GALEAZZI, Francesco
Della sua vita si hanno scarse e imprecise notizie: nacque nel 1758 a Torino dove, compiuti i primi studi musicali, diede presto prova, di fronte alla corte, di straordinaria abilità nel violino. Lasciata la città natale, fu assunto in qualità di primo violino nell'orchestra del teatro Valle di Roma e in questa città rimase per una quindicina d'anni, svolgendo funzioni di direttore musicale (sempre presso il Valle), insegnante di musica e compositore. Compì numerosi viaggi in Italia finché si stabilì per un lungo periodo ad Ascoli Piceno, dove si sposò; rientrato a Roma, vi riprese l'attività di direttore di orchestra in importanti teatri.
Durante un suo successivo, imprecisato soggiorno a Giulianova in Abruzzo (presumibilmente intorno al 1815), avendo scritto di argomenti politici, sarebbe stato tratto in arresto e quindi liberato, all'entrata degli Austriaci nelle province napoletane dopo la caduta di Gioacchino Murat. Un suo antico collega di studi, generale italiano al servizio dell'Austria, gli procurò, allora, un passaporto per Roma, dove però, avendo perso già da tempo contatti e amicizie, si trovò in condizioni di grave disagio.
A Roma, assistito da vecchi amici, morì di apoplessia nel gennaio 1819.
Del G. ci restano lavori eruditi, per lo più manoscritti, di chimica, matematica, geografia, storia, ma egli è noto soprattutto come teorico musicale. I suoi principali scritti relativi a questo argomento sono raggruppati in due volumi sotto il titolo di Elementi teorico-pratici di musica con un Saggio sopra l'arte di suonare il violino, ambedue editi a Roma, il I nel 1791 (ripubblicato, in ed. accresciuta e corretta, ad Ascoli nel 1817) e il II nel 1796; ciascun volume può, poi, essere suddiviso in due parti.
La parte prima del I volume presenta una "Elementare grammatica della musica": in essa, come del resto in tutta l'opera, sono frequentissimi gli accostamenti tra musica e matematica, con richiami storici alle teorie aritmetiche della scala musicale pitagorica e alla Musurgia universalis di A. Kircher; l'esposizione, articolata quasi sempre in teoremi e dimostrazioni, è assai simile a quella di un manuale di scienze matematiche.
Il metodo per violino, di cui consta la seconda parte di questo I volume, si articola, come il G. stesso scrive, su sei argomenti fondamentali: "il maneggio dello strumento, l'intonazione, l'eguaglianza, i portamenti, l'archeggiamento, lo stile" (ed. 1791, I, p. 7). Particolare cura è rivolta all'intonazione, perché proprio in base a essa vengono regolati i diversi rapporti matematici fra i suoni, su cui "tutto il potere e la forza della musica consiste" (ibid., p. 113). Il G., comunque, non trascura di occuparsi anche della resa interpretativa e dello stile, senza il quale l'esecutore risulterebbe essere solo "un material accozzator di suoni" che "non sa dar anima e sentimento a ciò che eseguisce, e che per conseguenza non può mai sperar di recar diletto e piacere agli ascoltatori" (p. 190). A conclusione di questa sezione, infine, appaiono interessanti alcuni rudimenti di strumentazione e le teorie, fondate su principî matematici, circa l'acustica e la disposizione degli strumenti nella sala da concerto, nonché uno studio specifico della compagine orchestrale, della sua composizione, del ruolo e della dimensione degli strumenti.
Nel II volume, la prima parte è costituita da un breve panorama di storia della musica e della teoria musicale ("Teoria dei principi della musica antica e moderna"), che utilizza come fonte principale la Storia della musica di G.B. Martini (Bologna 1757-81): sulla scorta di Martini e di un'affermata tradizione della storiografia musicale settecentesca, viene qui abbondantemente evocata ed esaltata dal G. la musica greca, la sua semplicità e naturalezza, e si tenta una rivalutazione dello stile enarmonico (all'epoca di fatto totalmente desueto).
La seconda parte del II volume, "Elementi di contrappunto", è in effetti un manuale pratico di composizione che affronta in una prima sezione lo studio dell'armonia e del contrappunto e nella seconda quello della melodia. Vi viene dato conto di diverse regole e principî relativi alla "condotta" del pezzo, cioè alla sua trattazione armonica e contrappuntistica, ritenuta dall'autore più importante rispetto all'invenzione melodica, e particolare cura è rivolta al canone e alla fuga. A quest'ultima soprattutto il G. dà rilievo sia per la sua nobiltà formale, sia perché, utilizzando tale forma musicale, si possono produrre eccellenti composizioni "con pochissime idee e con scarsissima fantasia ma colla più profonda scienza" (II, p. 284): lo stile fugato nella pratica realizzazione di Händel, Bach e Haydn ne è una riprova. Del resto, le teorie esposte dal G. sono quasi sempre basate sul riscontro con la struttura delle più importanti composizioni strumentali del suo tempo. Proprio il ruolo attribuito alla musica strumentale è uno degli elementi di maggior interesse del suo lavoro, dal momento che in Italia la vocalità aveva sempre goduto di preponderante attenzione (particolarmente significative sono le sue teorie - fra le prime a esserci pervenute - sulla forma-sonata: una forma-sonata già notevolmente evoluta, tripartita e basata sul contrasto di due distinti temi).
Conseguentemente, il G. attribuisce minor importanza e meno si sofferma sulla musica operistica, sostenendo, sulla scia di molte polemiche coeve, che essa necessitava di una riforma. In particolare, muove numerose critiche all'opera buffa in quanto essa disattende costantemente le regole drammatiche e quelle del buon senso e della purezza della lingua, per l'uso di argomenti trivialissimi e di intrecci pieni di assurdità. Così, mentre per la musica strumentale, nonostante la superiorità dei tedeschi, secondo il G., vi erano in Italia valenti musicisti da additare a modello ai giovani compositori (come G.A. Capuzzi e L. Boccherini), nel teatro d'opera egli deplora i gusti volgari del pubblico italiano e propone nuovi soggetti tratti da opere di C. Goldoni e P. Chiari.
Nella parte finale, relativa allo stile teatrale, il G. si esime dall'esporre regole rigorose, sostenendo che lo stile drammatico si definisce principalmente attraverso la pratica e il contatto diretto con il pubblico. Elenca tuttavia sei requisiti fondamentali per il compositore: "1. Arte di teatro così propriamente detta 2. Cognizione dei soggetti che eseguir devono la sua musica 3. Cognizione del teatro ove deve eseguirsi 4. Cognizione del paese per cui si scrive 5. Genio inventore 6. Buon gusto nell'istromentare" (II, p. 297).
Gli Elementi teorico-pratici del G. nel loro complesso costituiscono una testimonianza notevole per la conoscenza e la comprensione dello stile e dei modelli classici, ma soprattutto rappresentano, pure, in controtendenza con pressoché tutta la letteratura teorica italiana coeva, una significativa eccezione nel concedere un ruolo preminente alla musica strumentale rispetto alla vocalità melodica, volendo con ciò esprimere e sottolineare la completa autonomia e autosufficenza del "discorso" musicale che affranca il compositore dalla tirannia della parola e lo lascia interamente libero di esprimere i propri affetti.
Oltre agli Elementi teorico-pratici, il G. pubblicò anche le Lezioni sopra la sfera Armillare, Macerata 1807; per le opere manoscritte si rimanda all'elencazione a cura di G.C. Carboni; inoltre si ricordano le composizioni musicali edite: Sei duetti per 2 violini o cello op. 1 (Ascoli 1781) e, manoscritti, Sei trii per due violini e viola op. 2; Tre ottetti (1799).
Fonti e Bibl.: G.C. Carboni, Memorie intorno i letterati e gli artisti della città di Ascoli nel Piceno, Ascoli 1830, pp. 256 ss.; R. Gabrielli, I leutari ascolani, Ascoli Piceno 1927, p. 10; W.J. Wasielewski, Die Violine und ihre Meister, Leipzig 1927, p. 192; C. Galeazzi, I Galeazzi, Recanati 1941, ad nomen; Storia del teatro Regio di Torino, II, A. Basso, Il teatro della città dal 1788 al 1936, Torino 1976, pp. 26 s.; R. Di Benedetto, Lineamenti di una teoria della melodia nella trattatistica italiana fra il 1790 e il 1830, in Colloquium "Die stilistische Entwicklung der italienischen Musik zwischen 1770 und 1830 und ihre Beziehungen zum Norden"(Rom 1978), a cura di F. Lippmann, Laaber 1982, pp. 431 ss.; Id., Il Settecento e l'Ottocento, in Letteratura italiana (Einaudi), VI, Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino 1986, p. 372; Diz. e bibliografia della musica del dott. Pietro Lichtenthal, IV, Milano 1826, p. 187; The New Grove Dict. of music and musicians, VII, pp. 94 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 96.