GIARDONI (Gardoni), Francesco (Giovanni Francesco, Gianfrancesco)
Figlio di Filippo, il G. nacque a Roma nel 1692. La sua formazione avvenne tra il 1703 e il 1708 presso la bottega romana di Paolo Andrea Gamba, dove fu presente come "garzone"; nel 1712 figurava come "lavorante" nella bottega di Bernardino Spada (Bulgari, p. 530). I modelli stilistici del G., di gusto ancora decisamente barocco, furono senza dubbio influenzati da grandi argentieri come Giovanni Giardini.
La prima notizia documentata sulla sua attività risale al 1716, quando partecipò al concorso Clementino per la seconda classe di scultura presso l'Accademia di S. Luca e vinse il primo premio (Cipriani - Valeriani, p. 162). Nel 1719 doveva aver raggiunto una discreta indipendenza se figurava come "argentiere" in una casa vicino a piazza Sforza, ove abitava con la moglie Domenica Contigliozzi e il figlio Filippo di un anno (Bulgari, p. 530). Nel marzo del 1729 il G. ottenne dal camerlengo dell'università degli orefici e argentieri di Roma la licenza di lavorare da orefice e argentiere in casa. La perizia tecnica e l'abilità artistica del G. dovevano essere ben note anche al di fuori dell'ambiente artistico e culturale della città se, nel 1730, la corporazione dei mercanti di Foligno commissionò a lui (e a Filippo Tofani) la statua di S. Feliciano per il duomo della città, da porre sulla sedia realizzata dall'argentiere Adolfo Gaap.
Il modello della statua fu richiesto allo scultore Giovan Battista Maini. Gettata a Roma alla fine del 1732, arrivò a Foligno il 14 nov. 1733 e fu collocata nella cattedrale nel mese di maggio. Gli argentieri romani realizzarono un'opera raffinatissima e tecnicamente pregevole, curata nel minimo dettaglio decorativo, compiuta con lastre di rame dorato tranne che per le parti, in argento, del volto, delle mani e dei piedi. Sulla statua di S. Feliciano, purtroppo gravemente danneggiata dal furto del 1982 (Pastina, p. 73), è stato rintracciato il punzone del G. raffigurante un'ape (Bulgari, p. 533).
Nel maggio del 1731 il G. ottenne a Roma la "patente" dopo aver sostenuto una prova pratica con un bassorilievo cesellato in piastra d'argento raffigurante La casta Susanna (opera perduta) e depositato, presso l'università, il punzone con il proprio simbolo. In questi anni fu anche argentiere per la Reverenda Camera apostolica ed ebbe una propria bottega vicino a via dei Banchi Vecchi, dove lavorò anche il fratello Carlo (ibid., p. 530).
Molto importante fu la partecipazione del G. alla realizzazione, insieme con la bottega di Giacomo Pozzi, della bellissima statua di Clemente XII per la cappella Corsini in S. Giovanni in Laterano a Roma. Nel 1734 si decise infatti di sostituire la statua in marmo, già eseguita da Carlo Monaldi, con una in bronzo; il modello venne affidato allo scultore G.B. Maini, mentre i lavori nella fonderia della Reverenda Camera Apostolica e la finitura dell'opera spettarono al laboratorio di G. Pozzi, sotto la direzione dei fratelli Giardoni.
Il favore incontrato nell'ambiente artistico e aristocratico dal Clemente XII, procurò al G. la committenza di un'altra scultura monumentale (perduta) del pontefice, da collocarsi in Campidoglio (Pastina, pp. 73 s.). Il Senato romano, per omaggio a Clemente XII che aveva donato al Museo Capitolino una collezione di bassorilievi, impegnò con un contratto firmato il 10 sett. 1737 il Giardoni. Il modello della statua fu richiesto a Pietro Bracci, ed era piuttosto simile a quello per la cappella Corsini, come appare in due stampe dell'epoca (Kupferstich-Kabinett di Dresda e Gabinetto nazionale delle stampe di Roma).
Nel 1738 il G. ideò due cornici (Aranjuez, palazzo reale) donate da Clemente XII a Maria Amalia di Sassonia per le sue nozze con il re di Napoli Carlo di Borbone, e saldate al G. il 17 luglio 1741. In rame dorato a "zecchino macinato" con festoni, glorie di serafini, con le armi dei sovrani e dell'Ordine dello Spirito Santo, le cornici racchiudono due mosaici di Pier Paolo Cristofari raffiguranti Cristo e la Vergine (Bulgari, p. 533). Sono state attribuite al G. altre due cornici (Lisbona, Museu nacional de arte antiga) in bronzo patinato e dorato con mosaici del Cristofari molto simili ai precedenti (González Palacios, 1995, pp. 460, 463).
Nel 1739 il G. fu nominato da Clemente XII fonditore della Reverenda Camera apostolica; doveva così occuparsi anche del rifornimento di metallo per le artiglierie (Pastina, pp. 74, 76)
Il G. fu inoltre impegnato nella direzione di lavori di restauro e conservazione: si occupò del coronamento dell'obelisco Vaticano (1740); ma la testimonianza della sua grande perizia tecnica, e soprattutto di una fine interpretazione della cultura antica, fu il restauro da lui condotto, con il fratello Carlo, sul cratere di Mitridate (I sec. a.C.: Roma, Musei Capitolini), richiesto del marchese Alessandro Gregorio Capponi nel 1742 (Barberini, pp. 132-134). Qui si evidenziano gli interessi antiquari del G. e di suo fratello, che li portarono non solo a cimentarsi nel restauro di opere antiche in bronzo, ma a esserne anche mercanti e collezionisti.
Nel 1742 venne inaugurato in S. Pietro in Vaticano il sepolcro di Maria Clementina Sobieski, moglie del re Giacomo III; alla sua realizzazione parteciparono, dal 1740, l'architetto Filippo Barigioni, lo scultore P. Bracci, il mosaicista P.P. Cristofari e il G. per le parti ornamentali in bronzo dorato (González Palacios, 1993, pp. 179, 183).
Durante il pontificato di Benedetto XIV il G. ottenne importanti incarichi, come la commissione, nel 1742, del pregevole Reliquiario di s. Petronio (in argento fuso, sbalzato e cesellato, dorato con parti bronzee e adorno di lapislazzuli) per la cappella Aldrovandi in S. Petronio a Bologna.
Qui doveva essere contenuta la preziosa reliquia del capo del santo, donata con breve papale del 10 giugno 1743. In una lettera del 28 ag. 1743 il papa descrisse l'invio a Bologna del prezioso Reliquiario insieme con la "macchina gestatoria, su cui deve portare l'altra macchina (il reliquiario) quando si fa la Processione della Sacra Testa. Viene anche in compagnia l'artefice, volendo che esso metta insieme i pezzi, ne' quali è stata divisa la macchina gestatoria per poterla portare a Bologna" (Montefusco Bignozzi, p. 140). L'aspetto della perduta macchina processionale è noto attraverso un disegno di Giovanni Carlo Bibiena inciso da Giuseppe Benedetti (Varagnoli, p. 150) e, come il reliquiario, dovette essere completa invenzione del Giardoni. Gli ornamenti (volute, tralci di fiori, testine alate) ne rivestivano completamente la struttura portante e tendevano ad annullare il disegno architettonico per ottenere un effetto di grazia e di leggerezza. Invece, il frontale d'altare, sempre nella stessa cappella, venne direttamente commissionato al G. dal cardinale Pompeo Aldrovandi, con un contratto stipulato l'8 luglio 1743, dove sono brevemente descritti gli "ornati di metalli dorati, cioè di due angeloni, teste di cherubini, nuvole, e raggi" che decorano gli scorrevoli sportelli in ferro, dietro i quali si trova la nicchia con il reliquiario. Nel contratto il G. si obbliga a sottoporre il suo operato (dalle cere alla rinettatura) a uno scultore, di cui non si conosce il nome, e all'architetto Domenico Gregorini, direttore dei lavori. L'opera del G. venne saldata il 15 ott. 1745 con 3700 scudi (Montefusco Bignozzi, pp. 132, 140 s.).
Nell'ottobre del 1742, il sovrano del Portogallo Giovanni V chiese al suo ambasciatore a Roma Emanuele Pereira de Sampajo di far eseguire, da artisti romani, la cappella dedicata a S. Giovanni Battista e allo Spirito Santo per la chiesa dei gesuiti di S. Rocco a Lisbona: interamente lavorata a Roma, su disegni di Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli, completa di tutti gli arredi, la cappella venne esposta all'ammirazione del pubblico romano nell'aprile del 1747 in palazzo Capponi-Cardelli in via Ripetta. Il 1° sett. 1747 arrivò a Lisbona insieme con gli artigiani per il montaggio. Al G. spettò l'esecuzione dei capitelli, degli ornamenti delle porte, delle basi e del fregio (Garms, pp. 113, 119, 121).
Tra il 1743 e il 1746 il G. partecipò a un altro importante lavoro per la corte portoghese: il grandioso fonte battesimale per la basilica patriarcale di Lisbona, purtroppo distrutto dal terremoto del 1755. Si conserva però un disegno di autore anonimo (Lisbona, Museu nacional de arte antiga) che lo raffigura (Mandroux França, pp. 90, 97). Il fonte venne affidato alla bottega di Pietro Paolo Rotolone e realizzato in collaborazione con il G., che eseguì gli ornati del coperchio della vasca di porfido, l'agnello pasquale, i serafini, la conchiglia e la colomba dello Spirito Santo.
Nel settembre del 1744 il G. divenne accademico di S. Luca (Thieme - Becker) e nello stesso anno camerlengo presso l'università degli orefici e argentieri di Roma, carica che ricoprì più volte fino alla sua morte (Bulgari, pp. 530, 533). L'anno seguente è documentato nella Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.
Nel 1747 eseguì una campana per la basilica di S. Pietro dedicata alla Vergine, ornata da molte figure in bassorilievo e dallo stemma di Benedetto XIV. All'interno dei lavori di ristrutturazione della basilica di S. Maria Maggiore, voluti dallo stesso pontefice, il G. fornì, nel 1749, le vesti per i quattro angeli di P. Bracci posti agli angoli del baldacchino (oggi nella loggia), risistemò le cancellate della cappella Sistina e di quella delle reliquie, restaurò la statua di Filippo IV di Girolamo Lucenti (portico) e quella di Paolo V, anch'essa attualmente nella loggia, gettata da Paolo Sanquirico (Pastina, pp. 76, 78). Per l'anno santo del 1750 il G. realizzò un raffinato martello andato disperso, come gli altri oggetti di alta oreficeria da lui eseguiti: una rosa d'oro con zaffiri, alcuni servizi di piatti e posaterie, una tabacchiera d'oro, uno stocco d'onore (Bulgari, p. 533).
L'ultima prestigiosa impresa condotta dal G. fu la fusione, nel 1751, del S. Michele per Castel Sant'Angelo, eseguita sul modello di Pietro Verschaffelt. Dopo la benedizione papale, la statua fu collocata sul maschio della fortezza il 28 giugno 1752.
Il G. morì a Roma il 22 sett. 1757 e venne sepolto in S. Eligio degli Orefici (ibid.; De Simoni).
Carlo, fratello del G., nacque a Roma nel 1693. Attivo nella bottega di G. Pozzi, alla morte di quest'ultimo (1735) condusse a termine alcune imprese per l'Accademia di Portogallo, nonché, come attestarono alcuni lavoranti della bottega di Pozzi il 25 nov. 1756, altri lavori con il fratello: le statue di Clemente XII, l'Angelo per il Castello, la campana per S. Pietro, i torchi per la Zecca, le vesti per i quattro angeli di S. Maria Maggiore, gli angeli per il frontale della cappella Aldrovandi a Bologna. Morì a Roma il 12 luglio 1764 (Bulgari, p. 530).
Giuseppe, figlio del G., nacque a Roma nel 1720 (ibid., p. 533) e fu attivo nella bottega paterna dal 1731 al 1754. Nel settembre del 1743 il camerlengo e i consoli dell'università degli argentieri e orafi di S. Eligio gli concessero la "patente" di maestro. Nel 1756 sostituì il padre nella carica di fonditore della Reverenda Camera apostolica (Pastina, p. 76). Tra il 1757 e il 1758 eseguì alcuni lavori di restauro e manutenzione per i Sacri Palazzi apostolici e realizzò anche un servizio da toletta per Clemente XIII. Il 28 nov. 1758 Giuseppe si impegnò a fondere una nuova campana per Castel Sant'Angelo su incarico del commissario generale del Mare e castellano di fortezza monsignor Pasquale Acquaviva d'Aragona (Ciofetta). Presso l'università ricoprì le importanti cariche di console e di camerlengo dal 1769 al 1772. Morì il 13 genn. 1787 (Bulgari, p. 533).
Filippo, figlio di Carlo e di Teresa Borgiani, nacque a Roma nel 1742. Figura come lavorante tra il 1763 e il 1776. Non si conosce alcuna sua opera, né la sua data di morte (ibid., p.530).
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