redazione definitiva della sua storia, in Arch. di storia della filosofia italiana, II (1933), 3, pp. 230-259; L'agnosticismo di C. Aurelio Cotta nel De natura deorum di Cicerone, in Religio, XI (1934), 2, poi Roma 1934; Il problema del libero arbitrio nel sistema morale del Platone, in Arch. di storia della filosofia, IV (1935), 3, poi Catania 1936; Preconcetti teorici e realismo in Platone, ibid. 1936; Il pensiero del Meli nel Don Chisciotte, in Studi su G. Meli nel II centenario della nascita, Palermo 1942, pp. 61-78.
Tra le traduzioni e le raccolte antologiche curate e commentate dal G. vanno segnalati: Catullo, Tibullo, Properzio, Ovidio, Napoli 1924; C. Claudiano, De raptu Proserpinae, De bello Gothico, Carmina, Milano 1931; Epigrammi satirici del l. XI dell'Antologia, Catania 1931; O. Kern, Misteri greci dell'età classica, ibid. 1931; Poeti della commedia attica antica, ibid. 1945.
Per la poesia va segnalata la riedizione di Ciuri di strata, Palermo 1978, con Note introduttive contenenti le prefazioni delle due precedenti edizioni (di F. De Roberto e di V. Brancati), cui s'è aggiunta quella per cura di L. Sciascia, rispettivamente alle pp. IX-XXIV, XXV-XXXIII.
Fonti e Bibl.: G. Munno, rec. a L'arte e l'artificio nel dramma greco, in Nuova Cultura, I (1913), 3, pp. 213 ss.; L. Dalmasso, rec. alla trad. di Terenzio, Phormio, in Boll. di filologia classica, XIX (1922), 5-6, pp. 86 s.; E.M. Fusco, La lirica, II, Milano 1950, pp. 497 s.; P.P. Pasolini, Introduzione a Poesia dialettale del Novecento, a cura di P.P. Pasolini - M. Dell'Arco, Parma 1952, pp. XXXIII s., 381 s.; V. Clemente, Omaggio a G., in Il Belli, III (1954), 3, pp. 33 s.; L. Sciascia, Ritratto di F. G., ibid., pp. 37 s.
T. Rovito, Letterati e giornalisti contemporanei, Napoli 1922, ad vocem; Chi è?, 1928, ad vocem; G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia, III, Milano 1934, ad vocem; A. Codignola, L'Italia e gli italiani d'oggi, Genova 1947, ad vocem.