FILIPPINI, Francesco
Nacque a Brescia il 18 sett. 1853 da Lorenzo, falegname, e da Silvia Signoria, operaia cucitrice. Date le misere condizioni familiari, fin da giovanissimo fu avviato al lavoro: inizialmente come garzone presso una pasticceria cittadina e poi come scrivano presso lo studio di un notaio; tuttavia il F., sin da giovanissimo, realizzò alcuni piccoli ritratti della famiglia Chiappa, proprietari della pasticceria nella quale lavorava (Nicodemi, 1933, p. 4). L'esigenza di approfondire le proprie conoscenze tecniche e artistiche lo indusse ad iscriversi alla civica scuola di disegno organizzata presso la Pinacoteca Tosio nella quale insegnava il bresciano G. Ariassi, artista di stretta osservanza accademica. Il lavoro di apprendistato presso L. Campini lo condusse verso una maggiore solidità delle figure, rese in una sintassi realista e in connessione con il paesaggio: elementi che resteranno in tutto il percorso fondamentali del Filippini.
L'impegno dimostrato negli studi e la già evidente qualità del talento indussero la commissione di tutela della scuola annessa alla Pinacoteca Tosio - costituita da P. Da Ponte, erudito locale, S. Fenaroli, storico e amante d'arte, e A. Tagliaferri, architetto e pittore - a proporre per il giovane F. e per l'amico coetaneo L. Lombardi, un sussidio del Comune per l'anno 1872, che consentì ai due giovani di proseguire gli studi e al F. di entrare nell'orbita di un terzo pittore bresciano, B. Schermini, dal quale derivò la sobrietà cromatica risaltante su fondi di preparazione a tinte varie e poco definite. Il 20 ott. 1875, attraverso i buoni uffici del Da Ponte, il F. vinse una piccola pensione che gli permise di recarsi a Milano, accompagnato dall'inseparabile Lombardi, dove studiò presso G. Bertini, entrando anche in diretto contatto con la pittura di T. Cremona e con i piemontesi O. Silvestri e L. Bistolfi. Nel settembre del 1876, a Brescia, partecipò - vincendolo - al concorso per l'assegnazione di una pensione, basata sui fondi del legato C. Brozzoni, eseguendo, come da tradizione, uno Studio di nudo (Brescia, Civici musei d'arte e storia) nel quale la lezione accademica del Bertini si ammorbidisce in un'atmosfera di ascendenza cremoniana.
Terminato il corso di studi a Milano, il F. si ricandidò per il concorso Brozzoni di perfezionamento, ovvero per una borsa di studio di L. 2.000 che veniva destinata a giovani artisti meritevoli affinché concludessero la propria formazione presso lo studio di un affermato maestro a Parigi o a Roma.
Nell'estate del 1879 il F. si recò nella capitale francese con alcuni colleghi milanesi per visitare l'annuale Salon dove pare abbia privilegiato l'osservazione dei paesaggi di tradizione tardoromantica rispetto alle prove del gruppo degli impressionisti. Nel settembre di quell'anno partecipò al concorso Brozzoni con un dipinto raffigurante Fulvia che svela a Cicerone la congiura di Catilina (Brescia, Civici musei d'arte e storia) che la commissione- costituita, tra gli altri, da A. Inganni e M. Faustini - respinse poiché il F., in sintonia con le proprie scelte stilistiche, aveva evidenziato il dato drammatico dell'incontro tra i due personaggi trascurando totalmente la ricostruzione dell'ambiente storico e dei costumi, così come voleva la tradizione accademica. La delusione per la sconfitta e il mancato ottenimento di una borsa di studio spinsero il F. ad abbandonare la pittura e ad avviare le pratiche per entrare nel corpo delle guardie di finanza, al quale non fu ammesso per ragioni di salute. Egli, dunque, riallacciò i rapporti con l'ambiente milanese e in specie con la Famiglia artistica, iniziando ad esporre alla mostra annuale dell'Accademia di Brera: nello stesso 1879 aveva presentato Una giornata d'estate, e nel 1880 affrontò nuovamente il tema storico con La morte di Caligola (ilcui titolo venne mutato in Vae tyrannis), che donò al Comune di Brescia in cambio di un ulteriore sussidio, già ottenuto nel 1879, probabilmente quale compensazione per la mancata vittoria al concorso Brozzoni. Vinse finalmente quest'ultimo il 16 nov. 1880 con il Beato Angelico che dipinge ginocchioni le sue Madonne (ubicazione ignota). A partire da questa data il F. risiedette stabilmente a Milano, tornando saltuariamente a Brescia, specie in occasione di incontri nell'ambito dell'associazione artistica Arte in famiglia, alla cui esposizione inviò per lo più paesaggi dipinti nel corso dei mesi estivi trascorsi a Gardone Val Trompia. Nel 1882 infatti, come conclusione della pensione Brozzoni, inviò a Brescia Vespero in Val Trompia (Brescia, Civici musei d'arte e storia).
Si tratta di uno dei dipinti più significativi del F., ormai definitivamente imbevuto della tecnica del Cremona, ma sensibile al dato realistico che viene interpretato con effetti pittorici marezzati e fratti e nel quale la macchia restituisce una lettura lirica dell'atmosfera. L'impiego degli ocra e dei grigi diviene una cifra stilistica riconoscibile nel medesimo anno in alcune piccole vedute della laguna veneziana e in paesaggi delle valli prealpine.
Il pittore visse dando lezioni di disegno e di pittura presso privati ed istituzioni scolastiche. A Milano ebbe il proprio studio in via Milazzo n. 12, ma spesso lo abbandonò per immergersi nei paesaggi di Porto Valtravaglia, di Pegli, della Valle Seriana, della Valle Camonica, dell'Appennino o per recarsi a Chioggia, Venezia, Genova e Napoli (al soggiorno napoletano spetta, con ogni probabilità, la grande Marina della Galleria d'arte moderna di Milano). Frequentò con assiduità salotti e ambienti mondani che lo apprezzarono per i modi eleganti e per lo stile pittorico vivace dei ritratti realizzati a partire dai primi anni Ottanta, tra i quali quello del 1883 di Giulia Ferretti Ferri (Brescia, Civici musei d'arte e storia) - vicino, per la composizione, alla contemporanea produzione francese, ben conosciuta in Lombardia - e La lettrice o Madame Bovary del 1881, che ebbe enorme successo in ambito milanese (passato dalla collezione di L. Zanardelli a quella di un privato bresciano). Partecipò con successo a numerose esposizioni tra le quali l'Esposizione nazionale di Milano del 1881, l'Esposizione di belle arti di Roma nel 1883 e, nel 1884, l'Esposizione generale italiana di Torino. Nel 1886, in occasione dell'inaugurazione a Milano della Permanente, presentò due dipinti; nel 1887 vinse il premio Fumagalli per il paesaggio e nel 1888 divenne socio onorario dell'Accademia di belle arti di Brera. Il rapporto con le istituzioni milanesi si fece sempre più stretto negli anni seguenti: nel 1889, ottenne il premio della Fondazione Canonica con il dipinto Il maglio e, nel 1890, quello della Fondazione Mylius con La stigliatura della canapa. Le due opere vennero esposte alla prima Mostra triennale di Brera (1891); nel 1894, sempre alla Triennale braidense, presentò L'aratura e Vette appenniniche.
Il successo ormai raggiunto non lo allontanò tuttavia dalle amicizie bresciane della sua giovinezza. Strinse rapporti anche con i maestri del divisionismo lombardo e, in particolare, con G. Segantini, cui dedicò il dipinto Impressione sulla laguna (Brescia, collezione privata, ripr. in Anelli, 1978, p. 101). Questo quadro si avvicina alle modalità stilistiche dell'esperienza impressionista francese, filtrata attraverso un mai negato interesse per il dato naturalistico. Risale al 1891 uno dei suoi capolavori, Sosta o Vespero (Brescia, Civici musei d'arte e storia), emblematico per liste sottili di colori smorzati, il cielo reso con marezzature grigie, il profondo senso della malinconia riscattato, forse, solamente dai sentimenti arcaici semplici, modesti, della quotidiana vita agreste.
Il F. morì a Milano il 6 marzo 1895.
In una lettera del 14 marzo 1895 di C. Gazzera a L. Lombardi (Brescia, Biblioteca Queriniana, donazione Palazzi) si legge che il fratello del F., Ludovico, aveva disposto la liquidazione dei beni dell'artista con l'aiuto dello scultore P. Giudici: venne organizzata una mostra presso la Famiglia artistica, dal 17 al 25 maggio e, con il ricavato della vendita, lo stesso Giudici eresse nel cimitero Monumentale di Milano un basamento di rocce con sovrapposto il busto del pittore modellato da P. Trubeckoj (il busto bronzeo è stato trasferito in anni recenti a Brescia, nei giardini di Rebuffone a Porta Venezia). Nel 1898, in occasione delle celebrazioni morettesche a Brescia, le opere del F. ebbero uno spazio di rilievo nell'ambito dell'esposizione d'arte moderna. Presso l'Arte in famiglia fu promossa una mostra in suo onore quando, il 2 luglio 1925, per iniziativa della Società Romanino, le spoglie del F. vennero traslate al cimitero Vantiniano di Brescia.
Fonti e Bibl.: Necr. in La Sentinella bresciana, 9 marzo 1895; Esposizione all'Arte in famiglia, ibid., 7 sett. 1890; Cronaca della ... Triennale di Brera, Milano 1891, nn. 4-6; Al Circolo artistico, in La Sentinella bresciana, 31 ag. 1893; Per le feste del Moretto, ibid., 27 luglio 1898; Esposizione d'arte moderna, ibid., 23 ag. 1898; G. Nicodemi, Saggio su F. F., Milano 1933; E. Somaré, La pittura italiana dell'Ottocento, Novara 1944, p. XXI; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1950, II, p. 942; G. Nicodemi, in Pittori dell'800 bresciano (catal.), Brescia 1956, pp. 15-38, 55-64; B. Spataro, La pittura nei secoli XIX e XX, in Storia di Brescia, IV,Brescia-Roma 1964, pp. 955-958; Musei e gallerie di Milano, L. Caramel-C. Pirovano, Galleria d'arte moderna. Opere dell'Ottocento, Milano 1975, pp. 318 s.; L. Anelli, Il paesaggio nella pittura bresciana dell'Ottocento, Brescia 1978, pp. 84-103; Lavori in Valpadana... (catal., Galleria d'arte Narciso), Torino 1979; Paesaggi e figure nelle opere di F. F. (catal.), a cura di B. Passamani-R. Stradiotti, Brescia 1979; R. Lonati, in Dizionario dei pittori bresciani, Brescia 1980, II, pp. 29 ss.; L. Anelli, in Brescia postromantica e liberty (catal.), Brescia 1985, pp. 245 s., 252 ss.; V. Terraroli, in Dai neoclassici ai futuristi ed oltre. Proposte per una civica galleria d'arte moderna (catal.), a cura di R. Stradiotti, Brescia 1989, pp. 108, 112, 192; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI,pp. 561 s.