GIOVANI, Francesco (Giovane, Juveni, Juvanis)
Nacque a Roma nel 1611, come si rileva dalla breve nota biografica che Nicola Pio dedicò all'artista. Da essa si apprende che fu dapprima discepolo di Andrea Sacchi e poi di Pier Francesco Mola fino alla morte di quest'ultimo avvenuta nel 1666. Di Mola imitò tanto perfettamente la maniera in "varie opere per prìncipi e signori" che alcune sue opere sono state credute del maestro (Pio). Le fonti successive aggiungono poche altre notizie, tra cui quella di un suo alunnato presso Carlo Maratta, poco probabile perché il G. era più anziano di quattordici anni.
L'unica prova a tutt'oggi del suo presunto alunnato presso Maratta è un'acquaforte che raffigura la Natività, tratta da un affresco di quest'ultimo nella galleria di Alessandro VII (sala degli Ambasciatori) nel palazzo del Quirinale. È comunque degno di nota che tale incisione, una delle più studiate (Bellini, F. G.…, p. 71 n. 17), sia la prima opera del G. menzionata nel catalogo di una stamperia: nel 1677 è descritta infatti nell'Indice della Stamperia de' Rossi, che ripete la citazione nelle successive edizioni del 1705 e del 1735. Solo recentemente, la fondamentale monografia di Cocke su Mola ha consentito di restituire al G. una serie di dipinti tradizionalmente assegnati al suo maestro, evidenziando il rapporto diretto che lega le opere dei due artisti sia dal punto di vista stilistico che contenutistico.
Un'acquaforte, in particolare, Giuseppe riconosciuto dai fratelli, deriva in controparte da una delle opere di Mola più conosciute e apprezzate. Si tratta di un affresco, terminato nel 1657, che faceva parte della decorazione della galleria di Alessandro VII nel palazzo del Quirinale (oggi sala gialla). Nell'affresco di Mola è evidente, in particolar modo nel gruppo di Giuseppe e i fratelli, di stampo raffaellesco, il tentativo di adeguamento dell'artista ai modi del classicismo recentemente affermatosi nell'ambiente pittorico romano, mentre nella resa delle architetture e del paesaggio permangono quegli aspetti cortoneschi e neoveneti peculiari del suo stile. Tali aspetti si ritrovano nell'incisione tratta dall'affresco. È infatti tipica del G. l'abilità di mediare tra posizioni quasi antitetiche che molto probabilmente gli derivò dal suo apprendistato presso artisti di diversa impostazione.
La produzione incisoria del G., caratterizzata prevalentemente da acqueforti, è molto più conosciuta e studiata di quella pittorica che pure dovette essere preponderante. L'elenco dei dipinti a lui attribuibili con certezza comprende nove tele, tra cui il Battesimo di Cristo per la chiesa di S. Maria del Carmine ad Ascoli Piceno; un Guerriero a mezzo busto con barba alla Galleria Pallavicini di Roma, assegnato al G. dall'antico inventario manoscritto della galleria; una Visione di s. Bruno (Alnwick Castle, Northumberland), un Omero che detta (Chicago Art Institute); e una Presentazione al tempio per l'oratorio di S. Maria in Trivio a Roma. Sempre a Roma sono conservati altri tre dipinti attribuiti con certezza al G.: due Ritratti di vecchio (Accademia nazionale di S. Luca) e un S. Giovanni Battista (Galleria Pallavicini), quest'ultimo stilisticamente molto vicino alla Presentazione al tempio di S. Maria in Trivio. Nel 1983 Bellini ha proposto uno studio organico del catalogo complessivo del G., e al suo saggio si rimanda per approfondire la conoscenza dell'opera sia pittorica sia incisoria dell'artista. Secondo la ricostruzione dello studioso, nove acqueforti costituiscono a tutt'oggi il corpus incisorio attribuibile con certezza al Giovani.
Fra di esse ricordiamo, oltre a quelle già menzionate, il Sogno di Giuseppe, noto in un solo esemplare conservato al Gabinetto nazionale delle stampe di Roma (Kuhnmünch, pp. 70, 72 n. 49); l'Aurora, anch'essa appartenente alla collezione del Gabinetto nazionale delle stampe, firmata "Fran.co Giovane" e forse di sua invenzione; il Martirio di s. Andrea, conservato in numerose collezioni, noto in quattro diversi stati, stampato con una discreta tiratura e tratto dall'omonimo affresco del Domenichino in S. Andrea della Valle; un Bambino Gesù con quattro angeli, conosciuto nell'unico esemplare dell'Albertina di Vienna e con scarsa tiratura; e infine un Saturno, anch'esso di sua invenzione, di cui si conservano tre stati in diversi musei europei, quali il British Museum di Londra, l'Albertina di Vienna e il Gabinetto nazionale delle stampe di Roma. Questo soggetto, pur mantenendo inalterati gli attributi consueti della tradizione iconografica, se ne discosta compositivamente sia per il punto di vista molto ravvicinato sia per il basamento classico che costringe la figura in primo piano, rendendo la sua interpretazione non convenzionale.
Secondo quanto riporta Pio, il G. morì a Roma nel 1669.
Fonti e Bibl.: N. Pio, Le vite di pittori, scultori et architetti (1724), a cura di C. Enggass - R. Enggass, Roma 1977, p. 37; A. Bartsch, Le peintre graveur, XXI, Wien 1821, pp. 97-100; P.J. Mariette, Abecedario et autres notes inédites…, in Archives de l'art français, II (1853-54), p. 309; M.Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, II, Paris 1856, p. 300; F. Zeri, La Galleria Pallavicini in Roma, Firenze 1959, pp. 143, 182; R. Cocke, P.F. Mola, Oxford 1972, pp. 64 s., 68, 70 s., 75; J. Kuhnmünch, C. Maratta graveur. Essai de catalogue critique, in Revue de l'art, 1976, n. 31, pp. 69-72; P. Bellini, Italian masters of the seventeenth century, in The Illustrated Bartsch, XLVII, 1, New York 1983, pp. 55-69; Id., F. Giovane: catalogo descrittivo, in Rassegna di studi e di notizie, X-XI (1983), pp. 53-74; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 100.