FORTI, Francesco
Nacque a Pescia, nell'odierna provincia di Pistoia, il 10 nov. 1806 da Anton Cosimo, discendente di una delle più antiche e ricche famiglie del luogo, e da Sara Sismondi, sorella di Jean-Charles-Léonard che sul finire del 1795 si era trasferita con la famiglia da Ginevra alla Valchiusa.
Terzo di sette figli, il F. trascorse un'infanzia poco felice sia per il suo carattere cupo e taciturno, sia perché il matrimonio dei genitori entrò presto in crisi in quanto la madre, più aperta e sensibile, mal sopportava gli eccessi di bigottismo e conservatorismo del marito.
Compiuti i primi studi nell'ambiente piuttosto gretto del seminario di Pescia, il F. entrò nel collegio degli scolopi di Firenze, dove dette prova di grandi capacità di applicazione e di memoria. In questi anni i suoi contatti con il celebre zio, che peraltro era tornato a Ginevra, furono piuttosto radi e per di più ostacolati dai pregiudizi politico-ideologici del padre; e tuttavia il Sismondi riuscì ugualmente a incidere sulla sua formazione attraverso la ricca biblioteca personale da lui lasciata nella casa di Valchiusa e di cui il nipote seppe fare ampio uso.
Nel 1822 il F. si iscrisse a giurisprudenza presso l'università di Pisa, nota per le idee liberali che vi circolavano, ed ebbe tra i docenti G. Carmignani, insigne studioso di diritto criminale vicino alle idee romagnosiane, che lo avviò, in particolare, allo studio della filosofia civile.
Nella sua preparazione il F. cercava di inserire le materie legali in un più vasto ambito, cogliendone soprattutto i legami con le scienze morali e politiche; privilegiava inoltre la lettura dei pensatori francesi e italiani del secolo XVIII, dei quali apprezzava Montesquieu, Condillac, Bentham, Filangieri e Beccaria. Frutto delle sue prime riflessioni è la Lettera sulla direzione degli studi, scritta nel 1824, ma pubblicata postuma da G.P. Vieusseux nel '43, con la falsa indicazione di Ginevra. Il lavoro, suddiviso in tre lunghe lettere che il F. scrisse, o finse di avere scritto, a un amico per indicargli le opere e gli scrittori da conoscere in materie quali storia, filosofia e legislazione, fu accolto con grande favore dallo zio Sismondi. Assai diverso sarebbe stato invece nei riguardi della Lettera l'atteggiamento delle autorità ecclesiastiche, che la definirono "empia e sospetta d'eresia" e ne proibirono la lettura.
Conseguita la laurea, il F. si stabilì a Firenze dove fu accolto con affetto dal Vieusseux che lo introdusse negli ambienti liberali della città. Nel '26 apparve il suo primo articolo nell'Antologia, contrassegnato dalle iniziali F.S. (Forti-Sismondi o Francesco Sismondi?), al quale tennero dietro molti altri (ben sessantotto, anche se di diseguale rilievo), che presto firmò con il suo vero nome. In breve il F. divenne lo storico ufficiale dell'Antologia, intervenendo su questioni metodologiche, su dispute politico-ideologiche e recensendo o segnalando le più significative opere di autori italiani e stranieri (Sismondi stesso, F. Guizot, A. Thierry, A. Mignet, F.K. von Savigny).
Nel dibattito allora molto acceso tra seguaci delle filosofie della storia e storici legati a un metodo più pragmatico e empirico, il F. prese netta posizione a favore di questi ultimi, indicando in P. Giannone, C. Fleury e L.A. Muratori gli esempi da seguire. Alle "astrazioni metafisiche" contrapponeva lo studio delle fonti e delle memorie, che immergevano "nel particolare e nel determinato". Riguardo all'Italia era favorevole al recupero delle "istorie municipali", atte a stimolare la riflessione e a sviluppare la consapevolezza di una coscienza nazionale. L'Archivio storico italiano avrebbe in seguito fatto proprie molte delle suggestioni da lui avanzate.
Molto apprezzati risultarono i suoi articoli sulla Rivoluzione francese, giudicata avvenimento epocale nella storia europea e in merito alla quale aveva sposato una linea interpretativa vicina al moderatismo di V. Cuoco, autore che, pur non nominandone mai gli scritti, aveva certamente letto. Ostile all'esperienza giacobina, il F. riservava particolare rilievo alla figura di Napoleone, al quale riconosceva non solo il grande merito di aver avviato in Italia, con la promulgazione del codice civile, una maggiore forma di uguaglianza nella sfera giuridica, ma anche quello di aver dato concreto impulso a un generale rinnovamento della macchina burocratico-amministrativa. Tra i collaboratori della rivista il F. ebbe soprattutto la stima, oltre che del direttore Vieusseux, di G. Leopardi, P. Giordani e P. Colletta, mentre minori simpatie per lui nutrirono G. Capponi, G. Montani e N. Tommaseo.
Avverso ai moti del '31, in quanto contrario all'uso della violenza nelle controversie politiche (la strada da battere era per lui quella delle riforme lente e graduali), al principio del '32 pubblicò sull'Antologia l'articolo Dubbi ai romantici, nel quale manifestava grandi perplessità sui seguaci di tale corrente (ricordiamo che poco prima sulla stessa rivista G. Mazzini aveva pubblicato il saggio Di una letteratura europea), troppo inclini a suo avviso ad anteporre l'immaginazione e il sentimento al ragionamento e alla verità critica, contrapponendo a questa una letteratura più ancorata ai bisogni civili della società. Notevole fu l'eco suscitata dall'articolo in cui molti videro una precisa risposta del riformismo moderato al progressivo affermarsi delle teorie democratiche.
Alla fine dello stesso anno il F. lasciò l'Antologia e ottenne un impiego di avvocato presso la Ruota criminale di Firenze, provocando aspre reazioni. Vieusseux e lo zio Sismondi lo accusarono di "tradimento", Gioberti di "apostasia". Difficile comprendere quali ragioni lo spingessero a una tale decisione, indotta probabilmente da dissapori nella conduzione della rivista legati al suo desiderio di trovare una più stabile sistemazione.
Circa un anno dopo la nomina del F. la Ruota criminale fu chiamata a giudicare due processi di grande risonanza. Il primo contro appartenenti alla congrega senese della Giovine Italia, l'altro contro un gruppo di adepti della Società dei veri Italiani, scoperto a Livorno. Il F. non partecipò direttamente ai dibattimenti, ma corse voce che le conclusioni lette dall'Avvocato fiscale, che chiedevano la pena di morte per i due principali accusati della famiglia dei Veri Italiani e pene fino a sei anni per gli affiliati alla Giovine Italia, fossero ispirate da lui, il che lo mise in una luce ancor meno favorevole.
Per cinque anni il F. ricoprì il ruolo di secondo sostituto dell'Avvocato generale fiscale; poi, nel '37, fu nominato sesto auditore del Magistrato supremo. Ma all'inizio del 1838 si ammalò gravemente.
Morì a Firenze il 23 febbr. 1838.
Prima della morte era riuscito a portare a compimento la stesura di due dei quattro progettati volumi delle Istituzioni civili, opera destinata soprattutto a quanti si avviavano alla pratica forense. Con questo scritto il F. si riprometteva di tracciare, per grandi linee, attorno ad alcuni nuclei centrali - leggi, diritto di proprietà, libertà civile - la storia delle istituzioni in Italia nelle sue connessioni con la più ampia realtà culturale e civile del paese. Pubblicate postume grazie all'interessamento del Vieusseux, le Istituzioni incontrarono notevole successo, al punto che G. Montanelli, per quanto politicamente lontano dal F., arrivò ad affermare che alcune pagine dell'opera ricordavano, per lucidità e chiarezza, Machiavelli.
Come attesta L. Galeotti, suo allievo e amico, il F. aveva anche in animo di scrivere una storia civile della Chiesa, già adombrata peraltro in alcuni articoli dell'Antologia, nei quali accanto a una rivalutazione del cristianesimo delle origini e a esplicite simpatie per la Riforma protestante, aveva decisamente affermato la separazione dello spirituale dal temporale.
Del F. giurista ci restano anche i Trattati inediti di giurisprudenza (Firenze 1854) e una Raccolta di conclusioni criminali (ibid. 1864), entrambi pubblicati postumi dall'editore fiorentino Cammelli che, rispettivamente nel 1863 e nel 1865, diede alle stampe anche le Istituzioni di diritto civile e gli Scritti vari. Nei Trattati, come rilevò Galeotti nel Discorso introduttivo agli stessi, "le parti più astruse e sottili del diritto (successioni, obbligazioni, donazioni) si vedevano semplicizzate e accomodate alla capacità di ognuno". Le Conclusioni criminali erano invece tese a chiarificare alcune materie particolarmente complesse di questa branca del diritto e a chiarire taluni punti controversi della procedura criminale.
Fonti e Bibl.: Poche sono le lettere conosciute del Forti. Scarse tracce si hanno soprattutto dell'epistolario familiare; il maggior numero di lettere pubblicate si trova in appendice a V. Papini, La figura di F. F. nel primo periodo del Risorgimento italiano, Torino 1967, pp. 123-164. Sul F. politico i riferimenti più rilevanti in: G. Calamari, Il F. nel giudizio dei contemporanei, in Boll. storico pistoiese, XLI (1939), 1, pp. 1-14; F. Patetta, G.C. Sismondi e il F., in Studi su J.C. Sismondi, Gubbio 1945, pp. 397-437; V. Papini, La figura di F. F.…, cit.; U. Carpi, Letteratura e società nella Toscana del Risorgimento…, Bari 1974, in part. pp. 205-243; F. F. Atti del Convegno di Pescia (7 dic. 1988), in Il Vieusseux, maggio-agosto 1989 (con saggi di G. Spini, L. Corradini Petrocchi, M. Chiostri, C. Ceccuti, M. Stanghellini Bernardini, L. Rossi, V. Papini, P. Bagnoli); L. Rossi, Il F. e l'età rivoluzionaria, in Id., Mazzini e la Rivoluz. napoletana del 1799. Ricerche sull'Italia giacobina, Manduria 1995, pp. 103-128. Sul F. giurista F.A. Mori, Intorno alla vita e agli scritti di F. F., in F. Forti, Istituzioni di diritto civile, cit., pp. V-XXXII; L. Galeotti, Discorso intorno agli scritti editi e inediti di F. F., in F. Forti, Trattati inediti di giurisprudenza, cit., pp. IX-XXVI; B. Paoli, Discorso preliminare, in F. Forti, Raccolta di conclusioni criminali, cit., pp. 15-41; F. Patetta, Sunto delle lezioni di storia del diritto italiano, Torino 1927, pp. 179-181. Altri riferimenti in C. Marzucchi, Elogio dell'auditor F. F., in Atti dell'I. e R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze, XVI (1838), disp. IV, pp. 326-350; F.A. Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti italiani, Torino 1850-51, I, pp. 265-270; G. Montanelli, Memorie sull'Italia e specialmente sulla Toscana, Torino 1853, I, pp. 27-31; P. Giordani, Epistolario, a cura di A. Gussalli, Milano 1854-1857, ad Indicem; E. Poggi, Memorie storiche del governo della Toscana nel 1859-60, Pisa 1867, I, pp. 17-20; N. Tommaseo, Di G.P. Vieusseux e dell'andamento della civiltà italiana in un quarto di secolo. Memorie, Firenze 1863, pp. 32-35; F. Sclopis, Storia della legislazione ital. dall'epoca della Rivoluzione francese a quella delle riforme italiane, I, 3, Torino 1864, pp. 382, 385, 389; L. Sanminiatelli, Prefazione a F. Forti, Scritti vari, cit., pp. VII-XXXI; A. Vannucci, Ricordi della vita e delle opere di G.B. Niccolini, Firenze 1866, I, pp. 120, 146, 246; II, pp. 236 s.; A. Roux, F. F., Paris 1867; G. Ansaldi, Cenni biogr. dei personaggi illustri della città di Pescia, Pescia 1872, ad nomen; G. Giuntoli, Discorso sulla inaugurazione del busto di F. F., in Discorsi pronunziati in occasione della solenne festa scolastica avvenuta in Pescia il 14 nov. 1875, Pescia 1876, pp. 1-12; M. Tabarrini, Gino Capponi. I suoi tempi, i suoi studi, i suoi amici, Firenze 1879, p. 145; G. Capponi, Lettere di G. Capponi e di altri a lui, a cura di A. Carraresi, Firenze 1884, ad Indicem; A. Frenes, J.-P. Vieusseux d'après sa correspondance avec J.-C.-L. de Sismondi, Roma 1888, pp. 119, 150 s.; G. Leopardi, Epistolario, a cura di P. Viani, Firenze 1892, II, p. 335; E. Masi, Il 1799 in Toscana, in Nuova Antologia, s. 3, 16 genn. 1892, pp. 210 ss.; Edizione nazionale degli scritti di G. Mazzini, I, p. 238; XXIII, p. 203; P. Prunas, L'Antologia di G.P. Vieusseux, Roma-Milano 1906, ad Indicem; F.C. Ansaldi, Di F. F., Roma-Milano 1909; A. Linaker, G.P. Vieusseux e la stampa cooperatrice del Risorgimento, in La Toscana alla fine del Granducato, Firenze 1909, p. 196; N. Tommaseo - G. Capponi, Carteggio ined. dal 1833 al 1874, a cura di I. Del Lungo - P. Prunas, Bologna 1911, ad Indicem; A. Panella, Gli studi storici in Toscana nel sec. XIX…, in L'Archivio storico ital. e l'opera cinquantenaria della R. Deputaz. toscana di storia patria, Bologna 1916, pp. 191-375; P. 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