GHITTONI, Francesco
Nacque a Rizzolo, nel comune di San Giorgio Piacentino, il 25 marzo 1855, da Ferdinando e Giuseppa Armani. Dimostrò presto una predisposizione al disegno tale da indurre i genitori, consigliati da don L. Bonora, parroco del paese e primo maestro del G., a iscriverlo all'istituto d'arte Felice Gazzola di Piacenza, città dove si conservano, in collezioni private o presso istituzioni pubbliche, la quasi totalità dei dipinti dell'artista.
Il G. frequentò il Gazzola dal 1867 al 1880, salvo una breve interruzione nel 1876-77, avendo come insegnanti G. Guglielmetti, per l'ornato e l'architettura, e, per la figura, L. Toncini, cui subentrò nel 1873 B. Pollinari. L'insegnamento di quest'ultimo, che sostituì alla copia da calchi quella dal modello - in direzione di un "verismo" da ricercare nella quotidianità di soggetti umili e di episodi autobiografici e nell'impegno morale e didattico - si riflette nei primi esempi scolastici, come Il vecchio castellano della collezione Martini, presentato dal G. all'Esposizione provinciale didattico-artistica di Piacenza del 1874, insieme con La via della virtù o Giovanetto che ripassa la lezione (Istituto Gazzola). Questo quadro è da porre a confronto con La via del vizio o Giovanetto che gioca a carte (Ibid.) del compagno di studi E. Perinetti; a tale prima fase risalgono inoltre Studio e lavoro (collezione Montagna) e Vecchio rigattiere, Capraio, David, conservati all'Istituto Gazzola, mentre della Galleria Ricci Oddi di Piacenza è il Giovane operaio che riposa, datato 1879.
Nell'autunno del 1879 il G. sposò Maria Pagani; dall'unione nacquero Beatrice, Luigia, Arnolfo, Matilde e Opilio. Nel 1880 terminò gli studi al Gazzola, da cui fu licenziato con lode.
Da questo momento in avanti la vicenda artistica del G. si svolse seguendo il filo di una figurazione di matrice accademico-verista, di volta in volta lievemente toccata da suggestioni dei modi artistici emergenti, diffuse attraverso le esposizioni internazionali, dove ebbe modo di ammirare le opere di G. Favretto, D. Morelli, G. Toma e F.P. Michetti. La sua produzione si può raggruppare intorno ad alcune tematiche dominanti, tipiche della pittura di gusto borghese a cavallo tra Otto e Novecento: soggetti di genere, per lo più legati a vicende personali, storici e religiosi, ritratti e paesaggi.
Il G. esordì all'Esposizione nazionale di Milano del 1881 con due dipinti di genere di impronta ancora piuttosto scolastica: il S. Martino forzato o Lo sfratto (San Giorgio Piacentino, collezione privata) - un tema ripreso negli anni Novanta in forme diverse, per esempio nel Senza tetto, 1895, anch'esso in collezione privata piacentina - e Il medico di campagna (collezione Manfredi). Un carattere più fresco e diretto si coglie nelle coeve opere di piccolo formato, dove sulla cura del disegno prevale un'immediatezza d'immagine essenzialmente costruita sul colore: si vedano Il conte Ugolino e Testamento, che può ricordare H. Daumier (i due quadri si trovano in collezione privata, l'uno a Piacenza l'altro a Fiorenzuola).
Nel 1883 il G. partecipò all'Esposizione di belle arti in Roma con La lezione (ubicazione ignota), La culla, La puerpera e con L'onomastico del nonno (in collezioni private piacentine) dove rappresentò per la prima volta un interno borghese in una riuscita scena di conversazione, ben costruita nella sua complessa successione di piani. Tra le altre opere degli anni Ottanta si ricordano La visita alla nonna della Galleria Ricci Oddi e, sempre a Piacenza, ma in collezioni private, L'ora di noia, L'hai detta bella, Nello studio del pittore, La recita della poesia, accomunate dalla piacevolezza della pittura, d'intonazione vagamente favrettiana e del tutto in sintonia con il gusto corrente dell'epoca.
Legate alla malattia della moglie, ricoverata nel 1890 e morta nel 1896, sono le opere La prova della lezione (ubicazione ignota) e Amor fraterno (collezione privata): quest'ultima fu molto ammirata e acquistata dal pastore protestante C. Bachofen, che, nel 1895, l'avrebbe fatta esporre, con altre opere, all'Athenaeum di Ginevra (Arisi, 1988).
Una graduale essenzializzazione dell'immagine, sempre costruita con sapienza compositiva e gusto del dettaglio significativo, si nota in altre opere del periodo come Il medico e L'ambulanza, entrambe in collezioni private piacentine. Esistono anche varie versioni di Doloroso addio, fra cui quella del 1897, sempre di collezione privata a Piacenza, presentata nello stesso anno a Milano, alla terza Esposizione triennale di Brera, dove venne notato dal segretario dell'Accademia G. Carotti.
Nello stesso periodo il G. si impegnò in un'intensa attività di ritrattista. Già di buona qualità appaiono i due Ritratti della madre, eseguiti nel 1880 (Istituto Gazzola) e nel 1881 (Galleria Ricci Oddi). Del 1883 è l'Autoritratto "col vecchio cappello a piccola tesa ed il nastro color caffè stinto", conservato in collezione Costa Quartarone, a proposito del quale Carpi nel 1939 ha scritto: "è vivo ed indicativo; vi è del comico e del serio in lui: è tutto l'Ottocento lombardo di Ranzoni, di Rovani, di De Marchi". Per C. Carrà (1939), già colpito dal Ritratto di Michele Lamoure, il Ritratto della signora Buscarini Diviani (Piacenza, collezione privata), quadro "pervaso di liricità contenuta e di umano sentimento", costituisce uno dei "maggiori esemplari della pittura italiana dell'Ottocento". Sono d'altronde esempi notevoli di questo aspetto della sua pittura, per la freschezza d'immagine, il Ritratto del conte Francesco Caracciolo, suo committente e amico, risalente ai primi anni Novanta (collezione Martini), e, per i caratteri di più controllata "ufficialità", pur in ambito verista, i ritratti, entrambi del 1891, della Contessa Marianna Petrucci Confalonieri (collegio Moriggi) e della Contessa Costanza Lucca Ardizzoni Calvi (Museo civico).
Lo stesso tipo di eclettico verismo, soggetto a suggestioni morelliane, caratterizza la sua ampia produzione sacra.
Primi lavori significativi in tale ambito, probabilmente eseguiti alla fine degli anni Settanta, sono le due versioni del Seppellimento di un martire (una nella collezione Giacoboni) e il Trittico della vita di Gesù (collezione privata); di maggiore importanza è il Gesù deposto nel sepolcro del 1881 (Sariano, parrocchiale), ispirato a un'incisione di G. Dorè. Il G. realizzò quindi il S. Giovanni Battista della parrocchiale di Santimento (1885), il S. Anselmo (oggi in cattivo stato di conservazione) della parrocchiale di Baggio (1886), il S. Opilio del seminario vescovile di Piacenza (1888) e una serie di versioni di Stella matutina (L'Assunta). Da ricordare, ancora, sempre a Piacenza, Il martirio di s. Eufemia del 1893 nella chiesa omonima, Getsemani (1894) e la Sacra Famiglia (1898) nella chiesa del S. Sepolcro.
Completa la sua produzione la più libera pittura di paesaggio, regolarmente praticata ma difficilmente databile, almeno fino al 1895. Dai soggiorni presso C. Bachofen a Sori, nel 1895 e nel 1896, trasse ispirazione per vedute della costa ligure e della sua vegetazione, ma soprattutto per la creazione di numerose marine: tema che avrebbe sviluppato anche negli anni seguenti.
Nel 1903 il G. venne nominato conservatore del Museo civico di Piacenza; nel 1911 diventò insegnante di figura all'Istituto Gazzola, prendendo il posto di S. Bruzzi.
Il G. morì a Piacenza il 17 ag. 1928.
Fonti e Bibl.: G. Gozzoli, Gli artisti viventi, Roma 1882, s.v.; Esposizione di belle arti in Roma, 1883. Catalogo generale ufficiale, Roma 1883, pp. 73, 81, 86, 92; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, p. 223; G. Carotti, Arte contemporanea. Esposizione triennale di belle arti all'Accademia di Brera, in Emporium, VI (1897), pp. 20 s.; Catalogo di arte sacra…, Torino 1898, p. 218; E. Somaré - G. Bertucci, in Mostra postuma di F. G. (catal., Piacenza), Milano 1939; E. Somaré, Un pittore rivendicato: F. G., in L'Esame, VI (1939), pp. 277-284; G. Piovene, Un artista rivalutato: F. G., in Corriere della sera, 19 ott. 1939; C. Carrà, F. G., un artista sacrificato, in L'Ambrosiano, 9 nov. 1939; A. Carpi, Mostra postuma di F. G. a Piacenza, in L'Illustrazione italiana, 12 nov. 1939, pp. 729 s.; F. Arisi, F. G., in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 4, XXIX (1977), pp. 207-217; M. Poggialini Tominetti, in Arte e socialità in Italia dal realismo al simbolismo, 1865-1915 (catal., Permanente), Milano 1979, pp. 127 s.; F. Arisi, Disegni di F. G. (catal., galleria la Meridiana), Piacenza 1981; Id., F. G., dipinti (catal., galleria Braga), Piacenza 1983; R. Tassi, La pittura emiliana dell'Ottocento, in Ottocento. Catalogo dell'arte italiana dell'Ottocento, n. 15, Milano 1986, pp. 32 s.; A. Braga, F. G., ibid., n. 16, Milano 1987, pp. 48 s.; F. Arisi, F. G., 1855-1928 (catal., galleria Braga), Piacenza 1988 (con bibl.); G. Bruno, Stefano Bruzzi - F. G. (catal., Bologna), Piacenza 1990, pp. 47-63; G. Martinelli Braglia, La pittura in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, p. 267; II, p. 848; S. Fugazza, Italia romantica (catal., galleria Braga), Piacenza 1996, passim; Id., "Avanguardie" a Piacenza, 1855-1955 (catal., galleria Braga), Piacenza 1997, passim; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 573.