GONIN, Francesco
Nacque a Torino il 16 nov. 1808 da Giovanni, di Luserna San Giovanni in provincia di Torino, e da Sara Castanier, ginevrina, entrambi di religione valdese.
Si formò all'Accademia di pittura e scultura di Torino, che frequentò dal 1820 al 1828 seguendo prima i corsi di Lorenzo Pécheux e, dal 1822, quelli di Giovanni Battista Biscarra, alternando spesso gli studi all'intensa attività lavorativa.
Talento precoce, nel 1822 il G. iniziava una fertile collaborazione con il laboratorio litografico di Felice Festa, il primo a sperimentare nel Regno di Sardegna la tecnica della litografia, di cui detenne il monopolio fino al 1830.
Si trattava di un procedimento destinato ad aprire nuove possibilità nel settore della riproduzione artistica: per la rapidità di esecuzione e per le potenzialità divulgative insite nelle alte tirature, la litografia veniva sostenuta dalle maggiori istituzioni, in primo luogo dalla corte che ne fece uno degli strumenti privilegiati per la celebrazione del suo prestigio e delle glorie patrie.
La produzione litografica del G., tra i primi artisti a sfruttare in Italia le possibilità di questa tecnica, fu particolarmente vasta, concentrata comunque soprattutto tra il 1822 e il 1843. Tra le opere di maggior rilievo del periodo giovanile vanno ricordati i ritratti dei regnanti Carlo Felice e Maria Cristina per le Vite e ritratti di sessanta piemontesi illustri, l'opera di Modesto Paroletti pubblicata nel 1824, due litografie per i Regolamenti della Reale Accademia di belle arti, editi nel 1825 presso la Stamperia reale, e nel 1827 le illustrazioni della Histoire de la maison de Savoie di Giovanni Frézet.
La più importante impresa del G. in questi anni fu in ogni caso il gruppo di litografie eseguite tra il 1824 e il 1832 per il Viaggio romantico-pittorico nelle provincie occidentali dell'antica e moderna Italia, di Paroletti.
Edito a Torino in tre volumi, usciti a dispen-se tra il 1824 e il 1834, il Viaggio fu l'opera più rappresentativa dell'illustrazione romantico-pittoresca in Piemonte e la prima di questo genere in Italia, vicina a modelli francesi di libri di viaggio illustrati come, per esempio, i Voyages pittoresques et romantiques dans l'ancienne France di C. Nodier, J. Taylor e A. de Cailleaux (Paris 1820-78).
Negli stessi anni di formazione all'Accademia ebbe inizio anche il sodalizio con il pittore Luigi Vacca, che inaugurò uno dei filoni più fortunati della carriera del G., quello della grande decorazione ad affresco, svolta soprattutto nelle chiese e nei teatri del Piemonte. Con lui, nel 1824 il G. si recava a Pregny, presso Ginevra, per eseguire decorazioni nella villa di campagna della famiglia Saladin, nel 1825 collaborava alle scenografie e ai costumi delle opere teatrali rappresentate a Torino, tra il 1826 e il 1827 lavorava alla chiesa dell'abbazia di Altacomba, dove realizzò il ciclo di affreschi dedicato alla Vita di s. Bernardo, una Crocifissione e due tele raffiguranti i Patriarchi; mentre nel 1829 affrescava su disegno di Vacca I quattro evangelisti nella chiesa della Confraternita dello Spirito Santo di Gassino.
In questi lavori l'artista sviluppava una maniera eclettica che avrebbe contrassegnato tutta la sua produzione decorativa. Fonti culturali privilegiate erano la pittura neoclassica, il raffaellismo purista, il decorativismo settecentesco, la pittura del Seicento controriformato, con particolare attenzione al classicismo bolognese (soprattutto Guido Reni), ma spesso anche alle esperienze lombarde (Giovan Battista Crespi, detto il Cerano); mentre nelle composizioni, di ampio respiro scenografico, convogliava l'esperienza sviluppata in teatro, ravvisabile anche nell'intonazione melodrammatica e nella predilezione per i costumi vistosi e per le cromie accese.
Nel 1829 il G. esordiva a Torino all'Esposizione dei prodotti dell'industria e degli oggetti di belle arti al Valentino con alcuni saggi dei suoi studi (Deposizione di Gesù Cristo nel sepolcro, Agliè, Castello) e con otto litografie di gusto romantico-troubadour della serie Souvenirs pittoresques de Haute-Combe, eseguite sulla base di schizzi tratti nel 1827 presso l'abbazia di Altacomba.
Sempre nel 1829 sposava Olimpia Vacca, figlia del pittore Luigi, convertendosi al cattolicesimo. Dal matrimonio nacquero tre figli: Augusta, Guido e Augusto.
Intorno al 1830 il G. stringeva amicizia con Massimo d'Azeglio, e nel 1833 per l'edizione torinese del suo Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta, ridisegnava le illustrazioni dell'amico scrittore, anticipando così le tematiche storiche cui si sarebbe dedicato negli anni successivi.
La sua attività di litografo proseguiva intanto con numerosi ritratti e con la serie, di gusto troubadour, delle effigi dei Savoia per l'Iconografia sabauda di Paroletti, edita a Torino nel 1832.
Nello stesso anno alla II Esposizione al Valentino il G. presentava i suoi primi dipinti a tema storico: I Vespri siciliani, Carlo Magno al passaggio delle Chiuse, L'arresto del conte di Carmagnola.
I rapporti con la cultura del romanticismo storico si fecero più stretti nel 1835, nel corso di un soggiorno a Milano presso Massimo d'Azeglio, durante il quale il G. conobbe Alessandro Manzoni e altri protagonisti della scena letteraria del momento, come Tommaso Grossi, Giulio Carcano e Cesare Cantù. L'esito di maggior rilievo di tali frequentazioni si individua nelle xilografie eseguite per i Promessi sposi, un'impresa complessa che avrebbe occupato il G. dal 1839 fino al 1842, e in quelle eseguite per illustrare le Poesie scelte di Carlo Porta e Tommaso Grossi nell'edizione milanese del 1842.
Sempre nel 1835 il G. insieme con Ferdinando Arborio Gattinara marchese di Breme si recò a Parigi, dove nell'anno successivo presentò al Salon due acquerelli, Berengaria moglie di Riccardo Cuor di Leone lo supplica di perdonare a sir Kenneth, ispirato da un'opera di Walter Scott, e Lo svenimento di Jane Gray, tratto dalla storia inglese, dipinti che saranno successivamente tradotti a olio ed esposti a Brera nel 1837.
Nel 1834 l'artista aveva intanto ricevuto le prime commissioni da importanti famiglie aristocratiche (Clermont-Tonnerre, Seyssel d'Aix e Arborio Gattinara di Breme) e dal re Carlo Alberto (alcuni acquarelli raccolti nel suo album privato conservato presso la Biblioteca reale di Torino). Con il favore del re sabaudo si aprì per l'artista un intenso e fortunato periodo di attività, attentamente documentato nel manoscritto autografo Elenco dei miei lavori e qualche ricordo di gioventù: memorie (senza data, Torino, Galleria civica d'arte moderna, Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris). Carlo Alberto lo impegnò nei lavori di riarredo e rimodernamento delle residenze reali e gli commissionò numerosi dipinti celebrativi della sua dinastia, che l'artista interpretò secondo il gusto troubadour proprio del revival neogotico sostenuto dal re.
Tra le principali opere che il G. eseguì nelle dimore sabaude fino al 1850, anno della morte di Carlo Alberto, si ricordano: i beati Umberto e Bonifazio per la sala del Consiglio di palazzo reale a Torino (1837); l'affresco con tema medioevale sulla volta della sala da pranzo (1838); il dipinto Francesco I fatto prigioniero nella battaglia di Pavia, ancora per palazzo reale (esposto a Torino nel 1838, fu il primo dei tanti quadri di battaglia commissionati da Carlo Alberto: oggi è conservato nella basilica di Superga); la pala d'altare con Il beato Umberto III in preghiera per il santuario della Madonna delle Grazie di Racconigi e quella raffigurante La beata Vergine Assunta con i ss. Pietro e Paolo nella chiesa della tenuta di Migliabruna, sempre a Racconigi (1839); i tre ritratti di ricostruzione storica per la galleria del Daniele a palazzo reale (1840); le figure delle Danzatrici nella sala da ballo eseguite in collaborazione con Carlo Bellosio (1840); gli affreschi per la cappella delle Margherie nel parco del castello di Racconigi (1841-43); le decorazioni con putti per il non lontano reposoir della regina (1841); gli affreschi con soggetti tratti dall'Iliade di Omero nella rotonda di palazzo reale (attuale Armeria reale), in collaborazione con Carlo Bellosio, e la Battaglia dell'Authion per la sala da pranzo (1842); i dipinti (ora nella basilica di Superga) per la sala del Caffè (1844); dodici affreschi del fregio della sala delle Guardie raffiguranti le acquisizioni territoriali di casa Savoia (1847).
Le glorie sabaude vennero celebrate anche in litografie, come quelle dell'album Carosello che ebbe luogo in Torino in piazza S. Carlo, colorate e ritoccate a mano (Torino, Biblioteca reale), che traggono origine dal torneo tenutosi in piazza S. Carlo per celebrare i festeggiamenti del 1842 in occasione delle nozze tra il principe ereditario Vittorio Emanuele di Savoia e Maria Adelaide arciduchessa d'Austria; la stampa sciolta con I costumi di corte per le funzioni della settimana santa e per la chiesa (1843); i ritratti di Maria Adelaide e Vittorio Emanuele II del 1849; e quella di S.M. il re Vittorio Emanuele II in occasione della apertura del Parlamento il giorno 20 dicembre 1849.
A conclusione del suo rapporto con Carlo Alberto va ricordato il dipinto La morte di Carlo Alberto del 1850 (basilica di Superga), realizzato su commissione di casa reale.
Interessante per la resa analitica dell'ambiente di gusto Biedermeier, il dipinto si colloca tra i rari esempi di pittura italiana dell'Ottocento all'interno del genere del death-bed, diffuso soprattutto in Francia, in cui rientrano altre due opere del G., la Morte di Adele Lascaris di Ventimiglia marchesa Benso di Cavour del 1834 (Santena, Fondazione Cavour, casa Cavour), e la Morte del duca di Savoia Carlo Emanuele II del 1857 (Torino, Palazzo reale), uno dei suoi dipinti di maggior successo.
Contemporaneamente alle commissioni regie il G. continuò a portare avanti la sua attività di decoratore.
Dal 1836 al 1841 partecipò alla decorazione del duomo di Torino; nel 1837 per il teatro Regio assunse la direzione del vestiario e dei figurini, e tra il 1837 e il 1838 compì lavori di decorazione; nel 1839 affrescò la cappella dell'Epifania nel duomo di Biella e la chiesa dell'Assunta di Callabiana, vicino Biella; nel 1845 affrescò il soffitto del teatro Carignano; tra il 1845 e il 1847, in collaborazione con Luigi Vacca, dipinse La gloria dei beati nel paradiso nella cupola della chiesa della Ss. Trinità a Torino.
Il G. fu molto richiesto anche dalla committenza privata piemontese: nel 1844 il banchiere Giovanni Mestrallet gli commissionava due quadri a olio, Beatrice Cenci, condotta al patibolo, viene liberata dagli allievi di Guido Reni e Una messa in mare sulle coste della Brettagna (anno 1793); e sempre nello steso anno dipingeva per il duca Antonio Litta Lodovico il Moro che con Beatrice sua moglie visita il famoso Cenacolo di Leonardo da Vinci.
Il successo dell'artista presso le famiglie aristocratiche del Piemonte fu comunque legato soprattutto all'attività di ritrattista. La produzione di ritratti, genere in cui il G. privilegiò la tecnica dell'acquerello, fu veramente cospicua, in particolare tra il 1844 e il 1857, concretizzandosi in oltre duecento opere di cui esiste un'interessante documentazione in un gruppo di disegni preparatori conservati presso la Galleria civica di Torino.
La committenza del G. fu prettamente nobiliare, anche se non mancarono ritratti di esponenti della classe borghese, come nel caso della famiglia Solei. Si trattò di una produzione di carattere soprattutto commemorativo, centrata sulla descrizione del ruolo familiare e sociale del soggetto raffigurato, con evidenti riferimenti alla ritrattistica francese, in particolare a quella di scuola ingresiana (Hippolyte Flandrin, Jean-François Gigoux) per la compostezza della posa e l'attenta definizione dei particolari espressa nella nitidezza minuziosa del disegno. Tra i principali personaggi ritratti dal G., si ricordano i marchesi Della Rovere, i conti Robbiani, la marchesa Adele de Sellon Benso di Cavour, il generale Ettore Perrone di San Martino, Emma Carolina Decker, il colonnello Ferdinando Maffei. Ricca fu anche la serie dei ritratti eseguiti per gli ufficiali dell'esercito, per lo più connessi con le campagne del 1848-49.
Il G. lavorò per casa Savoia anche successivamente alla morte di Carlo Alberto, seppure in maniera meno continuativa. Nel 1857 presentò alla Promotrice la già citata tela con la Morte del duca Carlo Emanuele II, che, molto apprezzata per la ricostruzione d'ambiente e per la verosimiglianza dei ritratti, fu acquistata dal re Vittorio Emanuele II. Su incarico di questo, nel 1858 affrescò gli intercolumni (Angelo con il Vangelo, Tre Virtù teologali) e i pennacchi (santi titolari dell'Ordine mauriziano con i beati sabaudi Umberto III e Amedeo IX), della cupola nella basilica magistrale dei Ss. Maurizio e Lazzaro a Torino; mentre nel 1853 e nel 1864 eseguì decorazioni per le vetture del convoglio destinato alla famiglia reale.
Pur continuando a mantenere saldi legami con la nobiltà locale, nella seconda metà del secolo l'artista lavorò molto per famiglie borghesi, orientandosi nella sua produzione verso i soggetti mitologici e allegorici, le nature morte e la pittura di genere. Nel 1862 presentò alla Promotrice Verso sera(scena di famiglia), oggi conservato nella Galleria civica d'arte moderna di Torino, che, con l'ambientazione dei personaggi in costume secentesco in un interno nordico, si iscriveva nella corrente di gusto fiammingo olandese particolarmente in voga a quel tempo in Francia con artisti come Ernest Meissonier. Saltuariamente l'artista continuava a realizzare anche opere litografiche, e nel 1855 diresse la rivista mensile di litografie L'Arte moderna, con la collaborazione di L. Rocca e F.S. Doda per la parte redazionale.
Fino alla fine il G. seguitò a essere molto attivo nel campo della decorazione ad affresco, sia in quella a soggetto religioso sia in quella a tema profano.
Nel 1854 affrescò la volta del caffè Ligure di Torino con La Discordia getta i suoi pomi al banchetto degli dei; nel 1860 decorò il sipario del teatro di Asti con L'apoteosi dell'Alfieri; nel 1864 dipinse tre grandi quadri sul tema degli elementi (Acqua, Fuoco, Terra) per la sala d'aspetto di prima classe della stazione di Porta Nuova a Torino (attualmente denominata del Collegio degli ingegneri); nel 1870 realizzò un'allegoria delle Arti e delle Scienze per il soffitto del salone della parte ottocentesca di palazzo Carignano.
Per quanto riguarda la decorazione religiosa, nel 1852 affrescò l'abside e i pennacchi della cupola della chiesa di S. Massimo a Torino; nel 1855 eseguì la decorazione a encausto della chiesa di S. Dalmazzo; dal 1857 al 1861 affrescò il duomo di Vigevano; nel 1860 la collegiata dell'Assunta di Bene Vagienna (Cuneo); nel 1861 la chiesa facente parte del complesso rurale della Sforzesca, presso Vigevano; nel 1863 la cappella della Madonna della Concezione nella chiesa dei Ss. Pietro e Paolo di Carmagnola; dal 1869 al 1871 la chiesa di S. Maria Assunta a Sartirana Lomellina; nel 1875 realizzò riquadri a encausto per il presbiterio della chiesa di Nostra Signora del Suffragio a Torino; e nel 1877 a Rivoli, nella cappella della villa del principe Eugenio di Savoia-Carignano (ora collegio di S. Giuseppe), affrescò Il trionfo della Madonna Consolata.
Tra le ultime opere da lui eseguite si segnalano le decorazioni con le Storie di Telemaco per alcune sale dell'eremo di Busca di proprietà del conte Stanislao Grimaldi, nel 1880.
Morì a Giaveno (Torino) il 14 sett. 1889.
Enrico, fratello del G., nacque a Torino il 1° genn. 1799. Fu pittore e litografo, sensibile alla cultura del paesaggio romantico e pittoresco, attivo soprattutto nell'illustrazione di guide di viaggio. In questo campo si ricordano in particolare gli album Torino, del 1839; Turin et ses environs. Vues dessinées d'après nature par Chapuy et litographiées par H. Gonin, del 1842; e le duecento litografie per l'Album delle principali castella feudali della monarchia di Savoja, la sua opera più monumentale, pubblicata a dispense tra il 1840 e il 1860. Fu presente alle rassegne della Promotrice torinese dal 1842 al 1854. Morì a Torino il 16 genn. 1870.
Guido, figlio e allievo del G., nacque a Torino nel 1833. Si dedicò soprattutto alla pittura di genere, con predilezione per le ricostruzioni settecentesche vicine alla produzione di Meissonier, dipingendo tele per le quali fu molto apprezzato grazie all'abilità nella resa delle vesti e degli arredi e per gli accenti intimisti e sentimentali (si veda, per esempio, Vita intima, del 1862: Torino, Galleria d'arte moderna). Introdotto dal padre presso la ricca aristocrazia piemontese, fu ricercato anche come ritrattista; e in questo campo sfruttò le possibilità offerte dalla riproduzione fotografica. Molti suoi ritratti sono infatti firmati insieme con il fotografo Paolo Bruneri, con il quale l'artista divise al n. 1 di piazza Vittorio a Torino uno Stabilimento di fotografia e dagherrotipia. Seguendo le orme paterne, Guido si dedicò poi alla litografia, e in questo campo disegnò numerose tavole per il periodico L'Arte moderna, per gli album della Promotrice e per le riviste satiriche Lo Spirito folletto e Il Fischietto. Come litografo fu premiato nel 1861 alla I Esposizione italiana di Firenze per Il primo soldato dell'indipendenza italiana (Roma, Museo del Risorgimento). Alla fine degli anni Sessanta si recò a vivere a Parigi, dove fu attivo come disegnatore di figurini di moda. Si trasferì poi a Aix-les-Bains, dove morì nel marzo del 1906.
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