FILIPPINI, Francesco
Figlio di Bernardino e di Camilla, nacque a Verona tra il 1663 e il 1670 (data indicata dal Dal Pozzo, 1718; cfr. Guzzo, 1990-91); allievo di D. Tomezzoli, completò poi la propria formazione presso uno scultore veneziano, G. Bonazza, noto anche per interventi nel Veronese.
Molto attivo per la committenza sia ecclesiastica che nobiliare, il F. lavorò, sempre entro il 1718, per le chiese cittadine degli Scalzi, delle Stimmate, di S. Sebastiano, della Fratta e di S. Eufemia, per i palazzi e i giardini dei Malaspina, degli Spolverini e dei Sagramoso, nonché, in provincia, per le chiese di Castelnuovo e di Garda e per le ville e oratori dei Da Persico ad Affi, dei Valeggia a Peschiera, degli Ottini a Parona e dei Balladoro a Povegliano. Attivo anche a Cavarzere vicino a Venezia, ebbe probabilmente come allievo lo scultore veronese Giacomo Ceolla (Dal Pozzo, 1718).
Sulle notizie biografiche del F. offerte dal Dal Pozzo si è basata la letteratura successiva, dal Lanceni (1720 e 1733) al Dalla Rosa (1803-1804) allo Zannandreis (1831-34), che ha aggiunto soltanto la segnalazione di poche altre opere (nelle chiese veronesi di S. Bernardino, S. Bovo, Ss. Simone e Giuda e S. Gregorio) e ha finito per considerare il 1718 quasi come una sorta di data conclusiva della vicenda biografica dello scultore. Di recente sono però stati segnalati alcuni documenti che prolungano notevolmente l'attività del F. (Guzzo, 1990 e 1990-91): l'artista è documentato, prima con la madre Camilla, poi col proprio figlio Michelangelo (morto nel 1743), nelle anagrafi del 1692 e del 1738 di S. Croce e risulta morto nel 1749.
Il F. è l'ultimo grande rappresentante, con il poco più giovane G. A. Schiavi, della scultura tardobarocca a Verona. La formazione presso il Tomezzoli, vale a dire presso il più accreditato tra gli allievi veronesi del bolognese G. Brunelli (Guzzo, 1990-91), significò l'acquisizione, seppure indiretta, di un senso classicista, che si connota, da un lato, per l'adozione di più vivaci schemi compositivi, ormai tipici del barocchetto di inizio Settecento, dall'altro lato per un gusto decisamente volumetrico della forma (ad esempio nel volti squadrati e torniti) che rimanda al secondo alunnato presso il veneziano Bonazza e, più in generale, all'ambiente veneto capeggiato dai vicentini Orazio e Angelo Marinali (a fine Seicento, ampiamente presenti nel Veronese).
Queste sono le coordinate entro cui leggere la produzione giovanile del F., esemplificata dalla ricca decorazione plastica sul fastigio dell'altare del Crocefisso in S. Eufemia a Verona, eretto, pare, nel 1695 (Zanolli Gemi, 1991), dai due angeli reggimensa dell'altare di sinistra nella chiesa veronese degli Scalzi (Guzzo, 1984), e dalle sculture decorative per le due ville della famiglia Carlotti a Caprino Veronese (un Amore di Giove e due putti) e alla Prova di San Bonifacio (Giove), queste ultime databili verso il 1704 (Guzzo, 1990).
Le monumentali statue (Fede e Speranza) che nella parrocchiale di Garda fiancheggiano l'altare della Addolorata, eretto nel 1710, le Divinità nel giardino di villa Da Persico ad Affi e le sculture (S. Carlo, S. Ignazio e angeli) sull'altare dell'adiacente oratorio, costruito nel 1714 (Marangoni, 1970), annunciano la propensione ad un classicismo più patetico e composto; nel contempo, le sculture nel giardino di villa Da Persico documentano la disponibilità del F. a partecipare alla decorazione plastica dei giardini di palazzi e ville, in questo anticipatore a Verona di un genere che nel corso del Settecento avrà enorme fortuna, soprattutto con L. Muttoni.
Mentre resta da recuperare e chiarire la produzione dopo il 1718 dello scultore (che ancora nel 1738 è ricordato nell'anagrafe come "statuario"), è da ricordare il suo impegno anche nel campo dell'altaristica, con la produzione non solo di monumentali sculture, ma anche di meno impegnativi inserti quali angeli, teste di cherubino, festoni (a questo proposito si veda la decorazione sul fastigio dell'altare di S. Pietro di Alcantara in S. Bernardino, del 1725 circa).
In questo campo il F. sembra essersi applicato anche come architetto progettista e lapicida esecutore, dal momento che le fonti sette-ottocentesche parlano di un suo "disegno" almeno a proposito di altari, purtroppo perduti, nelle chiese oggi soppresse della Fratta e dei Ss. Simone e Giuda a Verona. Ad un suo progetto si può pensare, ad esempio, a proposito dello stesso altare nell'oratorio Da Persico ad Affi, dove il perfetto innesto tra linee architettoniche, scultura monumentale e decorazioni minori, quali testine e festoni, sembra presupporre un disegno preparatorio unitario.
Il F. morì a Verona il 17 dic. 1749 (Guzzo, 1990-91).
Potrebbe essere parente del F. un certo Giuseppe Filippini, che nel 1769 risulta elencato tra i lapicidi veronesi (ibid.) e che nello stesso anno, il 23 novembre, è pagato dalla locale arte degli orefici per un lavoro non specificato (Archivio di Stato di Verona, Orefici, reg. 176, ad diem).
Fonti e Bibl.: B. Dal Pozzo. Aggiunta alle Vite de' pittori degli scultori et architetti veronesi, Verona 1718, pp. 23 s.; G. B. Lanceni, Ricreazione pittorica, Verona 1720, pp. 23, 27, 64, 66, 97, 127, 157; Id., Continuazione e notizia delle pitture dall'anno 1719, fino all'anno 1733…, Verona 1733, pp. 4, 44; Verona, Bibl. civica, ms. 1008: S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona, 1803-1804 (cit. secondo la trascrizione dattiloscritta a cura della direzione dei Musei civici di Verona, 1958, pp. 13, 27, 30, 161, 166, 169, 175, 227, 351, 362); G. B. Da Persico, Descrizione di Verona e della sua provincia, II,Verona 1821, p. 188; D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi [1831-34], a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 285 s.; C. Semenzato, La scultura veneta del Seicento e del Settecento, Venezia 1966, pp. 72, 144; M. Marangoni, Affi e Cavaion, Verona 1970, p. 39; F. Dal Forno, Case e palazzi di Verona, Verona 1973, p. 266; F. Flores d'Arcais, Per una lettura della scultura chiesastica a Verona tra Medioevo ed età moderna, in Chiese e monasteri a Verona, a cura di G. Borelli, Verona 1980, pp. 570, 573; G. P. Marchini, Per un "catastico" delle pitture e delle sculture nelle chiese del territorio veronese, in Chiese e monasteri nel territorio veronese, a cura di G. Borelli, Verona 1981, p. 540; E. M. Guzzo, La chiesa degli Scalzi in Verona, Verona 1984, pp. 17 s.; G. M. Dianin, S. Bernardino, Verona 1985, pp. non num.; E. M. Guzzo, Pitture, sculture e stucchi del Sei e Settecento, in Villa Carlotti a Caprino, a cura di P. Brugnoli, Verona 1990, pp. 187-193, 236 s.; Id., Documenti per la storia dell'arte a Verona in epoca barocca, in Atti e mem. dell'Acc. di agricoltura scienze e lettere di Verona, CLXVII (1990-1991), p. 260 (anche per Giuseppe); Id., La scultura veronese del Settecento, in Notiziario della Banca popolare di Verona, LII (1991), 4, pp. 20-22; N. Zanolli Gemi, S. Eufemia. Storia di una chiesa e del suo convento a Verona, Verona 1991, p. 159; N. Mafezzoli, La pieve di S. Maria Maggiore di Garda, Verona 1993, pp. 126, 131; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI,p. 561; R. Brenzoni, Dizionario di artisti veneti, Firenze 1972, p. 144.