GONZAGA, Francesco
Nacque a Palermo il 12 giugno 1538. Il padre, Ferrante, figlio del marchese di Mantova Francesco II e di Isabella d'Este, in seguito signore di Guastalla e governatore del Ducato di Milano, ricopriva in quel tempo la carica di viceré di Sicilia; la madre, Isabella Di Capua, era figlia di Andrea, duca di Termoli e principe di Molfetta.
Il G. era nipote del duca di Mantova Federico II, fratello del padre, e cugino dei futuri duchi Francesco III e Guglielmo, nonché del cardinale Federico Gonzaga; il fratello del G., Giovanni Vincenzo, sarebbe diventato cardinale nel 1578.
Dopo aver compiuto studi umanistici e giuridici presso l'Università di Padova, il giovane G. si volse alla carriera ecclesiastica sotto la guida e la protezione di un altro zio paterno, il potente cardinale Ercole Gonzaga.
Avendo visto sfumare, nel conclave del 1559 per l'elezione del successore di Paolo IV, la propria candidatura, Ercole Gonzaga aveva contribuito in modo decisivo all'ascesa al trono pontificio del cardinale Giovanni Angelo de' Medici di Marignano, che prese il nome di Pio IV. In seguito si adoperò per rinsaldare l'alleanza tra la propria famiglia e i parenti del pontefice con due matrimoni: il primo, celebrato a Pesaro il 9 maggio 1560, tra Virginia - figlia del duca di Urbino Guidobaldo Della Rovere, a sua volta figlio della sorella di Ercole, Elisabetta Gonzaga -, e il conte Federico, fratello del cardinale Carlo Borromeo e figlio di Margherita, sorella di Pio IV; l'altro matrimonio fu tra Cesare (I) Gonzaga di Guastalla - figlio primogenito di Ferrante, nipote del cardinale Ercole e fratello del G. -, e Camilla, sorella di Federico e Carlo Borromeo, anch'essa nipote del pontefice. Il 12 marzo 1560 i due Borromeo, in qualità di procuratori della sorella Camilla, e il G., come procuratore del fratello Cesare, definirono il contratto di matrimonio alla presenza del papa - che promise di concedere alla nipote una dote di 40.000 scudi d'oro -, e di due testimoni, il cardinale Giulio Della Rovere e Ippolito Capilupi, vescovo di Fano.
Il G., che aveva ottenuto nel 1538 l'arcipretura di Guastalla, dopo essersi imparentato con i Borromeo fu chiamato a Roma da Pio IV, che gli conferì la commenda dell'abbazia dell'Acquanegra e la carica di protonotario apostolico.
Risiedette a lungo presso la corte papale, attento alla propria carriera a agli interessi di casa Gonzaga, come si evince dal fitto scambio epistolare con Ercole Gonzaga (ottobre 1560 - gennaio 1563). Il cardinale Ercole, ritiratosi nella sua Mantova, era continuamente informato dal G. sugli affari di Curia, sugli intrighi e le lotte di fazione che vi si svolgevano, sui rapporti di Pio IV con i suoi parenti Borromeo e con i principi, sulle decisioni del papa circa la presidenza del concilio di Trento, ma soprattutto sulla questione della residenza dei vescovi, che fu motivo di notevole divergenza fra Ercole Gonzaga e il pontefice. Le lettere del G., quasi sempre ispirate dal cardinale Borromeo e da questi rivedute e corrette, costituirono un mezzo indiretto utilizzato spesso dal papa per comunicare a Ercole Gonzaga le sue decisioni. A sua volta il cardinale forniva al nipote, dapprima da Mantova, poi da Trento - dove si era recato il 16 apr. 1561 per presiedere il collegio dei legati del concilio -, suggerimenti, consigli e indicazioni.
Dall'epistolario si evidenzia inoltre come, dopo un intenso lavorio diplomatico condotto personalmente dal papa nell'autunno del 1560 nei confronti del G. e del fratello Cesare, venisse sancita la pace tra le famiglie Gonzaga e Farnese, divise da un'antica e consolidata rivalità. L'incontro di riconciliazione fra i rappresentanti delle due famiglie, il cardinale Alessandro Farnese, il G. e i suoi fratelli Andrea e Giovanni Vincenzo, priore di Barletta, avvenne il 27 dic. 1560 davanti a Pio IV e a due testimoni: il cardinale Sforza di Santa Fiora e il duca di Firenze Cosimo I de' Medici.
Il 26 febbr. 1561 il G. fu nominato da Pio IV cardinale diacono e il 6 marzo ricevette il titolo di S. Nicola in Carcere. Con il permesso del papa gli fu inoltre ceduta, dal cardinale Ercole che la deteneva, la legazione di Marittima e Campagna. Il 6 luglio 1562 rinunciò al titolo di S. Nicola in Carcere per quello di S. Lorenzo in Lucina, e si impegnò in importanti lavori di restauro e abbellimento di quella chiesa e dell'attiguo palazzo cardinalizio. Fu chiamato, inoltre, a far parte della speciale commissione cardinalizia istituita dal pontefice per gli affari del concilio.
Il 2 maggio 1562, dopo diversi e inutili tentativi di Ercole Gonzaga di ottenere per lui un vescovato, il G. fu nominato amministratore della diocesi di Cosenza, ma non vi mise mai piede, preferendo governarla per mezzo di un vicario. Divenne vescovo titolare della stessa diocesi il 1° marzo 1564, quando ottenne, con una dispensa speciale per defectu aetatis, l'ordinazione sacerdotale. Il 12 genn. 1565 rinunziò alla diocesi in favore di Tommaso Telesio, fratello del filosofo Bernardino, riservandosi tuttavia una rendita di 2200 scudi sui frutti della mensa arcivescovile.
Fece parte, col nome di Infiammato, dell'Accademia letteraria delle Notti Vaticane, fondata a Roma il 20 apr. 1562 dal cardinale Carlo Borromeo, che annoverò fra i suoi membri personaggi quali Silvio Antoniano, Sperone Speroni e Ugo Boncompagni, il futuro Gregorio XIII.
Il 15 maggio 1565 subentrò al cugino cardinale Federico, morto poco tempo prima, nella titolarità della diocesi di Mantova, anche stavolta "cum dispensatione super defectu aetatis"; la nomina fu annunciata dallo stesso Pio IV al duca Guglielmo con una lettera del 29 maggio seguente. Il 28 novembre si recò a prendere possesso del vescovato.
Nel dicembre 1565 il G. giunse a Roma per il conclave, dove entrò già infermo, e fu tra i cardinali che si opposero all'elezione di Giovanni Morone, nonostante questi fosse sostenuto dal cardinale Borromeo. Le sue condizioni si aggravarono rapidamente e il 31 dicembre gli furono amministrati gli ultimi sacramenti. Il G. morì il 6 genn. 1566.
Negli ultimi giorni della sua malattia erano state quasi completamente sospese le operazioni di voto. Fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina.
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