GERINI, Francesco
Nacque a Firenze il 28 marzo 1522 da Giovanni di Antonio e da Violante di Galeazzo Sassetti.
La sua famiglia, ascritta al quartiere di S. Giovanni - gonfalone della Chiave - possedeva a Firenze molte case e botteghe e in Val di Sieve e a Montefioralle, in Chianti, molti poderi. A Firenze i Gerini abitavano in via dei Servi, in una casa che Giovanni aveva acquistato il 26 apr. 1527 per 1300 scudi dall'arte della lana. Nel 1529 il padre del G. era stato del Consiglio degli ottanta, nel 1540 del Consiglio dei duecento, e nel 1558 il duca Cosimo I chiamò lui e altri nove dei più ricchi cittadini di Firenze a dar malleveria per la dote di Lucrezia, sua figlia, che andava sposa ad Alfonso d'Este, secondo di questo nome, futuro duca di Ferrara.
Nel 1539 il G. fu uno dei quaranta giovani di nobile famiglia che accompagnarono Eleonora de Toledo, moglie di Cosimo I, nell'ingresso solenne a Firenze.
Il 15 sett. 1551 il G. fu tra i "veduti" (cioè gli estratti a sorte) per il Magistrato dei dodici buonomini; non è noto se abbia poi ricoperto effettivamente l'ufficio. Come risulta dalla lettera che il canonico Piero Vaglienti gli scrisse da Pisa a proposito di certi pagamenti di decime del vescovo di Lucca, il 24 febbr. 1557 il G. doveva ricoprire un incarico nell'ambito delle "decime de' preti", le imposte speciali istituite da Leone X nel 1513 sui beni degli ecclesiastici per finanziare lo Studio di Pisa.
Dal 1562 al 1567 il G., giureconsulto e giudice strettamente legato alla casa de' Medici, risiedette a Siena, poiché era nel frattempo divenuto segretario del cardinale Giovanni Niccolini, arcivescovo di Pisa. In questo ruolo il G. fungeva da informatore per il segretario mediceo Bartolomeo Concini sugli avvenimenti di Siena e sullo stato di salute del cardinale.
Contemporaneamente il G. era anche preposto della chiesa collegiata di San Gimignano. In tale veste fu da questa incaricato, il 7 dic. 1564, dell'intervento presso il pontefice per la conferma dei privilegi della chiesa. Il 14 marzo 1565, in occasione di una visita del G., i rappresentanti della Comunità di San Gimignano elessero una deputazione di quattro cittadini che dovevano riverirlo e ossequiarlo.
Le richieste di intermediazione con la S. Sede erano frequenti, perciò il G. era spesso a Roma. Il 4 maggio 1565 il capitolo della prepositura gli affidò la richiesta del privilegio per i canonici di indossare il "gufo" (la pelliccia dei canonici) in luogo del cappuccio. Il G. fu il primo a cumulare per dignità il titolo di preposto con quello di parroco della chiesa dei Ss. Lucia e Giusto a Barbiano, ottenendo il consenso all'unione di questa chiesa con la prepositura di San Gimignano il 21 marzo 1569.
Nel gennaio 1576 ottenne da Gregorio XIII un giubileo speciale per la città di San Gimignano, col quale si concedeva la remissione di tutti i peccati anche per coloro che non erano potuti andare in penitenza a Roma, in occasione del grande giubileo del 1575.
A San Gimignano il G. conobbe e frequentò fra Felice Peretti, dell'Ordine di S. Francesco, che nel 1547 lì predicava nel periodo della quaresima e che nel 1551 era a capo della facoltà teologica nel convento francescano di Siena; quando Peretti fu eletto al pontificato con il nome di Sisto V (1585), fu quindi facile per il G. avere buoni rapporti con lui. Di queste sue relazioni con Roma doveva essere a conoscenza il granduca Francesco I, che proprio in questo periodo stava riorganizzando il corpo diplomatico toscano con una sapiente miscela di membri dell'aristocrazia fiorentina e di uomini nuovi dell'apparato burocratico, nobili o meno.
Per una sede di primaria importanza come Roma la sola presenza di un ambasciatore residente non pareva sufficiente, pertanto gli era stata affiancata la figura del segretario di legazione. Il G. coprì quella carica prima con Alessandro de' Medici (1569-84), negli ultimi anni della sua ambasciata, poi con Giovanni Alberti (1585-87). Quando, nel febbraio 1584, la sede dell'ambasciatore residente a Roma rimase vacante, Francesco I de' Medici scrisse al G. di trattenersi a Roma per attendere ai vari negozi finché non fosse giunto il nuovo ambasciatore, e lo pregò di tenerlo aggiornato, scrivendo giornalmente, su tutto quello che accadeva a Roma.
Segno della piena fiducia che il sovrano riponeva nel G. fu l'incarico, nel 1585, di trattare direttamente con Sisto V l'organizzazione di un'impresa contro i Turchi; doveva essere una spedizione con l'aiuto degli Spagnoli e per questo era stato inviato in Spagna Luigi Dovara. Alla fine di febbraio del 1586 questi si recò a Roma su incarico del granduca per far presente al papa i dubbi del re di Spagna circa l'opportunità di una tale guerra in un momento di suo grande impegno in numerose altre imprese. Compito del G. era invece quello di convincere il papa a favorire l'azione, mantenendo la massima segretezza. Nel maggio 1586 Francesco I chiese ancora al G. di intervenire presso il papa per annullare i brevi che Gregorio XIII aveva concesso a Camilla Martelli, moglie morganatica del padre Cosimo I, in favore del monastero di S. Monaca, dove ella si trovava dopo la morte del marito.
Il G. fu poi presente in tutte le fasi preparatorie dei quattro conclavi che, dopo la morte di Sisto V (1590), seguirono nel giro di due anni. A Roma la sua funzione fu comunque sempre legata agli interessi del granduca e alla crescita dell'influenza medicea. Relazionando minuziosamente su tutto ciò che avveniva a Roma, dava d'altro canto la possibilità ai Medici d'influire su molte decisioni della S. Sede, in particolare la nomina dei vescovi in Toscana; il granduca si attendeva infatti dai vescovi un sostegno per prevenire le tentazioni eretiche che potevano arrecare danno sia alla Chiesa controriformista sia al suo principato. Un altro aspetto su cui il granduca si attendeva la collaborazione del pontefice era la repressione del banditismo - problema aggravatosi durante il regno di Francesco I - che dal confinante Stato pontificio era dilagato per tutta la Toscana. Numerose sono le lettere in cui si chiede al G. di intervenire presso il pontefice per lo scambio e la estradizione dei banditi che, dopo le azioni compiute in uno Stato, perseguivano l'impunità rifugiandosi in quelli vicini.
Richieste di grazie, presentazioni, assistenza e aiuto a vari personaggi, nomine di vescovi e prelati: queste le esigenze più frequenti di cui il G. si faceva portavoce presso il papa; ma anche favori insoliti, come la trattativa per l'acquisto dal genovese Ambrogio Spinola di quattro galere per il pontefice, oppure l'indagine su due giovani fuggiti da Firenze e rifugiatisi a Roma forse nel convento d'Aracoeli dove facevano i copisti, o il recupero delle carte più interessanti di Onofrio Camaiani, già segretario di legazione a Roma per il granduca, oppure il procacciare statue e quadri per la collezione di Francesco I. Il 22 ag. 1586 commissionava un ritratto per conto del granduca, forse quello della figlia Maria, a Scipione Pulzone da Gaeta, pittore molto in voga tra i cardinali della Curia romana, tanto che il cardinal Ferdinando de' Medici, una volta divenuto granduca, lo chiamerà a Firenze per fare i ritratti ufficiali suo e della consorte.
A Roma il G. era divenuto amico dell'auditore di rota Ippolito Aldobrandini, di vecchia famiglia fiorentina, che divenne cardinale il 18 dic. 1585 e papa il 30 genn. 1592 con il nome di Clemente VIII; il 16 luglio 1590 questi assegnò al G. il vescovado di Bagnoregio e lo nominò prefetto, "supplicis referendis libellis", carica già detenuta dallo stesso Aldobrandini. In coincidenza con tale nomina il G. rinunziò alla prepositura di San Gimignano, passata nel 1591 a Giovanni Franzesi, cognato di una sorella del Gerini.
Dopo la morte di Alfonso II d'Este senza eredi diretti (27 ott. 1597) e in seguito al conflitto per la devoluzione di Ferrara allo Stato pontificio, Clemente VIII prese possesso della città.
Il G. seguì il papa, ma si ammalò e morì a Ferrara il 6 sett. 1598; il giorno dopo fu sepolto nella chiesa di S. Spirito dei frati zoccolanti.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Raccolta genealogica Sebregondi, b. 2500 a-b; Tratte, Libro d'età 3°, 81, c. 214; Veduti del Magistrato, 610, c. 74v; Mediceo del principato, filze 469, c. 301; 494A, c. 1491; 515, c. 413; 516A, cc. 546, 583, 799; 517, c. 420; 521, c. 374; 521A, c. 612; 528, cc. 663-665; 529, cc. 9, 21; 550, cc. 26 ss.; 1177; per il carteggio diplomatico con il residente Alessandro de' Medici, filze 3289-3294; con il residente Giovanni Alberti, 3295-3296; lettere del granduca Francesco I e di Bianca Cappello al G., 3475A; minute di lettere dei granduchi e della Segreteria ai residenti e agenti, 3484; lettere di segretari dei residenti, 3610-3612; lettere e minute della Segreteria ai segretari dei residenti, 3705, 3706, 3706A; istruzioni medicee, 322; Decima granducale, Campione del quartiere S. Giovanni, Chiave, 3647, cc. 318-320; Carte Strozziane, s. I, 44, cc. 248-249; 97, cc. 159-187, 229-231; s. II, 230, cc. 272-273; 279, cc. 150-151; 301, cc. 95-97; San Gimignano, Arch. della Collegiata, Partiti dei canonici, 240, cc. 41, 55, 63v, 77, 81, 115, 133-136; 241, cc. 45-46; 243, cc. 70, 82-84; Serie dei proposti di San Gimignano secondo le opinioni dei proposti Pecori Luigi e Nomi Ugo, c. 39; Ibid., Arch. storico comunale, Deliberazioni e partiti, 219, c. 37v; Ibid., Biblioteca comunale, ms. 106: Catalogo dei signori proposti, arcidiaconi e canonici dell'insigne collegiata di San Gimignano che principia dall'anno 1118, cc. 59-73v.
V. Coppi, Annali memorie ed uomini illustri di San Gimignano, Firenze 1695, pp. 62, 81 s., 393; L. Pecori, Storia di San Gimignano, Firenze 1853, p. 454; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato, Roma 1953, pp. 12, 14, 141; F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino 1976, p. 251; Palazzo Vecchio: committenza e collezionismo medicei, in La Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento, Firenze 1980, p. 298; G. van Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica…, III, Monasterii 1923, p. 128; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, III, pp. 407 s.