• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

GIUNTA, Francesco

di Mauro Canali - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)
  • Condividi

GIUNTA, Francesco

Mauro Canali

Nacque a San Piero a Sieve, presso Firenze, il 21 marzo 1887, in una famiglia di origine siciliana, da Antonino, medico condotto e uomo di fiducia della contessa Cambray Digny, e da Teresa Visani Scozzi.

Si laureò in giurisprudenza e fu un fervente interventista, partecipando poi alla guerra 1915-18 con il grado di capitano di fanteria, per passare successivamente nei reparti mitraglieri. Iniziò, quindi, la sua attività politica in seno all'Associazione nazionalistica fiorentina, di cui divenne presto uno dei principali animatori.

Agli inizi del 1919 fu tra i fondatori della sezione fiorentina dell'Associazione nazionale combattenti (ANC) e partecipò in maniera determinante alla costituzione della rete toscana delle organizzazioni combattentistiche. La sua azione di organizzatore si estese fino in Romagna, dove, nel marzo 1919, costituì, insieme con il repubblicano C. Bazzi, una sezione ravennate; contribuì, poi, significativamente a determinare la linea politica della sezione fiorentina e del periodico dell'associazione, Il Giornale del combattente, che iniziò a uscire a Firenze nel febbraio 1919, imponendo a entrambi una linea nazionalistica ostile alle tendenze democratiche allora dominanti in seno all'ANC a livello nazionale.

Dalle colonne del periodico dei combattenti egli sostenne apertamente "la necessità di conquistare il potere con un colpo di mano"; agitò inoltre temi di chiaro stampo imperialistico, propugnò demagogicamente la lotta agli accaparratori e agli opportunisti del regime democratico, si fece paladino degli interessi degli agrari e sostenne l'opportunità della difesa, nelle campagne, del regime di mezzadria, effettuando diversi giri propagandistici in Maremma contro le leghe contadine socialiste e in difesa appunto della mezzadria. Sempre con un chiaro intento antisocialista, e in contrasto con la linea egemone in seno agli organismi nazionali dell'ANC, il G. era dell'avviso che i combattenti fiorentini dovessero costituire una propria organizzazione sindacale.

In qualità di rappresentante della Toscana, il G. partecipò, a Roma, al primo congresso nazionale dell'ANC (22-26 giugno 1919), dove, nel corso della prima giornata di lavori, si fece notare per i toni violenti di un suo intervento, critico verso le posizioni democratiche e mirato a mobilitare le frange estreme del mondo combattentistico contro il governo Nitti.

In tale prospettiva presentò un ordine del giorno il cui obiettivo ultimo era, probabilmente, quello di provocare incidenti. Si sa, infatti, di alcuni confusi e velleitari progetti insurrezionali concertati nei giorni precedenti dal G., insieme con B. Mussolini e G. D'Annunzio, entrambi in quel momento a Roma. Al termine del congresso, il G. entrò a far parte del nuovo comitato centrale dell'ANC come rappresentante della Toscana.

Il G., comunque, non aveva tardato a stabilire contatti col primo fascismo toscano, tanto che la sezione fiorentina dell'ANC veniva considerata negli ambienti combattentistici la più vicina alle posizioni di Mussolini e del Popolo d'Italia: probabilmente, la sua formale adesione al movimento fascista risale all'estate del 1919, nei giorni delle lotte contro il caroviveri, che avevano visto il G. in strada alla testa di gruppi di facinorosi. Tali lotte rappresentarono anche la causa del suo contemporaneo distacco dall'associazione dei combattenti, poiché, criticato dagli organismi dirigenti nazionali dell'ANC per le sue posizioni scopertamente demagogiche ed eversive, dette le dimissioni da tutte le cariche che ricopriva in seno alla sezione fiorentina. Da allora tutto il suo impegno si riversò nell'Alleanza di difesa cittadina, di cui organizzò e capeggiò, insieme con L. Zamboni, le squadre d'azione, composte in genere di ex arditi, che in seguito costituirono i nuclei originari dello squadrismo fascista fiorentino. E fu il G. in persona a portare l'adesione del combattentismo toscano al primo congresso dei fasci di combattimento, tenutosi a Firenze a partire dal 9 ott. 1919.

Nel gennaio del 1920 il G. si trasferì a Trieste - non sappiamo se inviato dal comitato centrale dei fasci o se richiesto dallo stesso gruppo dirigente del fascismo triestino -, dove venne subito inserito nel comitato direttivo del fascio locale.

Egli divenne presto l'animatore e l'incontrastato leader del fascismo cittadino, in cui forte risultava la rappresentanza dei legionari dannunziani; il 20 febbr. 1920 tenne un comizio a sostegno dell'impresa fiumana di D'Annunzio; nel maggio successivo fu confermato nel direttivo del fascio e, subito dopo, eletto segretario politico, mantenendo tale carica fino alla marcia su Roma dell'ottobre 1922. Il 13 luglio 1920 fu protagonista dell'assalto e dell'incendio dell'hotel Balkan, sede del "Narodni Dom", quartier generale delle organizzazioni politiche, economiche e culturali slave della città; il 14 ottobre il G. guidò l'assalto, e poi l'incendio, alla sede dell'organo comunista Il Lavoratore.

A Trieste, infine, il G. riuscì a realizzare il suo vecchio progetto di un sindacato autonomo con evidente intento ostile e concorrenziale nei confronti della Camera del lavoro socialista.

La costituzione da parte del fascismo giuliano di tale sindacato autonomo, che si sviluppò enormemente con l'incalzare dell'offensiva squadrista, ricevette l'approvazione entusiastica di Mussolini e rappresentò per tutto il sindacalismo fascista un esempio da emulare.

Il 1° dic. 1920, insieme con P. Belli, il G. fondò Il Popolo di Trieste, organo del fascismo triestino, che diresse fino al 1922; dalle colonne del periodico iniziò subito una vivace campagna di stampa a sostegno dell'avventura dannunziana a Fiume. Tuttavia, nel dicembre 1920, durante le fasi concitate che precedettero l'abbattimento della reggenza fiumana, il G. assunse una posizione più cauta, che, nella sostanza, tradiva le precedenti e larghe promesse di aiuto a D'Annunzio, nonché gli impegni - presi personalmente con il poeta nel corso di una missione a Fiume nel novembre 1920 e ribaditi dalle colonne del giornale triestino - di passare a una fase insurrezionale nell'eventualità di minacce portate dal governo italiano alla reggenza del Carnaro.

Nelle nuove posizioni del G. era evidente la volontà di allineamento a Mussolini, il quale da tempo manovrava per far uscire il movimento fascista dal vicolo cieco rappresentato dall'adesione incondizionata a D'Annunzio e all'impresa fiumana, accostandolo nel contempo a G. Giolitti; tali posizioni erano state espresse dal capo del fascismo in quel torno di tempo, in coincidenza con la stipulazione del trattato di Rapallo tra Italia e Iugoslavia. Perciò, quando, il 30 nov. 1920, il generale E. Caviglia intimò a D'Annunzio di sgomberare Fiume, il poeta, respinta l'intimazione, si appellò al G. con una nuova richiesta d'insurrezione: egli però rispose che i fascisti triestini non avrebbero mai mancato di rispetto al vincitore di Vittorio Veneto, ricevendo l'approvazione di Mussolini.

Insomma, nel corso della vicenda fiumana il G. manifestò esplicitamente quelli che sarebbero stati poi sempre i caratteri della sua iniziativa politica: vicino, nei metodi e nello stile, al "rassismo" fascista, di cui nell'azione squadristica emulava in tutto i tratti più violenti, ma, nella sostanza, fedele mussoliniano, sempre attento alla situazione politica vista nel suo complesso.

Nelle giornate che segnarono la fine della reggenza del Carnaro, il G., con Belli e con altri dirigenti fascisti triestini, scontò anche alcuni giorni di detenzione nel carcere di Capodistria. Di tale episodio si servì abilmente presso il fascismo giuliano per cercare di limitare i danni inferti alla sua attendibilità politica dal sostanziale cambiamento di rotta operato nei confronti della causa dannunziana.

Proprio a motivo dell'atteggiamento opportunistico tenuto durante le vicende culminate nel "Natale di sangue", la sua ascesa in seno al fascismo triestino conobbe un temporaneo periodo di appannamento, che, tuttavia, il G. seppe abilmente superare, tanto che, presentatosi alle elezioni del maggio 1921 come capolista del Blocco nazionale, risultò il primo dei candidati fascisti eletti per voti di preferenza ottenuti.

Il 3 marzo 1922 il G., insieme con un manipolo di repubblicani, fascisti ed ex legionari, fu di nuovo tra i protagonisti del colpo di mano su Fiume che provocò la caduta del governo di R. Zanella, insediatosi nell'ottobre 1921.

Il G. era già stato a Fiume nei giorni successivi alle elezioni e aveva cercato invano di complottare contro l'insediamento del governo Zanella. Vi tornò, il 2 marzo 1922, per partecipare al colpo di mano organizzato per il giorno successivo: egli aveva cercato di prendere il controllo del movimento insurrezionale, e tentato di imporre, nel concitato svolgersi degli eventi, la leadership fascista, di fatto inesistente. Il suo scopo era stravolgere la natura dell'iniziativa, dando al moto un carattere antigovernativo che esso in origine non aveva; ma le sue manovre finirono per indebolire il "governo eccezionale" nato dal tentativo insurrezionale, favorendone la caduta. In ogni caso, le vicende del marzo 1922 segnarono l'inizio del processo che portò poi al patto italo-iugoslavo di Roma; e, molto più tardi, Mussolini riconobbe al G. un ruolo risolutivo nella "normalizzazione" della questione fiumana.

La crescente fama di uomo d'azione, risoluto e coraggioso, indusse Mussolini ad affidare al G. compiti "militari" di grande rilevanza. Nel settembre 1922 gli venne affidata la responsabilità della spedizione fascista contro Trento e Bolzano, che determinò la caduta dei commissari governativi delle due città e rappresentò l'ultima operazione militare in grande stile dello squadrismo prima della marcia su Roma.

L'operazione, in effetti, servì al fascismo per "presentarsi all'opinione pubblica come il più attivo difensore della italianità di quelle regioni" (De Felice, 1966, p. 318), per screditare del tutto il governo Facta, e, nel contempo, misurare la volontà e capacità di reazione di quest'ultimo in vista dell'attacco risolutivo del 28 ottobre.

Nell'organizzazione della marcia su Roma al G. toccò l'incarico di occupare Trieste con le squadre fasciste della Venezia Giulia e del Friuli. Successivamente, il G. venne chiamato a far parte del Gran Consiglio del fascismo nella veste di segretario, ricoprendo tale carica fino al dicembre 1929. Il 15 ott. 1923 venne nominato segretario del Partito nazionale fascista (PNF), carica che conservò solo fino al 23 apr. 1924.

Il G. - che nel periodo del suo segretariato diresse il settimanale Militia. Rivista delle camicie nere - approdò alla segreteria al termine della prima "crisi revisionista", sviluppatasi tra il settembre e l'ottobre 1923, che aveva visto l'aspro scontro tra le due anime del fascismo: l'intransigente, ispirata soprattutto dal fascismo della provincia e dai cosiddetti ras, e la revisionista, a cui andava l'appoggio del fascismo mussoliniano, moderato e governativo. Nella realtà, era in discussione il ruolo del PNF che i moderati, nell'ambito più ampio della strategia della "normalizzazione", volevano ridimensionare e rendere subalterno all'autorità e alle necessità del governo fascista, mentre gli intransigenti, che ne avevano il controllo, gli attribuivano il ruolo di vero motore di una nuova fase rivoluzionaria, la cosiddetta seconda ondata, che avrebbe dovuto portare alla completa fascistizzazione del paese. Lo scontro era stato breve ma violento, e per farlo cessare si era reso necessario l'intervento di Mussolini, che decise di portare la questione davanti al Gran Consiglio, dove infine le due fazioni in lotta raggiunsero un compromesso. Veniva sciolta la vecchia giunta esecutiva controllata dagli intransigenti e veniva temporaneamente chiamato alla segreteria il G. con il compito di rinnovare in pochi mesi tutte le cariche federali del PNF. Anche la scelta del G. rappresentava un compromesso: pur essendo egli un fedele mussoliniano - e sebbene alcuni ricordassero il ruolo ambiguo da lui svolto nell'estate 1921 a Sarzana, quando, inviato dal comitato centrale dei fasci a valutare le responsabilità del sanguinoso episodio avvenuto nella cittadina ligure, dove una spedizione punitiva fascista era terminata con l'uccisione di diversi squadristi da parte della cittadinanza accorsa in armi, il G. non aveva esitato a sottolineare le responsabilità dei capi intransigenti del fascismo ligure-toscano ispiratori della spedizione -, egli tuttavia non era complessivamente malvisto dalla base del fascismo intransigente.

Il delitto Matteotti, nell'estate 1924, fu la causa indiretta della temporanea caduta in disgrazia del G., che venne inquisito durante l'istruttoria per uno dei cosiddetti reati minori, i cui contorni erano emersi proprio nell'ambito delle conseguenti indagini. Infatti, in uno dei memoriali scritti in carcere a propria difesa, Cesare Rossi aveva chiamato direttamente in causa il G. attribuendo anche a lui la responsabilità del mandato agli arditi fascisti milanesi per la feroce bastonatura subita dal dissidente fascista C. Forni nell'aprile 1924.

In questa circostanza circolò la voce, confermata dalle deposizioni di alcuni testimoni, che il G. fosse tra i capi della Ceka fascista che si era resa responsabile di molte delle violenze perpetrate contro gli oppositori tra il 1923 e il 1924. Anche a causa di ciò, il G. uscì silenziosamente di scena per alcuni anni.

Fu ripescato da Mussolini, il quale, il 21 dic. 1927, lo nominò sottosegretario alla presidenza del Consiglio, carica che il G. ricoprì fino al 20 luglio 1932; entrò di nuovo nell'ombra agli inizi degli anni Trenta. Come altri importanti dirigenti del primo fascismo, soprattutto gli esponenti dell'ala "militare" del movimento, anch'egli fu considerato un personaggio ingombrante per il clima politico dei cosiddetti anni del consenso.

L'amarezza per la sua evidente eclisse politica gli venne alleviata con l'assegnazione di munifiche cariche di rappresentanza in una pletora di organismi economici e finanziari, alcuni importanti altri meno; tra l'altro, nel settembre 1932 fu chiamato a ricoprire la carica di presidente dei Cantieri riuniti dell'Alto Adriatico.

Sebbene ormai ai margini della vita politica nazionale, il G. non smise mai di considerare Trieste come un suo feudo, e nel capoluogo giuliano affondò le radici di quel potere residuo che continuò a esercitare in seno al fascismo, opponendosi con violenza a chiunque tentasse di insidiare questa leadership. Così, nell'ultimo scorcio degli anni Trenta, Trieste assistette alla violenta lotta per la supremazia sul fascismo locale tra la fazione del G. e quella di G. Cobolli Gigli.

Il G. fu tra i primi del gruppo dirigente fascista a guardare con interesse alla Germania nazista per una possibile alleanza che consentisse all'Italia di liberarsi della soffocante tutela anglo-francese e di avviare una politica estera "revisionistica" rispetto all'Europa uscita da Versailles.

In odio alla leadership anglo-francese, già nel marzo 1925 il G. si era reso attivo protagonista, insieme con altri fascisti della prima ora, di un'iniziativa che esprimeva dissenso verso gli elementi di continuità con la politica estera del precedente regime liberale, rappresentata dall'attività diplomatica del segretario generale del ministero degli Esteri S. Contarini, fedele alle direttive tradizionali di amicizia verso Inghilterra e Francia. Mussolini, in quell'occasione, non aveva esitato a giudicare "frondista" l'iniziativa e a diffidare il G. dal persistervi. Ma, di fatto, segnali di un'aperta ostilità del G. verso la tradizionale politica estera contariniana si erano avuti addirittura nel febbraio 1923, quando il governo Mussolini aveva presentato alla Camera, per l'approvazione, il trattato di Washington sulla limitazione degli armamenti navali. Già in quella circostanza il G. aveva manifestato una forte animosità verso gli alleati e una spinta a una politica estera aggressiva e consapevolmente "revisionista"; era pertanto inevitabile che la sua anglofobia dovesse finire per fargli apprezzare senza riserve la politica estera nazista, quando A. Hitler mosse i suoi primi passi in Europa al timone della Germania.

L'insoddisfazione del G. per la politica estera condotta dal fascismo (fino al convegno di Stresa, 11-13 apr. 1935) ebbe modo di esprimersi più compiutamente nel dicembre 1934: egli ebbe, dunque, l'ardire di esternarla quando in Italia era ancora viva l'emozione per il fallito Putsch nazista a Vienna dell'estate di quell'anno, nel momento, cioè, in cui le relazioni tra il nazismo e Mussolini avevano raggiunto il livello più basso.

Si trattava di una lunga memoria di netta intonazione filohitleriana che il G. trasmise a Mussolini e che, in seguito, nel gennaio 1936, rese nota anche a G. Ciano. Egli vi sosteneva la necessità di un avvicinamento tra nazismo e fascismo, dal quale l'Italia fascista non poteva trarre che benefici, e si mostrava altresì convinto dell'inevitabilità del contrasto d'interessi tra l'Italia e la Francia e l'Inghilterra.

In seguito, non mostrò dubbi circa la necessità di una politica estera fascista di alleanza con la Germania hitleriana, di cui divenne un fanatico sostenitore.

Anche se la sua carriera politica si sviluppò tra alti e bassi, per tutto il ventennio fascista il G. fu stabilmente presente, prima come deputato e poi come consigliere nazionale, in Parlamento, dove ricoprì tra le altre cariche quella di presidente della commissione legislativa Scambi commerciali. L'11 febbr. 1943 fu inviato, in veste di governatore, in Dalmazia, dove, il 25 luglio 1943, lo sorprese la caduta di Mussolini. Successivamente, aderì alla Repubblica sociale italiana (RSI), ricoprendo tuttavia incarichi minori, come quello di responsabile dell'ufficio stampa del ministero della Difesa. Catturato dagli alleati, venne rinchiuso nel campo di internamento di Coltano, da dove, nel novembre 1945, uscì per essere consegnato all'Alto Commissariato per le sanzioni contro i reati fascisti, che aveva deciso la riapertura dell'istruttoria per il delitto Matteotti, in cui il G. appariva di nuovo tra gli imputati. Assolto anche in questo secondo processo, il G. si ritirò completamente a vita privata.

Il G. morì a Roma l'8 giugno 1971.

Del G. si vedano ancora: Essenza dello squadrismo, Roma 1932; Un po' di fascismo, Milano 1935.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero degli Interni, Direzione gen. della pubblica sicurezza, Divisione polizia politica, Fascicoli personali, s. A, b. 46, f. G. F.; Ministero della Cultura popolare, Gabinetto, b. 11, f. G. F.; Segreteria particolare del duce, Carteggio ord., f. 197.728; Ibid., Repubblica sociale italiana, Carteggio riservato, b. 45; Mostra della rivoluzione fascista, b. 42, f. Trieste. Si veda anche di R. De Felice in generale, ad indices, l'intera biografia mussoliniana e più in particolare: Mussolini il rivoluzionario, Torino 1964; Mussolini il fascista, I, La conquista del potere, ibid. 1966; Mussolini il duce, I, Gli anni del consenso, ibid. 1974. Sul periodo fiorentino: C. Ronchi Bettarini, Note sui rapporti fra fascismo "cittadino" e fascismo "agrario", in La Toscana nell'Italia unita, Firenze 1962, pp. 346-350 passim; R. Cantagalli, Storia del fascismo fiorentino, 1919-1925, Firenze 1972, ad indicem; sulla partecipazione del G. al congresso di Roma dell'ANC, G. Sabbatucci, I combattenti nel primo dopoguerra, Bari 1974, ad indicem; sul periodo triestino M. Risolo, Il fascismo nella Venezia Giulia. Dalle origini alla marcia su Roma, Trieste 1932, passim; C. Silvestri, Storia del fascio di Trieste dalle origini alla conquista del potere (1919-1922), in Fascismo, guerra, Resistenza. Lotte politiche e sociali nel Friuli-Venezia Giulia, 1918-1945, Trieste 1969, ad indicem; sul ruolo del G. nelle vicende fiumane E. Cabruna, Fiume, 10 genn. 1921 - 23 marzo 1922, Montegiorgio 1932, passim; le critiche al trattato di Washington sono riprese da G. Salvemini, Preludio alla seconda guerra mondiale, a cura di A. Torre, Milano 1967, ad indicem; sul ruolo del G. nella vicenda Matteotti, M. Canali, Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna 1997, ad indicem.

Vedi anche
Bianchi, Michele Uomo politico italiano (Belmonte Calabro 1883 - Roma 1930). In gioventù organizzatore sindacale e direttore di giornali socialisti (La lotta, La scintilla, ecc.), dopo la prima guerra mondiale fu tra i primi fondatori dei fasci. Segretario del partito nazionale fascista (1921-22), fu dall'ott. 1925 sottosegretario ... Farinacci, Roberto Giornalista e gerarca fascista (Isernia 1892 - Vimercate 1945). Interventista nel 1914 e fondatore del fascio di combattimento di Cremona (1919), fu tra i più violenti dirigenti dello squadrismo. Sostenitore dell'ala "rivoluzionaria" del movimento, fondò (1922) e diresse il quotidiano Cremona nuova, ... Rossóni, Edmondo Rossóni, Edmondo. - Sindacalista e uomo politico (Tresigallo, Ferrara, 1884 - Roma 1965). Attivista nelle file del sindacalismo rivoluzionario, nel 1914 si schierò su posizioni interventiste. Ebbe un ruolo di rilievo nella fondazione dell'Unione italiana del lavoro (1918) e nel 1922 divenne segretario ... Bastianini, Giuseppe Uomo politico italiano (Perugia 1899 - Milano 1961). Deputato alla Camera per la XXVII legislatura (1924-29), fu poi, tra l'altro, sottosegretario agli Esteri dal giugno 1936 all'agosto 1939, ambasciatore a Londra (1939-40), dal 1941 al febbr. 1943 governatore della Dalmazia, di nuovo sottosegretario ...
Categorie
  • BIOGRAFIE in Storia
Tag
  • MINISTERO DELLA CULTURA POPOLARE
  • REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
  • GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO
  • PARTITO NAZIONALE FASCISTA
  • SECONDA GUERRA MONDIALE
Vocabolario
giunta¹
giunta1 giunta1 s. f. [der. di giungere, nei due sign. di «congiungere» e di «arrivare»]. – 1. Il giungere, arrivo, spec. nelle locuz., ormai ant. o rare, a (alla) prima g., di prima g., appena arrivato, e, fig., sul principio, subito:...
giunta²
giunta2 giunta2 s. f. [dalla voce prec., secondo il modello dello spagn. junta]. – Commissione di più persone incaricate di esercitare un ufficio sotto la direzione di un presidente: g. consultiva; g. delle elezioni; g. comunale, organo...
  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali