GALIMBERTI, Francesco
Le notizie riguardanti la vita e l'opera del G. sono piuttosto scarse. Secondo il De Boni (1840), nacque a Venezia nel 1755; e il Moschini (1830 circa, p. 140) lo ricorda tra i seguaci di G.B. Tiepolo. Le sue opere note non confermano però una particolare influenza del grande maestro veneziano; piuttosto, nel tentativo di svincolarsi dall'aulica tradizione pittorica veneziana, mostrano un'attenzione alle esperienze di P. Longhi o di G.D. Tiepolo, non esente da esiti di tipo caricaturale. Queste peculiarità sono presenti non solo in tutta la produzione pittorica del G., ma anche in quella incisoria. L'artista fornì infatti numerosi disegni destinati alla stampa, e fu incisore egli stesso. Il primo episodio noto e documentato in tal senso è costituito dalla riproduzione del Concilio degli dei di Paolo Veronese, un'acquaforte datata 1776 e dedicata al senatore Angelo Querini (Pallucchini, 1941, p. 92).
Intorno al 1778 giungeva a Venezia l'incisore agordino G. De Pian (Coda, 1991) che con ogni probabilità fin da allora strinse rapporti di amicizia e di collaborazione con il Galimberti. Nel 1785 i due artisti lavorarono insieme alla realizzazione dei nove rami riproducenti il ciclo pittorico di V. Carpaccio per la Scuola di S. Orsola (Cicogna, 1847, p. 636).
Tra i principali committenti del G. figura il nobile veneziano Marcantonio Michiel per il quale egli eseguì due ritratti, di cui si ignora la data di esecuzione.
Il primo, oggi a Ca' Rezzonico, rappresenta il Michiel a mezzo busto con gli attributi (l'abito e la parrucca) che ne celebrano il ruolo politico e al contempo rivela un'adesione alla ritrattistica disinvolta, arguta, a volte grottesca, di A. Longhi, derivata da alcune sperimentazioni tiepolesche. L'altro dipinto, già parte come il primo della collezione Donà dalle Rose (Lorenzetti - Planiscig, 1934, p. 33), ritrae lo stesso personaggio in privato e in un momento di enfasi oratoria: realizzato con una certa libertà di impostazione, non è privo di richiami all'arte inglese e di un atteggiamento "preromantico" (Pallucchini, 1960). Ancora per i Michiel il G. dipinse il ritratto di Domenico, eletto procuratore il 24 ag. 1791, noto attraverso un'incisione di G. Zatta (Pallucchini, 1941, p. 120). Di un altro dipinto del G. con il ritratto del generale V. Suvorov si ha notizia da un'incisione del De Pian del 1794 (Thieme - Becker).
Il Michiel commissionò al G. anche la decorazione della sala "del cavallo", della propria villa di Pontecasale, nei pressi di Padova. Secondo la testimonianza del Moschini, che vide l'opera prima che si degradasse fino a divenire illeggibile (Precerutti Garberi, 1968, p. 69), il G. vi eseguì a tempera alcuni episodi della vita di Domenico Michiel, doge dal 1117 al 1129, le cui imprese erano state rappresentate anche nella sala dello Scrutinio in palazzo ducale.
Il G. si cimentava così con il genere storico, uno dei più tipici della pittura veneziana, volto a celebrare i fasti della Repubblica, e che nel Settecento era quasi sistematicamente entrato anche nella dimensione privata della villa (celebre precedente sono le gesta dei Contarini dipinte da G.B. Tiepolo nella villa di Mira).
Con il De Pian, il G. partecipò a una delle numerose imprese editoriali di fine secolo, i Fasti veneziani, editi a Venezia nel 1796-97. Per tale opera, nella quale in trenta illustrazioni venivano narrati i fatti più celebri della storia veneziana dalla fondazione della città fino alla fuga di Baiamonte Tiepolo del 1310, il G. fornì tre disegni. Conservati presso il Museo Correr di Venezia (Pedrocco, 1983, pp. 31-33), essi mostrano un artista attento alle suggestioni della grande stagione pittorica veneziana, in particolare del Tiziano e del Veronese, pur con quella vena popolare vicina per alcuni aspetti alla produzione contemporanea.
Nel maggio del 1797 sia il G. sia il De Pian aderirono alla causa del governo democratico che resse la città fino all'ottobre, quando, con il trattato di Campoformio, ebbe termine l'indipendenza della Repubblica. Durante questi mesi il G. e il De Pian collaborarono alla realizzazione di una serie di acquetinte, conservate al Correr, raffiguranti I Pozzi e i Piombi di Venezia: un atto di accusa contro il crudele regime carcerario della Repubblica (Pavanello, 1978, p. 153), sottolineato dall'effetto di orrido, reso possibile, in particolare, dalla tecnica utilizzata.
Il Cicogna (1847, p. 152) ricorda i disegni eseguiti dal G. per otto vedute, incise dal De Pian, a corredo della prima edizione dell'Equatore, il giornale creato da V. Barzoni e uscito per la prima volta il 16 maggio 1797. Le tavole rappresentavano i luoghi del crudele potere aristocratico e, tra gli altri, i Pozzi. È dunque probabile che le acquetinte del Correr fossero state eseguite per questo giornale che, a causa del carattere violentemente polemico, fu più volte sospeso, fino a indurre il Barzoni a lasciare Venezia.
Fu un destino comune a molti, soprattutto dopo il trattato di Campoformio: il G. e il De Pian si trasferirono a Vienna, dove continuarono a collaborare fino alla morte di quest'ultimo, nel 1800. A testimonianza del duraturo rapporto di amicizia e collaborazione, è l'acquaforte che riproduce l'autoritratto del G., realizzata dal De Pian (Pavanello, 1978, pp. 48 s.).
Il G. morì intorno al 1803, a Vienna secondo il De Boni.
È probabile che a Venezia il G. avesse raggiunto notevole fama. Il Moschini (1830 circa, p. 140) a tal proposito narra come in occasione della fiera di piazza S. Marco un dipinto del G. raffigurante "uno spagnolo al naturale con tutta la pompa del vestito" avesse riscosso notevole successo. Del G. il Donzelli (pp. 94 s.) ricorda una figura di santo posta sotto il coro della chiesa dei Servi a Venezia non più esistente.
Fonti e Bibl.: G.A. Moschini, Dell'incisione in Venezia (1830 circa), Venezia s.d. (ma 1924), ad indicem; F. De Boni, Biografia di artisti, Venezia 1840, p. 397; E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 90, 152, 636; G. Lorenzetti - L. Planiscig, La collezione dei conti Donà dalle Rose a Venezia, Venezia 1934, pp. 33 s.; Mostra degli incisori veneti del Settecento (catal.), a cura di R. Pallucchini, Venezia 1941, pp. 92, 113, 120; C. Donzelli, I pittori veneti del Settecento, Firenze 1957, pp. 94 s.; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Settecento, Venezia-Roma 1960, p. 219; M. Precerutti Garberi, Affreschi settecenteschi delle ville venete, Milano 1968, p. 69; G. Pavanello, in Venezia nell'età di Canova. 1780-1830 (catal.), Venezia 1978, pp. 35 n. 40, 48 s. nn. 59 s., 153 n. 214; F. Pedrocco, in Disegni antichi del Museo Correr, a cura di T. Pignatti, III, Venezia 1983, pp. 31-33 nn. 477-480; E. Coda, De Pian, Giovanni Maria, in Diz. biogr. degli Ital., XXXIX, Roma 1991, pp. 26-28; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 98.