FROSINI, Francesco
Nacque a Pistoia il 22 marzo 1654 dai nobili Donato e Maria Maddalena Nencini.
Dopo aver compiuto in patria i primi studi grammaticali e retorici, a diciotto anni entrò nel collegio "Ferdinando" di Pisa, dove approfondì la filosofia, la teologia e il diritto. Appena tre anni dopo, il 9 giugno 1675, si laureò in utroque iure nell'ateneo pisano sotto la guida di Orazio Marchetti. Fece parte dell'Accademia Fiorentina e, nel 1703, di quella della Crusca.
Tornato a Pistoia, era intenzionato a trasferirsi a Roma per esercitarsi nella pratica forense e intraprendere la carriera legale. Sennonché, l'amicizia con il vescovo Gherardo Gherardi lo indusse a cambiare idea e a restare nella città natale, dove ricoprì l'ufficio di maestro di retorica nel collegio della Sapienza. Sempre per influsso del vescovo Gherardi, maturò nel F. la vocazione al sacerdozio. Ricevette la prima tonsura il 4 nov. 1685; fu promosso al suddiaconato il 22 dicembre successivo, e quindi al diaconato e al sacerdozio, rispettivamente, il 9 marzo e l'8 giugno 1686. Circa due anni dopo, fu chiamato a ricoprire la prebenda di canonico penitenziere, allora eretta nella cattedrale e, alla morte del Gherardi, avvenuta nel gennaio 1690, fu eletto vicario capitolare della diocesi di Pistoia.
Risalgono a questi anni giovanili alcune composizioni letterarie come il Discorso funebre in occasione della morte dell'eminent. Jacopo Rospigliosi… (Pistoia 1684) e Il conte di Bacheville F.B. Bassani. Più impegnative le due centurie di sonetti intitolati Gesù crocifisso, corredati di note e di passi della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, pubblicate ambedue a Pistoia nel 1700 e dedicate, rispettivamente, al granduca Cosimo III e al figlio di lui, principe Ferdinando.
Rieletto vicario capitolare di Pistoia all'indomani della traslazione del vescovo Leone Strozzi all'arcidiocesi fiorentina (21 giugno 1700), il 24 genn. 1701 fu nominato, su proposta del granduca Cosimo III, vescovo di Pistoia e Prato e venne consacrato a Roma dal cardinal Bandino Panciatichi il 13 febbraio seguente. Sempre per interessamento del granduca, il F. venne trasferito alla sede arcivescovile di Pisa il 2 ott. 1702.
Le linee direttive dell'azione pastorale furono espresse dal F. nella Relatio ad limina del 1705. Per rinnovare la vita religiosa dei fedeli, chiamò i lazzaristi a tenere le missioni in tutta la diocesi pisana per quattordici mesi consecutivi negli anni 1703-04, e per un ulteriore periodo nel 1705. Eresse in molte località congregazioni spirituali, alle quali i sacerdoti dovevano intervenire una volta la settimana, impose loro la partecipazione agli esercizi spirituali e riorganizzò il seminario diocesano.
Il suo governo della diocesi fu regolato dalla volontà di superare i conflitti interni che si erano aperti durante l'episcopato precedente di F. Pannocchieschi. In particolare, il F. riuscì a concludere un accordo con i canonici della primaziale circa il diritto di patronato delle sedici prebende, da esercitarsi alternativamente tra il capitolo e il vescovo (13 ag. 1722), anche se non cedette alle pretese dei canonici nella vertenza relativa alla collazione della parrocchia di S. Cristina.
Ben più complessa opera mediatrice esercitò il F. nell'annosa questione giurisdizionale che opponeva il primate pisano all'Ordine dei cavalieri di S. Stefano. L'azione propulsiva del F. si rivolse agli ordini religiosi in armonia con le aspirazioni di Cosimo III tendenti a fondare monasteri di Congregazioni riformate. Nel 1720 il granduca cedette la chiesa di S. Eufrasia di Pisa, oggetto di controversie tra il precedente vescovo e l'Ordine stefaniano, ai carmelitani scalzi, mentre il monastero di S. Piero ad Gradus, fuori della città, venne affidato alla Congregazione pisana di S. Girolamo Gambacorta. Cura e attenzione vennero dedicate dal F. anche al patrimonio della mensa vescovile nonché al palazzo arcivescovile, di cui cominciò a sue spese a costruire la nuova sede presso il monastero di S. Matteo.
Oltre che verso Pisa, le preoccupazioni pastorali del F. s'indirizzarono anche verso Livorno, che presentava una situazione particolare non solo sotto il profilo sociale ma anche religioso. Ordinò che il clero della collegiata tenesse una volta al mese, al pari di quello pisano, una conferenza dei casi di coscienza, s'interessò perché la Chiesa armena fosse purgata da ogni tentazione scismatica nel culto e nella dottrina, s'adoperò per convertire il maggior numero di ebrei e di "infedeli" là residenti.
Più che alla concreta prassi pastorale, ancora tutta da studiare, la fama del F. è legata alla compilazione di tre sinodi diocesani. Questi statuti sinodali costituirono un modello non solo per l'arcidiocesi pisana (ancora nel 1818 l'arcivescovo R. Alliata li ristampava pressoché integralmente), ma per molte altri diocesi a motivo dell'organicità della trattazione, della rigorosa fondazione teologica e canonistica della disposizione sinodale, del vasto apparato di riferimenti alla Sacra Scrittura, ai Padri della Chiesa e alla tradizione conciliare e sinodale.
Il F. si distinse nel confutare le teorie gianseniste (lettera del 12 apr. 1718 all'arcivescovo di Nîmes, pubblicata nell'appendice alla I parte del terzo sinodo pisano) e fu tra i primi vescovi toscani ad accettare la bolla Unigenitus (riprodotta integralmente nel sinodo del 1721).
Nonostante i gravosi impegni pastorali, la vena letteraria del F. non si estinse del tutto. Risalgono al periodo pisano tre scritti di carattere prevalentemente agiografico. Nel S. Ranieri esposto alla pubblica divozione da un suo divoto nel raccogliere tutto quello che può più di notabile ritrovarsi dagli scrittori della sua vita (Lucca 1717) il F. alternava prosa e versi per celebrare la vita e le azioni del patrono di Pisa. L'impegno letterario maggiore fu comunque riservato dal F. alla Vita di mons. G. Gherardi patrizio fiorentino vescovo di Pistoja e Prato… (Firenze 1736), pubblicata postuma. Al di là dell'intento celebrativo della memoria del Gherardi, è da notare l'interesse del F. di disegnare un vero e proprio modello episcopale dopo il passaggio dall'immagine pastorale tridentina a quella giuridico-canonistica della Controriforma. Più che dare spazio agli aspetti strettamente biografici, egli insisté, infatti, sulle virtù spirituali e sui tratti eminentemente "pastorali" che avevano orientato il ministero episcopale del Gherardi, a somiglianza di s. Carlo Borromeo.
Come nell'arcivescovo di Milano, tuttavia, il modello tridentino comportò nel F. un'analoga affermazione delle prerogative della Chiesa nei riguardi del potere politico. Proprio negli ultimi anni della sua vita, egli si trovò coinvolto in un contrasto rivelatore dei mutamenti culturali in atto nel Granducato di Toscana. Avendo difeso l'immunità ecclesiastica di un soldato spagnolo che a Pisa aveva disertato fondandosi sul fatto che questi era chierico, il F. dovette subire le obiezioni avanzate da B. Tanucci, professore di diritto civile in quell'università. Forse fu questa disputa, cui accenna il Lucchetti nelle Memorie dei suoi tempi, e una lettera del F. in data 10 nov. 1732 (Arch. di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, n. 172 ins. 10), a indurlo a chiedere, ma invano, le dimissioni dalla cattedra episcopale al papa e al granduca Gian Gastone. Appena un anno dopo, il 22 nov. 1733, il F. morì a Pisa.
Fonti e Bibl.: Synodus dioecesana… habita in ecclesia primatiali Pisana anno salutis MDCCVIII stylo Pisano [= 1707], Pisis 1708; Secunda synodus dioecesana… habita anno salutis MDCCXVII stylo Pisano [= 1716], ibid. 1721; Tertia synodus dioecesana… habita… anno salutis MDCCXXVI stylo Pisano [= 1725], ibid. 1728; Arch. di Stato di Firenze, Arch. Mediceo del principato, filza 3417; Arch. segr. Vaticano, S. Congregatio Concilii, Relationes, b. 642A, cc. 214-220; Pisa, Bibl. del Seminario arcivescovile: A. Lucchetti, Memorie dei suoi tempi (ms.), sotto la data 22 nov. 1733; Ibid., Arch. capitolare: O.A. d'Abramo, Pisanae primatialis dignitarum ac praebendarum omnium descriptio (ms.), III, pp. 300 ss.; [S. Salvini], Prefazione, in F. Frosini, Vita di mons. G. Gherardi…, Firenze 1736; A.M. Rosati, Memorie per servire alla storia dei vescovi di Pistoia, Pistoia 1766, pp. 213 ss.; A.F. Mattei, Ecclesiae Pisanae historia, II, Lucae 1772, pp. 243 ss., 259 ss.; D. Moreni, Bibliogr. stor.-ragionata della Toscana…, Firenze 1805, I, p. 401 e ad Indicem; V. Capponi, Biografia pistoiese, Pistoia 1874, pp. 197 ss.; Id., Biografia pistoiese, ibid. 1878, pp. 203 ss.; G. Piombanti, La certosa di Pisa e dell'isola di Gorgona…, Livorno 1884, pp. 101 ss.; N. Zucchelli, Appunti e documenti per la storia del seminario arcivescovile di Pisa, Pisa 1906, pp. 34 ss.; Id., Cronotassi dei vescovi e arcivescovi di Pisa, Pisa 1907, pp. 224 ss.; E. Viviani della Robbia, B. Tanucci ed il suo più importante carteggio, II, Firenze 1942, pp. 275, 347; G. Greco, La parrocchia a Pisa nell'età moderna (secoli XVII-XVIII), Pisa 1984, pp. 123-127.