GORI GANDELLINI, Francesco
, Nacque a Siena da Giovanni e Maria Vittoria Gandellini: ci è pervenuta la data del battesimo, l'8 luglio 1738 (Arch. di Stato di Siena, Biccherna, 1153, c. 177v). Destinato dalla gioventù a proseguire la redditizia attività nel commercio della seta avviata dal padre, estesa oltre i confini italiani anche grazie al notevole patrimonio portato dalla madre, figlia di un ricco mercante di Colle Val d'Elsa, non rinunciò però allo studio delle lettere e delle arti, un interesse, quest'ultimo, ereditato dal padre.
Giovanni Gori Gandellini (aggiunse il cognome della moglie al proprio quando ereditò i beni della famiglia Gandellini) nacque nel 1700 a Siena da Francesco Gori e da Caterina Maddali. Appassionato collezionista di stampe, fu autore delle ampie e informate Notizie istorichedegl'intagliatori in rame, pubblicate postume in tre volumi a Siena nel 1771, per interessamento dei figli - il G. e Pietro -, dagli eredi del libraio V. Pazzini Carli (e dal 1808, ancora a Siena, dall'editore G. Porri in una seconda edizione, curata da L. De Angelis); l'opera ebbe ampia fortuna e restò a lungo un riferimento per gli studi. Giovanni morì a Roma il 15 dic. 1769.
Frutto degli studi artistici del G. fu un Prospetto della scuola dei pittori senesi (attuale ms. L.V.15 della Biblioteca comunale di Siena), di cui Vittorio Alfieri - come dichiarava ne La virtù sconosciuta (in Scritti politici e morali) - avrebbe voluto stampare il Saggio d'istoria pittorica sanese sopra la vita di Mecarino e le pitture da lui eseguite nella sala del Concistoro di Siena ed i travagli di mosaico che ha fattinella cattedraledella medesima (cc. 2r-40v del manoscritto citato), facendolo precedere da una breve biografia dell'autore. L'intenzione fu resa vana dalla naturale riservatezza del G., sempre contrario alla pubblicazione.
La fonte principale per la sua biografia è certamente l'autobiografia dell'Alfieri, del quale fu - come scrisse l'Alfieri stesso in una lettera a M. Bianchi e T. Mocenni successiva alla morte del G. (Colmar, 17 sett. 1784) - "amico vero, buono, ingegnoso, disinteressato e caldissimo". Il primo incontro fra i due avvenne nel corso del secondo viaggio di Alfieri a Siena, fra il giugno e l'ottobre 1777. Fu probabilmente il G. a introdurlo nel salotto di T. Regoli Mocenni, abituale ritrovo di quel "crocchietto di sei o sette individui dotati di un senno, giudizio, gusto e cultura, da non credersi in così picciol paese" (Vita, cap. IV) descritto dall'Alfieri nel sonetto Due Gori, un Bianchi, e mezzo un arciprete (in Rime, p. 98). A suscitare un'immediata, duratura e intensa amicizia fra i due furono - sempre secondo l'autobiografia alfieriana - il comune sentire, la somiglianza dei caratteri e il reciproco bisogno di comunicare. Non le fu estranea, comunque, la comune passione per i classici. Già nell'estate 1777 il G. avrebbe suggerito all'Alfieri di trarre dal Machiavelli il tema della Congiura de' Pazzi, tragedia che poi gli dedicò.
Un nuovo incontro avvenne a Siena nel febbraio 1781, in una tappa del viaggio dell'Alfieri verso Napoli e Roma, allora residenza dell'amata Luisa Stolberg-Gedern contessa d'Albany. Nel corso del lungo soggiorno romano l'Alfieri mise in scena, alla fine di novembre 1782, l'Antigone, dedicata anch'essa all'amico senese. Il successo ottenuto lo convinse, agli inizi dell'anno successivo, ad affidare proprio al G. la cura della stampa di quattro tragedie: Filippo, Polinice, Antigone e Virginia. La scelta di Siena come luogo della prima e sofferta prova editoriale gli fu anzi dettata proprio dalla presenza in loco dell'amico, dalle romane "stitichezze della revisione" e dalla quasi certa conoscenza diretta dell'accuratezza tipografica dell'opera sugli intagliatori.
Nell'occasione il G. si rivolse ancora ai fratelli Pazzini Carli, dal 1775 proprietari di una tipografia di buon credito, ma soprattutto, come altre senesi in quell'arco di tempo, protetta e spesso direttamente finanziata dal granduca Pietro Leopoldo nell'ambito di un progetto di rilancio della tipografia toscana. Tuttavia, nonostante le prevedibili attenzioni dell'amico e "un pulitissimo manoscritto quanto al carattere e correzione" (Vita, cap. IV), l'edizione deluse moltissimo l'Alfieri, scontento per la verseggiatura e soprattutto per la stampa, tanto da scagliarsi in più luoghi dell'epistolario contro il tipografo Giuseppe Pazzini Carli, definito fra l'altro "bindolaccio", bugiardo e canaglia, e da curare personalmente, dal settembre successivo, la stampa di altre sei tragedie (Agamennone, Oreste, Rosmunda, Ottavia, Timoleone, Merope) e degli altri due volumi costituenti l'editio princeps senese della sua produzione tragica.
Il lavoro fu compiuto nel corso di un lungo soggiorno dell'Astigiano nella casa senese del G., dopo che i due si erano brevemente ritrovati già nel maggio di quell'anno, successivamente al sofferto distacco dell'Alfieri dalla contessa d'Albany e alla conseguente sua ricerca di un sicuro conforto nelle braccia dell'amico del cuore.
Terminata la cura dell'edizione senese, l'Alfieri, accompagnato dal G. fino a Genova, iniziava a metà di ottobre dello stesso 1783 un viaggio che l'avrebbe portato, attraverso la Francia, fino a Londra. Salutato l'amico, il G. si sarebbe successivamente portato a Roma, dalla stessa contessa d'Albany, che avrebbe accompagnato in lunghe visite al patrimonio artistico e archeologico capitolino.
Un ulteriore incontro del G. con l'Alfieri sarebbe avvenuto nel giugno dell'anno successivo, ancora a Siena, dove l'Astigiano soggiornò fino al 4 agosto, quando partì per un lungo viaggio verso l'Alsazia. Alla fine di quel mese, a Colmar, in compagnia della contessa d'Albany, fu raggiunto dalle notizie della morte del fratello del G., Pietro, e una settimana dopo di quella improvvisa dello stesso amico, a Siena, il 3 sett. 1784.
Come testimonianza d'affetto verso l'uomo che "volgea e tenea la chiave del mio cuore" (lettera a M. Bianchi da Pisa, 27 dic. 1784), l'Alfieri, dopo essersi scagliato violentemente contro F. Caluri, il medico che lo aveva assistito negli ultimi giorni di vita, avrebbe composto nel 1798 l'epitaffio dello scomparso, ancora esistente nella chiesa di S. Giovannino della Staffa a Siena (cfr. Dell'epitaffio di F. G.G. compostoe fatto intagliare in marmo…, in Lettere inedite…, pp. 266 s.), e si sarebbe impegnato - come aveva promesso - "a far conoscere le sue alte virtù, e in prosa e in rima e in ogni maniera" (lettera a M. Bianchi, Colmar, 17 sett. 1784).
Il G. avrebbe allora costituito l'interlocutore dell'Astigiano per il dialogo La virtù sconosciuta (1786), vera e propria celebrazione della loro profonda amicizia e idealizzazione dell'amico scomparso, e allo stesso il tragico avrebbe dedicato i cinque sonetti aggiunti (Posto avea di miavita assai gran parte; Oh più assai che Feniceamico raro; Oltre all'ottavo lustro un anno appena; Era l'amico, che il destin mifura; Deh! torna spesso entro a' miei sogni, o solo), dopo il capitolo Checco mio, pazienza; i't'ho da dire (in Rime, pp. 167-172) e il sonetto Il giorno, l'ora, ed il fatal momento (ibid., p. 109).
L'ingente raccolta di stampe del G., ereditata dal padre, fu oggetto di un tentativo di acquisto da parte della stessa contessa d'Albany (lettera a M. Bianchi, Bologna, 29 marzo 1785).
Fonti e Bibl.: Siena, Bibl. comunale, Mss., Z.II.31: E. Romagnoli, Raccolta biografica d'illustri senesi che fa seguito alle Pompe sanesi del padreUgurgieri informemente in parte accozzata…, I, cc. 276v-277v; P.IV.14: S. Bichi Borghesi, Scrittorisenesi. Notizie, cc. 169v-170r; V. Alfieri, La virtù sconosciuta. Dialogo…Dalla tipografia di Kehl, co' caratteri di Baskerville, Kehl 1786 (ma 1789); Lettere inedite di Vittorio Alfieri alla madre, a MarioBianchi e a Teresa Mocenni…, a cura di I. Bernardi - C. Milanesi, Firenze 1864, pp. 78 s., 84-92, 96, 100-103, 109-111, 118-120, 127, 141 s., 146 s., 165, 171-173, 176-179, 187, 194, 196, 205 s., 259, 266 s.; V. Alfieri, Vita scritta da esso…, a cura di L. Fassò, Asti 1951, I, pp. 204 s., 207, 209, 220, 224, 232 s., 237 s., 242 s., 245, 256-260; II, pp. 159 s., 162, 172, 175, 182, 185 s., 188, 199, 201 s., 206; Id., Scritti politici e morali, a cura di P. Cazzani, Asti 1951, pp. 265 s.; Id., Rime, a cura di F. Maggini, Asti 1954; Id., Epistolario, a cura di L. Caretti, I, 1767-1788, Asti 1963, pp. 176 s.; Id., Tragedie, XII, La congiura de' Pazzi, a cura di L. Rossi, Asti 1968, p. 23; L. De Angelis, Notizie interessanti la vita di GiovanniGori Gandellini cittadino sanese, in G. Gori Gandellini, Notizie istoriche degl'intagliatori…, I, Siena 1808, pp. XVII-XIX; Id., Gori Gandellini, Giovanni, in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri…, VI, Venezia 1858, pp. 149-153 (anche per il G.); A. Professione, Per unsonetto dell'Alfieri, in Bull. senese di storiapatria, VI (1899), pp. 387 s.; Lettres inédites de la comtesse d'Albany à ses amis deSienne(1797-1820), a cura di L. Pelissier, I, Paris 1904, pp. 59, 65, 81 s., 87, 89, 124; R. Cantoni, L'Alfieri in Siena, in Riv. delle biblioteche e degli archivi, XXVI (1915), 5-10, pp. 71, 73-76, 80, 96, 125, 131 s., 135; G. Natali, Il Settecento, Milano 1944-47, pp. 972, 975 s., 985; M. Rosa, Dispotismo e libertà nel Settecento. Interpretazioni "repubblicane" di Machiavelli, Bari 1964, pp. 23, 33; R. Bianchi Bandinelli, Geggiano, a cura di M. De Gregorio, Montepulciano 1985, pp. 22 s.; M. De Gregorio, Le bindolerie pazzine. L'editio princeps delle Tragedie alfieriane e latipografia Pazzini Carli, in Studi settecenteschi, IX (1988), pp. 59-92; L. Rossi, Colle e Vittorio Alfieri, in Boll. della Società amici dell'arte di Colle Vald'Elsa, V (1991), pp. 10 s.; B. Sani, "La virtù sconosciuta": Vittorio Alfieri, F. G.G. e i migliori dipinti di Siena, in Bull. senese di storia patria, XCIX (1992), pp. 92-162.