GARZONI, Francesco
Nacque a Venezia, probabilmente nei primi mesi del 1378, da Giovanni di Bandino e da una nobildonna di nome Chiara. La data di nascita si ricava dal fatto che il G., eletto capo del sestiere di S. Polo nell'agosto 1403, non poté dimostrare di avere l'età minima prevista dalla legge, fissata a 25 anni; poiché il padre - un ricco mercante di origine lucchese - fu cooptato al Maggior Consiglio nel 1381, dopo la guerra di Chioggia, il G. ebbe la ventura di nascere cittadino e di morire patrizio, e fra i più stimati e autorevoli.
Alla sua affermazione politica certo contribuirono due prestigiosi matrimoni contratti con altrettante nobildonne: nel 1400 con Elena Malipiero di Pietro di Michele, che gli diede Marco; poi nel 1407 con Bianca Foscarini di Francesco di Pietro, da cui ebbe Vincenzo e Marino, il futuro procuratore. La scomparsa dell'unico fratello, Bartolomeo, verificatasi nel 1408, costrinse però il G. a prendere su di sé tutta la gestione degli interessi mercantili della famiglia, che sappiamo cospicui; donde un ritardato inizio del cursus honorum: solo il 1° luglio 1419, infatti, egli risulta avere ricoperto una carica minore, quella di giudice di Petizion.
L'anno dopo (1420) fu podestà a Conegliano, mentre Venezia stava completando l'annessione del Friuli patriarchino; poi ancora un rettorato, stavolta nello Stato da mar: il 1° giugno 1423 era eletto castellano di Modone e Corone, nel Peloponneso. Di lì a qualche mese la Repubblica si assicurava l'importante scalo di Salonicco, per cui le maggiori occupazioni del G. consistettero nel potenziare il molo e il mercato di Modone, al fine di rendere più agevole il transito delle truppe e delle merci dirette nella Calcidica; rientra in questo programma l'abbattimento di magazzini e altre costruzioni, effettuato negli ultimi mesi del 1424, per consentire l'ampliamento degli spazi portuali.
Nel 1426, quando Firenze e Venezia rinnovarono il duello con Milano, il G. entrò a far parte di un Consiglio di cento savi creato per affrontare le emergenze della guerra; secondo il Priuli il G. durò nella carica per ben due anni "et maneggiava tutte le cose attinenti a quelle guerre senza partecipazione di altri". Registriamo l'affermazione con riserva, non sembrando troppo credibile una tale autorità fra tanti esperti colleghi; tuttavia è indubbio che il prestigio del G. andò consolidandosi rapidamente, nonostante lo scarso peso degli incarichi sino allora sostenuti, come dimostra l'elezione (1426) fra i quindici deputati alla regolazione degli Imprestiti e, nel 1431, la nomina a consigliere ducale per il sestiere di S. Polo.
All'inizio del 1432, poi, quando il Consiglio dei dieci stava per decidere l'eliminazione di Francesco Bussone (il Carmagnola), la cui condotta nella guerra antiviscontea non sembrava ulteriormente tollerabile, il G. fu inviato a Brescia a sostituire Giorgio Corner come provveditore in campo presso il comandante generale. Era il 23 febbraio; qualche settimana dopo si consumava il dramma del presunto traditore, mentre il G. si assicurava la fedeltà delle truppe, ora affidate a Gianfrancesco Gonzaga. Il 6 aprile i Dieci ordinavano al G. di procedere all'arresto della moglie del Carmagnola e di recarsi a Chiari e negli altri domini del conte, per riceverne la dedizione in nome della Signoria. Il compito del G. si esauriva rapidamente: due giorni dopo (8 aprile) il Senato riconfermava provveditore in campo Giorgio Corner, affiancato da Marco Dandolo.
Rimpatriato, il G. divenne per la seconda volta consigliere ducale dall'ottobre 1432 al dicembre 1433 (lo sarebbe stato ancora nell'estate del '39 e poi fra il maggio e il novembre 1447), quindi governatore delle Entrate nel 1434 e podestà a Vicenza nel 1436-37.
Nuovamente a Venezia, il 5 ott. 1438 entrava a far parte del Consiglio dei dieci (in tale occasione il G. per la prima volta è definito "maior", onde distinguerlo da un omonimo residente a S. Cassiano); qualche giorno più tardi (23 ottobre) accettava una seconda nomina, compatibile con la prima: quella di provveditore "super facto lignorum".
Apparentemente si trattava di un incarico di scarso rilievo, consistente nel porre rimedio alle difficoltà che incontravano i rifornimenti di legna per giungere a Venezia, a causa dei bassi fondali della laguna settentrionale che costringevano i barcaioli a tenere la pericolosa via del mare; invece questo problema finì praticamente per divenire l'interesse prevalente degli ultimi anni del G., poiché dalla viabilità la questione sublimò ben presto in quella, assai più complessa, della salvaguardia ambientale. La laguna, infatti, si andava interrando a causa degli apporti fluviali, e proprio in quel torno di tempo la Repubblica dava inizio al processo di studi e interventi che avrebbe portato alla deviazione del Brenta.
Il 19 giugno 1439 il Senato ordinava al G. e ai suoi due colleghi Andrea Gritti e Orio Pasqualigo, accompagnati dall'"inzenier" Antonio Caraballo da Bergamo, detto "Pinzin", di ispezionare le località donde partiva il legname, i fiumi e i canali attraverso i quali esso giungeva in laguna. Non sono noti i risultati del sopralluogo, al quale in ogni caso non seguì alcuna deliberazione, probabilmente perché l'attenzione del governo marciano era allora assorbita dalla guerra in Lombardia.
Sicché il G., che a partire dagli anni Quaranta troviamo quasi sempre presente nella zonta del Senato, fu inviato a Treviso come podestà, ove rimase dal 21 maggio 1441 al 3 giugno 1442. Tuttavia appena pochi mesi dopo il rimpatrio, il 6 sett. 1442, era eletto, insieme con Maffeo Michiel, provveditore alle Acque con il compito di ispezionare le paludi circostanti la città e suggerire rimedi. I due si presentarono in Senato l'8 nov. 1443 con opinioni discordanti: il G. pensava a un intervento sul Brenta di breve esecuzione e non troppa spesa, facendolo sfociare dinanzi a Malamocco; il Michiel invece riteneva necessaria la deviazione del fiume sino a Brondolo, sotto Chioggia, eliminandone drasticamente ogni apporto in laguna. Il dibattito che seguì - unitamente a un'alta marea che proprio due giorni dopo, il 10 novembre, distrusse quasi tutti i pozzi di Venezia - spinse il Senato a nominare un Collegio di altri quindici savi, che in unione al G. e al Michiel disponesse della più ampia facoltà di deliberare e agire in materia. Seguirono ulteriori ispezioni e sopralluoghi tra Mira e Chioggia, che si conclusero il 13 maggio 1444 nell'accoglimento della tesi caldeggiata dal Michiel, anche se di fatto la proposta del G. - come annotava il Pavanello (p. 89) - "fu quella che finì col trionfare", almeno nel breve periodo.
Il G. seguitò per qualche tempo a occuparsi della complessa materia: il 15 ott. 1444 era eletto dei tre capi del Collegio delle acque e il 4 nov. 1445 fra i savi incaricati di sovraintendere allo scavo del canale Corbola, presso Malcontenta. In margine a questo impegno prioritario, il G. ricoprì anche altre cariche: fu savio di Terraferma dall'ottobre 1442 al marzo 1443, quindi patrono all'Arsenale (1443-44); il 18 genn. 1449 entrò poi a far parte di una commissione di undici savi per procedere al nuovo estimo cittadino, e il 25 genn. 1450 venne eletto provveditore sopra le Camere.
Non portò a termine l'incarico, perché la morte lo colse il 10 sett. 1451, a Venezia. Fu sepolto nella tomba di famiglia, ai Frari.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 20: M. Barbaro - A.M Tasca, Arbori de' patritii…, IV, c. 19; Ibid., Segretario alle Voci, Misti, regg. 4, cc. 22v, 30r, 92rv, 97r, 103r, 105v, 108v, 123r, 125v; 5, c. 47r; 13, cc. 20r, 180r; 14, c. 112v; Senato, Misti, reg. 55, cc. 52rv, 64r, 96r, 104v, 116r, 125r; Collegio notatorio, reg. 7, cc. 1v, 27r; Maggior Consiglio, Deliberazioni, reg. 22, cc. 87v, 94r, 122v, 161v; Senato, Terra, reg. 1, cc. 76rv, 77v, 83v, 110v, 183v; Avogaria di Comun, b. 178: Prove di età per patroni di galera, cc. 8r, 169r, 234r; per il testamento (redatto il 15 nov. 1447, quasi illeggibile): Cancelleria inferiore, Miscellanea, b. 26/2030; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, cc. 50v-51r. Si vedano inoltre: M. Sanuto, Vitae ducum Venetorum, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XXII, Mediolani 1733, col. 1028; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, VI, Venezia 1903, p. 140; M. Corner, Scritture sulla laguna, a cura di G. Pavanello, in Antichi scrittori d'idraulica veneta, I, Venezia 1919, pp. 29, 31, 82-85, 89-92; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, p. 262; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, IV, Venezia 1855, pp. 152 s., 157; A. Battistella, Il conte di Carmagnola, Genova 1889, pp. 346 s., 352, 354; D. Girgensohn, Kirche, Politik und adelige Regierung in der Republik Venedig zu Beginn des 15. Jahrhunderts, Göttingen 1996, p. 794.