FIORAVANTI, Francesco
Nacque a Firenze nella prima metà del XIV secolo da Neri, "magister lapidum et lignaminum", che, pur provenendo da origini relativamente modeste, fu priore cinque volte, nel 1344, 1353, 1358, 1362 e 1366. Neri ebbe almeno due figli che continuarono la carriera politica: il F. stesso e suo fratello Bartolomeo, che fu priore nel 1391 e nel 1403.
Il F., che risiedette come il padre nel quartiere di San Giovanni, gonfalone Chiavi, ricoprì per la prima volta uno dei "tre maggiori" uffici della Repubblica nel 1375, quando fu priore nel bimestre marzo-aprile. L'anno seguente fu dei Sedici gonfalonieri di compagnia dal gennaio e dei Dodici buonuomini dal dicembre. Escluso da incarichi di governo negli anni che seguirono il tumulto dei Ciompi, fu, secondo Marchionne di Coppo Stefani, fra coloro che nel 1382, alla fine del periodo di governo "democratico" delle arti minori, "si fecero segno" nella città di Firenze. In particolare Marchionne lo elenca fra gli artefici che furono, insieme a un certo gruppo di esponenti delle arti maggiori, "nel menare le cose del palagio e dell'arme innanzi agli altri" (Cronaca fiorentina, rubr. 923). In ogni caso, il F. ritornò in questo periodo a far parte delle magistrature più elevate della Repubblica, e fu infatti tratto gonfaloniere di Giustizia nel bimestre settembre-ottobre 1385. Nel gennaio 1392 fu di nuovo nominato dei Dieci di balia, subito prima della conclusione della pace con Gian Galeazzo Visconti.
Nell'ottobre 1393, al momento della nomina della Balia che determinò l'esilio degli Alberti, fu nominato alla cruciale magistratura degli Otto di guardia. Nel 1395 fu inviato ambasciatore a Siena. Il 9 genn. 1396, quando si sparsero voci della congiura di Donato Acciaioli, fu tra i dodici eminenti cittadini (fra i quali anche Maso degli Albizzi e Rinaldo Gianfigliazzi) che parteciparono alla pratica dei richiesti "sopra a questi fatti", e che in seguito investigarono sulle responsabilità dell'Acciaioli e contribuirono ad esiliarlo. Nello stesso anno fu inviato ambasciatore al papa. Questa concentrazione di incarichi, insieme con la lunga serie di uffici pubblici da lui ricoperti fra il 1393 e il 1407, portò l'Ammirato a classificarlo fra i diciotto cittadini che erano "coloro che il tutto in quel tempo reggevano" (Istorie fiorentine, 1, 2, p. 850). In seguito fu dei Dodici dal marzo al maggio 1397 e dei Sei di Arezzo dal 27 ag. 1397 al 1° genn. 1398. Nel settembre 1398 fu inviato a Siena come capo, insieme con Agnolo Spini, della delegazione di venti fiorentini incaricati di trattare con i Senesi un accordo intorno al porto di Talamone. Pochi mesi più tardi divenne gonfaloniere di Giustizia per il bimestre gennaio-febbraio 1399; nello stesso anno fu di nuovo inviato ambasciatore al papa.
Nel corso del 1401, nel febbraio e nel periodo agosto-novembre, fu presente ed intervenne più volte alle consulte della Repubblica su molti argomenti politici cruciali. Il 4 aprile di quell'anno fu incaricato di un'importante ambasceria a Roma e a Napoli insieme con Bartolomeo Popoleschi e Andrea Buondelmonti, con istruzioni di sondare le intenzioni del papa e di re Ladislao e favorire la creazione di una lega fra questo e l'imperatore Roberto di Baviera per riprendere la guerra contro Gian Galeazzo Visconti. Partito per Roma il 16 aprile, ne ritornò il 14 luglio, poco prima che la Signoria fiorentina decidesse di interrompere le trattative con il papa e il re di Napoli per concentrare tutte le sue speranze sull'imperatore. Nel dicembre, incaricato dal Comune con altri quattro cittadini era a Pistoia, per provvedere alla fortificazione della città, onde evitare sorprese da quel lato da parte del Visconti.
Dall'8 maggio 1402 fece parte dei Sedici gonfalonieri di compagnia. Nel 1403 si collocava al 510 posto fra i contribuenti del suo quartiere, con un coefficiente di imposta di 18 fiorini. Dal 1° maggio dello stesso anno 1403 fu estratto priore al posto di Filippo Arrighi, morto in ufficio. Nel gennaio 1404 intervenne ancora nelle consulte. Il 21 dello stesso mese fu eletto per un anno, a partire dal 5 febbraio, fra i Dieci di balia incaricati di gestire la guerra contro i Visconti, e che subito cercarono di modificame le sorti tentando di aggiudicare alla causa fiorentina il condottiero Ottone Terzi. Fu inoltre di nuovo dei Sei di Arezzo dal 3 nov. 1406 al 1° aprile del 1407.
La famiglia possedeva una cappella e una sepoltura nella tribuna della chiesa di S. Pier Maggiore (oggi distrutta), in cui fu sepolto anche il F. alla sua morte, avvenuta, come risultava dalla lapide sepolcrale, nel 1407.
Il F. ebbe un figlio, Neri, che fu a sua volta priore tre volte (1406, 1409, 1424) e una volta gonfaloniere (1428), prima della fine del periodo albizzesco.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Manoscritti, 268 (2), cc. 11v-12r; Priorista Mariani, III, cc. 650v-651r; Tratte, 900, cc. 87r, 246r; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, in Rer. It. Scrpit., 2 ed., XXX, pp. 291, 412, 443; Cronaca volgare di anonimo fiorentino dall'anno 1385 al 1409 già attribuita a Piero di Giovanni Minerbetti, a cura di E. Bellondi. ibid., XXVII, 2, p. 201; L. Dominici, Cronache, a cura di G. Gigliotti, II, Pistoia 1939, p. 59; Le consulte e pratiche della Repubblica fiorentina nel Quattrocento, I (1401), a cura di E. Conti, Firenze 1981, pp. XLIV, XLVIII, LII s., 34, 64, 73, 108, 114, 122, 155 s., 163, 194, 206, 211, 217, 267, 284, 292, 355; Alle bocche della piazza. Diario di anonimo fiorentino (1382-1401), a cura di A. Molho - F. Sznura, Firenze 1986, pp. 152, 186, 209, 213; Le consulte e pratiche della Repubblica fiorentina (1404), a cura di R. Ninci, Roma 1991, pp. 22, 30, 39, 382; S. Ammirato, Istorie fiorentine, 1, 2, Firenze 1647, pp. 775, 830, 850, 870, 904; L. Martines, The social world of the Florentine humanists. 1390-1460, Princeton 1963, p. 357.